I GIORNI DI
VILLA BORZINO
cultura | tradizione | curiosità | vita
Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”
Centro Studi Storici Alta Valle Scrivia e Località Viciniori
Comune di Busalla – Assessorato alla Cultura
I GIORNI DI VILLA BORZINO
«I Giorni di Villa Borzino», che prende il nome dal prestigioso edificio comunale sede di associazioni e
di iniziative culturali e promozionali, nasce a Busalla su iniziativa del Centro di Studi Storici Alta Valle
Scrivia e Località Viciniori, del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” (promotori) e dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Busalla, innanzitutto per essere area di pubblicazione per studi e
ricerche di varia umanità, in senso lato scientifiche e culturali. Una “rivista” quindi, senza preclusione
alcuna circa le materie trattate nei singoli contributi, i quali non verranno raggruppati in distinte sezioni
ma dovranno avere indicata con chiarezza l’appartenenza ad uno o più settori, aperta alla collaborazione non di soli specialisti, (salvo il diritto da parte dei responsabili, attraverso il giudizio del Comitato
Scientifico e Culturale, di garantire l’accettabilità qualitativa dei contenuti).
Va precisato subito che «I Giorni di Villa Borzino», definita per comodità “rivista” (e tale dizione continueremo ad utilizzare) è in realtà, più liberamente, una “collana” non legata ad obblighi di periodicità,
direzione responsabile e pastoie burocratiche varie, la quale sarà tuttavia obbligatoriamente caratterizzata
dalla numerazione progressiva delle varie uscite. Ciò garantirà nel tempo l’identità della Collezione e l’unicità dei successivi contributi pubblicati, i cui numeri verranno realizzati in successione (senza escludere
la possibilità di uscite a carattere monografico) non appena raggiunto un congruo numero di contributi.
«I Giorni di Villa Borzino», sarà pertanto in grado, anche a seguito dell’adozione di una solida normativa
editoriale, e all’inserimento del codice ISBN di “fare bibliografia” anche ai più alti livelli scientifici e culturali.
Inoltre, per non andare incontro a problematiche e delusioni di tipo economico, la Collana nasce innanzitutto come pubblicazione “on line”, scaricabile da chiunque a titolo gratuito e stampabile liberamente.
È ovvio che ciascuno dei tre Enti gestori, già al momento dell’uscita di ogni numero (ed eventualmente
anche in fase successiva, grazie al “digitale”), provvederà per proprio conto o congiuntamente a stampare, a costi contenuti, quel limitato numero di copie che si riterranno di volta in volta necessarie per
la prima e per le eventuali successive distribuzioni.
Accanto a questa finalità prioritaria, «I Giorni di Villa Borzino» intende anche, attraverso una apposita
Sezione, (non presente nel primo numero ma che ci si augura possa essere ospitata in quelli successivi),
arrivare a promuovere la cultura in Valle Scrivia e a rappresentare sede di pubblicazione per Notiziari
di realtà associative diverse.
Uno “scrigno” all’interno del quale le sfaccettature della nostra vicenda storica e sociale e della nostra
attualità contemporanea potranno incontrarsi e trovare piena collocazione e memoria: tradizioni, storie e
piccole e grandi avventure all’interno di un mondo che nel corso dei secoli e dei decenni e ancora ai nostri
giorni ha presentato e continua a presentare aspetti di vita civile e personale forse mai pienamente svelati.
In definitiva, «I Giorni di Villa Borzino» oltre che sede di pubblicazione di contributi scientifici e culturali, intende rappresentare un potente richiamo alla collaborazione e al confronto tra persone che
non sono riuscite finora a divulgare i propri studi e le proprie ricerche, le quali in certi casi, chiuse per
sempre nel buio di un cassetto dimenticato, rischierebbero di essere abbandonate all’oblio.
Non solo specialisti quindi, ma anche “gente di tutti i giorni”, che a partire da questo momento sarà
messa in condizione di condividere esperienze personali e culturali.
Fabrizio Fazzari, Mauro Valerio Pastorino e Marco Scarel
5
I GIORNI DI
VILLA BORZINO
cultura | tradizione | curiosità | vita
NUMERO 1 – ANNO 2019
DIREZIONE, ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA COLLANA
Marco Scarel
REDAZIONE
Paolo Brassesco
Enrico Cipollina
Michele Guerci
Mauro Valerio Pastorino
Andrea Roccatagliata
Andrea Sanguineti
Lorenzo Torre
Antonella Traverso
EDITING, GRAFICA E IMPAGINAZIONE
Fabrizio Fazzari
TESTI
Enrico Bagnasco, Gianpiero Brozzo, Henry De Santis, Michele
Guerci, Andrea Parodi, Mauro Valerio Pastorino, Luigi Perasso,
Anna Sanna, Antonella Traverso, Alessandro Vernassa
FOTOGRAFIE
Fabrizio Fazzari (p. 1, 2, 5, 6),
Wikicommons (p. 8, 26, 48, 116), Freepik (p. 96)
La richiesta di pubblicazione di articoli sulla presente
“rivista” deve essere inviata, allegando oltre al testo anche
un breve curriculum dell’autore o degli autori, a:
renata.antonini@tiscali.it
Successivamente all’approvazione da parte del Comitato
Scientifico e Culturale verranno fornite le norme redazionali
con le quali conformare i testi prima della consegna definitiva.
Gli autori sono tenuti a rispettare le normative redazionali.
Le copie cartacee della rivista possono essere richieste a:
renata.antonini@tiscali.it. Il pdf della rivista è disponibile
sul sito internet: www.comune.busalla.ge.it
ISBN 978-88-944539-0-4
© 2019, rispettivi Autori
© 2019, Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”
© 2019, Centro Studi Storici Alta Valle Scrivia e Località Viciniori
© 2019, Comune di Busalla – Assessorato alla Cultura
Tutti i numeri de “I giorni di Villa Borzino”, scaricabile on line
da chiunque a titolo gratuito, sono liberamente stampabili da
parte di privati, Enti e Associazioni alla sola condizione che
non vengano modificati testi e grafica e che la distribuzione
a terzi venga effettuata gravando ogni copia del solo costo di
produzione e di eventuale invio.
COMITATO SCIENTIFICO E CULTURALE
» Gianpiero Brozzo – Geologo, responsabile
Laboratorio della Spezia, Società IREN Laboratori S.p.A
» Fabrizio Fazzari – Editor presso Sagep Editori,
Assessore alla Cultura del Comune di Busalla
» Paolo Giardelli – Antropologo
» Michele Guerci – Docente di Lettere, conferenziere e
autore di pubblicazioni a carattere storico-culturale
» Marco Marchesini – Geologo, libero professionista,
speleologo dell’Associazione Speleologica Genovese San
Giorgio (Genova) e membro del Centro Studi Sotterranei
di Genova
» Giovanni Meriana – Presidente del Centro di Studi
Storici Alta Valle Scrivia, pubblicista e scrittore. Direttore
per oltre 30 anni della rivista “Il Foglio” del Comune di
Tiglieto. Già Assessore alla Cultura del Comune di Genova
» Fabrizio Oneto – Naturalista presso Centro Studi
Bionaturalistici Srl e membro del Gruppo Speleologico
Ligure “Arturo Issel”
» Mauro Valerio Pastorino – Medico Chirurgo.
Segretario del Centro di Studi Storici Alta Valle Scrivia e
Presidente del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”
» Luigi Perasso – Geologo, libero professionista, speleologo
dell’Associazione Speleologica Genovese San Giorgio (Genova) e
membro del Centro Studi Sotterranei di Genova
» Sebastiano Salvidio – Zoologo presso il DISTAV
Università degli Studi di Genova e membro del Gruppo
Speleologico Ligure “Arturo Issel”
» Giuseppe Tamagno – Docente di Letteratura latina
medievale
» Antonella Traverso – Archeologa in servizio presso
il Ministero per i Beni e le Attività culturali
» Giovanni Traverso – Giornalista, studioso di storia
contemporanea e locale
«I GIORNI DI VILLA BORZINO»
PERCHÉ “I GIORNI” E PERCHÉ “DI VILLA BORZINO”
La spiegazione è semplice. I giorni sono quelli
della nostra vita, quelli che effettivamente viviamo,
che ci vedono impegnati nelle nostre ricerche,
nel dare risposta a curiosità le più varie invece di
limitarci a giocare a tressette nei bar o, in versione
contemporanea, con i telefonini; i giorni sono quelli
che quando sarà venuto il momento di passare il
testimone, saranno vissuti in continuità da altri al
nostro posto, impegnati ad interrogare con identica
emozione gli archivi, i monti, le parole dei vecchi.
In questa accezione, giorni vuol dire continuità nel
trascorrere sempre presente del tempo. Quindi non
“Almanacchi” o “Annali” o “Ricerche”.
Ma semplicemente: “I Giorni…”
Seconda parte del titolo: “…di Villa Borzino”. Perché?
Villa Borzino è la mastodontica e splendida casa di
villeggiatura di un magnate genovese di inizio ʼ900.
Ben fece il Comune di Busalla ad acquistarla quando
fu messa in vendita, in quanto sottrasse in parte
Villa e parco alla speculazione edilizia che li avrebbe
trasformati in un ammasso incongruo di brutture
condominiali. Detto questo, nei decenni successivi
la Villa, a gestione onerosa per l’Ente Pubblico, non
ha ancora trovato una sua destinazione definitiva.
Salvo il fatto che un suo segmento, in modo
ormai irrinunciabile, rappresenta un fulcro vivo e
operante di promozione culturale. E questo per il
fatto di ospitare da sempre iniziative comunali che
alla cultura in ogni suo aspetto fanno riferimento,
nonché di essere sede di quel “Centro di Studi
Storici” che ha promosso il recupero del patrimonio
storico, archeologico e monumentale dell’Alta Valle
Scrivia (più recente è la presenza del Gruppo “Issel”,
la più antica istituzione speleologica della Liguria).
Nessuna delle Amministrazioni Comunali che si sono
succedute nei decenni ha mai messo in discussione
queste scelte. Scrivere “…di Villa Borzino” è quindi
anche un atto di gratitudine nei confronti del
Comune, il quale oltretutto entra a pieno titolo
nell’avvio dell’iniziativa tramite l’adesione del suo
Assessorato alla Cultura.
Mauro Valerio Pastorino
7
SOMMARIO
Storia
ABSTRACT
9
LA LETTERA DEL GENERALE
Michele Guerci, Mauro Valerio Pastorino
8
Speleologia/Geologia/Storia
27
LA GROTTA GIANCULINA (LI 1954) IN MEDIA VAL DI VARA:
SUGGESTIONI GEOMORFOLOGICHE E IRRISOLTI INTERROGATIVI STORICI
Alessandro Vernassa, Henry De Santis, Mauro Valerio Pastorino, Luigi Perasso,
Anna Sanna
Valorizzazione del territorio
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IL RUOLO DEL “CENTRO DI STUDI STORICI ALTA VALLE SCRIVIA” NEL RECUPERO
DEL CASTELLO DI BORGO FORNARI
Enrico Bagnasco
Idrogeologia/Idroterapia storica
Gianpiero Brozzo, Andrea Parodi, Mauro Valerio Pastorino
115
PRINCIPI DI MEDIAZIONE E COMUNICAZIONE NEI MUSEI ARCHEOLOGICI
Antonella Traverso
Biografie
THE GIANCULINA CAVE (LI 1954)
IN CENTRAL VARA VALLEY:
GEO-MOFOLOGICAL SUGGESTIONS AND
UNSOLVED HISTORICAL PROBLEMS
After a short summary of recent speleological researches
in the Vara Valley, authors describe a little cave situated
in Maissana (La Spezia) that has rather interesting geomorphological features. The article also includes a
detailed report of a dispute about an event that possibly
occurred in this very cave in 1944 when a group of
young partisans hid themselves there, but, as they were
betrayed by a police informer, they were caught by the
Nazi-fascists and subsequently sentenced to death.
97
LA SORGENTE CARBONICO-FERRUGINOSA DI PRATO SOPRALACROCE
Cultura/Museologia
THE LETTER OF THE GENERAL
An unpublished letter of Napoleon’s General
Campredon to the Prefetto del Mincio (Mantua) casts
some new light upon French manoeuvres during Third
Coalition War in Italy. It also shows how peasants were
forced by the French to work for their army logistics and,
possibly, to erect a new barrage along the Mincio River.
A special footnote points out priorities in making
history researches.
128
THE PART OF THE ‘CENTRO DI STUDI
STORICI ALTA VALLE SCRIVIA’ IN RESTORING
THE BORGO FORNARI CASTLE
In this article is published the correspondence, as it
is kept in the archive of the Centro, related to the
purchasing of the castle of Borgo Fornari. It shows the
long and intricate passages which led the Municipality
of Ronco Scrivia to buy it thanks to steady concern and
intervention of the Centro.
THE SOPRALACROCE CARBONIC MINERAL
WATER
Comparative geochemical study on the Sopralacroce
carbonic mineral water has allowed to frame its
chemism in panorama of famous Italian carbonic
waters and some Swiss and Austrian carbonic water.
The water was classified, the geochemical processes
that determined its composition were understood
and its degree of similarity with 130 selected carbonic
waters was established. The result is that the wellknown Ferrarelle mineral water is “mathematically”
similar to Sopralacroce water. Finally Sopralacroce
spring compositional data confirm that this mineral
water is the only known example of water rich in
carbon dioxide in Liguria and the calculated CO2
concentration represents the second highest in Italian
waters after Ceresole Reale spring (Turin province).
Furthermore Sopralacroce mineral spring was framed
in its historical and geographical context and some
hypotheses were proposed for its exploitation for
hydropinic purposes.
COMMUNICATION AND CULTURAL
MEDIASION IN THE ARCHAEOLOGICAL
MUSEUMS
This work analyses the functions and tools of
museum’s communication as well as the value of
cultural mediation within the museum.
In the second part of the article are provided
practical tools for a suitable writing of the museum’s
labels and displays: linguistic forms, structure of
speech, use of words adapted to any different
visitor’s categories.
9
La grotta Gianculina (Li 1954)
in media val di Vara:
suggestioni geomorfologiche
e irrisolti interrogativi storici
Alessandro Vernassa, Henry De Santis, Mauro Valerio Pastorino, Luigi Perasso, Anna Sanna
R
icostruire la storia delle esplorazioni speleologiche
in alta Val di Vara equivale a ricomporre
un mosaico i cui tasselli si trovano nei diari
dell’attività dei vari Gruppi che vi hanno lavorato.
Storicamente, il Gruppo che ha maggiormente operato
in valle è senza dubbio il G.S.L. “A. Issel” che ha
battuto a lungo la zona ed ha il merito di aver scoperto
ed esplorato le più importanti cavità della vallata,
principalmente a seguito delle preziose segnalazioni dei
due soci Ezio Masante e Anna Sanna.
Già negli anni ʼ70 si trovano sul bollettino interno, il
Notiziario Speleologico Ligure, trascrizioni di battute e
ricognizioni nel comune di Maissana. Congiuntamente
all’Issel, operava in quegli anni il Gruppo Entomologico
Ligure (G.E.L.)1, più orientato verso gli studi sulla
fauna ipogea, il cui contributo, legato soprattutto alla
scoperta di nuove grotte, risulta ancora riscontrabile
nel Catasto Ligure.
Dal 1995 all’Issel si affianca il G.S. Lunense per
proseguire l’attività esplorativa in questa e altre zone;
in precedenza il “Lunense” aveva già sporadicamente
frequentato l’area ma senza produrre documentazione.
Di seguito il quadro generale del passaggio degli
speleologi in Alta Val di Vara.
Nel 1955 Di Caporiacco cita nel suo trattato “Aracnidi
29
Cavernicoli Liguri” la Grotta di Liciorno (Li 147) cavità
nota da sempre ai locali.
Negli anni ʼ70, il G.S. “Issel” e il G.E.L scoprono ed
esplorano la Grotta del Bandito (Li 465) sopra il sito
archeologico di Lagorara e successivamente il Pozzetto
di Monte Scogliera (Li 854) e l’Antro di Monte Scogliera
(Li 855), ampliando così il numero di grotte censite a
catasto nella zona, che fino a quel punto risultavano
essere solo due.
Successivamente, gli speleologi dell’Issel si spostano
nel Rio Borsa, dove scoprono la Grotta di Rio Borsa
(Li 980), e poi alle pendici del Monte Verruga, dove
esplorano la Grotta di Monte Verruga (Li 1000) e le
Tane della Volpe Inferiore e Superiore (rispettivamente
Li 895 e Li 896).
Si arriva così al 1988; anno “magico”, come viene
definito sul loro notiziario, per l’Issel in Val di Vara.
Prima, grazie ad una notevole intuizione, disostruiscono
ed esplorano per circa 700m il Muin de Strie (Li 1253),
che risulta la cavità più estesa della zona, e poi, non
contenti, aprono ed esplorano lo Scrigno del Borsa (Li
1263, sviluppo 600 m).
Purtroppo in seguito a problemi con il Comune
di Maissana circa il presunto inquinamento da
parte degli speleologi della falda acquifera ipogea,
30
l’Amministrazione Comunale, anche contro il parere
dell’ASL di Chiavari, favorevole alla prosecuzione delle
ricerche, vieta definitivamente l’ingresso al Muin de Strie
(ancora oggi la grotta è inaccessibile) ed interrompe
così le promettenti esplorazioni della cavità. Sempre
sul finire degli anni ʼ80, l’Issel effettua numerose battute
e segnala al Catasto Speleologico Ligure diverse
interessanti grotte in valle.
Attualmente, per alcune di queste, non si hanno altre
notizie se non il nome ed il numero di catasto.
Successivamente, l’Issel-Lunense continua le esplorazioni:
Tana delle Mine (Li 1265), Risorgenza Cerreta (Li 1264)
e Risorgenza delle Sette Fontane (Li 1267).
Nel 1994 il G. S. Bolzaneto, nell’ambito di una revisione
catastale, visita la Grotta del Bandito e il Pozzetto di
Monte Scogliera e ne ridisegna il rilievo pubblicandolo
sul proprio bollettino.
Nel 1997 viene segnalata, da parte dell’Issel-Lunense,
l’esplorazione di nuove parti della Grotta di Monte
Verruga (Li 1000) con il raggiungimento del ramo attivo.
Giungendo ai nostri giorni, l’A.S.G. “San Giorgio”
conduce la rivisitazione di diverse cavità (Risorgenza
di Lagorara, Li 1266; Grotta Seconda di Liciorno, Li
1252; Grotta delle Ossa, Li 1269 e Pozzetto vicino
alla Grotta delle Ossa, Li 1270), esplorandone tre
nuove: la Frattura Sottomille (Li 1816) in zona Valletti,
la Risorgenza Palazzolo (Li 1268) in zona Lagorara e il
Pozzetto del Trattore (Li 1648) in zona Liciorno.
Più recentemente l’individuazione dell’accesso ad un
altro sistema ipogeo da anni in corso di prolungato
ancorché discontinuo monitoraggio da parte dei gruppi
sopracitati (“Issel” e “Lunense”) è stata effettuata dagli
speleologi Stefano Nicolini e Lucia Tronconi.
Notizie più dettagliate sull’argomento, che ci sembra
opportuno trascrivere integralmente di seguito, sono
fornite in una comunicazione presentata al XXII
Congresso Nazionale di Speleologia di Pertosa -Auletta
del 2015 (Brozzo G.P. et Alii):
“Solo a partire dagli anni ʼ70 dello scorso secolo gli interessi
del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”, in precedenza
impegnato in ricerche condotte in altre zone regionali ed
extraregionali, si focalizzarono con una certa continuità
I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia
Figura 1
Figura 2
sulla Provincia di La Spezia. Da una parte, in aree più
vicine al territorio spezzino furono avviate le indagini
(Pignone, Cassana, Grotta del Ginepro, Canale di Faggiona)
che avrebbero portato alcuni decenni successivi, con il
fondamentale apporto collaborativo del Gruppo Speleologico
Lunense, all’accesso ed all’esplorazione della “Risorgenza
di Cassana”. Dall’altra, ad opera di un piccolo nucleo che
faceva capo ad Ezio Masante ed Anna Sanna, a partire
dal 1972 e per alcuni anni successivi, furono effettuate
in contemporanea numerose ricognizioni in media Val di
Vara nel corso delle quali gran parte delle emergenze che
sarebbero state oggetto di studio e di esplorazione negli anni
a seguire vennero individuate pur senza divenire oggetto di
effettiva esplorazione. In particolare, a seguito dell’alluvione
del 1984 fu possibile accedere, attraverso un’apertura da
“sfondamento” ad opera di una “piena” sotterranea che
rimase aperta alcuni mesi, ad una risorgenza che si sarebbe
rivelata in seguito come uno dei maggiori complessi ipogei
attivi della regione ligure: il “Muin de Strie”. Ma fu solo nel
1988 che, con il coinvolgimento dell’intero Gruppo, furono
avviate ricerche ed esplorazioni che portarono alla scoperta
ed all’esplorazione del “Muin de Strie”, dello “Scrigno del
Borsa” e di altre cavità minori. A partire dal gennaio 1995
il Gruppo “Issel” avviò una proficua collaborazione con il
ricostituito Gruppo Speleologico Lunense; nel corso di tale
collaborazione, che ha permesso di effettuare una capillare
rivisitazione di buona parte dell’areale carsico spezzino, fu
effettuato in data 2 marzo 1997 anche un primo accesso
ad un sito già individuato da Masante e collaboratori e che
venne a lungo definito “Fontana Ricca di Cembrano” mentre
in realtà l’esatta denominazione è quella di “Sette fontane”
(“Fontana Ricca” essendo la soprastante sorgente lungo il Rio
omonimo che alimenta l’acquedotto di Ossegna). Da subito
fu compresa l’importanza speleologica della risorgente:
nell’agenda di uno degli autori (M.V. Pastorino) è annotato
testualmente: “Conferma presenza grande sistema - Stefano
(Ratti, n.d.AA.) apre una prima strettoia”.
Nonostante questo, proprio per la presenza delle “sette
bocche”, emuntori di eccedenza della sottostante risorgenza
captata poco più in basso da un acquedotto, tutte non
direttamente praticabili e tutte più o meno interessate alla
circolazione di aria in fase non attiva, l’accesso al sistema
si rivelò da subito indaginoso e problematico. Ed è per tale
ragione che nei successivi tre lustri, in pratica fino a tutto il
2012, essendo i due Gruppi di volta in volta impegnati in
ricerche che presentavano carattere di priorità rispetto al
tentativo di accedere a “Sette fontane”, gli accessi al sito
sono stati saltuari e non conclusivi…”
L’accesso al sistema avvenne nell’agosto del 2013,
ad opera dei due speleologi sopranominati; le
particolarità dell’operazione sono succintamente
descritte nella citata Comunicazione al XXII
Congresso Speleologico Nazionale.
Riferendoci alle indagini del Gruppo “Issel” in Val di Vara
abbiamo parlato di “parziale esplorazione”.
E qui una spiegazione è d’obbligo. La mancata completa
esplorazione è quella del “Muin de Strie” (Bezeredy A. et
alii), il più importante fra i complessi carsici della zona e
certamente uno dei maggiori della Provincia di La Spezia.
E tale lacuna conoscitiva non è legata a dirette
responsabilità del Gruppo, ma è conseguenza di
una insormontabile opposizione in sede locale alla
prosecuzione degli accessi alla grotta, che ebbe ed
ha dell’incredibile per i connotati oscurantisti e tribali
che la caratterizzarono. A nulla valsero tutti i tentativi
di opposizione del Gruppo “Issel”, che inutilmente si
rivolse anche all’Autorità Giudiziaria per ottenere che
fosse riconosciuto e sancito il diritto alla prosecuzione
delle proprie esplorazioni e più in generale al libero
esercizio della ricerca speleologica in Italia.
Non è questa la sede per ripercorrere nei dettagli
quella quasi incredibile vicenda; riteniamo comunque
utile, a chiarimento, pubblicare in appendice la parte
più significativa dell’inutile conferenza stampa che
sull’argomento fu tenuta in Chiavari il 16/5/2001 dal
Presidente dell’Associazione. Nel quindicennio successivo,
e ancora ai giorni nostri, nonostante successive
iniziative messe in atto dal Gruppo “Issel”, nessun fatto
nuovo ha permesso di giungere a un superamento
dell’interminabile situazione di stallo, per cui attualmente
solo uno dei due bacini idrologici del “Muin de Strie”,
cui corrispondono all’interno del complesso due
collettori distalmente confluenti, risulta essere stato
oggetto di sistematica esplorazione. L’ingresso della
grotta si è nel frattempo interrato a causa di ripetuti
smottamenti di terreno, che ne hanno progressivamente
e irreversibilmente impedito l’accesso.
Via via procedendo le accennate ricerche Issel Lunense in Val di Vara sono state individuate diverse
piccole cavità naturali, alcune delle quali in corso di
studio e di inserimento nel Catasto Speleologico Ligure,
inizialmente operazione rinviata per problematiche
legate alla vertenza giudiziaria Catastale Gruppo “Issel”
- Regione Liguria.2
Fra tali piccole cavità, alcune di recente scoperta e altre
localmente note ab antiquo, vi è la “Grotta Gianculina” (Li
1954) con accesso dalla frazione Ossegna in Comune di
Maissana, che appartiene a buon diritto a queste ultime,
essendo legata in modo peraltro non ben definito a una
dolorosa vicenda resistenziale risalente al 1944.
La Grotta Gianculina, ad onta del modestissimo
sviluppo planimetrico, presenta inoltre una particolarità
di notevole suggestione geomorfologica tale da
giustificarne una attenta visita.
La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici
31
32
Inquadramento Geologico
Nell’alta Val di Vara, all’interno del settore compreso
fra i Monti Cucco, Chiappozzo, Porcile, Alpe e l’abitato
di Ossegna, frazione appartenente al Comune di
Maissana, affiora estesamente l’Unità del Bracco - Val
Graveglia, che assieme all’Unità del Monte Gottero e
all’Unità di Colli/Tavarone, compongono l’insieme delle
Unità Liguri Interne.
L’Unità del Bracco – Val Graveglia è caratterizzata
da un complesso di base ofiolitico sovrastato da una
serie sedimentaria di copertura, entrambi costituiti da
un’estrema variabilità di spessore e di composizione
anche in località relativamente vicine fra loro. I termini
di natura ofiolitica compaiono spesso al nucleo di
grandi pieghe coricate (Marroni M. Meccheri M. 1990).
Dal basso verso l’alto, in rapida successione stratigrafica
si possono osservare le seguenti formazioni rocciose:
serpentiniti a lherzoliti: rocce ultrafemiche, pressoché
totalmente serpentinizzate al cui interno si osservano
frequentemente filoni o lenti di gabbro rodingitizzato;
ridotti affioramenti strizzati all’interno di sequenze
sedimentarie si osservano lungo l’allineamento Punta
Guadamonti - M. Scogliera ed in prossimità di M. Cucco;
brecce di M. Capra: brecce ofiolitiche costituite da clasti
angolari e sub-angolari di Fe-gabbri, Fe-basalti, Fe-dioriti e
plagiograniti, affioranti solo in corrispondenza del fianco
occidentale del crinale fra M. Scogliera e M. Verruga;
basalti: basalti massicci a pillows, talvolta brecciati,
affioranti in corrispondenza dell’allineamento M. Porcile
- M. Verruga;
brecce di M. Zenone: brecce ofiolitiche costituite da
clasti sub-arrotondati o sub-angolari di di Mg-gabbri,
con rare intercalazioni di ftaniti, radiolariti e arenarie
ofiolitiche in strati medi e sottili, affioranti a sinistra
dell’allineamento Punta Guadamonti - M. Scogliera;
diaspri: alternanza regolare di depositi di natura
sedimentaria, a dominante composizione silicea,
costituiti prevalentemente da radiolariti e in subordine
da ftaniti in strati medi e sottili; alla base della
formazione sono presenti intercalazioni di siltiti e di
arenarie ofiolitiche in strati medio-sottili; possono
assumere differenti colorazioni in funzione del tenore
I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia
dei componenti presenti: verdastre se ricche in clorite,
rosse con tendenza a sfumature vinate se è elevata
la percentuale di ematite, a cui si associa anche il
manganese3; numerosi sono gli affioramenti presenti in
zona, in particolare si concentrano: lungo l’allineamento
Maissana - M. Verruga; sul fianco occidentale del crinale
M. Verruga - M. Ballarucca; dal M. Porcile lungo lo
spartiacque con la Val Graveglia in direzione del M.
Alpe e in prossimità di M. Cucco;
calcari a Calpionelle: alternanza di strati calcarei bianchi
e grigio-chiari, di spessore variabile (mediamente 30 ÷
60 cm), a grana molto fine e aspetto compatto, con
frattura concoide e presenza di noduli di selce; gli strati
calcarei si presentano frequentemente separati da livelli
subordinati di argille marnose, sottili o molto sottili
(spessori da qualche mm a pochi cm). Il nome di questo
tipo di roccia deriva dalla presenza al suo interno di
organismi marini unicellulari a guscio carbonatico,
quali la Calpionella Alpina e la C. Elliptica; i principali
affioramenti interessati da fenomeni carsici più o meno
marcati, si estendono con forma prevalentemente
allungata nelle seguenti zone: dal M. Pu risalendo a N
verso il M. Alpe e proseguendo verso il M. Zenone e le
pendici del M. Capra fino all’abitato di Disconesi; lungo
i versanti orientale e settentrionale del M. Porcile; dalla
sponda destra del rio Borsa, oltrepassando l’abitato di
Maissana e Punta Guadamonti, fino ai M. Scogliera e M.
Verruga; intorno al crinale passante per M. Verruga e M.
Ballarucca; a S di M. Cucco fino all’abitato di Ossegna;
argille a Palombini: successione di strati di argilliti,
fogliettate e scagliose, di colore grigio-nero, con spessore
variabile da qualche decimetro a diversi metri, alternati
a strati, generalmente sottili, di calcari palombini,
compatti a frattura concoide di colore plumbeo e di
spessore decimetrico; presenza anche di sottili strati,
di potenza decimetrica, di arenarie quarzose, a grana
finissima, molto compatte e scheggiose, con frequente
fratturazione trasversale; in corrispondenza dell’area
in oggetto si rileva un aumento della presenza di
affioramenti argillitici spostandosi in direzione NE, dal M.
Ballarucca verso M. Cucco; oltrepassatolo e fino a Varese
Ligure le argille sono pressoché dominanti.
Per completezza, oltre alle formazioni ora elencate
occorre citarne altre due, appartenenti all’Unità
di Colli/Tavarone, ma presenti con analoghe
caratteristiche anche nell’Unità del M. Gottero; si tratta
degli scisti della val Lavagna, formazione comprendente
diverse litofacies a composizione argillitica prevalente,
e la formazione di Colli - Tavarone, successione di argilliti
varicolori e in netto subordine calcareniti, siltiti e
quarzoareniti in strati medi e sottili con intercalazioni
lenticolari di brecce mono e poligeniche a matrice
alternativamente argillitica o arenacea e clasti ofiolitici,
metamorfici, magmatici o sedimentari.
Queste due formazioni affiorano prevalentemente in testa
e lungo la sponda sinistra dell’alto Vara e lungo le sponde
del medio e basso rio Borsa, oltre l’abitato di Maissana.
Cenni di Tettonica
Da un punto di vista tettonico, l’alta Val di Vara è
stata interessata da almeno due fasi deformative
successive, che hanno lasciato traccia di imponenti
pieghe e strizzamenti negli ammassi rocciosi, non
sempre di facile interpretazione; ne è un esempio
tipico la formazione dei calcari a Calpionelle che,
seppur mantenendo gli originari rapporti stratigrafici,
si presenta frequentemente con Diaspri e argille a
Palombini in sequenza rovesciata, ovvero con le argille
alla base e i diaspri al tetto.
Le principali direttrici tettoniche, sono rappresentate
da due sistemi grossolanamente ortogonali fra loro:
il primo risulta orientato fra N-S e NO-SE, mentre il
secondo segue un allineamento NE-SO.
È interessante osservare come queste direzioni
influenzino i vari aspetti geomorfologici della vallata, sia
superficiali, come il reticolo idrografico del fiume Vara e
dei suoi più importanti affluenti, che sotterranei, come
lo sviluppo degli ipogei, in tutte le loro svariate forme,
presenti nei numerosi affioramenti di calcari a Calpionelle.
Fenomenologia Carsica e Normativa regionale
di riferimento
L’alta Val di Vara è caratterizzata da interessanti
fenomeni carsici sia di superficie sia ipogei; molte grotte
rappresentano importanti elementi per la comprensione
dell’evoluzione geomorfologica della vallata e,
contestualmente, testimoniano la presenza dell’uomo sul
territorio in epoca preistorica e protostorica, oggetto di
frequentazioni ed insediamenti temporanei.
È in questo contesto che nell’alta Val di Vara è stato
individuato il sito carsico SP39 “Monte Verruga”,
perimetrato ai sensi della Legge Regionale 14/90;
recentemente è stata approvata la nuova Legge
Regionale 39/09 che ha parzialmente modificato la
precedente perimetrazione sia sulla base delle nuove
conoscenze geologiche acquisite che a seguito delle
ulteriori scoperte di ipogei carsici ad opera dei gruppi
speleologici locali e non operanti sul territorio ligure.
La grotta Gianculina
La piccola cavità si apre all’interno della formazione dei
Calcari a Calpionelle, lungo il versante di un contrafforte
secondario che si erge alle spalle dell’abitato di Ossegna;
ci si trova sulla sponda di sinistra orografica dell’alto
torrente Borsa (figura 1).
Figura 3
(ap)
(cC)
ARGILLE E PALOMBINI (ap)
Alternanza regolare di torbiditi calcaree in strati
medi e di emipelagiti argillitiche in strati medi e
spessi. Sequenza di Bouma Toe, in subordine Ta-e
e Tb-e. Presenti, verso la parte superiore della formazione, marne e marne calcaree in strati
medi e spessi e quarzoareniti in strati sottili.
BERRIASINO - SANTONIANO
CALCARI A CALPIONELLE (cC)
Alternanza regolare di torbidi calcaree in strati
medi e spessi separati da strati molto sottili di
emipelagiti argillitiche. Le torbiditi calcaree sono
costituite da calcilutiti talvolta con base calcarenitica. Presenti marne e marne calcaree in strati
medi e spessi.
BARRIASIANO
(d)
DIASPRI (d)
Alternanza regolare di radiolariti e subordinate
flaniti in strati medi e sottili. Alla base della formazione soo presenti intercalazioni di silititi ed
arenarie ofiolitiche in strati medi e sottili.
CALLOVIANO MED.-SUP. - TITONICO
La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici
33
34
Foto 1
Il pendio è occupato da un bosco misto di castagni e
lecci, un tempo regolarmente mantenuti; sono ancora
presenti tracce di muretti a secco ormai in abbandono
e lentamente soffocati da rovi e vegetazione arbustiva
infestante.
L’imbocco della cavità è duplice (foto 1); si tratta di
due stretti pertugi che con un piccolo saltino verticale
conducono alla sala principale; il pavimento è costituito
da blocchi lapidei che si distaccano in frammenti di
taglia da centimetrica a pluridecimetrica dalle bancate
calcaree presenti sulla volta.
All’entrata il pavimento è parzialmente mascherato
da uno spesso strato di terreno poco compattato,
presumibilmente convogliato all’interno dalle acque
di corrivazione superficiale lungo il pendio e scolante
dentro all’ipogeo.
Alcuni saggi verticali compiuti in vari angoli del
pavimento hanno ulteriormente confermato
l’importante spessore di clasti medio-grossolani
I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia
misti a paglia, ramaglia e sporadicamente cocci di
bottiglia. Non sono stati osservati frammenti di
interesse archeologico. Disseminati in vari punti sono
stati individuati frammenti ossei probabilmente di
quadrupede recente, privi di interesse paleontologico; si
tratta forse dei resti di uno o più pasti consumati da un
predatore momentaneamente riparatosi nella grotta.
Non è stata osservata traccia di frequentazione da
parte di fauna temporanea o stanziale della grotta, fatta
eccezione per la presenza di alcuni troglosseni: Limacidi
(foto 2) e una significativa colonia di Limonia sp (foto 3).
L’aspetto più interessante presente all’interno
dell’ipogeo è costituito da una marcata piega negli
strati calcarei affioranti in corrispondenza della
parete frontale all’entrata sulla parete settentrionale.
Il nucleo centrale è costituito da una bancata di
colore decisamente più chiaro, lattiginoso, rispetto ai
successivi strati più esterni marcatamente bruno scuri;
sono presenti anche sottili livelletti argillitici nerastri, a
Foto 2
Foto 3
sottolineare la curvatura nella stratificazione. La piega
risulta asimmetrica con il fianco occidentale molto
inclinato (orientazione 291/35) e il fianco orientale più
dolce, (orientazione 99/15).
La presenza di questa piega in grotta aumenta di
interesse per la totale assenza di ripiegamenti nelle
bancate calcaree affioranti in esterno negli immediati
dintorni; probabilmente manifestazioni esterne della
piega le si potrebbero percepire se il pendio fosse
totalmente privo di vegetazione e del terreno che
anche se di modesto spessore può sempre occultare
eventuali ripiegamenti nella roccia.
Osservando la carta geologico-strutturale dell’alta
val di Vara8 in corrispondenza della grotta passa
la traccia di un sistema di piani assiali di pieghe
antiformi appartenente alla seconda fase tettonica di
deformazione che ha interessato l’area, a conferma
della validità dell’osservazione compiuta nell’ipogeo
(figg. 2-3).
Anche se la visita all’antro è stata compiuta in pieno
periodo estivo non sono state osservate tracce di
circolazione idrica perenne o saltuaria, tantomeno
manifestazioni lungo le pareti di concrezioni o stillicidi
saltuari.
Quanto sopra limita l’interesse geologico della grotta,
ma non da un punto di vista storico; infatti potrebbe
essere stata sede di una dolorosa vicenda resistenziale
nel corso della seconda guerra mondiale. Di quei fatti
e delle problematiche collegate viene fornita di seguito
ampia relazione; per il resto non si prevedono al
momento campagne di scavo di porzioni del pavimento
finalizzate ad esplorazioni o acquisizione di ulteriori
informazioni storico - ambientali.
La vicenda storica
La Grotta Gianculina è localmente ben nota ad
Ossegna in quanto ritenuta collegata a un tragico
episodio resistenziale risalente al 1945, in merito al
quale una precisa testimonianza orale è stata raccolta
da uno degli autori (S. Antonini).
Il testimone, attualmente ottantaseienne (classe 1930)
nato ad Ossegna ed ivi tuttora residente in condizioni
di piena lucidità e buona salute, coniugato con due
figlie, si chiama Domingo Devincenzi. All’epoca dei
fatti, giovanissima staffetta partigiana secondo quanto
dallo stesso dichiarato, aveva 14 anni. La testimonianza
orale è stata raccolta e trascritta manualmente dalla
figlia Liliana, nata nel 1958 ed anch’essa residente con il
padre ad Ossegna, il 12 luglio 2016 (V.figg….) :
“GROTTA GIANCULINA.
La storia di questa grotta inizia nel lontano novembre
1944, quando nel paese di Ossegna arrivò un
distaccamento di partigiani composto da circa 20 persone.4
La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici
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Dati Catastali
Nome
Grotta Gianculina
Numero di catasto
Li 1954
Regione: Liguria
Provincia: La Spezia
Comune:
Maissana
Area carsica (L.R. 14/90):
SP39 – Monte Verruga
Formazione: Calcari a
calpionelle
Sviluppo reale: 10 m
Dislivello positivo: 0 m
Dislivello negativo: 4 m
Dislivello totale: 4m
Latitudine: 44°21’38.8’’ N
Longitudine: 9°33’28.4’’
Datum GPS:
7Geografiche WGS84
Quota altimetrica:
700 m s.l.m.m.
Valutazione dato GPS:
17 giugno 2016,
precisione circa 5 mt
Idrologia: raro stillicidio
Andamento: Discendente
Percorribilità: Facile
Coordinate convertite
in altri formati:
DATUM WGS 84:
lat.: 44.360777777778
long.: 9.5578888888889
lat.: 44° 21’ 38.8’’
long.: 9° 33’ 28.4’’
lat.: 44° 21’ 42.25’’
long.: 9° 33’ 32.112’’
UTM WGS 84
northing: 4912096
easting: 544456
zone: 32T
DATUM ED 50:
lat.: 44.361736056692
long.: 9.5589199149159
DATUM ROME 1940:
lat.: 44° 21’ 36.432’’
long.: 2° 53’ 38.848’’ Ovest
di Monte Mario
GAUSS BOAGA
northing: 4912114
easting: 1544484
UTM ED 50
northing: 4912294
easting: 544540
zone: 32T
36
37
Questi provenivano dalla zona della Val Graveglia
nell’entroterra di Chiavari e dipendevano dalla Divisione
CODURI comandata da VIRGOLA. Successivamente
nel mese di gennaio arrivò il comandante dell’ARMATA
PARTIGIANA GENOVESE BISAGNO insieme a 3
collaboratori.
Giunsero nell’osteria di OSSEGNA. BISAGNO, con i suoi
uomini, ordina a VIRGOLA comandante della Divisione
Coduri, di dare 40 giorni di licenza ai suoi uomini.
Lui obbedisce, ma tra questi partigiani c’erano persone
che si erano ambientate amichevolmente in zona, quindi
decisero di nascondersi tutti nella grotta sostenuti dagli
abitanti del paese.
Tra i paesani vi era uno sfollato: il finanziere PAPPALARDO
FRANCESCO, quale fingeva di essere un alleato partigiano,
ma in realtà era una spia fascista.
Pappalardo facendo doppio gioco si nascose nella
grotta con i partigiani per una sola notte.
Il 22 gennaio arrivarono circa 200 persone divise in
I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia
Mongoli, Tedeschi e fascisti alpini. Il falso Pappalardo
saluta di [sic] alpini fascisti svelando loro il nascondiglio dei
partigiani, e insieme cercano di raggiungere la grotta, ma
Pappalardo non rammenta bene il luogo.
Ritornarono indietro e si fermarono in paese da un certo
ABRANO ANTONIO, al (sic) quale con violenza venne
obbligato di accompagnarli alla grotta.
Arrivarono alla cavità, fecero uscire i partigiani e per
gratitudine verso ABRANO gli diedero la possibilità di
ritornare a casa sua.
I partigiani furono accompagnati in paese, il giorno
seguente a CHIAVARI dove vennero fucilati.
Dopo la liberazione, Pappalardo ha cercato di arruolarsi
nella Finanza, ma arrestato dai partigiani di BISAGNO, e
portato a CHIAVARI nel palazzo SPIOTA è stato premiato
come dovuto, dopo qualche giorno è deceduto.
Racconto di DOMINGO DEVINCENZI
Staffetta portaordini da VIRGOLA a RICCHETTO).”
Questa la testimonianza, chiara e tuttavia necessitante
di numerosi approfondimenti. In particolare: come va
inquadrata la presenza dei partigiani della Coduri ad
Ossegna (una ventina secondo Devincenzi, ottanta
secondo quanto riferito in Antonini cit) e quali erano
state le ragioni della loro apparentemente poco
spiegabile “messa in libertà” da parte di Bisagno?
E quanti giorni dopo l’ordine di Bisagno sarebbe
avvenuto lo scomodo e impervio trasferimento nella
grotta, chiaramente favorito dai residenti in quanto per
la sua scoscesa ubicazione la “Gianculina” non è facile
da individuare e da raggiungere?
E inoltre: tenuto conto che all’interno assai angusto
della cavità non è presente (sia pure a distanza
di settant’anni!) alcuna traccia di una possibile
frequentazione antropica, che non vi è acqua nelle
immediate vicinanze e che l’andamento discendente
del pavimento costituito dai già ricordati blocchi
lapidei avrebbe potuto permettere, previa creazione
di un “suolo” di stoppie e foglie, solo uno scomodo
stazionamento, più notturno che diurno, a non più
di una decina di persone stipate al fondo, per quanti
giorni si sarebbe protratto il soggiorno, bruscamente
interrotto il 22 gennaio 1945?
Questi alcuni fra i principali interrogativi conseguenti
alla testimonianza di Domingo Devincenzi. Per cercare
delle risposte credibili ci siamo rivolti ad uno dei
maggiori studiosi di storia locale e dell’epoca fascista del
Tigullio, Sandro Antonini, con il quale uno degli AA è in
rapporti di amicizia e di occasionale collaborazione, e
che è autore tra l’altro del Volume “Brigata Coduri. La
storia” (Antonini S.).
La risposta di Antonini, con una mail del 27 luglio 2016,
è stata spiazzante:
“…Quanto alla grotta Gianculina, la vicenda non è
come ha scritto il testimone, e neppure per Pappalardo,
notoria spia fascista poi fucilata dai partigiani. Ha fatto
molta confusione… Nessun partigiano si è mai trovato
in quella grotta, soltanto armi. E i partigiani in questione
li hanno catturati prima, in un casone. La vicenda è però
lunghissima e non posso riassumerla in poche righe.
Comunque, ho descritto tutto nel mio “Brigata Coduri”,
uscito lo scorso anno…”
Prima di attivare l’ormai obbligato confronto con
quanto pubblicato da Antonini abbiamo ritenuto
doveroso contattare nuovamente (S. ANTONINI) il
nostro testimone.
E anche qui, come si può evincere dalla mail del 21
agosto 2016 (S. Antonini a M.V. Pastorino) trascritta di
La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici
seguito, la riproposta della precedente testimonianza è
netta e senza sbavature:
38
“…dopo approfondite indagini con la persona testimone
(DOMINGO DEVINCENZI) confermo la precedente
versione dei fatti.
Domingo sostiene con fermezza che PAPPALARDO
FRANCESCO nel 1944 finse di essere un partigiano
ma in realtà era una spia fascista. Il traditore con
astuzia e inganno condivise il rifugio nella GROTTA della
GIANCULINA con i partigiani. Il 22 gennaio arrivarono
i soldati fascisti e P.F. svelò il nascondiglio ma in quel
momento non rammentò il punto preciso del luogo segreto.
A questo punto i militari in località CASONI di OSSEGNA
costrinsero un uomo di nome ABRANO ANTONIO ad
accompagnarli alla grotta dei partigiani…”
Abbiamo in seguito risentito telefonicamente il
testimone, il quale ci ha precisato che i partigiani
rifugiati nella grotta erano in numero di otto, che la
cattura avvenne alle ore 3 di notte e che i prigionieri
rimasero ad Ossegna nel corso dell’intera mattinata, e
che vennero poi trasferiti nel pomeriggio.
A questo punto, accingendoci ad affrontare, innanzitutto
attraverso il confronto con i dati riferiti nel libro
di Antonini, il necessario percorso di ricognizione,
c’è un interrogativo che emerge con chiarezza:
perché mai un lontano testimone quattordicenne,
tuttora perfettamente lucido in età avanzata, che
ancora si definisce “staffetta” fra il comandante della
“Coduri”, Virgola, e quello della “Centocroci”,5 Richetto,
potrebbe essere indotto, a seguito di motivazioni mal
comprensibili, a distorcere fino a questo punto la verità?
A fini di approfondimento della vicenda riferita
da Devincenzi il punto di partenza può essere
rappresentato innanzitutto da una più precisa
caratterizzazione della figura di Francesco Pappalardo,
del quale è stato chiesto il Foglio Matricolare e
Caratteristico al Museo Storico della Guardia di
Finanza (H.D.S.) che si ringrazia per la disponibilità.
Riferiamo di seguito.
I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia
Nato a Catania nel 1913, Pappalardo si arruola nella
Regia Guardia di Finanza nel 1932 quale Allievo
Finanziere di Mare. Al termine del corso presso la
Scuola Nautica di Pola è assegnato alla sede di Genova
e, successivamente, presso Garavano sul litorale
Nizzardo. Si congeda per fine della ferma obbligatoria
nel 1936.
Viene richiamato per la mobilitazione generale
nell’aprile del 1942 e, nuovamente assegnato alla sede di
Genova, è imbarcato quale Marò, alle dipendenze della
Regia Marina, sulla motovedetta A.S. (antisommergibile)
22 “Spanedda”, unità successivamente destinata presso
Argostoli di Cefalonia6.
All’atto dell’armistizio l’unità navale riceve l’ordine di
rientrare in Italia e grazie alla determinazione del suo
comandante, Brigadiere Riso, riesce a rifornirsi di nafta
presso un deposito di Leucade. Navigando alla cieca
attraverso i campi minati l’imbarcazione corre anche
il rischio di essere affondata dal “fuoco amico” della
torpediniera “Sagittario”. Presumendo che Brindisi fosse
stata occupata dai tedeschi l’unità punta su Taranto
dove riesce a rientrare, ormai a corto di carburante,
a mezzogiorno dell’11 settembre. La Vedetta viene
abbordata da una lancia inglese della Royal Navy, il cui
comandante ingiunge ai nostri marò di tenersi pronti a
partire alla volta di Malta7.
Dall’esame degli atti matricolari emerge solamente
che il 9 settembre 1943 Pappalardo cessa di essere
imbarcato sulla motovedetta Spanedda, tuttavia tale
dicitura va intesa quale mera formula burocratica
utilizzata a seguito dello scioglimento delle FF.AA. del
Regno. Nessun’altra notizia si ha di lui sul citato Foglio
Matricolare fino al 29 aprile 1945, quando risulta essere
stato dichiarato “Disperso in seguito a prelevamento da
parte di elementi partigiani”8.
È probabile che il militare, dopo essere stato sbarcato a
Taranto, si fosse dato alla macchia rientrando a Genova
dove risiedeva con la famiglia e fosse successivamente
sfollato nel Tigullio. Queste “diserzioni”, pro o contro
ambedue le fazioni in conflitto, nel biennio 19431945 erano all’ordine del giorno e spesso favorite o
comunque tollerate dagli stessi comandanti9.
Ma veniamo al “Pappalardo 1944”, figura ben più
centrale nella storia della “Coduri” (formazione
partigiana sulla quale forniremo di seguito alcune
succinte informazioni) rispetto a quanto non appaia
nella testimonianza di Devincenzi: non uno “sfollato”
repubblichino qualunque finito in quel di Ossegna
per chissà quali privati motivi, ma, secondo quanto
ne riferisce nel suo libro Sandro Antonini, dal quale
“Brigata Coduri – La Storia –Le voci- 2015” sono tratte
gran parte delle citazioni che seguono, una spia
infiltrata ad arte dai comandi nazifascisti addirittura
in quello che doveva essere il blindatissimo “servizio
di controspionaggio” partigiano, ovvero il “S. I. P”.), di
stanza a Valletti sede ultima della “Coduri” (Battaglione
“Coduri”, dal nome del più rappresentativo dei suoi
primi caduti, che nell’autunno del 1944 viene elevato al
rango di Brigata):
“I nuovi venuti si accettano, ma non sempre si ha il
tempo di verificare attentamente la loro provenienza, né
si vagliano a sufficienza le garanzie offerte, con il risultato
che qualche volta, assieme ai molti che diventeranno in
seguito buoni partigiani, ce ne sono alcuni arrivati per
spiare e, se possibile, per trasmettere informazioni. Da tale
versante, cioè nel campo dei delatori, entra in scena la
brigata nera. Quasi certamente il capolavoro della 31a che
porta la firma di Vito Spiotta è l’essere riusciti a infiltrare
un uomo, Francesco Pappalardo, nel servizio informazioni
della brigata, dove opera fin quasi al termine della guerra”
(e la cattura dei partigiani della Gianculina verrebbe a
corrispondere al momento in cui la spia dovette per
forza di cose venire allo scoperto) “conosciuto con il
nome di battaglia di Ossegna. Catanese, ex finanziere,
sposato – anzi, moglie e figli risiedono a Valletti – ha
appena compiuto trentun anni quando tenta il passaggio
nelle opposte fila, che avviene il 1° ottobre 1944. Essere
accettato fra i partigiani rappresenta già una notevole
impresa; Ossegna vi riesce, rendendo ai suoi – leggi
fascisti, repubblicani, senza distinzione – preziosi servigi,
pernicioso al punto che un buon numero di partigiani ha il
destino segnato dalle sue rivelazioni. Individuatane l’attività
forse nel marzo 1945 a seguito della momentanea
smobilitazione di parte della brigata, è probabile che
sia fucilato all’indomani della liberazione.”10 E ancora,
parlando della polizia segreta nazifascista:
“Quando possono, dove possono, infiltrano uomini
negli organismi insurrezionali e nelle formazioni, che
agiscono nell’ombra e non mancano di cogliere successi.
Emblematico, come si è visto, il caso di Francesco
Pappalardo, in forza alla 31a Brigata nera genovese.
Nel settembre 1944 risulta inserito nella “Coduri”; non
solo, ed è un paradosso, i partigiani lo collocano proprio
nel controspionaggio senza accorgersi del clamoroso
errore. Il perché è presto spiegato. Quando si presenta,
dichiara di essere un ex poliziotto pratico di indagini: è
così convincente che viene accettato. Più tardi, appena si
avvedono di ciò che hanno fatto, cioè nel marzo 1945, è
già troppo tardi, perché il rastrellamento di «fine anno»
è ormai avvenuto e la formazione, duramente colpita, ha
dovuto alleggerire gli organici, mentre Pappalardo riesce a
fuggire in tempo per rientrare alla base. Sarà una fuga di
breve durata: i partigiani lo catturano un mese dopo e con
ogni probabilità lo fucilano”.11
In Antonini non compare l’episodio della cattura del
gruppo di partigiani riferita da Devincenzi: se quella
cattura (grotta o casone) c’è stata, e non sembrerebbe
esservi ragione per dubitarne, è impossibile che alla
popolazione di Ossegna, in quell’occasione, fosse
sfuggito il ruolo che il Pappalardo vi aveva esercitato,
e che non ne fosse stato informato in qualche modo il
Comando della pur smembrata Coduri.
Riferiamo a indiretta conferma, ancora da Antonini,
la testimonianza raccolta in corso di intervista del
partigiano Italo Giusso, “Pampurio”, nella quale peraltro
l’episodio della Gianculina non è ugualmente accennato:
“I: Parliamo un po’ delle spie all’interno della brigata…
G. Una la prendemmo. Non saprei indicare il periodo
esatto, prima che la guerra terminasse, mi sembra… aveva
a nome Francesco Pappalardo, lo abbiamo scoperto a
Codivara. Lo avevo in consegna io, legato alla mia gamba
con una catena: dall’altra parte della catena c’era la sua
gamba: Poi qualcuno lo ha fatto alzare e gli ha detto di
seguirlo: da allora è sparito, non ne abbiamo saputo più
nulla, lo chiamavamo «l’uomo della macchia», per via che
La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici
39
40
aveva una macchia scura in fronte…”12.
Appare evidente che questa testimonianza mal si
collega con quella di Devincenzi riferita in precedenza,
probabilmente legata a dei “sentito dire”:
“Dopo la liberazione, Pappalardo ha cercato di arruolarsi
nella Finanza, ma arrestato dai partigiani di BISAGNO, e
portato a CHIAVARI nel palazzo SPIOTA è stato premiato
come dovuto, dopo qualche giorno è deceduto”.
Tale ultima ricostruzione dei fatti appare poco
verosimile: è difficile che i partigiani, dopo aver
scoperto sia pur tardivamente, a seguito dell’episodio
“della Gianculina”, il doppio gioco di Pappalardo e averlo
catturato a Codivara, gli avessero dato modo di tornare
provvisoriamente in libertà e di cercare un inserimento
o reinserimento “nella Finanza”.
Facendo un passo indietro, e senza pretendere di
applicare i canoni del buonsenso del dopo a vicende
che erano vissute all’interno di una guerriglia feroce in
un contesto storico di estrema precarietà, è possibile
ritenere che forse qualche elemento, purtroppo non
colto, per smascherare Pappalardo fosse già emerso
prima che egli portasse a termine la sua ultima
luttuosa delazione.
Ancora da Antonini, intervista a Aldo Minetti, classe
1918, “Aquila”:
“I: E le spie? Perché in parecchi hanno servito i fascisti
o, peggio, i tedeschi…
M: Spie ne prendemmo due a Moneglia… Poi c’era
Pappalardo, il peggiore. C’è un episodio che vorrei
raccontare. Mio fratello Gronda aveva comprato una
mucca da un contadino di Statale. Con noi c’era un
partigiano pratico che si incaricò di macellarla. Poi giunse
Pappalardo, su incarico di Virgola, per un controllo. Compilò
un verbale che attestava la regolarità dell’operazione.
I: Pappalardo, una spia dei fascisti, inserito nel
controspionaggio partigiano: un grave errore…
M: Un grave errore. Pappalardo, un giorno, aveva arrestato
una giovane donna di Varese. Lei abitava a Chiavari ed era
lì per comprare qualcosa. Così, senza un apparente motivo,
subì l’arresto. Poi Pappalardo mi raggiunse – stavo poco
distante da Valletti – e mi disse: «Aquila, te la consegno.
Virgola la manderà a prendere». Quindi, conversando con
I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia
lei, venni a sapere che avevano comuni conoscenze, che
sua cugina abitava a Casarza. Io le dissi: «Che cosa hai
fatto per meritare un arresto?». Rispose: «Io quell’uomo l’ho
già veduto. Non ricordo esattamente dove l’ho incontrato,
ma sono sicura». Ora, lei abitava a Chiavari e la sede
della Brigata Nera era appunto Chiavari e dunque…
probabilmente lo ricordò perché, quando la consegnai ai
partigiani incaricati di trasferirla al comando, si seppe che
Pappalardo militava nelle brigate nere. Mi dissero pure che
Virgola ne era a conoscenza. Pappalardo riuscì a fuggire…
con la famiglia, cui fece cambiare cognome. Quando ci fu
il rastrellamento di fine anno, Pappalardo seguì gli alpini…
cantavano vittoria. E lui si scoprì completamente…
I: Ma poi i partigiani lo ripresero…
M. Si, lo ripresero e venne fucilato. Lui contro i nostri
morti… Sapemmo che Califfo, in carcere a Chiavari, aveva
subito torture inimmaginabili. Avevano usato la frusta sulla
sua schiena prima di ucciderlo…”13.
Tornando ai fatti, non è che la presenza di Pappalardo
all’interno del S.I.P. (Servizio Informazioni Partigiano)
dopo lo stanziamento dell’intero battaglione (poi
Brigata) Coduri a Valletti sia stato privo di effetti
nefasti sull’attività partigiana di quei mesi, ancor prima
dell’episodio della Gianculina.
Per esempio, la quasi imboscata della notte del 20
ottobre 1944, allorquando il Comandante Virgola e i
suoi uomini, portatisi da Valletti, passando per Torza,
alle spalle del Santuario di Velva ove era stanziato il
presidio alpino fascista che speravano di indurre a
lasciare la zona, vennero accolti “da un violento fuoco
incrociato”14 fu certamente frutto di una delazione.
Riferiamo per esteso: “Ma qualcosa non funziona perché,
appena giunti, sono presi da un violento fuoco incrociato
che non consente respiro: qualcuno ha davvero parlato ed
il nome più probabile è quello di Francesco Pappalardo,
benché non vi siano certezze assolute”15.
In quell’occasione, con ripiegamento dell’attacco in
ritirata, non vi furono vittime ma solo il serio ferimento
di uno dei partecipanti al tentato assalto.
Va sottolineato che su questo argomento non vi
sarebbe stata in seguito, anche da parte partigiana, una
eccessiva tendenza a far luce: intanto sulle modalità
precise con cui la spia fu messa a morte non vi è
alcuna documentazione o notizia sicura e questo
appare incomprensibile visto le gravissime colpe di
cui la spia si era macchiata; inoltre lo smacco subito
facendo entrare un personaggio come Pappalardo nel
controspionaggio partigiano doveva bruciare parecchio
e indusse evidentemente a sorvolare o minimizzare
anche nel momento in cui furono tentate le prime
ricostruzioni storiche di quel tormentato periodo. Nel
maggio 1945, a guerra ormai finita, secondo quanto
riferisce Antonini nel suo libro, Aldo Argentini Falco,
un romano ex militare inserito nella Coduri, produce
un documento che vuol rappresentare una sorta di
storia del nucleo SIP presente al suo interno precisando
che esso aveva “peculiarità inconfondibilissime: la natura
biunivoca di entità combattentistica e a un tempo
eminentemente poliziesca, l’illimitatezza delle competenze
e delle ingerenze; la priorità e spesso insindacabilità dei
suoi pronunciamenti e delle proprie decisioni”16. Tutto
vero; peccato però che Falco ometta accuratamente di
parlare del caso Pappalardo e delle conseguenze che
la presenza di una spia istituzionalizzata all’interno del
S.I.P. operante presso la “Coduri” poteva avere avuto
sull’intero complesso dell’attività del Servizio, almeno
prima del febbraio 1945.
Chiuso il discorso su Pappalardo, che nell’elenco dei
caduti della RSI risulta disperso il 29 aprile 194517,
rimane ora la necessità di un chiarimento circa
lo stanziamento della “Coduri” a Valletti e quindi
Ossegna, nonché sui “40 giorni di licenza” ai partigiani
della Coduri imposti, secondo la testimonianza di
Devincenzi, da Bisagno al Comandante della Coduri in
una data imprecisata del gennaio 1945.
Prima di affrontare l’argomento, è necessario a questo
punto fornire qualche sommaria notizia sulla storia del
battaglione e poi divisione “Coduri”, gruppo partigiano
costituitosi (dopo un complesso avvio che si può far
risalire al settembre 1943) nel marzo 1944 a Torpiana,
frazione di Zignago nello spezzino ovvero alle pendici
del monte Capenardo, con il nome di banda Virgola18,
“raggruppamento garibaldino” (vicino quindi al partito
comunista) inquadrato come Brigata solo a partire
dal 1° ottobre 1944, all’interno della Terza Divisione
Cichero. Lo stanziamento definitivo a Valletti era
avvenuto nei mesi autunnali, quando le operazioni di
guerriglia partigiana erano in pieno svolgimento, mentre
la non indolore nomina a comandante di Eraldo Fico
Virgola, era stata decisa, con regolare votazione segreta,
nell’agosto del 1944. La morte di Coduri “Scioa”19,
primo caduto della formazione, che da novembre
prese il suo nome, era avvenuta a Carro, nel corso
di un conflitto a fuoco con gli alpini della Monterosa,
nell’agosto del 1944.
La storia successiva della Coduri è caratterizzata da
numerosissime azioni e complessi avvenimenti che non
è qui il caso di cercar di riassumere; un cenno va fatto
invece ad un evidente contrasto cui potrebbero non
essere estranee le differenze di collocazione “politica”,
a fine 1944, fra il Comando della Brigata e Bisagno, che
ordinò inutilmente uno spostamento della Coduri in
aree da lui ritenute più sicure.
La presenza di partigiani della Coduri ad Ossegna è
confermata dal rapporto di un informatore fascista,
redatto nei primi giorni del gennaio 1945:
“Il Comando Virgola si trova attualmente all’albergo Amici
di Varese ligure. È sorto un nuovo distaccamento di circa
80 ribelli20 a Ossegna (Maissana) equipaggiati di due sicure
mitragliatrici pesanti da 13 mm., fucili, mitragliatori Sten,
bombe a mano e altre armi portatili…”21
In realtà, in quei giorni la situazione era radicalmente
cambiata a seguito dell’attacco da parte di forze alpine
e tedesche del 30 e 31 dicembre; gli avvenimenti si
susseguirono più o meno complessi e confusi e non è il
caso di riferirne qui in dettaglio; basti ricordare che per
quanto si riferisce alla Coduri, in previsione di un ulteriore
e massiccio rastrellamento, che effettivamente vi fu,
con impiego di circa 2000 uomini fra i quali i cosiddetti
“mongoli” (162a Infanterie-divisionTurkestan), “il giorno 20
gennaio 1945, finalmente, sono inviati in licenza duecento
partigiani, con la promessa di rientrare a marzo”22.
Nel libro di Antonini è ricordato un “discorso di Virgola
ai sottoposti quando, avuta notizia di una fase di nuovi
rastrellamenti, li lascia liberi di raggiungere le loro abitazioni
La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici
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o di «sistemarsi» senza dare troppo nell’occhio” peraltro
non ben inquadrato cronologicamente.23
Al contrario, non vi è in alcun modo citata la notizia
riferita nella testimonianza di Devincenzi che a portare
ad Ossegna l’ordine di temporanea smobilitazione
fosse stato Bisagno: “Giunsero nell’osteria di OSSEGNA.
BISAGNO, con i suoi uomini, ordina a VIRGOLA
comandante della Divisione Coduri, di dare 40 giorni di
licenza ai suoi uomini”.
Peraltro che Bisagno fosse uno degli ispiratori di quella
decisione, destinata anche nel quasi immediato ad
essere pesantemente criticata, lo si evince da una
testimonianza pubblicata da Antonini:
“Bruno Migliorini Riccio firma, il 26 gennaio 1945, un lungo
rapporto il cui destinatario è il partito Comunista, o meglio
i suoi quadri dirigenti regionali; illustra la situazione che
è drammatica. Critica anche Bisagno e sottotono Marzo,
responsabili di aver concesso ai partigiani la libertà di
rimanere o andarsene per qualche tempo”.24
Così prosegue il rapporto di Riccio: “Risultati i
distaccamenti incompleti all’avvicinarsi del rastrellamento
ci fu uno sconcerto tale che all’ordine di ritirata ci fu
uno sbandamento. Da notare che la sera in cui parve
annunciarsi l’attacco, Bisagno, Marzo, Virgola e Leone
con circa duecento uomini si portarono in altra zona,
abbandonando alla loro sorte ammalati e feriti e pattuglie
che avevano inviato in esplorazione. Così il resto della
formazione, compresi quelli che si recavano in licenza,
rimase in piena zona di rastrellamento. Ciò fu dovuto alle
condizioni in cui si trovava la brigata. Invece di inviare
uomini in licenza, si dovevano incitare al combattimento,
a porre in salvo materiali, feriti e ammalati. (…) Elementi
della formazione presero contatti con il comitato (di
partito), altri si rifugiarono in caverne e gallerie, diversi
fucilati e catturati e altri sbandati che si sono costituiti alla
brigata nera”.25
Esula dagli obiettivi del presente lavoro quello di riferire
sugli esiti della vicenda, nei quali l’attrito fra i diversi
orientamenti politici dei protagonisti ebbe a giocare
una parte certamente non secondaria: qui ci preme,
I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia
nel testo trascritto del rapporto di Miro, richiamare
l’attenzione sulla parte da noi trascritta in grassetto.
Non essendovi, nel libro di Antonini ed anche in altra
pubblicistica, consultata però soltanto su internet,
alcun accenno all’episodio della “Gianculina”, è forse
solo questo il possibile collegamento fra gli avvenimenti
di quei giorni riferiti in bibliografia e la testimonianza,
apparentemente così veritiera, di Devincenzi.
In conclusione, anche dopo il confronto con le
notizie fornite da Antonini nel corso della sua pur
dettagliatissima ricostruzione delle vicende della
“Coduri”, l’episodio “della Gianculina” rimane nebuloso.
A dire il vero, noi siamo portati a dare credito al
racconto di Devincenzi: in fondo l’episodio da lui
rievocato, eclatante se visto dal punto di vista della
piccola realtà paesana (e parliamo sia della cattura, sia del
caso Pappalardo vissuto nell’ottica dello sfollato che getta
la maschera e non della spia istituzionalizzata operante a
tempo pieno) sarebbe solo una delle tante sfaccettature
di quei giorni drammatici, e non certo, anche dal punto
di vista numerico delle vittime, una delle più significative,
tale da dover entrare per forza di cose a far parte
dell’immaginario collettivo di quella “grande tempesta”
del rastrellamento di fine gennaio che nel suo libro
Antonini riesce a ricreare con grande perizia narrativa.
Rimane a questo punto un interrogativo: catturati nella
grotta o catturati nei casoni, chi erano gli otto partigiani
che Domingo Devincenzi riferisce essere stati fucilati a
Chiavari il 23 gennaio 1945?
Non siamo riusciti ad accertarlo, e per questo il titolo
della presente comunicazione si chiude con un punto
interrogativo, forse destinato a rimanere tale per sempre.
La Grotta Gianculina, minuscola cavità naturale dei
monti liguri che potrebbe essere stata teatro di una
cupa vicenda resistenziale prima di speranza e poi di
tradimento, rimane per ora legata con certezza solo
alla segnalazione, al suo interno, di una suggestiva e
ben osservabile testimonianza della storia geologica
del pianeta.
Appendice 1
Conferenza stampa del Presidente del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” sulle vicende relative alla grotta
“Muin de strie” in val di Vara; Chiavari, 16/5/2001:
“Il Sindaco di un Comune della Provincia di La Spezia che incarica L’ASL di effettuare un accertamento relativo al possibile inquinamento delle acque scaturenti da una risorgente/grotta della Val di Vara utilizzate in periodo estivo a scopo
potabile; un Consorzio di captazione di quelle stesse acque che gli fa scrivere una lettera intimidatoria da un legale
che non sa nulla di idrogeologia e di speleologia diffidandolo dal dare esecuzione a quell’accertamento, con minaccia in
caso contrario di avviare una non meglio specificata azione legale; in conseguenza, la passiva accettazione, da parte di
quello stesso sindaco, di soprassedere al disposto accertamento venendo con ciò meno al suo diritto-dovere di esercitare la sua carica indipendentemente dalla ricaduta che il suo operato, purché ineccepibile, può avere sulle simpatie
dell’elettorato nei propri confronti.
È questa la stupefacente e si spera provvisoria conclusione di una vertenza, relativa ad una delle più importanti grotte
delle Liguria, che si sta trascinando irrisolta dall’ormai lontano 14 settembre 1991.
-------------Queste le tappe dell’incredibile vicenda:
1988. In località Campore di Maissana (SP, Val di Vara) il Gruppo Speleologico Ligure, sulla base di prospezioni idrogeologiche, effettua uno scavo in corrispondenza di una risorgente (e non sorgente) - denominata “Muin de Strie” a
causa del rumore di acque scorrenti in profondità - e scopre che essa corrisponde ad una nuova grotta, una delle più
importanti della Liguria.
1988/1990. Inizia l’esplorazione del “Muin de Strie”. L’Amministrazione Comunale di Maissana, guidata dal Sindaco
Adriano Scanavino, collabora attivamente alle ricerche, fornendo mezzi ed assistenza anche per la chiusura dell’ingresso con un cancello.
La grotta chiude dopo pochi metri con un sifone. Il criterio di rigoroso rispetto per le caratteristiche di ogni ambiente
ipogeo oggetto di proprie ricerche induce il Gruppo Issel a non eliminare quel sifone, il quale impedisce il libero passaggio dell’aria fra l’interno della cavità e l’esterno, caratterizzando così il microclima della grotta, ma a studiarne un
sistema idraulico di abbassamento temporaneo, da mantenere in atto solo per i tempi brevi dell’accesso speleologico.
Le risultanze scientifiche della prima (e per ora unica) fase dell’esplorazione vengono presentate al Congresso Nazionale
di Speleologia di Udine nel Novembre 1990. Già nel corso di quella comunicazione vengono avanzati dubbi sulla potabilità delle acque interne: “…l’esplorazione e lo studio della cavità sono proseguiti con lunghe pause forzate, legate…
all’impiego estivo ad uso potabile delle acque interne (anche se di vera potabilità è improbabile che si possa parlare…)”.
1991. Le esplorazioni sono temporaneamente sospese in quanto il Gruppo sta avviando importanti ricerche idrogeologiche in corrispondenza del Complesso Cobardine-Fate (Fivizzano, MS).
Ad Adriano Scanavino subentra come Sindaco il geom. Mario Lavagnino, già presidente di una cooperativa di allevamento insistente su un’area posta in corrispondenza del probabile bacino di alimentazione del “Muin de Strie”.
Il Gruppo Issel viene informato dell’imminenza di un controllo di potabilità sulle acque della risorgente, il cui inquinamento verrebbe attribuito alla frequentazione degli speleologi, peraltro cessata da circa un anno. Chiede quindi e
ottiene di far effettuare i prelievi non alla risorgente esterna, ma all’interno della grotta, e accompagna i tecnici del Servizio di Igiene Pubblica dell’USL 18 permettendo la raccolta dei campioni in corrispondenza delle scaturigini profonde.
I risultati sono inoppugnabili. Le acque che scaturiscono dalla profondità del Muin de Strie “ presentano contaminazione fecale da attribuirsi al bacino carsico del Monte Verruga… Pertanto la loro presenza all’interno della grotta è
strettamente collegata al fenomeno carsico”.
14 settembre1991. Nonostante le chiarissime risultanze cui è pervenuta l’USL 18, e senza che siano stato presi provvedimenti per diminuire l’inquinamento fecale del bacino di assorbimento a monte del “Muin de Strie” (spostamento
in altra sede degli allevamenti insistenti in tale area) il Sindaco Lavagnino emette ordinanza di “chiusura della grotta
naturale denominata “Muin de Strie” “ritenuto opportuno impedire l’accesso a detta grotta di estranei che, a titolo
vario, hanno posto in opera una cancellata munita di catena e chiusura a lucchetto, stante l’inquinamento idrico derivante dall’accesso dei medesimi”.
La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici
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1 ottobre 1991. Con un esposto inviato alla Procura della Repubblica, il Presidente del G.S.L. “A. Issel” dott. M.V. Pastorino denuncia per falso in atto pubblico il Sindaco Lavagnino, e chiede inoltre in ipotesi di reato che siano disposte
verifiche ai sensi del D.P.R. 26/3/91, al fine di chiarire “per quali motivi e con quali scopi, a mezzo della citata ordinanza…” il Sindaco di Maissana abbia “adottato provvedimenti del tutto inutili ai fini dell’inquinamento fecale in atto
nell’acquedotto consortile di Campore di Maissana”.
28 gennaio 1993. Il processo a carico del Sindaco Lavagnino, svoltosi a Chiavari senza l’audizione in qualità di teste
del denunciante dott. Pastorino, che si è rinunciato a citare in quanto con nota del 25.11.92 la compagnia N.O. dei
Carabinieri di Genova Portoria ha reso noto che lo stesso è reperibile solo presso il Gruppo Speleologico, “aperto
solo il giovedì e il venerdì pomeriggio” (sic!). Si conclude con l’assoluzione dell’imputato “perché i fatti non sussistono”.
Purtroppo il Gruppo Issel, convinto dell’evidenza assoluta dei fatti esposti con la sua denuncia, ha commesso l’errore
di rinunciare a costituirsi parte civile.
16 febbraio 1993. Il Procuratore della Repubblica di Chiavari propone appello contro la sentenza. Dopo aver ricordato
le affermazioni del dott. Pastorino “che aveva formulato un’articolata denuncia contro il Lavagnino sostenendo che
costui aveva falsamente accusato i membri del gruppo speleologico al solo scopo di tenere celate le vere cause dell’inquinamento che erano individuabili non già nella sporadica frequentazione della grotta da parte di speleologi, bensì
dagli insediamenti di allevamenti di bestiame esistenti sul monte Verruga e nella natura carsica del terreno” il Procuratore evidenzia come la mancata citazione del dott. Pastorino abbia impedito alla Pubblica Accusa di provare il proprio
assunto, e ribadisce risultare “del tutto evidente la falsificazione ideologica dell’Ordinanza… posto che è inammissibile
ritenere che i componenti di un gruppo speleologico si recassero in una grotta sotterranea per soddisfare bisogni
fisiologici che con minore fatica e certo più agevolmente si potevano espletare in superficie; né sarebbe consentito
sostenere che, ammesso e non concesso che ciò fosse avvenuto, siffatta causa inquinante fosse stata talmente imponente da cagionare un degrado non solo temporaneo ma addirittura permanente della falda acquifera!”
24 gennaio 1996. Non essendosi ancora celebrato il processo d’appello, il Dott. Pastorino, al fine di cautelarsi da una
seconda mancata citazione in corso di dibattimento, chiede con sua lettera indirizzata al Presidente della Sezione Penale della Corte d’Appello di Genova “di essere interrogato quanto prima sui fatti di causa essendo il procedimento
pendente dal 1991”.
16 aprile 1996. Viene celebrato il processo d’appello senza che sia stata disposta un’audizione del dott. Pastorino. Il
Lavagnino dopo un dibattito brevissimo viene assolto; nella motivazione della sentenza compare questa incredibile
affermazione: “Ed invero il convincimento espresso dai primi giudici appare corretto ed adeguato alle risultanze processuali, alle quali nulla poteva aggiungere l’eventuale audizione del teste Pastorino…”.
24 aprile 1996. Non essendoci stata costituzione di parte civile, al Gruppo Issel è preclusa ogni ulteriore possibilità di
chiedere ed ottenere giustizia. Del tutto inutile si rivela l’invio di un lungo e dettagliato esposto/memoriale al Consiglio
Superiore della Magistratura.
1996/1999. Il Gruppo Issel è impegnato in ricerche alla Cobardine Fate, che porteranno alla piena captazione a fini
potabili delle acque sotterranee del complesso da parte del Comune di Fivizzano, con superamento dei problemi di
approvvigionamento idrico estivo per una vasta sezione di quel territorio comunale. In contemporanea, vengono condotte a termine ricerche che permettono di dimostrare come la presunta acqua minerale “Colombo” in Comune di
Varese Ligure sia in realtà un’acqua carsica con caratteristiche abbastanza analoghe a quelle defluenti dal Muin de Strie.
Inconsistenti i tentativi di affrontare il discorso sul superamento della vertenza “Muin de Strie” con un nuovo sindaco
succeduto a Lavagnino, che dalla vicenda scompare senza storia.
Novembre 1999. Il Presidente del Gruppo Issel avvia primi contatti con il neoeletto Sindaco di Maissana. Si chiama
Alberto Figaro, è un Funzionario Regionale in servizio presso l’Ufficio Interventi per l’Artigianato. Gli viene inviata la
documentazione relativa all’intera vicenda. Il neo-sindaco procede con i piedi di piombo, ma i suoi atteggiamenti non
sembrano dilatori.
2 giugno 2000. Il Gruppo Issel è fra i destinatari, quale potenziale socio ordinario, di una lettera del Sindaco Figaro relativa al
costituendo “Consorzio Maissana Sviluppo”.
7 giugno 2000. Il presidente del Gruppo Issel chiede ufficialmente al Sindaco Figaro l’annullamento dell’Ordinanza
Lavagnino.
13 luglio 2000. Il sindaco Figaro chiede al Servizio di Igiene Pubblica della ASL di Chiavari un pronunciamento in merito
alla “pericolosità” della presenza umana all’interno del “Muin de Strie” in relazione ai problemi dell’inquinamento delle
acque interne.
I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia
8 agosto 2000. Il Dipartimento della Prevenzione U.O. Igiene degli alimenti e della Nutrizione dell’ASL di Chiavari
subordina l’emissione di un proprio parere all’effettuazione di un nuovo riscontro sulle acque interne della grotta, cui
dovranno essere presenti speleologi esperti della grotta, in funzione di guide, e operatori dell’ARPAL.
15 agosto 2000. Il Sindaco Figaro invia richiesta al Dipartimento della Prevenzione U.O. Igiene degli alimenti e della
Nutrizione dell’ASL di Chiavari di “procedere al previsto ulteriore sopralluogo, alla grotta in oggetto indicata”.
17 ottobre 2000. Il Dipartimento della Prevenzione U.O. Igiene degli alimenti e della Nutrizione dell’ASL di Chiavari
chiede, per poter procedere all’operazione, che gli speleologi del gruppo “Issel” di Genova verifichino “l’efficienza del
sistema idraulico di svuotamento del sifone naturale che attualmente impedisce l’accesso alla grotta”. Chiede inoltre al
Sindaco Figaro “se continua ad essere attivo il pascolo di bestiame sul monte Verruga…”
23 ottobre 2000. Il Sindaco Figaro scrive al Presidente della Società Acquedotto di Campore, che si è opposto alla verifica
richiesta dall’ASL, ribadendo che alle richieste dell’ASL va dato esecuzione. Dimentica però che il disporre l’esecuzione
di accertamenti relativi all’inquinamento di acque, sotterranee o meno, destinate ad uso potabile, è un suo indiscutibile
diritto basato sulle vigenti legislazioni sanitarie e quindi del tutto indipendente dalla pratica speleologica e dalla legislazione regionale collegata; si appella perciò del tutto a sproposito all’art. 3 della L.R. 3/04/1990 n.14 “nelle grotte in cui sia
consentito il libero accesso il Sindaco del Comune interessato provvede a vietarlo in presenza di situazioni di pericolosità, salvo
consentirlo per motivi di ricerca scientifica e speleologica” che con l’accertamento richiesto all’ASL di Chiavari c’entra come
i cavoli a merenda.
27 ottobre 2000. L’avv. Daniele Granara di Chiavari, in nome e per conto della Società Acquedotto di Campore, minacciando azione legale, diffida il Sindaco Figaro dal procedere al richiesto accertamento relativo al grado di inquinamento
delle acque interne del Muin de Strie.
ottobre 2000 – febbraio 2001. Il Sindaco Figaro recepisce la diffida dell’avv. Granara ed evita accuratamente di dare seguito
alle sue proprie disposizioni del 15 agosto 2000.
21 febbraio 2001. Il Sindaco Figaro, sempre preoccupato al pensiero che gli speleologi dell’Issel, cui si sono da tempo uniti
quelli del gemellato Gruppo Speleologico Lunense di La Spezia, possano defecare all’interno del Muin de Strie, continua a
non annullare l’Ordinanza Lavagnino ma riesce comunque a propone con sua dettagliata lettera ai paesani suoi il potenziamento dei pascoli dei Monti Porcile e Veruga per allevamento bestiame.
2 aprile 2001. L’avv. Cristina Girardi per conto del G.S.L. “A. Issel” sollecita l’Amministrazione Comunale di Maissana
a dare seguito alle richieste della ASL di Chiavari.
9 aprile 2001. L’avv. Daniele Granara di Chiavari, sempre in nome e per conto della Società Acquedotto di Campore,
risponde all’avv. Girardi e finge di credere che l’Ordinanza Lavagnino sia stata disposta sulla base della Legge Speleologica Regionale Ligure, di cui cita a sproposito l’art. 3, comma 4, il quale è invece riferito a “situazioni fisiche e biologiche
di particolare fragilità ed interesse” di cui evidentemente il Granara nulla sa e in merito alle quali l’azione di tutela è cosa
del tutto diversa e legata a valutazioni di carattere biospeleologico, speleo-idrogeologico ecc., rispetto alla istituzionale
e routinaria azione di controllo sulle acque potabili.
Quella stessa azione di controllo e tutela, relativo in questo caso nello specifico ad un corretto accertamento del
grado di inquinamento presentato in oggi dalle acque interne del Muin de Strie, che egli cerca di impedire ancora una
volta minacciando azione legale in caso di accesso alla cavità nei modi disposti ma non attuati dal Sindaco di Maissana.
I problemi relativi al libero diritto dell’esercizio della speleologia, e quindi dell’esplorazione e della ricerca del sottosuolo carsico, esulano pertanto al momento dal tema dell’odierna conferenza stampa.
Anche a questo proposito, ma solo dopo che saranno date le risposte dovute agli interrogativi posti in precedenza,
il problema potrà essere aperto. E ancora una volta sarà giocoforza porsi la domanda di come sia ammissibile che un
Sindaco, il quale come già detto non è uno sprovveduto qualsiasi ma un funzionario regionale in servizio presso quello
stesso Ente che attraverso la propria legge speleologica ha sancito il diritto all’esplorazione e alla ricerca scientifica
delle aree carsiche della Regione Ligure, finisca per disattendere all’impegno che è di tutti ma che come “addetto ai
lavori” dovrebbe sentire come poi per trasformarsi in strumento...”.
La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici
45
Appendice 2
Convenzione
fra il Catasto Speleologico Ligure del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”
&
il Curatore del “Gestionale Speleologico Ligure” (www.catastogrotte.net).
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Premesso
che in data 12 marzo 1932 si costituì in Genova, per iniziativa e sotto gli auspici del “Giornale di Genova”, l’Associazione
di speleologi denominata Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”, le cui finalità erano, come specificato nell’Art.
2 dello Statuto, quelle di “esplorare le caverne e le grotte della regione Ligure, e di compilarne il catasto, compiendo tutte
quelle ricerche speleologiche che risultassero opportune” e che l’attività del Catasto Speleologico Ligure del G.S.L. “A.
Issel” perdurò fino all’11 maggio 1968;
ugualmente premesso
che in data 12 maggio 1968, su proposta dello stesso G.S.L. “A. Issel”, con Delibera N° 3 del Primo Convegno
Speleologico Ligure, fu costituito, ai sensi dell’Art. 14 e succ. del Codice Civile, in forma di libera Associazione fra i
Gruppi Speleologici Liguri, l’Ente Autonomo “Catasto Speleologico Ligure”, che venne dichiarato Organo e Sede
Ufficiale di raccolta dei dati speleologici della Regione Liguria, in continuità con il Catasto Speleologico Ligure del
G.S.L. “A. Issel” e che l’attività del citato “Ente Autonomo” perdurò fino alla promulgazione della Legge Speleologica
Regionale Ligure 14/1990;
ugualmente premesso
che successivamente alla promulgazione di detta Legge, il Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”, in contemporanea
deliberando la ripresa dell’attività del proprio Catasto Speleologico Ligure, promosse causa contro la Regione Liguria e
avviò una lunga vertenza giudiziaria, a tutt’oggi non ancora andata in giudicato finale, per ottenere che fosse dichiarato
incostituzionale l’art. 9 della legge Speleologica Regionale Ligure 14/1990 che assegnava la gestione del Catasto
Speleologico Ligure, avviato dal Gruppo “A. Issel” a partire dal 1932 e ricostituito in forma associativa nel 1968, ad un
organo federativo di carattere ugualmente associativo e non istituzionale di costituzione successiva a quella del citato
Ente Autonomo;
ugualmente premesso
che in riferimento all’accennata ultradecennale vertenza giuridica, il Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” è
attualmente in attesa che da parte della Prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione venga fissata la data di prima
udienza in merito al “Ricorso relativo a impugnativa di sentenza 1024/07 CA Genova/controricorso a ricorso incidentale”;
ugualmente premesso
che in data 6 ottobre 2009 la Regione Liguria ha promulgato una nuova Legge Speleologica regionale che, per quanto
si riferisce agli argomenti oggetto di vertenza, ha recepito i contenuti della L.R. 14/1990,
premesso successivamente
- che a partire dal 2009 su iniziativa di Alessandro Vernassa del Gruppo Speleologico “Gianni Ribaldone” è stato
creato il “Gestionale Speleologico Ligure” (data-base consultabile collegandosi al sito http://www.catastogrotte.net),
che permette di organizzare dal punto di vista informatico i dati delle cavità, sorgenti, aree carsiche, rilievi, itinerari e
informazioni scientifiche riguardo geologia, fauna, idrologia e biospeleologia della Regione Liguria, consentendone la
consultazione, l’elaborazione e la divulgazione;
- che il “Gestionale Speleologico Ligure” permette di fornire una numerazione catastale univoca alle cavità liguri;
- che nel 2010 suddetto data-base di implementazione e gestione dei dati catastali è stato adottato dalla “Delegazione
Speleologica Ligure” che ha fatto confluire i propri dati presenti nel “Catasto Speleologico Ligure” e i cui referenti
provinciali (periodicamente eletti dall’Assemblea della Delegazione Speleologica Ligure) aggiornano i contenuti,
avvalendosi anche delle segnalazioni di speleologi e/o quant’altri desiderino spontaneamente e a titolo non oneroso
fornire informazioni relative a ipogei in territorio regionale, con la supervisione dei dati inseriti da parte del curatore
catastale;
- che dal 2011 Alessandro Vernassa è stato nominato all’unanimità dall’Assemblea della Delegazione Speleologica
Ligure “Responsabile pro-tempore del Catasto Speleologico Ligure”;
I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia
premesso in conseguenza
- che a seguito della fuoriuscita del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” dalla Delegazione Speleologica Ligure
nel corso dell’anno 1991, non è stato attivato alcun rapporto fra il Catasto Speleologico Ligure del G.S.L. “A. Issel”
e quello affidato alla Delegazione Speleologica Ligure dalla entrata in vigore della Legge Regionale precedentemente
citata e, successivamente, fra lo stesso C. S. L. del G.S.L. “A. Issel” e il “Gestionale Speleologico Ligure”;
- che attualmente viene a determinarsi il concreto rischio che alle cavità naturali liguri scoperte dal Gruppo Speleologico
Ligure “Arturo Issel” e gruppi e speleologi collegati venga data numerazione non coincidente con quella del “Gestionale
Speleologico Ligure” e viceversa, con conseguenze del tutto negative e deplorevoli in caso di pubblicazione dei dati in
sede scientifica o divulgativa;
- che proprio al fine di evitare che tale possibilità abbia a verificarsi, la presidenza del G.S.L. “A. Issel” ha chiesto e
ottenuto che nel corso del 2013/2014 fosse attivato in piena collaborazione con Alessandro Vernassa un impegnativo
e prolungato confronto, il quale ha permesso, oltre che di mettere a disposizione del “Gestionale Speleologico
Ligure” l’intera banca dati del Catasto Speleologico Ligure del Gruppo “A. Issel”, ponendo le basi per il costruttivo
superamento delle problematiche sopra esposte di assegnazione unilaterale della numerazione delle grotte e per la
stipula della presente convenzione.
Sulla base di quanto sopra esposto e premesso, presso atto che il G.S.L. “A. Issel” non intende in alcun modo recedere
dalla prosecuzione della vertenza giuridica in atto, sulla quale non verrà presa tuttavia posizione o formulato giudizio
alcuno da parte dei firmatari della presente, e che la suddetta non costituisce a nessun titolo elemento suscettibile di
incidere sulla vertenza giuridica in atto, si conviene quanto in appresso:
A) viene attivata la collaborazione fra il Catasto Speleologico Ligure del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel” e
il Curatore del “Gestionale Speleologico Ligure”.
B) Il manteiner del “Gestionale Speleologico Ligure” (Alessandro Vernassa) si impegna ad implementare nel data-base
del “Gestionale Speleologico Ligure” i dati di ogni nuova cavità, i dati storici e gli aggiornamenti forniti dal G.S.L. “A.
Issel”, al fine di integrare i dati con quelli presenti sul “Gestionale Speleologico Ligure” ed ugualmente il G.S.L. “A.
Issel” si impegna a recepire globalmente, inserendoli all’interno del proprio Catasto i dati del “Gestionale Speleologico
Ligure”. I dati di nuove cavità forniti dal G.S.L. “A. Issel” e collaboratori verranno inseriti nel “Gestionale Speleologico
Ligure” solo da parte del Curatore, in stretto ordine di arrivo, generando in entrambi i data-base una nuova scheda
identificativa con numero catastale univoco.
Quanto sopra permetterà di avere una numerazione univoca e condivisa delle grotte liguri, i cui dati saranno di libero
dominio e consultabili secondo le licenze “creative common”.
Resta inteso che:
- la presente Convenzione verrà a decadere nel momento in cui Alessandro Vernassa cesserà di essere il Curatore
del “Gestionale Speleologico Ligure”, senza tuttavia generare da parte del Catasto Speleologico Ligure del Gruppo
Speleologico Ligure “Arturo Issel” alcuna forma di richiesta di restituzione dei dati precedentemente forniti;
- l’esito della vertenza giuridica in essere e in attesa di verdetto non potrà in alcun modo e maniera avere ripercussioni
o rivalse di nessun tipo (giuridico, economico, morale o quant’altro) sul “Gestionale Speleologico Ligure”.
La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici
47
“ISSEL”
FONDATO NEL 1932 PER L’ESPLORAZIONE
E IL CATASTO DELLE GROTTE LIGURI.
Eretto in Ass. a personalità giuridica
con D. R. L. N° 3077 del 2/7/1991.
Villa Comunale ex Borzino – 16012 BUSALLA(GE).
BUSALLA 22/6/2017
Comunicazione nomina di Alessandro Vernassa
a Responsabile del Catasto Speleologico Ligure del G.S.L. “A. Issel”
Prot. 3007
Spett. Presidenza della S.S.I.
Spett.li Gruppi Speleologici Liguri
Loro recapiti postali
48
Siamo lieti di comunicare che l’amico Alessandro Vernassa, del Gruppo Speleologico Ribaldone, è stato nominato,
con delibera Assembleare N° 269, Responsabile del Catasto Speleologico Ligure del G.S.L. “A Issel.
Dopo la lunga lettera inviata a tutti i Gruppi Speleologici italiani il 24 aprile 2017, con la quale è stata messa la
parola fine alla lunga vicenda che aveva segnato in negativo gli ultimi trent’anni di vita della nostra Associazione, ora
che possiamo affermare sia stata attuata in qualche misura, dal punto di vista morale e non economico, una sorta
di iniziativa risarcitoria nei nostri confronti, il che ci ha permesso di uscire a testa alta da quella triste pagina della
speleologia italiana, non è più tempo di recriminazioni.
Come se fossimo ritornati ai giorni immediatamente precedenti al lontano 1968, il nostro Gruppo è titolare di un
Catasto Speleologico Ligure nato nel 1932 il cui aggiornamento è però attualmente possibile solo a seguito della
Convenzione da noi ideata e firmata con il Catasto gestionale speleologico ligure sorto per l’iniziativa dell’amico
Alessandro Vernassa, per nulla coinvolto in quelle lontane e definite vicende ed a cui va la nostra riconoscenza
per aver accettato, ancora in fase di non conclusa vertenza giudiziaria, di avviare la collaborazione che gli avevamo
proposto al solo fine di armonizzare in Liguria la raccolta degli aggiornamenti in materia catastale.
È evidente che nessuno di noi, a questo punto, cessata ogni conflittualità, ha specifici interessi nella diretta conduzione
del nostro Catasto, che continua peraltro a rappresentare, oltre che un archivio informatico costantemente
aggiornato sulla base della citata Convenzione, anche l’archivio cartaceo speleologico storico della Liguria, del quale
è possibile ipotizzare l’incremento nel corso degli anni futuri anche a seguito delle mutate condizioni collaborative
attualmente in atto.
Ci è sembrato naturale a questo punto, fermo restando che Alessandro Vernassa (il quale gode peraltro della
nostra più assoluta fiducia) non fa parte del nostro Gruppo, proporgli in affidamento la conduzione, in qualità
di Responsabile, anche del “nostro” Catasto: sarà questo il modo di riallacciare positivamente passato e futuro,
superando generosamente ciò che è stato e recuperando sia pure parzialmente lo spirito della proposta da cui era
nato l’ormai defunto Ente Catasto consociativo.
Con i migliori saluti.
Il Presidente
(M.V. Pastorino)
Fondato nel 1963 da uno degli Autori (M.V. Pastorino).
Senza necessità di entrare nei dettagli in questa sede, ci limitiamo a
pubblicare in Appendice 2 il testo della Convenzione che ha permesso
di riavviare la collaborazione fra gli Enti interessati. Va aggiunto che in
fase successiva, dopo la conclusione della trentennale vicenda giudiziaria
in materia catastale, che ha opposto il Gruppo Issel alla Regione Liguria,
il manteiner del “Gestionale Speleologico Ligure” (A. Vernassa) è stato
nominato Responsabile del Catasto Speleologico Ligure del G.S.L. “A
Issel” (V. Appendice 3).
3
Proprio in corrispondenza di tali concentrazioni, sono situate
numerose aree di sfruttamento che hanno rappresentato nel recente
passato i siti più importanti, a livello nazionale, per l’estrazione del
manganese. L’importante Distretto minerario di Gambatesa, ampio
circa 60 kmq, comprendeva infatti oltre alle miniere di Molinello,
Gambatesa, Cassagna, Statale (Scrava), M. Bossea, M. Bianco, Pontori,
Nossiglia e valle Bona, situate in Val Graveglia, anche i siti di, M. Porcile,
M. Zenone, M. Alpe, e M. Ballarucca lungo lo spartiacque con l’alta
val di Vara o nelle sue immediate vicinanze. Il massimo periodo di
attività è stato fra il 1900 ed il 1970 durante il quale vennero estratte
circa 1.200.000 t di minerale mercantile al 28-30% di manganese. Tra
il 1942 e il 1952 la produzione ha rappresentato circa l’80% di quella
nazionale; nel 1970 le 50.000 t di materiale estratto costituivano
l’intero prodotto nazionale.
4
Sarebbero state molte di più secondo quanto pubblicato da
Antonini.
5
Formazione partigiana che operava in contiguità territoriale con la
Coduri.
6
Meccariello P. 2003.
7
Meccariello P. 2001.
8
Cfr. “quadro a” foglio matricolare e caratteristico.
9
De Santis 2015, pp. 23, 60 e passim.
10
Antonini S. p. 93.
11
Ivi.
12
Ibidem p. 300.
13
Ibidem pp. 309-311.
1
2
15
Bibliografia
Antonini S., ‘Brigata Coduri - La storia le voci’, Biblioteca del Grifo
Internòs, Chiavari (GE) 2015.
Associazione Speleologica Genovese San Giorgio, Grotte e
carsismo dell’alta val di Vara, Area Carsica SP39 Monte Verruga
(SP), Collana “Grotte e Carsismo in Liguria” Regione Liguria
Dipartimento Ambiente, Edilizia e Lavori Pubblici - Settore Politiche
dell’Assetto del Territorio, Genova 1990.
Bezeredy A., Loleo M., Pastorino M. V., ‘Muin de Strie (Li 1253).
Prime osservazioni morfologiche e geo-idrologiche’ Le Grotte d’Italia,
Atti XVI Congr. Naz. Speleol. (4) XVI, pp. 329-339, 1992-1993.
Brozzo G. P., Nicolini S, Pastorino M. V., Poggetti E., Roncioni
A., Tinagli L. & Tronconi L., ‘La risorgenza di Sette Fontane in val
di Vara: una nuova importante emergenza carsica attiva della Liguria
orientale’ Atti XXII Congresso Nazionale di Speleologia “Condividere i
dati” Pertosa Auletta (SA), 30/05-02/06/2015 Sessione Esplorazione
D1, pp. 565-570.
De Santis E., Distaccamento Diga, una scelta di libertà. La Resistenza
I giorni di Villa Borzino • Speleologia/Geologia/Storia
Ibidem p. 96.
Ivi.
16
Ibidem p. 116.
17
Elenco dei Caduti della Repubblica Sociale Italiana, p. html, lettera P
(da Antonini S.)
18
Operaio dei Cantieri di Riva Trigoso, Eraldo Fico (Virgola) già reduce
dal fronte francese e da quello greco-albanese, era figlio di Gian
Battista Fico, antifascista degli stessi Cantieri rivani, morto nel 1924
in seguito alle ferite riportate in un’imboscata di cui era stato oggetto
da parte dalle squadracce fasciste per la sua fiera e ben nota militanza
socialista. Eraldo Fico, comandante partigiano di grande prestigio e
di indiscussa capacità di comando, morirà tragicamente nel 1959 a
seguito di un incidente stradale. Sua figlia Enrica, per quattordici anni
compagna del celebre regista Michelangelo Antonioni, lo sposerà
nel novembre del 1986, un anno dopo il devastante ictus del 20
dicembre 1985, rimanendogli vicina fino alla morte.
19
Sulla reale identità di Mario oppure Giuseppe Coduri vi sono delle
incertezze. Secondo la Commissione dei riconoscimenti istituita a
guerra finita per inventariare le identità dei combattenti partigiani, il
suo nome di battesimo risulterebbe essere Giuseppe, nato a Monticelli
d’Ongina (Pc) il 17.09.1914, e non Mario, come appare invece sul cippo
in sua memoria innalzato a Carro, per esempio, e in altre situazioni in
cui si è voluto commemorarlo (tipo sedi di partito, ecc.) intitolandole
a suo nome. Altra cosa abbastanza controversa sembra essere stata
per un certo tempo la sua nazionalità: francese (eventualmente nato
da genitori italiani) o italiana? O forse polacca? In realtà sembra valida
l’attribuzione della Citata Commissione del riconoscimento: in Francia
sembra vi fosse effettivamente stato, ma per motivi di lavoro, e vi
avesse soggiornato per appena un paio d’anni.
20
Venti secondo la testimonianza di Devincenzi.
21
Antonini S. p. 140.
22
Ibidem p. 173.
23
Ibidem p. 140.
24
Ibidem p. 181.
25
Ibidem pp. 181-182.
14
della Guardia di Finanza in Val Noci (GE), Ananke Editore, Torino 2015.
Marroni M., Meccheri M., Carta geologico-strutturale dell’Alta Val
di Vara (Appennino Ligure), C.N.R., Centro di studi per la geologia
strutturale e dinamica dell’Appennino, Gruppo di Lavoro sulle
Ofioliti Mediterranee, LAC, Firenze 1990.
Meccariello P., ‘I Finanzieri a Cefalonia’ Rivista della Guardia di
Finanza, n. 6, Comando Generale Guardia di Finanza, pp. 26372674, 2001.
Meccariello P., ‘La Guardia di Finanza e l’8 settembre’ Rivista della
Guardia di Finanza, n. 6, Comando Generale Guardia di Finanza, pp.
2093 e successive, 2003.
Regione Liguria Legge Regionale “Norme per la tutela e la
valorizzazione del patrimonio speleologico e delle aree carsiche e per lo
sviluppo della speleologia”, 3 aprile 1990 n°14, Genova 1990.
Regione Liguria Legge Regionale “Norme per la valorizzazione della
geodiversità dei geositi e delle aree carsiche in Liguria”, 6 ottobre 2009
n° 39, Genova 2009.
La grotta Gianculina (Li 1954) in media val di Vara: suggestioni geomorfologiche e irrisolti interrogativi storici
49
BIOGRAFIE
ENRICO BAGNASCO Responsabile del Global Content Marketing e la
comunicazione internazionale, per il segmento elettromeccanico della multinazionale americana Moog. È nato a Genova l’8 luglio 1977 e si è laureato
in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di Genova.
Dopo la laurea ha conseguito un Master in Marketing e Management e ha
lavorato in campo internazionale per marchi di rilievo globale, quali K-Line,
ECA Group e Rolls Royce, per poi passare, nel 2015, a Moog Italiana. Da
sempre appassionato di storia, i suoi interessi si sono concentrati sulla storia
industriale, politica ed artistica del ʼ900. Ha collaborato con Radio Rai 3 alla
serie “Malattie Letterarie: Un percorso tra medicina e narrativa”, quale esperto di teatro parigino del ʼ900.
GIANPIERO BROZZO Attualmente è dipendente della Società IREN Laboratori S.p.A. Spezia con il ruolo di responsabile del Laboratorio della Spezia.
È nato a Lovere (BG) il 2 luglio 1962 e si è laureato nel 1989 in Scienze Geologiche presso l’Università degli Studi di Pisa. Ha partecipato anche come relatore a numerosi seminari e corsi di specializzazione su tematiche riguardanti
idrogeologia, geochimica e monitoraggio ambientale. Sino al 1994 ha lavorato
per la Società Geotermica Italiana di Pisa partecipando come geochimico prospettore e come tecnico di laboratorio a diversi progetti di ricerca geotermica
e di valutazione del rischio vulcanico e sismico in Italia ed all’estero. Tra il 1994
ed il 2002 ha esercitato la libera professione nei campi dell’idrogeologia, della
Protezione Civile e della geologia applicata all’ingegneria. Dal 2002 lavora per
la società ACAM Acque S.p.A., ora parte del gruppo IREN, società di gestione
del ciclo idrico integrato della Provincia della Spezia, come responsabile delle
attività di controllo idrogeologico delle risorse idriche e dei controlli qualitativi
sulle acque potabili e reflue. Ha partecipato a progetti comunitari nel campo
del monitoraggio delle risorse idriche, è autore di pubblicazioni scientifiche tra
le quali il IV Volume dell’Atlante degli Acquiferi della Regione Liguria, pubblicato nel 2009 dall’Università di Genova (Dip.Te.Ris.) e da ACAM Acque S.p.A.
HENRY DE SANTIS Archeologo, laureatosi presso l’Università degli Studi
di Genova, ha effettuato scavi archeologici di epoca preistorica e protostorica in Italia, Sudafrica, India, Asia Centrale e Sultanato di Oman. Dal 2011 è
Ispettore Onorario per la tutela dei Beni Archeologici del Ministero per i Beni
e le Attività Culturali (Mi.B.A.C.) ed è Accademico Esperto dell’Accademia
Archeologica Italiana. Membro del corpo docenti della Scuola Interdisciplinare
delle Metodologie Archeologiche (S.I.M.A.) dell’Istituto Internazionale di Studi
Liguri. Speleologo, è istruttore di speleologia della Società Speleologica Italiana
nell’ambito della paleoetnologia. È autore di oltre 70 pubblicazioni scientifiche
e divulgative e 3 monografie.
MICHELE GUERCI Nato a Ronco Scrivia il 27 dicembre 1955, è attualmente
docente di lettere presso la scuola secondaria. Specializzato in Didattica e Metodi della Valutazione Scolastica, collabora da anni con il Centro di Studi Storici
per l’Alta Valle Scrivia. Nell’ambito di questa collaborazione è stato coautore di
svariate pubblicazioni di storia locale. Da una decina di anni si interessa anche di
tematiche relative ad aspetti e problemi della democrazia contemporanea e dei
movimenti di emancipazione femminile sui quali ha tenuto corsi di aggiornamento per insegnanti e conferenze presso biblioteche e enti culturali.
ANDREA PARODI Archeologo libero professionista con una particolare
propensione per gli aspetti topografici e lo studio del territorio. Attualmente
lavora sul campo come archeologo/topografo dividendosi fra Liguria e Piemonte. Consegue la laurea in archeologia presso l’università di Pisa nel 2013 e
successivamente la specializzazione in archeologia classica presso l’Università
Cattolica di Milano. Al momento è fortemente appassionato all’applicazione
delle nuove tecnologie alle problematiche archeologiche (ricostruzioni 3D, fotogrammetria da drone) e allo studio delle soluzione tecniche applicate in antico per il trasporto dell’acqua. È autore di alcuni contributi relativi alla ceramica
di età classica e agli aspetti topografici degli edifici termali di Milano romana.
MAURO VALERIO PASTORINO Nato a Busalla il 7 marzo 1945. Già
Medico chirurgo ospedaliero di area chirurgica. Attualmente Libero Professionista. Ha fondato in anni lontani (1962) il Gruppo Entomologico Ligure, che
è stato a lungo significativo punto di riferimento per l’entomologia giovanile
italiana. Speleologo dal 1963 e attuale Presidente del Gruppo Speleologico
Ligure “Arturo Issel” ha pubblicato numerosi contributi in campo esplorati-
vo, idrogeologico, speleogenetico, biospeleologico, biologico marino e biopatologico. Nel corso della sua attività di campagna ha scoperto e segnalato
interessanti siti di interesse preistorico nella Liguria di Ponente, collaborando
alle successive ricerche specialistiche (Tana del Barletta, Riparo di Orco, Tanun Pertusa, ecc…). Alla fine degli anni ʼ70 ha dato vita al Centro di Studi
Storici per l’Alta Valle e Località Viciniori di cui è Segretario dalla fondazione,
nell’ambito del quale, in collaborazione con il Prof. Giovanni Meriana è stato
formulato un vasto progetto di Museo Storico valligiano “a tappe ed itinerari”
in parte già realizzato: Sezione Archeologica di Savignone (ora Isola del Cantone), Sezione Etnologica di Senarega, Sezione Paleontologica di Crocefieschi,
Sezione Storia del Movimento Operaio di Busalla, Sezione Storia delle Confraternite di Vobbia, Cappelletta di Mareta, Sezione ex Voto di Tre Fontane,
Sezione Antica Osteria di Tre Fontane, Castello della Pietra in Val Vobbia,
Castello di Borgo Fornari, ecc.). In particolare, a seguito dell’avvio della valorizzazione del patrimonio castellano, da lui ideata e lungamente promossa, è già
stata possibile giungere all’acquisizione da parte dell’Ente pubblico (Comuni) e
al successivo recupero del castello della Pietra in Vobbia, del castello di Savignone e di quello di Borgo Fornari. Nell’ambito di questa attività ha effettuato
e promosso capillari ricerche di superficie sul territorio valligiano, per il quale
erano in precedenza noti soltanto insediamenti relativi alla seconda età dal
ferro. Tali ricerche, che si sono avvalse dell’opera di numerosi collaboratori,
hanno permesso, nell’arco di circa un trentennio, di accertare la presenza
di insediamenti preistorici in Alta Valle Scrivia, a partire dal neolitico. Fra le
numerose pubblicazioni in collaborazione può essere segnalato in particolare
un lavoro di ampio respiro dedicato allo studio dei reperti ossei umani di interesse storico, nel quale viene auspicata la promozione in forma di disciplina
autonoma della medicina legale storica. Nel corso degli ultimi decenni ha inoltre iniziato la pubblicazione di scritti di carattere più strettamente memorialistico o letterario. Sindaco di Busalla dal 2004 al 2014, i suoi interessi storici,
archeologici, culturali e la vis polemica delle numerose battaglie civili nelle
quali si è impegnato sono documentati da numerose pubblicazioni, (quando
possibile sempre in collaborazione) e dalla vasta corrispondenza inedita delle
associazioni cui ha fatto e fa riferimento.
LUIGI PERASSO Nato a Genova nel 1964. Laurea in Scienze Geologiche,
conseguita a Genova. Di professione geologo, libero professionista, fra i soci
fondatori dello studio associato “Geologia Verticale” di Genova. Speleologo
dal 1988, dapprima nel Gruppo Speleologico CAI di Bolzaneto, successivamente nell’Associazione Speleologica Genovese San Giorgio. Dal 2009 Presidente pro-tempore della Delegazione Speleologica Ligure. Dal 2018 membro
del Centro Studi Sotterranei di Genova, la cui attività è rivolta alla riscoperta e
documentazione delle cavità artificiali quali rifugi antiaerei, bunker, sotterranei
di edifici storici, condotte di rivi tombinati, cisterne.
ANNA SANNA Nata in Sardegna nel 1954, risiede a Genova dal 1963.
Naturalista e speleologa, iscritta al Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”,
insieme al marito Ezio Masante, ha partecipato negli anni ʼ80 alle esplorazioni
e ricerche di tutte le grotte localizzate in Val di Vara e segue attivamente il
loro studio.
ANTONELLA TRAVERSO Dottore di Ricerca in preistoria presso l’Università di Roma La Sapienza e Diplomata in Museologia presso l’Ecole du
Louvre-Paris. Attualmente archeologa in servizio presso il Ministero per i Beni
e le Attività culturali, dirige i musei di Luni, Balzi Rossi e Chiavari. Collabora
da anni con il centro di Studi Storici per l’alta Valle Scrivia, ha diretto per numerosi anni il Museo Civico Archeologico di Savignone, docente a contratto
di Museologia per sedici anni e di Preistoria per quattro presso l’Università di
Genova; ha partecipato a numerose missioni di ricerca e scavo in diversi siti
preistorici italiani e stranieri. Ha fatto parte di numerosi progetti europei di
ricerca e di scambio come esperto italiano.
ALESSANDRO VERNASSA è nato e vive a Genova. Sviluppatore software e programmatore, si occupa di Speleologia dal 1994. Attuale Presidente
dello Speleoclub “G.Ribaldone” di Genova, dal 2002 è Curatore del Catasto
Speleologico della Delegazione Speleologica ligure. Ha realizzato il portale
“Open Speleo”, il Gestionale Speleologico Ligure e il Portale del Catasto speleologico Lombardo. Dal 2017 è Responsabile del Catasto Speleologico 1932
del Gruppo Speleologico Ligure “Arturo Issel”.