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I GIORNI DI VILLA BORZINO cultura | tradizione | curiosità | vita Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” Centro Studi Storici Alta Valle Scrivia e Località Viciniori Comune di Busalla – Assessorato alla Cultura I GIORNI DI VILLA BORZINO «I Giorni di Villa Borzino», che prende il nome dal prestigioso edificio comunale sede di associazioni e di iniziative culturali e promozionali, nasce a Busalla su iniziativa del Centro di Studi Storici Alta Valle Scrivia e Località Viciniori, del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” (promotori) e dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Busalla, innanzitutto per essere area di pubblicazione per studi e ricerche di varia umanità, in senso lato scientifiche e culturali. Una “rivista” quindi, senza preclusione alcuna circa le materie trattate nei singoli contributi, i quali non verranno raggruppati in distinte sezioni ma dovranno avere indicata con chiarezza l’appartenenza ad uno o più settori, aperta alla collaborazione non di soli specialisti, (salvo il diritto da parte dei responsabili, attraverso il giudizio del Comitato Scientifico e Culturale, di garantire l’accettabilità qualitativa dei contenuti). Va precisato subito che «I Giorni di Villa Borzino», definita per comodità “rivista” (e tale dizione continueremo ad utilizzare) è in realtà, più liberamente, una “collana” non legata ad obblighi di periodicità, direzione responsabile e pastoie burocratiche varie, la quale sarà tuttavia obbligatoriamente caratterizzata dalla numerazione progressiva delle varie uscite. Ciò garantirà nel tempo l’identità della Collezione e l’unicità dei successivi contributi pubblicati, i cui numeri verranno realizzati in successione (senza escludere la possibilità di uscite a carattere monografico) non appena raggiunto un congruo numero di contributi. «I Giorni di Villa Borzino», sarà pertanto in grado, anche a seguito dell’adozione di una solida normativa editoriale, e all’inserimento del codice ISBN di “fare bibliografia” anche ai più alti livelli scientifici e culturali. Inoltre, per non andare incontro a problematiche e delusioni di tipo economico, la Collana nasce innanzitutto come pubblicazione “on line”, scaricabile da chiunque a titolo gratuito e stampabile liberamente. È ovvio che ciascuno dei tre Enti gestori, già al momento dell’uscita di ogni numero (ed eventualmente anche in fase successiva, grazie al “digitale”), provvederà per proprio conto o congiuntamente a stampare, a costi contenuti, quel limitato numero di copie che si riterranno di volta in volta necessarie per la prima e per le eventuali successive distribuzioni. Accanto a questa finalità prioritaria, «I Giorni di Villa Borzino» intende anche, attraverso una apposita Sezione, (non presente nel primo numero ma che ci si augura possa essere ospitata in quelli successivi), arrivare a promuovere la cultura in Valle Scrivia e a rappresentare sede di pubblicazione per Notiziari di realtà associative diverse. Uno “scrigno” all’interno del quale le sfaccettature della nostra vicenda storica e sociale e della nostra attualità contemporanea potranno incontrarsi e trovare piena collocazione e memoria: tradizioni, storie e piccole e grandi avventure all’interno di un mondo che nel corso dei secoli e dei decenni e ancora ai nostri giorni ha presentato e continua a presentare aspetti di vita civile e personale forse mai pienamente svelati. In definitiva, «I Giorni di Villa Borzino» oltre che sede di pubblicazione di contributi scientifici e culturali, intende rappresentare un potente richiamo alla collaborazione e al confronto tra persone che non sono riuscite finora a divulgare i propri studi e le proprie ricerche, le quali in certi casi, chiuse per sempre nel buio di un cassetto dimenticato, rischierebbero di essere abbandonate all’oblio. Non solo specialisti quindi, ma anche “gente di tutti i giorni”, che a partire da questo momento sarà messa in condizione di condividere esperienze personali e culturali. Fabrizio Fazzari, Mauro Valerio Pastorino e Marco Scarel 5 I GIORNI DI VILLA BORZINO cultura | tradizione | curiosità | vita NUMERO 1 – ANNO 2019 DIREZIONE, ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA COLLANA Marco Scarel REDAZIONE Paolo Brassesco Enrico Cipollina Michele Guerci Mauro Valerio Pastorino Andrea Roccatagliata Andrea Sanguineti Lorenzo Torre Antonella Traverso EDITING, GRAFICA E IMPAGINAZIONE Fabrizio Fazzari TESTI Enrico Bagnasco, Gianpiero Brozzo, Henry De Santis, Michele Guerci, Andrea Parodi, Mauro Valerio Pastorino, Luigi Perasso, Anna Sanna, Antonella Traverso, Alessandro Vernassa FOTOGRAFIE Fabrizio Fazzari (p. 1, 2, 5, 6), Wikicommons (p. 8, 26, 48, 116), Freepik (p. 96) La richiesta di pubblicazione di articoli sulla presente “rivista” deve essere inviata, allegando oltre al testo anche un breve curriculum dell’autore o degli autori, a: renata.antonini@tiscali.it Successivamente all’approvazione da parte del Comitato Scientifico e Culturale verranno fornite le norme redazionali con le quali conformare i testi prima della consegna definitiva. Gli autori sono tenuti a rispettare le normative redazionali. Le copie cartacee della rivista possono essere richieste a: renata.antonini@tiscali.it. Il pdf della rivista è disponibile sul sito internet: www.comune.busalla.ge.it ISBN 978-88-944539-0-4 © 2019, rispettivi Autori © 2019, Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” © 2019, Centro Studi Storici Alta Valle Scrivia e Località Viciniori © 2019, Comune di Busalla – Assessorato alla Cultura Tutti i numeri de “I giorni di Villa Borzino”, scaricabile on line da chiunque a titolo gratuito, sono liberamente stampabili da parte di privati, Enti e Associazioni alla sola condizione che non vengano modificati testi e grafica e che la distribuzione a terzi venga effettuata gravando ogni copia del solo costo di produzione e di eventuale invio. COMITATO SCIENTIFICO E CULTURALE » Gianpiero Brozzo – Geologo, responsabile Laboratorio della Spezia, Società IREN Laboratori S.p.A » Fabrizio Fazzari – Editor presso Sagep Editori, Assessore alla Cultura del Comune di Busalla » Paolo Giardelli – Antropologo » Michele Guerci – Docente di Lettere, conferenziere e autore di pubblicazioni a carattere storico-culturale » Marco Marchesini – Geologo, libero professionista, speleologo dell’Associazione Speleologica Genovese San Giorgio (Genova) e membro del Centro Studi Sotterranei di Genova » Giovanni Meriana – Presidente del Centro di Studi Storici Alta Valle Scrivia, pubblicista e scrittore. Direttore per oltre 30 anni della rivista “Il Foglio” del Comune di Tiglieto. Già Assessore alla Cultura del Comune di Genova » Fabrizio Oneto – Naturalista presso Centro Studi Bionaturalistici Srl e membro del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” » Mauro Valerio Pastorino – Medico Chirurgo. Segretario del Centro di Studi Storici Alta Valle Scrivia e Presidente del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” » Luigi Perasso – Geologo, libero professionista, speleologo dell’Associazione Speleologica Genovese San Giorgio (Genova) e membro del Centro Studi Sotterranei di Genova » Sebastiano Salvidio – Zoologo presso il DISTAV Università degli Studi di Genova e membro del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” » Giuseppe Tamagno – Docente di Letteratura latina medievale » Antonella Traverso – Archeologa in servizio presso il Ministero per i Beni e le Attività culturali » Giovanni Traverso – Giornalista, studioso di storia contemporanea e locale «I GIORNI DI VILLA BORZINO» PERCHÉ “I GIORNI” E PERCHÉ “DI VILLA BORZINO” La spiegazione è semplice. I giorni sono quelli della nostra vita, quelli che effettivamente viviamo, che ci vedono impegnati nelle nostre ricerche, nel dare risposta a curiosità le più varie invece di limitarci a giocare a tressette nei bar o, in versione contemporanea, con i telefonini; i giorni sono quelli che quando sarà venuto il momento di passare il testimone, saranno vissuti in continuità da altri al nostro posto, impegnati ad interrogare con identica emozione gli archivi, i monti, le parole dei vecchi. In questa accezione, giorni vuol dire continuità nel trascorrere sempre presente del tempo. Quindi non “Almanacchi” o “Annali” o “Ricerche”. Ma semplicemente: “I Giorni…” Seconda parte del titolo: “…di Villa Borzino”. Perché? Villa Borzino è la mastodontica e splendida casa di villeggiatura di un magnate genovese di inizio ʼ900. Ben fece il Comune di Busalla ad acquistarla quando fu messa in vendita, in quanto sottrasse in parte Villa e parco alla speculazione edilizia che li avrebbe trasformati in un ammasso incongruo di brutture condominiali. Detto questo, nei decenni successivi la Villa, a gestione onerosa per l’Ente Pubblico, non ha ancora trovato una sua destinazione definitiva. Salvo il fatto che un suo segmento, in modo ormai irrinunciabile, rappresenta un fulcro vivo e operante di promozione culturale. E questo per il fatto di ospitare da sempre iniziative comunali che alla cultura in ogni suo aspetto fanno riferimento, nonché di essere sede di quel “Centro di Studi Storici” che ha promosso il recupero del patrimonio storico, archeologico e monumentale dell’Alta Valle Scrivia (più recente è la presenza del Gruppo “Issel”, la più antica istituzione speleologica della Liguria). Nessuna delle Amministrazioni Comunali che si sono succedute nei decenni ha mai messo in discussione queste scelte. Scrivere “…di Villa Borzino” è quindi anche un atto di gratitudine nei confronti del Comune, il quale oltretutto entra a pieno titolo nell’avvio dell’iniziativa tramite l’adesione del suo Assessorato alla Cultura. Mauro Valerio Pastorino 7 SOMMARIO Storia ABSTRACT 9 LA LETTERA DEL GENERALE Michele Guerci, Mauro Valerio Pastorino 8 Speleologia/Geologia/Storia 27 LA GROTTA GIANCULINA (LI 1954) IN MEDIA VAL DI VARA: SUGGESTIONI GEOMORFOLOGICHE E IRRISOLTI INTERROGATIVI STORICI Alessandro Vernassa, Henry De Santis, Mauro Valerio Pastorino, Luigi Perasso, Anna Sanna Valorizzazione del territorio 49 IL RUOLO DEL “CENTRO DI STUDI STORICI ALTA VALLE SCRIVIA” NEL RECUPERO DEL CASTELLO DI BORGO FORNARI Enrico Bagnasco Idrogeologia/Idroterapia storica Gianpiero Brozzo, Andrea Parodi, Mauro Valerio Pastorino 115 PRINCIPI DI MEDIAZIONE E COMUNICAZIONE NEI MUSEI ARCHEOLOGICI Antonella Traverso Biografie THE GIANCULINA CAVE (LI 1954) IN CENTRAL VARA VALLEY: GEO-MOFOLOGICAL SUGGESTIONS AND UNSOLVED HISTORICAL PROBLEMS After a short summary of recent speleological researches in the Vara Valley, authors describe a little cave situated in Maissana (La Spezia) that has rather interesting geomorphological features. The article also includes a detailed report of a dispute about an event that possibly occurred in this very cave in 1944 when a group of young partisans hid themselves there, but, as they were betrayed by a police informer, they were caught by the Nazi-fascists and subsequently sentenced to death. 97 LA SORGENTE CARBONICO-FERRUGINOSA DI PRATO SOPRALACROCE Cultura/Museologia THE LETTER OF THE GENERAL An unpublished letter of Napoleon’s General Campredon to the Prefetto del Mincio (Mantua) casts some new light upon French manoeuvres during Third Coalition War in Italy. It also shows how peasants were forced by the French to work for their army logistics and, possibly, to erect a new barrage along the Mincio River. A special footnote points out priorities in making history researches. 128 THE PART OF THE ‘CENTRO DI STUDI STORICI ALTA VALLE SCRIVIA’ IN RESTORING THE BORGO FORNARI CASTLE In this article is published the correspondence, as it is kept in the archive of the Centro, related to the purchasing of the castle of Borgo Fornari. It shows the long and intricate passages which led the Municipality of Ronco Scrivia to buy it thanks to steady concern and intervention of the Centro. THE SOPRALACROCE CARBONIC MINERAL WATER Comparative geochemical study on the Sopralacroce carbonic mineral water has allowed to frame its chemism in panorama of famous Italian carbonic waters and some Swiss and Austrian carbonic water. The water was classified, the geochemical processes that determined its composition were understood and its degree of similarity with 130 selected carbonic waters was established. The result is that the wellknown Ferrarelle mineral water is “mathematically” similar to Sopralacroce water. Finally Sopralacroce spring compositional data confirm that this mineral water is the only known example of water rich in carbon dioxide in Liguria and the calculated CO2 concentration represents the second highest in Italian waters after Ceresole Reale spring (Turin province). Furthermore Sopralacroce mineral spring was framed in its historical and geographical context and some hypotheses were proposed for its exploitation for hydropinic purposes. COMMUNICATION AND CULTURAL MEDIASION IN THE ARCHAEOLOGICAL MUSEUMS This work analyses the functions and tools of museum’s communication as well as the value of cultural mediation within the museum. In the second part of the article are provided practical tools for a suitable writing of the museum’s labels and displays: linguistic forms, structure of speech, use of words adapted to any different visitor’s categories. 9 La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici Alessandro Vernassa, Henry De Santis, Mauro Valerio Pastorino, Luigi Perasso, Anna Sanna R icostruire la storia delle esplorazioni speleologiche in alta Val di Vara equivale a ricomporre un mosaico i cui tasselli si trovano nei diari dell’attività dei vari Gruppi che vi hanno lavorato. Storicamente, il Gruppo che ha maggiormente operato in valle è senza dubbio il G.S.L. “A. Issel” che ha battuto a lungo la zona ed ha il merito di aver scoperto ed esplorato le più importanti cavità della vallata, principalmente a seguito delle preziose segnalazioni dei due soci Ezio Masante e Anna Sanna. Già negli anni ʼ70 si trovano sul bollettino interno, il Notiziario Speleologico Ligure, trascrizioni di battute e ricognizioni nel comune di Maissana. Congiuntamente all’Issel, operava in quegli anni il Gruppo Entomologico Ligure (G.E.L.)1, più orientato verso gli studi sulla fauna ipogea, il cui contributo, legato soprattutto alla scoperta di nuove grotte, risulta ancora riscontrabile nel Catasto Ligure. Dal 1995 all’Issel si affianca il G.S. Lunense per proseguire l’attività esplorativa in questa e altre zone; in precedenza il “Lunense” aveva già sporadicamente frequentato l’area ma senza produrre documentazione. Di seguito il quadro generale del passaggio degli speleologi in Alta Val di Vara. Nel 1955 Di Caporiacco cita nel suo trattato “Aracnidi 29 Cavernicoli Liguri” la Grotta di Liciorno (Li 147) cavità nota da sempre ai locali. Negli anni ʼ70, il G.S. “Issel” e il G.E.L scoprono ed esplorano la Grotta del Bandito (Li 465) sopra il sito archeologico di Lagorara e successivamente il Pozzetto di Monte Scogliera (Li 854) e l’Antro di Monte Scogliera (Li 855), ampliando così il numero di grotte censite a catasto nella zona, che fino a quel punto risultavano essere solo due. Successivamente, gli speleologi dell’Issel si spostano nel Rio Borsa, dove scoprono la Grotta di Rio Borsa (Li 980), e poi alle pendici del Monte Verruga, dove esplorano la Grotta di Monte Verruga (Li 1000) e le Tane della Volpe Inferiore e Superiore (rispettivamente Li 895 e Li 896). Si arriva così al 1988; anno “magico”, come viene definito sul loro notiziario, per l’Issel in Val di Vara. Prima, grazie ad una notevole intuizione, disostruiscono ed esplorano per circa 700m il Muin de Strie (Li 1253), che risulta la cavità più estesa della zona, e poi, non contenti, aprono ed esplorano lo Scrigno del Borsa (Li 1263, sviluppo 600 m). Purtroppo in seguito a problemi con il Comune di Maissana circa il presunto inquinamento da parte degli speleologi della falda acquifera ipogea, 30 l’Amministrazione Comunale, anche contro il parere dell’ASL di Chiavari, favorevole alla prosecuzione delle ricerche, vieta definitivamente l’ingresso al Muin de Strie (ancora oggi la grotta è inaccessibile) ed interrompe così le promettenti esplorazioni della cavità. Sempre sul finire degli anni ʼ80, l’Issel effettua numerose battute e segnala al Catasto Speleologico Ligure diverse interessanti grotte in valle. Attualmente, per alcune di queste, non si hanno altre notizie se non il nome ed il numero di catasto. Successivamente, l’Issel-Lunense continua le esplorazioni: Tana delle Mine (Li 1265), Risorgenza Cerreta (Li 1264) e Risorgenza delle Sette Fontane (Li 1267). Nel 1994 il G. S. Bolzaneto, nell’ambito di una revisione catastale, visita la Grotta del Bandito e il Pozzetto di Monte Scogliera e ne ridisegna il rilievo pubblicandolo sul proprio bollettino. Nel 1997 viene segnalata, da parte dell’Issel-Lunense, l’esplorazione di nuove parti della Grotta di Monte Verruga (Li 1000) con il raggiungimento del ramo attivo. Giungendo ai nostri giorni, l’A.S.G. “San Giorgio” conduce la rivisitazione di diverse cavità (Risorgenza di Lagorara, Li 1266; Grotta Seconda di Liciorno, Li 1252; Grotta delle Ossa, Li 1269 e Pozzetto vicino alla Grotta delle Ossa, Li 1270), esplorandone tre nuove: la Frattura Sottomille (Li 1816) in zona Valletti, la Risorgenza Palazzolo (Li 1268) in zona Lagorara e il Pozzetto del Trattore (Li 1648) in zona Liciorno. Più recentemente l’individuazione dell’accesso ad un altro sistema ipogeo da anni in corso di prolungato ancorché discontinuo monitoraggio da parte dei gruppi sopracitati (“Issel” e “Lunense”) è stata effettuata dagli speleologi Stefano Nicolini e Lucia Tronconi. Notizie più dettagliate sull’argomento, che ci sembra opportuno trascrivere integralmente di seguito, sono fornite in una comunicazione presentata al XXII Congresso Nazionale di Speleologia di Pertosa -Auletta del 2015 (Brozzo G.P. et Alii): “Solo a partire dagli anni ʼ70 dello scorso secolo gli interessi del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”, in precedenza impegnato in ricerche condotte in altre zone regionali ed extraregionali, si focalizzarono con una certa continuità I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia Figura 1 Figura 2 sulla Provincia di La Spezia. Da una parte, in aree più vicine al territorio spezzino furono avviate le indagini (Pignone, Cassana, Grotta del Ginepro, Canale di Faggiona) che avrebbero portato alcuni decenni successivi, con il fondamentale apporto collaborativo del Gruppo Speleologico Lunense, all’accesso ed all’esplorazione della “Risorgenza di Cassana”. Dall’altra, ad opera di un piccolo nucleo che faceva capo ad Ezio Masante ed Anna Sanna, a partire dal 1972 e per alcuni anni successivi, furono effettuate in contemporanea numerose ricognizioni in media Val di Vara nel corso delle quali gran parte delle emergenze che sarebbero state oggetto di studio e di esplorazione negli anni a seguire vennero individuate pur senza divenire oggetto di effettiva esplorazione. In particolare, a seguito dell’alluvione del 1984 fu possibile accedere, attraverso un’apertura da “sfondamento” ad opera di una “piena” sotterranea che rimase aperta alcuni mesi, ad una risorgenza che si sarebbe rivelata in seguito come uno dei maggiori complessi ipogei attivi della regione ligure: il “Muin de Strie”. Ma fu solo nel 1988 che, con il coinvolgimento dell’intero Gruppo, furono avviate ricerche ed esplorazioni che portarono alla scoperta ed all’esplorazione del “Muin de Strie”, dello “Scrigno del Borsa” e di altre cavità minori. A partire dal gennaio 1995 il Gruppo “Issel” avviò una proficua collaborazione con il ricostituito Gruppo Speleologico Lunense; nel corso di tale collaborazione, che ha permesso di effettuare una capillare rivisitazione di buona parte dell’areale carsico spezzino, fu effettuato in data 2 marzo 1997 anche un primo accesso ad un sito già individuato da Masante e collaboratori e che venne a lungo definito “Fontana Ricca di Cembrano” mentre in realtà l’esatta denominazione è quella di “Sette fontane” (“Fontana Ricca” essendo la soprastante sorgente lungo il Rio omonimo che alimenta l’acquedotto di Ossegna). Da subito fu compresa l’importanza speleologica della risorgente: nell’agenda di uno degli autori (M.V. Pastorino) è annotato testualmente: “Conferma presenza grande sistema - Stefano (Ratti, n.d.AA.) apre una prima strettoia”. Nonostante questo, proprio per la presenza delle “sette bocche”, emuntori di eccedenza della sottostante risorgenza captata poco più in basso da un acquedotto, tutte non direttamente praticabili e tutte più o meno interessate alla circolazione di aria in fase non attiva, l’accesso al sistema si rivelò da subito indaginoso e problematico. Ed è per tale ragione che nei successivi tre lustri, in pratica fino a tutto il 2012, essendo i due Gruppi di volta in volta impegnati in ricerche che presentavano carattere di priorità rispetto al tentativo di accedere a “Sette fontane”, gli accessi al sito sono stati saltuari e non conclusivi…” L’accesso al sistema avvenne nell’agosto del 2013, ad opera dei due speleologi sopranominati; le particolarità dell’operazione sono succintamente descritte nella citata Comunicazione al XXII Congresso Speleologico Nazionale. Riferendoci alle indagini del Gruppo “Issel” in Val di Vara abbiamo parlato di “parziale esplorazione”. E qui una spiegazione è d’obbligo. La mancata completa esplorazione è quella del “Muin de Strie” (Bezeredy A. et alii), il più importante fra i complessi carsici della zona e certamente uno dei maggiori della Provincia di La Spezia. E tale lacuna conoscitiva non è legata a dirette responsabilità del Gruppo, ma è conseguenza di una insormontabile opposizione in sede locale alla prosecuzione degli accessi alla grotta, che ebbe ed ha dell’incredibile per i connotati oscurantisti e tribali che la caratterizzarono. A nulla valsero tutti i tentativi di opposizione del Gruppo “Issel”, che inutilmente si rivolse anche all’Autorità Giudiziaria per ottenere che fosse riconosciuto e sancito il diritto alla prosecuzione delle proprie esplorazioni e più in generale al libero esercizio della ricerca speleologica in Italia. Non è questa la sede per ripercorrere nei dettagli quella quasi incredibile vicenda; riteniamo comunque utile, a chiarimento, pubblicare in appendice la parte più significativa dell’inutile conferenza stampa che sull’argomento fu tenuta in Chiavari il 16/5/2001 dal Presidente dell’Associazione. Nel quindicennio successivo, e ancora ai giorni nostri, nonostante successive iniziative messe in atto dal Gruppo “Issel”, nessun fatto nuovo ha permesso di giungere a un superamento dell’interminabile situazione di stallo, per cui attualmente solo uno dei due bacini idrologici del “Muin de Strie”, cui corrispondono all’interno del complesso due collettori distalmente confluenti, risulta essere stato oggetto di sistematica esplorazione. L’ingresso della grotta si è nel frattempo interrato a causa di ripetuti smottamenti di terreno, che ne hanno progressivamente e irreversibilmente impedito l’accesso. Via via procedendo le accennate ricerche Issel Lunense in Val di Vara sono state individuate diverse piccole cavità naturali, alcune delle quali in corso di studio e di inserimento nel Catasto Speleologico Ligure, inizialmente operazione rinviata per problematiche legate alla vertenza giudiziaria Catastale Gruppo “Issel” - Regione Liguria.2 Fra tali piccole cavità, alcune di recente scoperta e altre localmente note ab antiquo, vi è la “Grotta Gianculina” (Li 1954) con accesso dalla frazione Ossegna in Comune di Maissana, che appartiene a buon diritto a queste ultime, essendo legata in modo peraltro non ben definito a una dolorosa vicenda resistenziale risalente al 1944. La Grotta Gianculina, ad onta del modestissimo sviluppo planimetrico, presenta inoltre una particolarità di notevole suggestione geomorfologica tale da giustificarne una attenta visita. La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici 31 32 Inquadramento Geologico Nell’alta Val di Vara, all’interno del settore compreso fra i Monti Cucco, Chiappozzo, Porcile, Alpe e l’abitato di Ossegna, frazione appartenente al Comune di Maissana, affiora estesamente l’Unità del Bracco - Val Graveglia, che assieme all’Unità del Monte Gottero e all’Unità di Colli/Tavarone, compongono l’insieme delle Unità Liguri Interne. L’Unità del Bracco – Val Graveglia è caratterizzata da un complesso di base ofiolitico sovrastato da una serie sedimentaria di copertura, entrambi costituiti da un’estrema variabilità di spessore e di composizione anche in località relativamente vicine fra loro. I termini di natura ofiolitica compaiono spesso al nucleo di grandi pieghe coricate (Marroni M. Meccheri M. 1990). Dal basso verso l’alto, in rapida successione stratigrafica si possono osservare le seguenti formazioni rocciose: serpentiniti a lherzoliti: rocce ultrafemiche, pressoché totalmente serpentinizzate al cui interno si osservano frequentemente filoni o lenti di gabbro rodingitizzato; ridotti affioramenti strizzati all’interno di sequenze sedimentarie si osservano lungo l’allineamento Punta Guadamonti - M. Scogliera ed in prossimità di M. Cucco; brecce di M. Capra: brecce ofiolitiche costituite da clasti angolari e sub-angolari di Fe-gabbri, Fe-basalti, Fe-dioriti e plagiograniti, affioranti solo in corrispondenza del fianco occidentale del crinale fra M. Scogliera e M. Verruga; basalti: basalti massicci a pillows, talvolta brecciati, affioranti in corrispondenza dell’allineamento M. Porcile - M. Verruga; brecce di M. Zenone: brecce ofiolitiche costituite da clasti sub-arrotondati o sub-angolari di di Mg-gabbri, con rare intercalazioni di ftaniti, radiolariti e arenarie ofiolitiche in strati medi e sottili, affioranti a sinistra dell’allineamento Punta Guadamonti - M. Scogliera; diaspri: alternanza regolare di depositi di natura sedimentaria, a dominante composizione silicea, costituiti prevalentemente da radiolariti e in subordine da ftaniti in strati medi e sottili; alla base della formazione sono presenti intercalazioni di siltiti e di arenarie ofiolitiche in strati medio-sottili; possono assumere differenti colorazioni in funzione del tenore I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia dei componenti presenti: verdastre se ricche in clorite, rosse con tendenza a sfumature vinate se è elevata la percentuale di ematite, a cui si associa anche il manganese3; numerosi sono gli affioramenti presenti in zona, in particolare si concentrano: lungo l’allineamento Maissana - M. Verruga; sul fianco occidentale del crinale M. Verruga - M. Ballarucca; dal M. Porcile lungo lo spartiacque con la Val Graveglia in direzione del M. Alpe e in prossimità di M. Cucco; calcari a Calpionelle: alternanza di strati calcarei bianchi e grigio-chiari, di spessore variabile (mediamente 30 ÷ 60 cm), a grana molto fine e aspetto compatto, con frattura concoide e presenza di noduli di selce; gli strati calcarei si presentano frequentemente separati da livelli subordinati di argille marnose, sottili o molto sottili (spessori da qualche mm a pochi cm). Il nome di questo tipo di roccia deriva dalla presenza al suo interno di organismi marini unicellulari a guscio carbonatico, quali la Calpionella Alpina e la C. Elliptica; i principali affioramenti interessati da fenomeni carsici più o meno marcati, si estendono con forma prevalentemente allungata nelle seguenti zone: dal M. Pu risalendo a N verso il M. Alpe e proseguendo verso il M. Zenone e le pendici del M. Capra fino all’abitato di Disconesi; lungo i versanti orientale e settentrionale del M. Porcile; dalla sponda destra del rio Borsa, oltrepassando l’abitato di Maissana e Punta Guadamonti, fino ai M. Scogliera e M. Verruga; intorno al crinale passante per M. Verruga e M. Ballarucca; a S di M. Cucco fino all’abitato di Ossegna; argille a Palombini: successione di strati di argilliti, fogliettate e scagliose, di colore grigio-nero, con spessore variabile da qualche decimetro a diversi metri, alternati a strati, generalmente sottili, di calcari palombini, compatti a frattura concoide di colore plumbeo e di spessore decimetrico; presenza anche di sottili strati, di potenza decimetrica, di arenarie quarzose, a grana finissima, molto compatte e scheggiose, con frequente fratturazione trasversale; in corrispondenza dell’area in oggetto si rileva un aumento della presenza di affioramenti argillitici spostandosi in direzione NE, dal M. Ballarucca verso M. Cucco; oltrepassatolo e fino a Varese Ligure le argille sono pressoché dominanti. Per completezza, oltre alle formazioni ora elencate occorre citarne altre due, appartenenti all’Unità di Colli/Tavarone, ma presenti con analoghe caratteristiche anche nell’Unità del M. Gottero; si tratta degli scisti della val Lavagna, formazione comprendente diverse litofacies a composizione argillitica prevalente, e la formazione di Colli - Tavarone, successione di argilliti varicolori e in netto subordine calcareniti, siltiti e quarzoareniti in strati medi e sottili con intercalazioni lenticolari di brecce mono e poligeniche a matrice alternativamente argillitica o arenacea e clasti ofiolitici, metamorfici, magmatici o sedimentari. Queste due formazioni affiorano prevalentemente in testa e lungo la sponda sinistra dell’alto Vara e lungo le sponde del medio e basso rio Borsa, oltre l’abitato di Maissana. Cenni di Tettonica Da un punto di vista tettonico, l’alta Val di Vara è stata interessata da almeno due fasi deformative successive, che hanno lasciato traccia di imponenti pieghe e strizzamenti negli ammassi rocciosi, non sempre di facile interpretazione; ne è un esempio tipico la formazione dei calcari a Calpionelle che, seppur mantenendo gli originari rapporti stratigrafici, si presenta frequentemente con Diaspri e argille a Palombini in sequenza rovesciata, ovvero con le argille alla base e i diaspri al tetto. Le principali direttrici tettoniche, sono rappresentate da due sistemi grossolanamente ortogonali fra loro: il primo risulta orientato fra N-S e NO-SE, mentre il secondo segue un allineamento NE-SO. È interessante osservare come queste direzioni influenzino i vari aspetti geomorfologici della vallata, sia superficiali, come il reticolo idrografico del fiume Vara e dei suoi più importanti affluenti, che sotterranei, come lo sviluppo degli ipogei, in tutte le loro svariate forme, presenti nei numerosi affioramenti di calcari a Calpionelle. Fenomenologia Carsica e Normativa regionale di riferimento L’alta Val di Vara è caratterizzata da interessanti fenomeni carsici sia di superficie sia ipogei; molte grotte rappresentano importanti elementi per la comprensione dell’evoluzione geomorfologica della vallata e, contestualmente, testimoniano la presenza dell’uomo sul territorio in epoca preistorica e protostorica, oggetto di frequentazioni ed insediamenti temporanei. È in questo contesto che nell’alta Val di Vara è stato individuato il sito carsico SP39 “Monte Verruga”, perimetrato ai sensi della Legge Regionale 14/90; recentemente è stata approvata la nuova Legge Regionale 39/09 che ha parzialmente modificato la precedente perimetrazione sia sulla base delle nuove conoscenze geologiche acquisite che a seguito delle ulteriori scoperte di ipogei carsici ad opera dei gruppi speleologici locali e non operanti sul territorio ligure. La grotta Gianculina La piccola cavità si apre all’interno della formazione dei Calcari a Calpionelle, lungo il versante di un contrafforte secondario che si erge alle spalle dell’abitato di Ossegna; ci si trova sulla sponda di sinistra orografica dell’alto torrente Borsa (figura 1). Figura 3 (ap) (cC) ARGILLE E PALOMBINI (ap) Alternanza regolare di torbiditi calcaree in strati medi e di emipelagiti argillitiche in strati medi e spessi. Sequenza di Bouma Toe, in subordine Ta-e e Tb-e. Presenti, verso la parte superiore della formazione, marne e marne calcaree in strati medi e spessi e quarzoareniti in strati sottili. BERRIASINO - SANTONIANO CALCARI A CALPIONELLE (cC) Alternanza regolare di torbidi calcaree in strati medi e spessi separati da strati molto sottili di emipelagiti argillitiche. Le torbiditi calcaree sono costituite da calcilutiti talvolta con base calcarenitica. Presenti marne e marne calcaree in strati medi e spessi. BARRIASIANO (d) DIASPRI (d) Alternanza regolare di radiolariti e subordinate flaniti in strati medi e sottili. Alla base della formazione soo presenti intercalazioni di silititi ed arenarie ofiolitiche in strati medi e sottili. CALLOVIANO MED.-SUP. - TITONICO La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici 33 34 Foto 1 Il pendio è occupato da un bosco misto di castagni e lecci, un tempo regolarmente mantenuti; sono ancora presenti tracce di muretti a secco ormai in abbandono e lentamente soffocati da rovi e vegetazione arbustiva infestante. L’imbocco della cavità è duplice (foto 1); si tratta di due stretti pertugi che con un piccolo saltino verticale conducono alla sala principale; il pavimento è costituito da blocchi lapidei che si distaccano in frammenti di taglia da centimetrica a pluridecimetrica dalle bancate calcaree presenti sulla volta. All’entrata il pavimento è parzialmente mascherato da uno spesso strato di terreno poco compattato, presumibilmente convogliato all’interno dalle acque di corrivazione superficiale lungo il pendio e scolante dentro all’ipogeo. Alcuni saggi verticali compiuti in vari angoli del pavimento hanno ulteriormente confermato l’importante spessore di clasti medio-grossolani I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia misti a paglia, ramaglia e sporadicamente cocci di bottiglia. Non sono stati osservati frammenti di interesse archeologico. Disseminati in vari punti sono stati individuati frammenti ossei probabilmente di quadrupede recente, privi di interesse paleontologico; si tratta forse dei resti di uno o più pasti consumati da un predatore momentaneamente riparatosi nella grotta. Non è stata osservata traccia di frequentazione da parte di fauna temporanea o stanziale della grotta, fatta eccezione per la presenza di alcuni troglosseni: Limacidi (foto 2) e una significativa colonia di Limonia sp (foto 3). L’aspetto più interessante presente all’interno dell’ipogeo è costituito da una marcata piega negli strati calcarei affioranti in corrispondenza della parete frontale all’entrata sulla parete settentrionale. Il nucleo centrale è costituito da una bancata di colore decisamente più chiaro, lattiginoso, rispetto ai successivi strati più esterni marcatamente bruno scuri; sono presenti anche sottili livelletti argillitici nerastri, a Foto 2 Foto 3 sottolineare la curvatura nella stratificazione. La piega risulta asimmetrica con il fianco occidentale molto inclinato (orientazione 291/35) e il fianco orientale più dolce, (orientazione 99/15). La presenza di questa piega in grotta aumenta di interesse per la totale assenza di ripiegamenti nelle bancate calcaree affioranti in esterno negli immediati dintorni; probabilmente manifestazioni esterne della piega le si potrebbero percepire se il pendio fosse totalmente privo di vegetazione e del terreno che anche se di modesto spessore può sempre occultare eventuali ripiegamenti nella roccia. Osservando la carta geologico-strutturale dell’alta val di Vara8 in corrispondenza della grotta passa la traccia di un sistema di piani assiali di pieghe antiformi appartenente alla seconda fase tettonica di deformazione che ha interessato l’area, a conferma della validità dell’osservazione compiuta nell’ipogeo (figg. 2-3). Anche se la visita all’antro è stata compiuta in pieno periodo estivo non sono state osservate tracce di circolazione idrica perenne o saltuaria, tantomeno manifestazioni lungo le pareti di concrezioni o stillicidi saltuari. Quanto sopra limita l’interesse geologico della grotta, ma non da un punto di vista storico; infatti potrebbe essere stata sede di una dolorosa vicenda resistenziale nel corso della seconda guerra mondiale. Di quei fatti e delle problematiche collegate viene fornita di seguito ampia relazione; per il resto non si prevedono al momento campagne di scavo di porzioni del pavimento finalizzate ad esplorazioni o acquisizione di ulteriori informazioni storico - ambientali. La vicenda storica La Grotta Gianculina è localmente ben nota ad Ossegna in quanto ritenuta collegata a un tragico episodio resistenziale risalente al 1945, in merito al quale una precisa testimonianza orale è stata raccolta da uno degli autori (S. Antonini). Il testimone, attualmente ottantaseienne (classe 1930) nato ad Ossegna ed ivi tuttora residente in condizioni di piena lucidità e buona salute, coniugato con due figlie, si chiama Domingo Devincenzi. All’epoca dei fatti, giovanissima staffetta partigiana secondo quanto dallo stesso dichiarato, aveva 14 anni. La testimonianza orale è stata raccolta e trascritta manualmente dalla figlia Liliana, nata nel 1958 ed anch’essa residente con il padre ad Ossegna, il 12 luglio 2016 (V.figg….) : “GROTTA GIANCULINA. La storia di questa grotta inizia nel lontano novembre 1944, quando nel paese di Ossegna arrivò un distaccamento di partigiani composto da circa 20 persone.4 La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici 35 Dati Catastali Nome Grotta Gianculina Numero di catasto Li 1954 Regione: Liguria Provincia: La Spezia Comune: Maissana Area carsica (L.R. 14/90): SP39 – Monte Verruga Formazione: Calcari a calpionelle Sviluppo reale: 10 m Dislivello positivo: 0 m Dislivello negativo: 4 m Dislivello totale: 4m Latitudine: 44°21’38.8’’ N Longitudine: 9°33’28.4’’ Datum GPS: 7Geografiche WGS84 Quota altimetrica: 700 m s.l.m.m. Valutazione dato GPS: 17 giugno 2016, precisione circa 5 mt Idrologia: raro stillicidio Andamento: Discendente Percorribilità: Facile Coordinate convertite in altri formati: DATUM WGS 84: lat.: 44.360777777778 long.: 9.5578888888889 lat.: 44° 21’ 38.8’’ long.: 9° 33’ 28.4’’ lat.: 44° 21’ 42.25’’ long.: 9° 33’ 32.112’’ UTM WGS 84 northing: 4912096 easting: 544456 zone: 32T DATUM ED 50: lat.: 44.361736056692 long.: 9.5589199149159 DATUM ROME 1940: lat.: 44° 21’ 36.432’’ long.: 2° 53’ 38.848’’ Ovest di Monte Mario GAUSS BOAGA northing: 4912114 easting: 1544484 UTM ED 50 northing: 4912294 easting: 544540 zone: 32T 36 37 Questi provenivano dalla zona della Val Graveglia nell’entroterra di Chiavari e dipendevano dalla Divisione CODURI comandata da VIRGOLA. Successivamente nel mese di gennaio arrivò il comandante dell’ARMATA PARTIGIANA GENOVESE BISAGNO insieme a 3 collaboratori. Giunsero nell’osteria di OSSEGNA. BISAGNO, con i suoi uomini, ordina a VIRGOLA comandante della Divisione Coduri, di dare 40 giorni di licenza ai suoi uomini. Lui obbedisce, ma tra questi partigiani c’erano persone che si erano ambientate amichevolmente in zona, quindi decisero di nascondersi tutti nella grotta sostenuti dagli abitanti del paese. Tra i paesani vi era uno sfollato: il finanziere PAPPALARDO FRANCESCO, quale fingeva di essere un alleato partigiano, ma in realtà era una spia fascista. Pappalardo facendo doppio gioco si nascose nella grotta con i partigiani per una sola notte. Il 22 gennaio arrivarono circa 200 persone divise in I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia Mongoli, Tedeschi e fascisti alpini. Il falso Pappalardo saluta di [sic] alpini fascisti svelando loro il nascondiglio dei partigiani, e insieme cercano di raggiungere la grotta, ma Pappalardo non rammenta bene il luogo. Ritornarono indietro e si fermarono in paese da un certo ABRANO ANTONIO, al (sic) quale con violenza venne obbligato di accompagnarli alla grotta. Arrivarono alla cavità, fecero uscire i partigiani e per gratitudine verso ABRANO gli diedero la possibilità di ritornare a casa sua. I partigiani furono accompagnati in paese, il giorno seguente a CHIAVARI dove vennero fucilati. Dopo la liberazione, Pappalardo ha cercato di arruolarsi nella Finanza, ma arrestato dai partigiani di BISAGNO, e portato a CHIAVARI nel palazzo SPIOTA è stato premiato come dovuto, dopo qualche giorno è deceduto. Racconto di DOMINGO DEVINCENZI Staffetta portaordini da VIRGOLA a RICCHETTO).” Questa la testimonianza, chiara e tuttavia necessitante di numerosi approfondimenti. In particolare: come va inquadrata la presenza dei partigiani della Coduri ad Ossegna (una ventina secondo Devincenzi, ottanta secondo quanto riferito in Antonini cit) e quali erano state le ragioni della loro apparentemente poco spiegabile “messa in libertà” da parte di Bisagno? E quanti giorni dopo l’ordine di Bisagno sarebbe avvenuto lo scomodo e impervio trasferimento nella grotta, chiaramente favorito dai residenti in quanto per la sua scoscesa ubicazione la “Gianculina” non è facile da individuare e da raggiungere? E inoltre: tenuto conto che all’interno assai angusto della cavità non è presente (sia pure a distanza di settant’anni!) alcuna traccia di una possibile frequentazione antropica, che non vi è acqua nelle immediate vicinanze e che l’andamento discendente del pavimento costituito dai già ricordati blocchi lapidei avrebbe potuto permettere, previa creazione di un “suolo” di stoppie e foglie, solo uno scomodo stazionamento, più notturno che diurno, a non più di una decina di persone stipate al fondo, per quanti giorni si sarebbe protratto il soggiorno, bruscamente interrotto il 22 gennaio 1945? Questi alcuni fra i principali interrogativi conseguenti alla testimonianza di Domingo Devincenzi. Per cercare delle risposte credibili ci siamo rivolti ad uno dei maggiori studiosi di storia locale e dell’epoca fascista del Tigullio, Sandro Antonini, con il quale uno degli AA è in rapporti di amicizia e di occasionale collaborazione, e che è autore tra l’altro del Volume “Brigata Coduri. La storia” (Antonini S.). La risposta di Antonini, con una mail del 27 luglio 2016, è stata spiazzante: “…Quanto alla grotta Gianculina, la vicenda non è come ha scritto il testimone, e neppure per Pappalardo, notoria spia fascista poi fucilata dai partigiani. Ha fatto molta confusione… Nessun partigiano si è mai trovato in quella grotta, soltanto armi. E i partigiani in questione li hanno catturati prima, in un casone. La vicenda è però lunghissima e non posso riassumerla in poche righe. Comunque, ho descritto tutto nel mio “Brigata Coduri”, uscito lo scorso anno…” Prima di attivare l’ormai obbligato confronto con quanto pubblicato da Antonini abbiamo ritenuto doveroso contattare nuovamente (S. ANTONINI) il nostro testimone. E anche qui, come si può evincere dalla mail del 21 agosto 2016 (S. Antonini a M.V. Pastorino) trascritta di La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici seguito, la riproposta della precedente testimonianza è netta e senza sbavature: 38 “…dopo approfondite indagini con la persona testimone (DOMINGO DEVINCENZI) confermo la precedente versione dei fatti. Domingo sostiene con fermezza che PAPPALARDO FRANCESCO nel 1944 finse di essere un partigiano ma in realtà era una spia fascista. Il traditore con astuzia e inganno condivise il rifugio nella GROTTA della GIANCULINA con i partigiani. Il 22 gennaio arrivarono i soldati fascisti e P.F. svelò il nascondiglio ma in quel momento non rammentò il punto preciso del luogo segreto. A questo punto i militari in località CASONI di OSSEGNA costrinsero un uomo di nome ABRANO ANTONIO ad accompagnarli alla grotta dei partigiani…” Abbiamo in seguito risentito telefonicamente il testimone, il quale ci ha precisato che i partigiani rifugiati nella grotta erano in numero di otto, che la cattura avvenne alle ore 3 di notte e che i prigionieri rimasero ad Ossegna nel corso dell’intera mattinata, e che vennero poi trasferiti nel pomeriggio. A questo punto, accingendoci ad affrontare, innanzitutto attraverso il confronto con i dati riferiti nel libro di Antonini, il necessario percorso di ricognizione, c’è un interrogativo che emerge con chiarezza: perché mai un lontano testimone quattordicenne, tuttora perfettamente lucido in età avanzata, che ancora si definisce “staffetta” fra il comandante della “Coduri”, Virgola, e quello della “Centocroci”,5 Richetto, potrebbe essere indotto, a seguito di motivazioni mal comprensibili, a distorcere fino a questo punto la verità? A fini di approfondimento della vicenda riferita da Devincenzi il punto di partenza può essere rappresentato innanzitutto da una più precisa caratterizzazione della figura di Francesco Pappalardo, del quale è stato chiesto il Foglio Matricolare e Caratteristico al Museo Storico della Guardia di Finanza (H.D.S.) che si ringrazia per la disponibilità. Riferiamo di seguito. I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia Nato a Catania nel 1913, Pappalardo si arruola nella Regia Guardia di Finanza nel 1932 quale Allievo Finanziere di Mare. Al termine del corso presso la Scuola Nautica di Pola è assegnato alla sede di Genova e, successivamente, presso Garavano sul litorale Nizzardo. Si congeda per fine della ferma obbligatoria nel 1936. Viene richiamato per la mobilitazione generale nell’aprile del 1942 e, nuovamente assegnato alla sede di Genova, è imbarcato quale Marò, alle dipendenze della Regia Marina, sulla motovedetta A.S. (antisommergibile) 22 “Spanedda”, unità successivamente destinata presso Argostoli di Cefalonia6. All’atto dell’armistizio l’unità navale riceve l’ordine di rientrare in Italia e grazie alla determinazione del suo comandante, Brigadiere Riso, riesce a rifornirsi di nafta presso un deposito di Leucade. Navigando alla cieca attraverso i campi minati l’imbarcazione corre anche il rischio di essere affondata dal “fuoco amico” della torpediniera “Sagittario”. Presumendo che Brindisi fosse stata occupata dai tedeschi l’unità punta su Taranto dove riesce a rientrare, ormai a corto di carburante, a mezzogiorno dell’11 settembre. La Vedetta viene abbordata da una lancia inglese della Royal Navy, il cui comandante ingiunge ai nostri marò di tenersi pronti a partire alla volta di Malta7. Dall’esame degli atti matricolari emerge solamente che il 9 settembre 1943 Pappalardo cessa di essere imbarcato sulla motovedetta Spanedda, tuttavia tale dicitura va intesa quale mera formula burocratica utilizzata a seguito dello scioglimento delle FF.AA. del Regno. Nessun’altra notizia si ha di lui sul citato Foglio Matricolare fino al 29 aprile 1945, quando risulta essere stato dichiarato “Disperso in seguito a prelevamento da parte di elementi partigiani”8. È probabile che il militare, dopo essere stato sbarcato a Taranto, si fosse dato alla macchia rientrando a Genova dove risiedeva con la famiglia e fosse successivamente sfollato nel Tigullio. Queste “diserzioni”, pro o contro ambedue le fazioni in conflitto, nel biennio 19431945 erano all’ordine del giorno e spesso favorite o comunque tollerate dagli stessi comandanti9. Ma veniamo al “Pappalardo 1944”, figura ben più centrale nella storia della “Coduri” (formazione partigiana sulla quale forniremo di seguito alcune succinte informazioni) rispetto a quanto non appaia nella testimonianza di Devincenzi: non uno “sfollato” repubblichino qualunque finito in quel di Ossegna per chissà quali privati motivi, ma, secondo quanto ne riferisce nel suo libro Sandro Antonini, dal quale “Brigata Coduri – La Storia –Le voci- 2015” sono tratte gran parte delle citazioni che seguono, una spia infiltrata ad arte dai comandi nazifascisti addirittura in quello che doveva essere il blindatissimo “servizio di controspionaggio” partigiano, ovvero il “S. I. P”.), di stanza a Valletti sede ultima della “Coduri” (Battaglione “Coduri”, dal nome del più rappresentativo dei suoi primi caduti, che nell’autunno del 1944 viene elevato al rango di Brigata): “I nuovi venuti si accettano, ma non sempre si ha il tempo di verificare attentamente la loro provenienza, né si vagliano a sufficienza le garanzie offerte, con il risultato che qualche volta, assieme ai molti che diventeranno in seguito buoni partigiani, ce ne sono alcuni arrivati per spiare e, se possibile, per trasmettere informazioni. Da tale versante, cioè nel campo dei delatori, entra in scena la brigata nera. Quasi certamente il capolavoro della 31a che porta la firma di Vito Spiotta è l’essere riusciti a infiltrare un uomo, Francesco Pappalardo, nel servizio informazioni della brigata, dove opera fin quasi al termine della guerra” (e la cattura dei partigiani della Gianculina verrebbe a corrispondere al momento in cui la spia dovette per forza di cose venire allo scoperto) “conosciuto con il nome di battaglia di Ossegna. Catanese, ex finanziere, sposato – anzi, moglie e figli risiedono a Valletti – ha appena compiuto trentun anni quando tenta il passaggio nelle opposte fila, che avviene il 1° ottobre 1944. Essere accettato fra i partigiani rappresenta già una notevole impresa; Ossegna vi riesce, rendendo ai suoi – leggi fascisti, repubblicani, senza distinzione – preziosi servigi, pernicioso al punto che un buon numero di partigiani ha il destino segnato dalle sue rivelazioni. Individuatane l’attività forse nel marzo 1945 a seguito della momentanea smobilitazione di parte della brigata, è probabile che sia fucilato all’indomani della liberazione.”10 E ancora, parlando della polizia segreta nazifascista: “Quando possono, dove possono, infiltrano uomini negli organismi insurrezionali e nelle formazioni, che agiscono nell’ombra e non mancano di cogliere successi. Emblematico, come si è visto, il caso di Francesco Pappalardo, in forza alla 31a Brigata nera genovese. Nel settembre 1944 risulta inserito nella “Coduri”; non solo, ed è un paradosso, i partigiani lo collocano proprio nel controspionaggio senza accorgersi del clamoroso errore. Il perché è presto spiegato. Quando si presenta, dichiara di essere un ex poliziotto pratico di indagini: è così convincente che viene accettato. Più tardi, appena si avvedono di ciò che hanno fatto, cioè nel marzo 1945, è già troppo tardi, perché il rastrellamento di «fine anno» è ormai avvenuto e la formazione, duramente colpita, ha dovuto alleggerire gli organici, mentre Pappalardo riesce a fuggire in tempo per rientrare alla base. Sarà una fuga di breve durata: i partigiani lo catturano un mese dopo e con ogni probabilità lo fucilano”.11 In Antonini non compare l’episodio della cattura del gruppo di partigiani riferita da Devincenzi: se quella cattura (grotta o casone) c’è stata, e non sembrerebbe esservi ragione per dubitarne, è impossibile che alla popolazione di Ossegna, in quell’occasione, fosse sfuggito il ruolo che il Pappalardo vi aveva esercitato, e che non ne fosse stato informato in qualche modo il Comando della pur smembrata Coduri. Riferiamo a indiretta conferma, ancora da Antonini, la testimonianza raccolta in corso di intervista del partigiano Italo Giusso, “Pampurio”, nella quale peraltro l’episodio della Gianculina non è ugualmente accennato: “I: Parliamo un po’ delle spie all’interno della brigata… G. Una la prendemmo. Non saprei indicare il periodo esatto, prima che la guerra terminasse, mi sembra… aveva a nome Francesco Pappalardo, lo abbiamo scoperto a Codivara. Lo avevo in consegna io, legato alla mia gamba con una catena: dall’altra parte della catena c’era la sua gamba: Poi qualcuno lo ha fatto alzare e gli ha detto di seguirlo: da allora è sparito, non ne abbiamo saputo più nulla, lo chiamavamo «l’uomo della macchia», per via che La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici 39 40 aveva una macchia scura in fronte…”12. Appare evidente che questa testimonianza mal si collega con quella di Devincenzi riferita in precedenza, probabilmente legata a dei “sentito dire”: “Dopo la liberazione, Pappalardo ha cercato di arruolarsi nella Finanza, ma arrestato dai partigiani di BISAGNO, e portato a CHIAVARI nel palazzo SPIOTA è stato premiato come dovuto, dopo qualche giorno è deceduto”. Tale ultima ricostruzione dei fatti appare poco verosimile: è difficile che i partigiani, dopo aver scoperto sia pur tardivamente, a seguito dell’episodio “della Gianculina”, il doppio gioco di Pappalardo e averlo catturato a Codivara, gli avessero dato modo di tornare provvisoriamente in libertà e di cercare un inserimento o reinserimento “nella Finanza”. Facendo un passo indietro, e senza pretendere di applicare i canoni del buonsenso del dopo a vicende che erano vissute all’interno di una guerriglia feroce in un contesto storico di estrema precarietà, è possibile ritenere che forse qualche elemento, purtroppo non colto, per smascherare Pappalardo fosse già emerso prima che egli portasse a termine la sua ultima luttuosa delazione. Ancora da Antonini, intervista a Aldo Minetti, classe 1918, “Aquila”: “I: E le spie? Perché in parecchi hanno servito i fascisti o, peggio, i tedeschi… M: Spie ne prendemmo due a Moneglia… Poi c’era Pappalardo, il peggiore. C’è un episodio che vorrei raccontare. Mio fratello Gronda aveva comprato una mucca da un contadino di Statale. Con noi c’era un partigiano pratico che si incaricò di macellarla. Poi giunse Pappalardo, su incarico di Virgola, per un controllo. Compilò un verbale che attestava la regolarità dell’operazione. I: Pappalardo, una spia dei fascisti, inserito nel controspionaggio partigiano: un grave errore… M: Un grave errore. Pappalardo, un giorno, aveva arrestato una giovane donna di Varese. Lei abitava a Chiavari ed era lì per comprare qualcosa. Così, senza un apparente motivo, subì l’arresto. Poi Pappalardo mi raggiunse – stavo poco distante da Valletti – e mi disse: «Aquila, te la consegno. Virgola la manderà a prendere». Quindi, conversando con I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia lei, venni a sapere che avevano comuni conoscenze, che sua cugina abitava a Casarza. Io le dissi: «Che cosa hai fatto per meritare un arresto?». Rispose: «Io quell’uomo l’ho già veduto. Non ricordo esattamente dove l’ho incontrato, ma sono sicura». Ora, lei abitava a Chiavari e la sede della Brigata Nera era appunto Chiavari e dunque… probabilmente lo ricordò perché, quando la consegnai ai partigiani incaricati di trasferirla al comando, si seppe che Pappalardo militava nelle brigate nere. Mi dissero pure che Virgola ne era a conoscenza. Pappalardo riuscì a fuggire… con la famiglia, cui fece cambiare cognome. Quando ci fu il rastrellamento di fine anno, Pappalardo seguì gli alpini… cantavano vittoria. E lui si scoprì completamente… I: Ma poi i partigiani lo ripresero… M. Si, lo ripresero e venne fucilato. Lui contro i nostri morti… Sapemmo che Califfo, in carcere a Chiavari, aveva subito torture inimmaginabili. Avevano usato la frusta sulla sua schiena prima di ucciderlo…”13. Tornando ai fatti, non è che la presenza di Pappalardo all’interno del S.I.P. (Servizio Informazioni Partigiano) dopo lo stanziamento dell’intero battaglione (poi Brigata) Coduri a Valletti sia stato privo di effetti nefasti sull’attività partigiana di quei mesi, ancor prima dell’episodio della Gianculina. Per esempio, la quasi imboscata della notte del 20 ottobre 1944, allorquando il Comandante Virgola e i suoi uomini, portatisi da Valletti, passando per Torza, alle spalle del Santuario di Velva ove era stanziato il presidio alpino fascista che speravano di indurre a lasciare la zona, vennero accolti “da un violento fuoco incrociato”14 fu certamente frutto di una delazione. Riferiamo per esteso: “Ma qualcosa non funziona perché, appena giunti, sono presi da un violento fuoco incrociato che non consente respiro: qualcuno ha davvero parlato ed il nome più probabile è quello di Francesco Pappalardo, benché non vi siano certezze assolute”15. In quell’occasione, con ripiegamento dell’attacco in ritirata, non vi furono vittime ma solo il serio ferimento di uno dei partecipanti al tentato assalto. Va sottolineato che su questo argomento non vi sarebbe stata in seguito, anche da parte partigiana, una eccessiva tendenza a far luce: intanto sulle modalità precise con cui la spia fu messa a morte non vi è alcuna documentazione o notizia sicura e questo appare incomprensibile visto le gravissime colpe di cui la spia si era macchiata; inoltre lo smacco subito facendo entrare un personaggio come Pappalardo nel controspionaggio partigiano doveva bruciare parecchio e indusse evidentemente a sorvolare o minimizzare anche nel momento in cui furono tentate le prime ricostruzioni storiche di quel tormentato periodo. Nel maggio 1945, a guerra ormai finita, secondo quanto riferisce Antonini nel suo libro, Aldo Argentini Falco, un romano ex militare inserito nella Coduri, produce un documento che vuol rappresentare una sorta di storia del nucleo SIP presente al suo interno precisando che esso aveva “peculiarità inconfondibilissime: la natura biunivoca di entità combattentistica e a un tempo eminentemente poliziesca, l’illimitatezza delle competenze e delle ingerenze; la priorità e spesso insindacabilità dei suoi pronunciamenti e delle proprie decisioni”16. Tutto vero; peccato però che Falco ometta accuratamente di parlare del caso Pappalardo e delle conseguenze che la presenza di una spia istituzionalizzata all’interno del S.I.P. operante presso la “Coduri” poteva avere avuto sull’intero complesso dell’attività del Servizio, almeno prima del febbraio 1945. Chiuso il discorso su Pappalardo, che nell’elenco dei caduti della RSI risulta disperso il 29 aprile 194517, rimane ora la necessità di un chiarimento circa lo stanziamento della “Coduri” a Valletti e quindi Ossegna, nonché sui “40 giorni di licenza” ai partigiani della Coduri imposti, secondo la testimonianza di Devincenzi, da Bisagno al Comandante della Coduri in una data imprecisata del gennaio 1945. Prima di affrontare l’argomento, è necessario a questo punto fornire qualche sommaria notizia sulla storia del battaglione e poi divisione “Coduri”, gruppo partigiano costituitosi (dopo un complesso avvio che si può far risalire al settembre 1943) nel marzo 1944 a Torpiana, frazione di Zignago nello spezzino ovvero alle pendici del monte Capenardo, con il nome di banda Virgola18, “raggruppamento garibaldino” (vicino quindi al partito comunista) inquadrato come Brigata solo a partire dal 1° ottobre 1944, all’interno della Terza Divisione Cichero. Lo stanziamento definitivo a Valletti era avvenuto nei mesi autunnali, quando le operazioni di guerriglia partigiana erano in pieno svolgimento, mentre la non indolore nomina a comandante di Eraldo Fico Virgola, era stata decisa, con regolare votazione segreta, nell’agosto del 1944. La morte di Coduri “Scioa”19, primo caduto della formazione, che da novembre prese il suo nome, era avvenuta a Carro, nel corso di un conflitto a fuoco con gli alpini della Monterosa, nell’agosto del 1944. La storia successiva della Coduri è caratterizzata da numerosissime azioni e complessi avvenimenti che non è qui il caso di cercar di riassumere; un cenno va fatto invece ad un evidente contrasto cui potrebbero non essere estranee le differenze di collocazione “politica”, a fine 1944, fra il Comando della Brigata e Bisagno, che ordinò inutilmente uno spostamento della Coduri in aree da lui ritenute più sicure. La presenza di partigiani della Coduri ad Ossegna è confermata dal rapporto di un informatore fascista, redatto nei primi giorni del gennaio 1945: “Il Comando Virgola si trova attualmente all’albergo Amici di Varese ligure. È sorto un nuovo distaccamento di circa 80 ribelli20 a Ossegna (Maissana) equipaggiati di due sicure mitragliatrici pesanti da 13 mm., fucili, mitragliatori Sten, bombe a mano e altre armi portatili…”21 In realtà, in quei giorni la situazione era radicalmente cambiata a seguito dell’attacco da parte di forze alpine e tedesche del 30 e 31 dicembre; gli avvenimenti si susseguirono più o meno complessi e confusi e non è il caso di riferirne qui in dettaglio; basti ricordare che per quanto si riferisce alla Coduri, in previsione di un ulteriore e massiccio rastrellamento, che effettivamente vi fu, con impiego di circa 2000 uomini fra i quali i cosiddetti “mongoli” (162a Infanterie-divisionTurkestan), “il giorno 20 gennaio 1945, finalmente, sono inviati in licenza duecento partigiani, con la promessa di rientrare a marzo”22. Nel libro di Antonini è ricordato un “discorso di Virgola ai sottoposti quando, avuta notizia di una fase di nuovi rastrellamenti, li lascia liberi di raggiungere le loro abitazioni La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici 41 42 o di «sistemarsi» senza dare troppo nell’occhio” peraltro non ben inquadrato cronologicamente.23 Al contrario, non vi è in alcun modo citata la notizia riferita nella testimonianza di Devincenzi che a portare ad Ossegna l’ordine di temporanea smobilitazione fosse stato Bisagno: “Giunsero nell’osteria di OSSEGNA. BISAGNO, con i suoi uomini, ordina a VIRGOLA comandante della Divisione Coduri, di dare 40 giorni di licenza ai suoi uomini”. Peraltro che Bisagno fosse uno degli ispiratori di quella decisione, destinata anche nel quasi immediato ad essere pesantemente criticata, lo si evince da una testimonianza pubblicata da Antonini: “Bruno Migliorini Riccio firma, il 26 gennaio 1945, un lungo rapporto il cui destinatario è il partito Comunista, o meglio i suoi quadri dirigenti regionali; illustra la situazione che è drammatica. Critica anche Bisagno e sottotono Marzo, responsabili di aver concesso ai partigiani la libertà di rimanere o andarsene per qualche tempo”.24 Così prosegue il rapporto di Riccio: “Risultati i distaccamenti incompleti all’avvicinarsi del rastrellamento ci fu uno sconcerto tale che all’ordine di ritirata ci fu uno sbandamento. Da notare che la sera in cui parve annunciarsi l’attacco, Bisagno, Marzo, Virgola e Leone con circa duecento uomini si portarono in altra zona, abbandonando alla loro sorte ammalati e feriti e pattuglie che avevano inviato in esplorazione. Così il resto della formazione, compresi quelli che si recavano in licenza, rimase in piena zona di rastrellamento. Ciò fu dovuto alle condizioni in cui si trovava la brigata. Invece di inviare uomini in licenza, si dovevano incitare al combattimento, a porre in salvo materiali, feriti e ammalati. (…) Elementi della formazione presero contatti con il comitato (di partito), altri si rifugiarono in caverne e gallerie, diversi fucilati e catturati e altri sbandati che si sono costituiti alla brigata nera”.25 Esula dagli obiettivi del presente lavoro quello di riferire sugli esiti della vicenda, nei quali l’attrito fra i diversi orientamenti politici dei protagonisti ebbe a giocare una parte certamente non secondaria: qui ci preme, I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia nel testo trascritto del rapporto di Miro, richiamare l’attenzione sulla parte da noi trascritta in grassetto. Non essendovi, nel libro di Antonini ed anche in altra pubblicistica, consultata però soltanto su internet, alcun accenno all’episodio della “Gianculina”, è forse solo questo il possibile collegamento fra gli avvenimenti di quei giorni riferiti in bibliografia e la testimonianza, apparentemente così veritiera, di Devincenzi. In conclusione, anche dopo il confronto con le notizie fornite da Antonini nel corso della sua pur dettagliatissima ricostruzione delle vicende della “Coduri”, l’episodio “della Gianculina” rimane nebuloso. A dire il vero, noi siamo portati a dare credito al racconto di Devincenzi: in fondo l’episodio da lui rievocato, eclatante se visto dal punto di vista della piccola realtà paesana (e parliamo sia della cattura, sia del caso Pappalardo vissuto nell’ottica dello sfollato che getta la maschera e non della spia istituzionalizzata operante a tempo pieno) sarebbe solo una delle tante sfaccettature di quei giorni drammatici, e non certo, anche dal punto di vista numerico delle vittime, una delle più significative, tale da dover entrare per forza di cose a far parte dell’immaginario collettivo di quella “grande tempesta” del rastrellamento di fine gennaio che nel suo libro Antonini riesce a ricreare con grande perizia narrativa. Rimane a questo punto un interrogativo: catturati nella grotta o catturati nei casoni, chi erano gli otto partigiani che Domingo Devincenzi riferisce essere stati fucilati a Chiavari il 23 gennaio 1945? Non siamo riusciti ad accertarlo, e per questo il titolo della presente comunicazione si chiude con un punto interrogativo, forse destinato a rimanere tale per sempre. La Grotta Gianculina, minuscola cavità naturale dei monti liguri che potrebbe essere stata teatro di una cupa vicenda resistenziale prima di speranza e poi di tradimento, rimane per ora legata con certezza solo alla segnalazione, al suo interno, di una suggestiva e ben osservabile testimonianza della storia geologica del pianeta. Appendice 1 Conferenza stampa del Presidente del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” sulle vicende relative alla grotta “Muin de strie” in val di Vara; Chiavari, 16/5/2001: “Il Sindaco di un Comune della Provincia di La Spezia che incarica L’ASL di effettuare un accertamento relativo al possibile inquinamento delle acque scaturenti da una risorgente/grotta della Val di Vara utilizzate in periodo estivo a scopo potabile; un Consorzio di captazione di quelle stesse acque che gli fa scrivere una lettera intimidatoria da un legale che non sa nulla di idrogeologia e di speleologia diffidandolo dal dare esecuzione a quell’accertamento, con minaccia in caso contrario di avviare una non meglio specificata azione legale; in conseguenza, la passiva accettazione, da parte di quello stesso sindaco, di soprassedere al disposto accertamento venendo con ciò meno al suo diritto-dovere di esercitare la sua carica indipendentemente dalla ricaduta che il suo operato, purché ineccepibile, può avere sulle simpatie dell’elettorato nei propri confronti. È questa la stupefacente e si spera provvisoria conclusione di una vertenza, relativa ad una delle più importanti grotte delle Liguria, che si sta trascinando irrisolta dall’ormai lontano 14 settembre 1991. -------------Queste le tappe dell’incredibile vicenda: 1988. In località Campore di Maissana (SP, Val di Vara) il Gruppo Speleologico Ligure, sulla base di prospezioni idrogeologiche, effettua uno scavo in corrispondenza di una risorgente (e non sorgente) - denominata “Muin de Strie” a causa del rumore di acque scorrenti in profondità - e scopre che essa corrisponde ad una nuova grotta, una delle più importanti della Liguria. 1988/1990. Inizia l’esplorazione del “Muin de Strie”. L’Amministrazione Comunale di Maissana, guidata dal Sindaco Adriano Scanavino, collabora attivamente alle ricerche, fornendo mezzi ed assistenza anche per la chiusura dell’ingresso con un cancello. La grotta chiude dopo pochi metri con un sifone. Il criterio di rigoroso rispetto per le caratteristiche di ogni ambiente ipogeo oggetto di proprie ricerche induce il Gruppo Issel a non eliminare quel sifone, il quale impedisce il libero passaggio dell’aria fra l’interno della cavità e l’esterno, caratterizzando così il microclima della grotta, ma a studiarne un sistema idraulico di abbassamento temporaneo, da mantenere in atto solo per i tempi brevi dell’accesso speleologico. Le risultanze scientifiche della prima (e per ora unica) fase dell’esplorazione vengono presentate al Congresso Nazionale di Speleologia di Udine nel Novembre 1990. Già nel corso di quella comunicazione vengono avanzati dubbi sulla potabilità delle acque interne: “…l’esplorazione e lo studio della cavità sono proseguiti con lunghe pause forzate, legate… all’impiego estivo ad uso potabile delle acque interne (anche se di vera potabilità è improbabile che si possa parlare…)”. 1991. Le esplorazioni sono temporaneamente sospese in quanto il Gruppo sta avviando importanti ricerche idrogeologiche in corrispondenza del Complesso Cobardine-Fate (Fivizzano, MS). Ad Adriano Scanavino subentra come Sindaco il geom. Mario Lavagnino, già presidente di una cooperativa di allevamento insistente su un’area posta in corrispondenza del probabile bacino di alimentazione del “Muin de Strie”. Il Gruppo Issel viene informato dell’imminenza di un controllo di potabilità sulle acque della risorgente, il cui inquinamento verrebbe attribuito alla frequentazione degli speleologi, peraltro cessata da circa un anno. Chiede quindi e ottiene di far effettuare i prelievi non alla risorgente esterna, ma all’interno della grotta, e accompagna i tecnici del Servizio di Igiene Pubblica dell’USL 18 permettendo la raccolta dei campioni in corrispondenza delle scaturigini profonde. I risultati sono inoppugnabili. Le acque che scaturiscono dalla profondità del Muin de Strie “ presentano contaminazione fecale da attribuirsi al bacino carsico del Monte Verruga… Pertanto la loro presenza all’interno della grotta è strettamente collegata al fenomeno carsico”. 14 settembre1991. Nonostante le chiarissime risultanze cui è pervenuta l’USL 18, e senza che siano stato presi provvedimenti per diminuire l’inquinamento fecale del bacino di assorbimento a monte del “Muin de Strie” (spostamento in altra sede degli allevamenti insistenti in tale area) il Sindaco Lavagnino emette ordinanza di “chiusura della grotta naturale denominata “Muin de Strie” “ritenuto opportuno impedire l’accesso a detta grotta di estranei che, a titolo vario, hanno posto in opera una cancellata munita di catena e chiusura a lucchetto, stante l’inquinamento idrico derivante dall’accesso dei medesimi”. La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici 43 44 1 ottobre 1991. Con un esposto inviato alla Procura della Repubblica, il Presidente del G.S.L. “A. Issel” dott. M.V. Pastorino denuncia per falso in atto pubblico il Sindaco Lavagnino, e chiede inoltre in ipotesi di reato che siano disposte verifiche ai sensi del D.P.R. 26/3/91, al fine di chiarire “per quali motivi e con quali scopi, a mezzo della citata ordinanza…” il Sindaco di Maissana abbia “adottato provvedimenti del tutto inutili ai fini dell’inquinamento fecale in atto nell’acquedotto consortile di Campore di Maissana”. 28 gennaio 1993. Il processo a carico del Sindaco Lavagnino, svoltosi a Chiavari senza l’audizione in qualità di teste del denunciante dott. Pastorino, che si è rinunciato a citare in quanto con nota del 25.11.92 la compagnia N.O. dei Carabinieri di Genova Portoria ha reso noto che lo stesso è reperibile solo presso il Gruppo Speleologico, “aperto solo il giovedì e il venerdì pomeriggio” (sic!). Si conclude con l’assoluzione dell’imputato “perché i fatti non sussistono”. Purtroppo il Gruppo Issel, convinto dell’evidenza assoluta dei fatti esposti con la sua denuncia, ha commesso l’errore di rinunciare a costituirsi parte civile. 16 febbraio 1993. Il Procuratore della Repubblica di Chiavari propone appello contro la sentenza. Dopo aver ricordato le affermazioni del dott. Pastorino “che aveva formulato un’articolata denuncia contro il Lavagnino sostenendo che costui aveva falsamente accusato i membri del gruppo speleologico al solo scopo di tenere celate le vere cause dell’inquinamento che erano individuabili non già nella sporadica frequentazione della grotta da parte di speleologi, bensì dagli insediamenti di allevamenti di bestiame esistenti sul monte Verruga e nella natura carsica del terreno” il Procuratore evidenzia come la mancata citazione del dott. Pastorino abbia impedito alla Pubblica Accusa di provare il proprio assunto, e ribadisce risultare “del tutto evidente la falsificazione ideologica dell’Ordinanza… posto che è inammissibile ritenere che i componenti di un gruppo speleologico si recassero in una grotta sotterranea per soddisfare bisogni fisiologici che con minore fatica e certo più agevolmente si potevano espletare in superficie; né sarebbe consentito sostenere che, ammesso e non concesso che ciò fosse avvenuto, siffatta causa inquinante fosse stata talmente imponente da cagionare un degrado non solo temporaneo ma addirittura permanente della falda acquifera!” 24 gennaio 1996. Non essendosi ancora celebrato il processo d’appello, il Dott. Pastorino, al fine di cautelarsi da una seconda mancata citazione in corso di dibattimento, chiede con sua lettera indirizzata al Presidente della Sezione Penale della Corte d’Appello di Genova “di essere interrogato quanto prima sui fatti di causa essendo il procedimento pendente dal 1991”. 16 aprile 1996. Viene celebrato il processo d’appello senza che sia stata disposta un’audizione del dott. Pastorino. Il Lavagnino dopo un dibattito brevissimo viene assolto; nella motivazione della sentenza compare questa incredibile affermazione: “Ed invero il convincimento espresso dai primi giudici appare corretto ed adeguato alle risultanze processuali, alle quali nulla poteva aggiungere l’eventuale audizione del teste Pastorino…”. 24 aprile 1996. Non essendoci stata costituzione di parte civile, al Gruppo Issel è preclusa ogni ulteriore possibilità di chiedere ed ottenere giustizia. Del tutto inutile si rivela l’invio di un lungo e dettagliato esposto/memoriale al Consiglio Superiore della Magistratura. 1996/1999. Il Gruppo Issel è impegnato in ricerche alla Cobardine Fate, che porteranno alla piena captazione a fini potabili delle acque sotterranee del complesso da parte del Comune di Fivizzano, con superamento dei problemi di approvvigionamento idrico estivo per una vasta sezione di quel territorio comunale. In contemporanea, vengono condotte a termine ricerche che permettono di dimostrare come la presunta acqua minerale “Colombo” in Comune di Varese Ligure sia in realtà un’acqua carsica con caratteristiche abbastanza analoghe a quelle defluenti dal Muin de Strie. Inconsistenti i tentativi di affrontare il discorso sul superamento della vertenza “Muin de Strie” con un nuovo sindaco succeduto a Lavagnino, che dalla vicenda scompare senza storia. Novembre 1999. Il Presidente del Gruppo Issel avvia primi contatti con il neoeletto Sindaco di Maissana. Si chiama Alberto Figaro, è un Funzionario Regionale in servizio presso l’Ufficio Interventi per l’Artigianato. Gli viene inviata la documentazione relativa all’intera vicenda. Il neo-sindaco procede con i piedi di piombo, ma i suoi atteggiamenti non sembrano dilatori. 2 giugno 2000. Il Gruppo Issel è fra i destinatari, quale potenziale socio ordinario, di una lettera del Sindaco Figaro relativa al costituendo “Consorzio Maissana Sviluppo”. 7 giugno 2000. Il presidente del Gruppo Issel chiede ufficialmente al Sindaco Figaro l’annullamento dell’Ordinanza Lavagnino. 13 luglio 2000. Il sindaco Figaro chiede al Servizio di Igiene Pubblica della ASL di Chiavari un pronunciamento in merito alla “pericolosità” della presenza umana all’interno del “Muin de Strie” in relazione ai problemi dell’inquinamento delle acque interne. I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia 8 agosto 2000. Il Dipartimento della Prevenzione U.O. Igiene degli alimenti e della Nutrizione dell’ASL di Chiavari subordina l’emissione di un proprio parere all’effettuazione di un nuovo riscontro sulle acque interne della grotta, cui dovranno essere presenti speleologi esperti della grotta, in funzione di guide, e operatori dell’ARPAL. 15 agosto 2000. Il Sindaco Figaro invia richiesta al Dipartimento della Prevenzione U.O. Igiene degli alimenti e della Nutrizione dell’ASL di Chiavari di “procedere al previsto ulteriore sopralluogo, alla grotta in oggetto indicata”. 17 ottobre 2000. Il Dipartimento della Prevenzione U.O. Igiene degli alimenti e della Nutrizione dell’ASL di Chiavari chiede, per poter procedere all’operazione, che gli speleologi del gruppo “Issel” di Genova verifichino “l’efficienza del sistema idraulico di svuotamento del sifone naturale che attualmente impedisce l’accesso alla grotta”. Chiede inoltre al Sindaco Figaro “se continua ad essere attivo il pascolo di bestiame sul monte Verruga…” 23 ottobre 2000. Il Sindaco Figaro scrive al Presidente della Società Acquedotto di Campore, che si è opposto alla verifica richiesta dall’ASL, ribadendo che alle richieste dell’ASL va dato esecuzione. Dimentica però che il disporre l’esecuzione di accertamenti relativi all’inquinamento di acque, sotterranee o meno, destinate ad uso potabile, è un suo indiscutibile diritto basato sulle vigenti legislazioni sanitarie e quindi del tutto indipendente dalla pratica speleologica e dalla legislazione regionale collegata; si appella perciò del tutto a sproposito all’art. 3 della L.R. 3/04/1990 n.14 “nelle grotte in cui sia consentito il libero accesso il Sindaco del Comune interessato provvede a vietarlo in presenza di situazioni di pericolosità, salvo consentirlo per motivi di ricerca scientifica e speleologica” che con l’accertamento richiesto all’ASL di Chiavari c’entra come i cavoli a merenda. 27 ottobre 2000. L’avv. Daniele Granara di Chiavari, in nome e per conto della Società Acquedotto di Campore, minacciando azione legale, diffida il Sindaco Figaro dal procedere al richiesto accertamento relativo al grado di inquinamento delle acque interne del Muin de Strie. ottobre 2000 – febbraio 2001. Il Sindaco Figaro recepisce la diffida dell’avv. Granara ed evita accuratamente di dare seguito alle sue proprie disposizioni del 15 agosto 2000. 21 febbraio 2001. Il Sindaco Figaro, sempre preoccupato al pensiero che gli speleologi dell’Issel, cui si sono da tempo uniti quelli del gemellato Gruppo Speleologico Lunense di La Spezia, possano defecare all’interno del Muin de Strie, continua a non annullare l’Ordinanza Lavagnino ma riesce comunque a propone con sua dettagliata lettera ai paesani suoi il potenziamento dei pascoli dei Monti Porcile e Veruga per allevamento bestiame. 2 aprile 2001. L’avv. Cristina Girardi per conto del G.S.L. “A. Issel” sollecita l’Amministrazione Comunale di Maissana a dare seguito alle richieste della ASL di Chiavari. 9 aprile 2001. L’avv. Daniele Granara di Chiavari, sempre in nome e per conto della Società Acquedotto di Campore, risponde all’avv. Girardi e finge di credere che l’Ordinanza Lavagnino sia stata disposta sulla base della Legge Speleologica Regionale Ligure, di cui cita a sproposito l’art. 3, comma 4, il quale è invece riferito a “situazioni fisiche e biologiche di particolare fragilità ed interesse” di cui evidentemente il Granara nulla sa e in merito alle quali l’azione di tutela è cosa del tutto diversa e legata a valutazioni di carattere biospeleologico, speleo-idrogeologico ecc., rispetto alla istituzionale e routinaria azione di controllo sulle acque potabili. Quella stessa azione di controllo e tutela, relativo in questo caso nello specifico ad un corretto accertamento del grado di inquinamento presentato in oggi dalle acque interne del Muin de Strie, che egli cerca di impedire ancora una volta minacciando azione legale in caso di accesso alla cavità nei modi disposti ma non attuati dal Sindaco di Maissana. I problemi relativi al libero diritto dell’esercizio della speleologia, e quindi dell’esplorazione e della ricerca del sottosuolo carsico, esulano pertanto al momento dal tema dell’odierna conferenza stampa. Anche a questo proposito, ma solo dopo che saranno date le risposte dovute agli interrogativi posti in precedenza, il problema potrà essere aperto. E ancora una volta sarà giocoforza porsi la domanda di come sia ammissibile che un Sindaco, il quale come già detto non è uno sprovveduto qualsiasi ma un funzionario regionale in servizio presso quello stesso Ente che attraverso la propria legge speleologica ha sancito il diritto all’esplorazione e alla ricerca scientifica delle aree carsiche della Regione Ligure, finisca per disattendere all’impegno che è di tutti ma che come “addetto ai lavori” dovrebbe sentire come poi per trasformarsi in strumento...”. La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici 45 Appendice 2 Convenzione fra il Catasto Speleologico Ligure del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” & il Curatore del “Gestionale Speleologico Ligure” (www.catastogrotte.net). 46 Premesso che in data 12 marzo 1932 si costituì in Genova, per iniziativa e sotto gli auspici del “Giornale di Genova”, l’Associazione di speleologi denominata Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”, le cui finalità erano, come specificato nell’Art. 2 dello Statuto, quelle di “esplorare le caverne e le grotte della regione Ligure, e di compilarne il catasto, compiendo tutte quelle ricerche speleologiche che risultassero opportune” e che l’attività del Catasto Speleologico Ligure del G.S.L. “A. Issel” perdurò fino all’11 maggio 1968; ugualmente premesso che in data 12 maggio 1968, su proposta dello stesso G.S.L. “A. Issel”, con Delibera N° 3 del Primo Convegno Speleologico Ligure, fu costituito, ai sensi dell’Art. 14 e succ. del Codice Civile, in forma di libera Associazione fra i Gruppi Speleologici Liguri, l’Ente Autonomo “Catasto Speleologico Ligure”, che venne dichiarato Organo e Sede Ufficiale di raccolta dei dati speleologici della Regione Liguria, in continuità con il Catasto Speleologico Ligure del G.S.L. “A. Issel” e che l’attività del citato “Ente Autonomo” perdurò fino alla promulgazione della Legge Speleologica Regionale Ligure 14/1990; ugualmente premesso che successivamente alla promulgazione di detta Legge, il Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”, in contemporanea deliberando la ripresa dell’attività del proprio Catasto Speleologico Ligure, promosse causa contro la Regione Liguria e avviò una lunga vertenza giudiziaria, a tutt’oggi non ancora andata in giudicato finale, per ottenere che fosse dichiarato incostituzionale l’art. 9 della legge Speleologica Regionale Ligure 14/1990 che assegnava la gestione del Catasto Speleologico Ligure, avviato dal Gruppo “A. Issel” a partire dal 1932 e ricostituito in forma associativa nel 1968, ad un organo federativo di carattere ugualmente associativo e non istituzionale di costituzione successiva a quella del citato Ente Autonomo; ugualmente premesso che in riferimento all’accennata ultradecennale vertenza giuridica, il Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” è attualmente in attesa che da parte della Prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione venga fissata la data di prima udienza in merito al “Ricorso relativo a impugnativa di sentenza 1024/07 CA Genova/controricorso a ricorso incidentale”; ugualmente premesso che in data 6 ottobre 2009 la Regione Liguria ha promulgato una nuova Legge Speleologica regionale che, per quanto si riferisce agli argomenti oggetto di vertenza, ha recepito i contenuti della L.R. 14/1990, premesso successivamente - che a partire dal 2009 su iniziativa di Alessandro Vernassa del Gruppo Speleologico “Gianni Ribaldone” è stato creato il “Gestionale Speleologico Ligure” (data-base consultabile collegandosi al sito http://www.catastogrotte.net), che permette di organizzare dal punto di vista informatico i dati delle cavità, sorgenti, aree carsiche, rilievi, itinerari e informazioni scientifiche riguardo geologia, fauna, idrologia e biospeleologia della Regione Liguria, consentendone la consultazione, l’elaborazione e la divulgazione; - che il “Gestionale Speleologico Ligure” permette di fornire una numerazione catastale univoca alle cavità liguri; - che nel 2010 suddetto data-base di implementazione e gestione dei dati catastali è stato adottato dalla “Delegazione Speleologica Ligure” che ha fatto confluire i propri dati presenti nel “Catasto Speleologico Ligure” e i cui referenti provinciali (periodicamente eletti dall’Assemblea della Delegazione Speleologica Ligure) aggiornano i contenuti, avvalendosi anche delle segnalazioni di speleologi e/o quant’altri desiderino spontaneamente e a titolo non oneroso fornire informazioni relative a ipogei in territorio regionale, con la supervisione dei dati inseriti da parte del curatore catastale; - che dal 2011 Alessandro Vernassa è stato nominato all’unanimità dall’Assemblea della Delegazione Speleologica Ligure “Responsabile pro-tempore del Catasto Speleologico Ligure”; I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia premesso in conseguenza - che a seguito della fuoriuscita del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” dalla Delegazione Speleologica Ligure nel corso dell’anno 1991, non è stato attivato alcun rapporto fra il Catasto Speleologico Ligure del G.S.L. “A. Issel” e quello affidato alla Delegazione Speleologica Ligure dalla entrata in vigore della Legge Regionale precedentemente citata e, successivamente, fra lo stesso C. S. L. del G.S.L. “A. Issel” e il “Gestionale Speleologico Ligure”; - che attualmente viene a determinarsi il concreto rischio che alle cavità naturali liguri scoperte dal Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” e gruppi e speleologi collegati venga data numerazione non coincidente con quella del “Gestionale Speleologico Ligure” e viceversa, con conseguenze del tutto negative e deplorevoli in caso di pubblicazione dei dati in sede scientifica o divulgativa; - che proprio al fine di evitare che tale possibilità abbia a verificarsi, la presidenza del G.S.L. “A. Issel” ha chiesto e ottenuto che nel corso del 2013/2014 fosse attivato in piena collaborazione con Alessandro Vernassa un impegnativo e prolungato confronto, il quale ha permesso, oltre che di mettere a disposizione del “Gestionale Speleologico Ligure” l’intera banca dati del Catasto Speleologico Ligure del Gruppo “A. Issel”, ponendo le basi per il costruttivo superamento delle problematiche sopra esposte di assegnazione unilaterale della numerazione delle grotte e per la stipula della presente convenzione. Sulla base di quanto sopra esposto e premesso, presso atto che il G.S.L. “A. Issel” non intende in alcun modo recedere dalla prosecuzione della vertenza giuridica in atto, sulla quale non verrà presa tuttavia posizione o formulato giudizio alcuno da parte dei firmatari della presente, e che la suddetta non costituisce a nessun titolo elemento suscettibile di incidere sulla vertenza giuridica in atto, si conviene quanto in appresso: A) viene attivata la collaborazione fra il Catasto Speleologico Ligure del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” e il Curatore del “Gestionale Speleologico Ligure”. B) Il manteiner del “Gestionale Speleologico Ligure” (Alessandro Vernassa) si impegna ad implementare nel data-base del “Gestionale Speleologico Ligure” i dati di ogni nuova cavità, i dati storici e gli aggiornamenti forniti dal G.S.L. “A. Issel”, al fine di integrare i dati con quelli presenti sul “Gestionale Speleologico Ligure” ed ugualmente il G.S.L. “A. Issel” si impegna a recepire globalmente, inserendoli all’interno del proprio Catasto i dati del “Gestionale Speleologico Ligure”. I dati di nuove cavità forniti dal G.S.L. “A. Issel” e collaboratori verranno inseriti nel “Gestionale Speleologico Ligure” solo da parte del Curatore, in stretto ordine di arrivo, generando in entrambi i data-base una nuova scheda identificativa con numero catastale univoco. Quanto sopra permetterà di avere una numerazione univoca e condivisa delle grotte liguri, i cui dati saranno di libero dominio e consultabili secondo le licenze “creative common”. Resta inteso che: - la presente Convenzione verrà a decadere nel momento in cui Alessandro Vernassa cesserà di essere il Curatore del “Gestionale Speleologico Ligure”, senza tuttavia generare da parte del Catasto Speleologico Ligure del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” alcuna forma di richiesta di restituzione dei dati precedentemente forniti; - l’esito della vertenza giuridica in essere e in attesa di verdetto non potrà in alcun modo e maniera avere ripercussioni o rivalse di nessun tipo (giuridico, economico, morale o quant’altro) sul “Gestionale Speleologico Ligure”. La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici 47 “ISSEL” FONDATO NEL 1932 PER L’ESPLORAZIONE E IL CATASTO DELLE GROTTE LIGURI. Eretto in Ass. a personalità giuridica con D. R. L. N° 3077 del 2/7/1991. Villa Comunale ex Borzino – 16012 BUSALLA(GE). BUSALLA 22/6/2017 Comunicazione nomina di Alessandro Vernassa a Responsabile del Catasto Speleologico Ligure del G.S.L. “A. Issel” Prot. 3007 Spett. Presidenza della S.S.I. Spett.li Gruppi Speleologici Liguri Loro recapiti postali 48 Siamo lieti di comunicare che l’amico Alessandro Vernassa, del Gruppo Speleologico Ribaldone, è stato nominato, con delibera Assembleare N° 269, Responsabile del Catasto Speleologico Ligure del G.S.L. “A Issel. Dopo la lunga lettera inviata a tutti i Gruppi Speleologici italiani il 24 aprile 2017, con la quale è stata messa la parola fine alla lunga vicenda che aveva segnato in negativo gli ultimi trent’anni di vita della nostra Associazione, ora che possiamo affermare sia stata attuata in qualche misura, dal punto di vista morale e non economico, una sorta di iniziativa risarcitoria nei nostri confronti, il che ci ha permesso di uscire a testa alta da quella triste pagina della speleologia italiana, non è più tempo di recriminazioni. Come se fossimo ritornati ai giorni immediatamente precedenti al lontano 1968, il nostro Gruppo è titolare di un Catasto Speleologico Ligure nato nel 1932 il cui aggiornamento è però attualmente possibile solo a seguito della Convenzione da noi ideata e firmata con il Catasto gestionale speleologico ligure sorto per l’iniziativa dell’amico Alessandro Vernassa, per nulla coinvolto in quelle lontane e definite vicende ed a cui va la nostra riconoscenza per aver accettato, ancora in fase di non conclusa vertenza giudiziaria, di avviare la collaborazione che gli avevamo proposto al solo fine di armonizzare in Liguria la raccolta degli aggiornamenti in materia catastale. È evidente che nessuno di noi, a questo punto, cessata ogni conflittualità, ha specifici interessi nella diretta conduzione del nostro Catasto, che continua peraltro a rappresentare, oltre che un archivio informatico costantemente aggiornato sulla base della citata Convenzione, anche l’archivio cartaceo speleologico storico della Liguria, del quale è possibile ipotizzare l’incremento nel corso degli anni futuri anche a seguito delle mutate condizioni collaborative attualmente in atto. Ci è sembrato naturale a questo punto, fermo restando che Alessandro Vernassa (il quale gode peraltro della nostra più assoluta fiducia) non fa parte del nostro Gruppo, proporgli in affidamento la conduzione, in qualità di Responsabile, anche del “nostro” Catasto: sarà questo il modo di riallacciare positivamente passato e futuro, superando generosamente ciò che è stato e recuperando sia pure parzialmente lo spirito della proposta da cui era nato l’ormai defunto Ente Catasto consociativo. Con i migliori saluti. Il Presidente (M.V. Pastorino) Fondato nel 1963 da uno degli Autori (M.V. Pastorino). Senza necessità di entrare nei dettagli in questa sede, ci limitiamo a pubblicare in Appendice 2 il testo della Convenzione che ha permesso di riavviare la collaborazione fra gli Enti interessati. Va aggiunto che in fase successiva, dopo la conclusione della trentennale vicenda giudiziaria in materia catastale, che ha opposto il Gruppo Issel alla Regione Liguria, il manteiner del “Gestionale Speleologico Ligure” (A. Vernassa) è stato nominato Responsabile del Catasto Speleologico Ligure del G.S.L. “A Issel” (V. Appendice 3). 3 Proprio in corrispondenza di tali concentrazioni, sono situate numerose aree di sfruttamento che hanno rappresentato nel recente passato i siti più importanti, a livello nazionale, per l’estrazione del manganese. L’importante Distretto minerario di Gambatesa, ampio circa 60 kmq, comprendeva infatti oltre alle miniere di Molinello, Gambatesa, Cassagna, Statale (Scrava), M. Bossea, M. Bianco, Pontori, Nossiglia e valle Bona, situate in Val Graveglia, anche i siti di, M. Porcile, M. Zenone, M. Alpe, e M. Ballarucca lungo lo spartiacque con l’alta val di Vara o nelle sue immediate vicinanze. Il massimo periodo di attività è stato fra il 1900 ed il 1970 durante il quale vennero estratte circa 1.200.000 t di minerale mercantile al 28-30% di manganese. Tra il 1942 e il 1952 la produzione ha rappresentato circa l’80% di quella nazionale; nel 1970 le 50.000 t di materiale estratto costituivano l’intero prodotto nazionale. 4 Sarebbero state molte di più secondo quanto pubblicato da Antonini. 5 Formazione partigiana che operava in contiguità territoriale con la Coduri. 6 Meccariello P. 2003. 7 Meccariello P. 2001. 8 Cfr. “quadro a” foglio matricolare e caratteristico. 9 De Santis 2015, pp. 23, 60 e passim. 10 Antonini S. p. 93. 11 Ivi. 12 Ibidem p. 300. 13 Ibidem pp. 309-311. 1 2 15 Bibliografia Antonini S., ‘Brigata Coduri - La storia le voci’, Biblioteca del Grifo Internòs, Chiavari (GE) 2015. Associazione Speleologica Genovese San Giorgio, Grotte e carsismo dell’alta val di Vara, Area Carsica SP39 Monte Verruga (SP), Collana “Grotte e Carsismo in Liguria” Regione Liguria Dipartimento Ambiente, Edilizia e Lavori Pubblici - Settore Politiche dell’Assetto del Territorio, Genova 1990. Bezeredy A., Loleo M., Pastorino M. V., ‘Muin de Strie (Li 1253). Prime osservazioni morfologiche e geo-idrologiche’ Le Grotte d’Italia, Atti XVI Congr. Naz. Speleol. (4) XVI, pp. 329-339, 1992-1993. Brozzo G. P., Nicolini S, Pastorino M. V., Poggetti E., Roncioni A., Tinagli L. & Tronconi L., ‘La risorgenza di Sette Fontane in val di Vara: una nuova importante emergenza carsica attiva della Liguria orientale’ Atti XXII Congresso Nazionale di Speleologia “Condividere i dati” Pertosa Auletta (SA), 30/05-02/06/2015 Sessione Esplorazione D1, pp. 565-570. De Santis E., Distaccamento Diga, una scelta di libertà. La Resistenza I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia Ibidem p. 96. Ivi. 16 Ibidem p. 116. 17 Elenco dei Caduti della Repubblica Sociale Italiana, p. html, lettera P (da Antonini S.) 18 Operaio dei Cantieri di Riva Trigoso, Eraldo Fico (Virgola) già reduce dal fronte francese e da quello greco-albanese, era figlio di Gian Battista Fico, antifascista degli stessi Cantieri rivani, morto nel 1924 in seguito alle ferite riportate in un’imboscata di cui era stato oggetto da parte dalle squadracce fasciste per la sua fiera e ben nota militanza socialista. Eraldo Fico, comandante partigiano di grande prestigio e di indiscussa capacità di comando, morirà tragicamente nel 1959 a seguito di un incidente stradale. Sua figlia Enrica, per quattordici anni compagna del celebre regista Michelangelo Antonioni, lo sposerà nel novembre del 1986, un anno dopo il devastante ictus del 20 dicembre 1985, rimanendogli vicina fino alla morte. 19 Sulla reale identità di Mario oppure Giuseppe Coduri vi sono delle incertezze. Secondo la Commissione dei riconoscimenti istituita a guerra finita per inventariare le identità dei combattenti partigiani, il suo nome di battesimo risulterebbe essere Giuseppe, nato a Monticelli d’Ongina (Pc) il 17.09.1914, e non Mario, come appare invece sul cippo in sua memoria innalzato a Carro, per esempio, e in altre situazioni in cui si è voluto commemorarlo (tipo sedi di partito, ecc.) intitolandole a suo nome. Altra cosa abbastanza controversa sembra essere stata per un certo tempo la sua nazionalità: francese (eventualmente nato da genitori italiani) o italiana? O forse polacca? In realtà sembra valida l’attribuzione della Citata Commissione del riconoscimento: in Francia sembra vi fosse effettivamente stato, ma per motivi di lavoro, e vi avesse soggiornato per appena un paio d’anni. 20 Venti secondo la testimonianza di Devincenzi. 21 Antonini S. p. 140. 22 Ibidem p. 173. 23 Ibidem p. 140. 24 Ibidem p. 181. 25 Ibidem pp. 181-182. 14 della Guardia di Finanza in Val Noci (GE), Ananke Editore, Torino 2015. Marroni M., Meccheri M., Carta geologico-strutturale dell’Alta Val di Vara (Appennino Ligure), C.N.R., Centro di studi per la geologia strutturale e dinamica dell’Appennino, Gruppo di Lavoro sulle Ofioliti Mediterranee, LAC, Firenze 1990. Meccariello P., ‘I Finanzieri a Cefalonia’ Rivista della Guardia di Finanza, n. 6, Comando Generale Guardia di Finanza, pp. 26372674, 2001. Meccariello P., ‘La Guardia di Finanza e l’8 settembre’ Rivista della Guardia di Finanza, n. 6, Comando Generale Guardia di Finanza, pp. 2093 e successive, 2003. Regione Liguria Legge Regionale “Norme per la tutela e la valorizzazione del patrimonio speleologico e delle aree carsiche e per lo sviluppo della speleologia”, 3 aprile 1990 n°14, Genova 1990. Regione Liguria Legge Regionale “Norme per la valorizzazione della geodiversità dei geositi e delle aree carsiche in Liguria”, 6 ottobre 2009 n° 39, Genova 2009. La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici 49 BIOGRAFIE ENRICO BAGNASCO Responsabile del Global Content Marketing e la comunicazione internazionale, per il segmento elettromeccanico della multinazionale americana Moog. È nato a Genova l’8 luglio 1977 e si è laureato in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di Genova. Dopo la laurea ha conseguito un Master in Marketing e Management e ha lavorato in campo internazionale per marchi di rilievo globale, quali K-Line, ECA Group e Rolls Royce, per poi passare, nel 2015, a Moog Italiana. Da sempre appassionato di storia, i suoi interessi si sono concentrati sulla storia industriale, politica ed artistica del ʼ900. Ha collaborato con Radio Rai 3 alla serie “Malattie Letterarie: Un percorso tra medicina e narrativa”, quale esperto di teatro parigino del ʼ900. GIANPIERO BROZZO Attualmente è dipendente della Società IREN Laboratori S.p.A. Spezia con il ruolo di responsabile del Laboratorio della Spezia. È nato a Lovere (BG) il 2 luglio 1962 e si è laureato nel 1989 in Scienze Geologiche presso l’Università degli Studi di Pisa. Ha partecipato anche come relatore a numerosi seminari e corsi di specializzazione su tematiche riguardanti idrogeologia, geochimica e monitoraggio ambientale. Sino al 1994 ha lavorato per la Società Geotermica Italiana di Pisa partecipando come geochimico prospettore e come tecnico di laboratorio a diversi progetti di ricerca geotermica e di valutazione del rischio vulcanico e sismico in Italia ed all’estero. Tra il 1994 ed il 2002 ha esercitato la libera professione nei campi dell’idrogeologia, della Protezione Civile e della geologia applicata all’ingegneria. Dal 2002 lavora per la società ACAM Acque S.p.A., ora parte del gruppo IREN, società di gestione del ciclo idrico integrato della Provincia della Spezia, come responsabile delle attività di controllo idrogeologico delle risorse idriche e dei controlli qualitativi sulle acque potabili e reflue. Ha partecipato a progetti comunitari nel campo del monitoraggio delle risorse idriche, è autore di pubblicazioni scientifiche tra le quali il IV Volume dell’Atlante degli Acquiferi della Regione Liguria, pubblicato nel 2009 dall’Università di Genova (Dip.Te.Ris.) e da ACAM Acque S.p.A. HENRY DE SANTIS Archeologo, laureatosi presso l’Università degli Studi di Genova, ha effettuato scavi archeologici di epoca preistorica e protostorica in Italia, Sudafrica, India, Asia Centrale e Sultanato di Oman. Dal 2011 è Ispettore Onorario per la tutela dei Beni Archeologici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Mi.B.A.C.) ed è Accademico Esperto dell’Accademia Archeologica Italiana. Membro del corpo docenti della Scuola Interdisciplinare delle Metodologie Archeologiche (S.I.M.A.) dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri. Speleologo, è istruttore di speleologia della Società Speleologica Italiana nell’ambito della paleoetnologia. È autore di oltre 70 pubblicazioni scientifiche e divulgative e 3 monografie. MICHELE GUERCI Nato a Ronco Scrivia il 27 dicembre 1955, è attualmente docente di lettere presso la scuola secondaria. Specializzato in Didattica e Metodi della Valutazione Scolastica, collabora da anni con il Centro di Studi Storici per l’Alta Valle Scrivia. Nell’ambito di questa collaborazione è stato coautore di svariate pubblicazioni di storia locale. Da una decina di anni si interessa anche di tematiche relative ad aspetti e problemi della democrazia contemporanea e dei movimenti di emancipazione femminile sui quali ha tenuto corsi di aggiornamento per insegnanti e conferenze presso biblioteche e enti culturali. ANDREA PARODI Archeologo libero professionista con una particolare propensione per gli aspetti topografici e lo studio del territorio. Attualmente lavora sul campo come archeologo/topografo dividendosi fra Liguria e Piemonte. Consegue la laurea in archeologia presso l’università di Pisa nel 2013 e successivamente la specializzazione in archeologia classica presso l’Università Cattolica di Milano. Al momento è fortemente appassionato all’applicazione delle nuove tecnologie alle problematiche archeologiche (ricostruzioni 3D, fotogrammetria da drone) e allo studio delle soluzione tecniche applicate in antico per il trasporto dell’acqua. È autore di alcuni contributi relativi alla ceramica di età classica e agli aspetti topografici degli edifici termali di Milano romana. MAURO VALERIO PASTORINO Nato a Busalla il 7 marzo 1945. Già Medico chirurgo ospedaliero di area chirurgica. Attualmente Libero Professionista. Ha fondato in anni lontani (1962) il Gruppo Entomologico Ligure, che è stato a lungo significativo punto di riferimento per l’entomologia giovanile italiana. Speleologo dal 1963 e attuale Presidente del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” ha pubblicato numerosi contributi in campo esplorati- vo, idrogeologico, speleogenetico, biospeleologico, biologico marino e biopatologico. Nel corso della sua attività di campagna ha scoperto e segnalato interessanti siti di interesse preistorico nella Liguria di Ponente, collaborando alle successive ricerche specialistiche (Tana del Barletta, Riparo di Orco, Tanun Pertusa, ecc…). Alla fine degli anni ʼ70 ha dato vita al Centro di Studi Storici per l’Alta Valle e Località Viciniori di cui è Segretario dalla fondazione, nell’ambito del quale, in collaborazione con il Prof. Giovanni Meriana è stato formulato un vasto progetto di Museo Storico valligiano “a tappe ed itinerari” in parte già realizzato: Sezione Archeologica di Savignone (ora Isola del Cantone), Sezione Etnologica di Senarega, Sezione Paleontologica di Crocefieschi, Sezione Storia del Movimento Operaio di Busalla, Sezione Storia delle Confraternite di Vobbia, Cappelletta di Mareta, Sezione ex Voto di Tre Fontane, Sezione Antica Osteria di Tre Fontane, Castello della Pietra in Val Vobbia, Castello di Borgo Fornari, ecc.). In particolare, a seguito dell’avvio della valorizzazione del patrimonio castellano, da lui ideata e lungamente promossa, è già stata possibile giungere all’acquisizione da parte dell’Ente pubblico (Comuni) e al successivo recupero del castello della Pietra in Vobbia, del castello di Savignone e di quello di Borgo Fornari. Nell’ambito di questa attività ha effettuato e promosso capillari ricerche di superficie sul territorio valligiano, per il quale erano in precedenza noti soltanto insediamenti relativi alla seconda età dal ferro. Tali ricerche, che si sono avvalse dell’opera di numerosi collaboratori, hanno permesso, nell’arco di circa un trentennio, di accertare la presenza di insediamenti preistorici in Alta Valle Scrivia, a partire dal neolitico. Fra le numerose pubblicazioni in collaborazione può essere segnalato in particolare un lavoro di ampio respiro dedicato allo studio dei reperti ossei umani di interesse storico, nel quale viene auspicata la promozione in forma di disciplina autonoma della medicina legale storica. Nel corso degli ultimi decenni ha inoltre iniziato la pubblicazione di scritti di carattere più strettamente memorialistico o letterario. Sindaco di Busalla dal 2004 al 2014, i suoi interessi storici, archeologici, culturali e la vis polemica delle numerose battaglie civili nelle quali si è impegnato sono documentati da numerose pubblicazioni, (quando possibile sempre in collaborazione) e dalla vasta corrispondenza inedita delle associazioni cui ha fatto e fa riferimento. LUIGI PERASSO Nato a Genova nel 1964. Laurea in Scienze Geologiche, conseguita a Genova. Di professione geologo, libero professionista, fra i soci fondatori dello studio associato “Geologia Verticale” di Genova. Speleologo dal 1988, dapprima nel Gruppo Speleologico CAI di Bolzaneto, successivamente nell’Associazione Speleologica Genovese San Giorgio. Dal 2009 Presidente pro-tempore della Delegazione Speleologica Ligure. Dal 2018 membro del Centro Studi Sotterranei di Genova, la cui attività è rivolta alla riscoperta e documentazione delle cavità artificiali quali rifugi antiaerei, bunker, sotterranei di edifici storici, condotte di rivi tombinati, cisterne. ANNA SANNA Nata in Sardegna nel 1954, risiede a Genova dal 1963. Naturalista e speleologa, iscritta al Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”, insieme al marito Ezio Masante, ha partecipato negli anni ʼ80 alle esplorazioni e ricerche di tutte le grotte localizzate in Val di Vara e segue attivamente il loro studio. ANTONELLA TRAVERSO Dottore di Ricerca in preistoria presso l’Università di Roma La Sapienza e Diplomata in Museologia presso l’Ecole du Louvre-Paris. Attualmente archeologa in servizio presso il Ministero per i Beni e le Attività culturali, dirige i musei di Luni, Balzi Rossi e Chiavari. Collabora da anni con il centro di Studi Storici per l’alta Valle Scrivia, ha diretto per numerosi anni il Museo Civico Archeologico di Savignone, docente a contratto di Museologia per sedici anni e di Preistoria per quattro presso l’Università di Genova; ha partecipato a numerose missioni di ricerca e scavo in diversi siti preistorici italiani e stranieri. Ha fatto parte di numerosi progetti europei di ricerca e di scambio come esperto italiano. ALESSANDRO VERNASSA è nato e vive a Genova. Sviluppatore software e programmatore, si occupa di Speleologia dal 1994. Attuale Presidente dello Speleoclub “G.Ribaldone” di Genova, dal 2002 è Curatore del Catasto Speleologico della Delegazione Speleologica ligure. Ha realizzato il portale “Open Speleo”, il Gestionale Speleologico Ligure e il Portale del Catasto speleologico Lombardo. Dal 2017 è Responsabile del Catasto Speleologico 1932 del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”.