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ISSN 1593-7305 1 LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA RIVISTA BIMESTRALE ANNO XXXVII Tariffa R.O.C.: Poste Italiane S.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano 8 a cura di GUIDO ALPA E PAOLO ZATTI 1/2021 edicolaprofessionale.com/NGCC Surrogazione reale a seguito dell’impossibilità sopravvenuta della restituzione dell’indebito di Pietro Sirena e Valerio Brizzolari n Saggi Parte seconda Surrogazione reale a seguito dell’impossibilità sopravvenuta della restituzione dell’indebito di Pietro Sirena e Valerio Brizzolari* SOMMARIO: 1. L’impossibilità di restituzione delle azioni di una società holding. – 2. La disciplina dettata dagli artt. 2037 e 2038 cod. civ. – 3. La dottrina della surrogazione reale e l’art. 1259 cod. civ. – 4. La dottrina civilistica del commodum repraesentationis e quella anglosassone del tracing. – 5. Le soluzioni adottate dal diritto uniforme (CISG) e dal diritto comune europeo (PECL, CESL, DCFR). – 6. La restituzione del ‘‘surrogato’’ della holding estinta. 1. L’impossibilità di restituzione delle azioni di una società holding. In un caso recentemente sottoposto all’esame del giudice di legittimità 1, un contratto di transazione, mediante il quale si disponeva il trasferimento di alcune azioni di una società holding, è stato risoluto per l’inadempimento di una delle parti contraenti: ne è conseguita l’obbligazione dell’accipiens di ritrasferire al solvens le azioni che aveva da quest’ultimo ricevuto. Nelle more del giudizio di legittimità, tuttavia, la società holding è stata posta in liquidazione, avviandosi pertanto a essere cancellata dal registro delle imprese e conseguentemente estinta (art. 2495 cod. civ.). Si è posto cosı̀ il problema se l’accipiens sia obbligato a restituire le azioni delle società partecipate, essendo ormai impossibile che egli restituisca quelle della holding che aveva ricevuto dal solvens. * Contributo pubblicato in base a referee. Il lavoro è destinato alla raccolta di scritti in onore di Giuseppe Vettori. 1 Si tratta di Cass., 21.6.2018, n. 16316, in Rep. Foro it., 2018, voce «Obbligazioni in genere», n. 28. 2 Si richiama qui l’impostazione metodologica propugnata da Vettori, Contratto e rimedi, 3a ed., Cedam, 2009, 14 ss. Per uno svolgimento più ampio, v. Id., La funzione del diritto privato in Europa, in Persona e mercato, 2018, 143 ss. 3 La tesi trova ampio seguito nella giurisprudenza di legittimità (ad es., v. Cass., 11.7.2018, n. 18266, in Rep. Foro it., 2018, voce «Indebito», n. 3; Cass., 15.1.2018, n. 715, in Giur. it., 2019, 47, con nota di Guerrini; Cass., 14.7.2017, n. 6575, in Riv. it. dir. lav., 2016, II, 714, con nota di Carinci; Cass., 25.8.2014, n. 18185, in Rep. Foro it., 2014, voce «Indebito», n. 6): a essa si fa conseguire che, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., la parte inadempiente (e quindi in mala fede) sia tenuta a corrispondere i frutti e gli interessi dal giorno in cui ha ricevuto l’adempimento della prestazione, laddove la parte fedele al contratto (e quindi in buona fede) sia tenuta a corrisponderli solo dal giorno della domanda. Argomentando dall’art. 1499 cod. civ., si esclude peraltro che la parte fedele al contratto, fino a quando non abbia restituito la prestazione ricevuta, possa pretendere i frutti e gli interessi dalla controparte, poiché, in caso contrario, essa godrebbe, per lo stesso periodo di tempo, del valore d’uso di entrambe le prestazioni (Libertini, voce «Interessi», in Enc. del dir., XXII, Giuffrè, 1972, 115, nt. 92; cfr. Gallo, Obbligazioni restitutorie e teoria del saldo, in Studi in NGCC 1/2021 Il presente lavoro si propone di esaminare tale questione non solo dal punto di vista del diritto italiano, ma anche (e sia pure brevemente) da quello del diritto comune europeo e delle fonti di produzione non nazionale 2. 2. La disciplina dettata dagli artt. 2037 e 2038 cod. civ. Premesso che, secondo l’orientamento prevalente, le obbligazioni restitutorie che conseguono alla risoluzione del contratto per inadempimento di una delle parti contraenti sono assoggettate alla disciplina dell’indebito oggettivo (artt. 2033 ss. cod. civ.) 3, si deve rilevare che quest’ultima stabilisce gli effetti giuridici del perimento (art. 2037 cod. civ.) ovvero dell’alienazione (art. 2038 cod. civ.) della cosa determinata che era stata indebitamente ricevuta da parte dell’accipiens. onore di Pietro Rescigno, III, 2, Giuffrè, 1998, 409, secondo cui la parte inadempiente risponderebbe di frutti e interessi dal giorno della sentenza di risoluzione o, in alternativa, della rispettiva domanda). Secondo un orientamento minoritario, invece, la disciplina della ripetizione dell’indebito sarebbe inapplicabile alla risoluzione del contratto per inadempimento (Belfiore, Risoluzione per inadempimento e obbligazioni restitutorie, in Scritti in onore di Giuseppe Auletta, II, Giuffrè, 1988, 258 ss.; Luminoso, Obbligazioni restitutorie e risarcimento del danno nella risoluzione, in Giur. comm., 1990, I, 24; D’Adda, Gli obblighi conseguenti alla pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento tra restituzioni e risarcimento, in Riv. dir. civ., 2000, II, 543; Guerrini, Restituzioni e risoluzione del contratto, in Le obbligazioni restitutorie, a cura di D’Angelo, Giappichelli, 2015, 67 ss.): l’art. 1458, comma 1º, cod. civ., secondo cui la risoluzione ha effetto retroattivo tra le parti, statuirebbe piuttosto che esse debbano rispondere dei frutti e degli interessi dal giorno del pagamento (Trib. Milano, 4.1.1999, in Resp. civ. e prev., 1999, 349), fermo restando che quella fedele avrebbe diritto al risarcimento del danno secondo la disciplina della responsabilità contrattuale. Per ulteriori riferimenti ci si permette di rinviare a Sirena, La ripetizione dell’indebito, in Diritto civile, diretto da Lipari e Rescigno, coordinato da Zoppini, III, Obbligazioni, I, Il rapporto obbligatorio, Giuffrè, 2009, 504 ss., e, dal punto di vista del diritto europeo, Id., Arricchimento ingiustificato e restituzioni: una prospettiva di diritto europeo, in Rass. dir. civ., 2018, 668 ss.; Hellwege, in Commentaries on European Contract Laws, a cura di Jansen e Zimmermann, Oxford University Press, 2018, sub Art. 9:305, 1372 ss. 209 n Parte seconda Saggi Poiché è divenuta cosı̀ impossibile la restituzione dell’indebito, l’oggetto della relativa obbligazione dell’accipiens si converte generalmente nell’oggettivo valore della cosa da quest’ultimo ricevuta 4. Qualora tale cosa sia stata alienata dall’accipiens, il solvens ha alternativamente diritto al prezzo che è stato cosı̀ pattuito, anche nel caso in cui il suo importo sia superiore al valore oggettivo dell’indebito: 5 potrà prenderlo dall’accipiens ovvero, nel caso in cui quest’ultimo non lo abbia ancora ricevuto, direttamente dal terzo acquirente 6. Le obbligazioni dell’accipiens che sono state fin qui sommariamente esposte subiscono peraltro una significativa attenuazione nel caso in cui egli sia (stato) in buona fede: si può allora liberare dall’obbligazione restitutoria corrispondendo una somma pari al valore dell’arricchimento che, al momento della domanda di ripetizione, residua nel suo patrimonio a seguito del perimento ovvero dell’alienazione della cosa indebitamente consegnatagli dal solvens 7. La disciplina dettata dagli artt. 2037 e 2038 cod. civ. non offre tuttavia una soluzione immediatamente applicabile al problema qui considerato. In primo luogo, infatti, tale disciplina è modellata sul substrato socio-economico della vendita ‘‘civile’’ di una cosa determinata, la quale costituisce il prototipo di un sistema economico pre-capitalistico, quale tipicamente era quello formalizzato dal diritto romano. Viceversa, la vendita ‘‘commerciale’’ non ha ricevuto una specifica attenzione da parte del legislatore, segnatamente per quanto riguarda quei beni giuridici ‘‘di secondo grado’’ che sono tipici di un’economia capitalistica che assume una connotazione più finanziaria che reale. È que- sto il caso proprio dei titoli azionari, i quali sono beni giuridici ‘‘di secondo grado’’ perché rappresentano e, per cosı̀ dire, incorporano quelli ‘‘di primo grado’’ che costituiscono il patrimonio della società di cui si tratta 8. Movendo da tale presupposto, è stato cosı̀ significativamente statuito che: «Le azioni (e le quote) delle società di capitali costituiscono beni di ‘‘secondo grado’’, in quanto non sono del tutto distinti e separati da quelli compresi nel patrimonio sociale. Pertanto, i beni compresi nel patrimonio della società non possono essere considerati del tutto estranei all’oggetto del contratto di cessione del trasferimento delle azioni o delle quote di una società di capitali, sia se le parti abbiano fatto espresso riferimento agli stessi, mediante la previsione di specifiche garanzie contrattuali, sia se l’affidamento del cessionario debba ritenersi giustificato alla stregua del principio di buona fede. Ne consegue che la differenza tra l’effettiva consistenza quantitativa del patrimonio sociale rispetto a quella indicata nel contratto può integrare la mancanza delle qualità essenziali della cosa, che rende ammissibile la risoluzione del contratto ex art. 1497 cod. civ., ovvero, qualora i beni siano assolutamente privi della capacità funzionale a soddisfare i bisogni dell’acquirente, quindi radicalmente diversi’’ da quelli pattuiti, l’esperimento di un’ordinaria azione di risoluzione ex art. 1453 cod. civ., svincolata dai termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 cod. civ.» 9. In secondo luogo, gli artt. 2037 e 2038 cod. civ. prendono in considerazione soltanto il prezzo come residuo della cosa della quale è divenuta impossibile la restituzione, laddove, nel caso di specie, tale residuo 4 Per un’approfondita analisi della questione, v. Bargelli, Il sinallagma rovesciato, Giuffrè, 2010, spec. 328 ss.; Guerrini, Le restituzioni contrattuali, Giappichelli, 2012, spec. 97 ss. 5 Gallo, voce «Ripetizione dell’indebito. L’arricchimento che deriva da una prestazione altrui», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., XVIII, Utet, 1998, 7. Si tratta di un debito di valuta; gli interessi sono dovuti dal giorno dell’alienazione se l’accipiens l’ha fatta in mala fede, in caso contrario dal giorno della domanda (arg. ex artt. 2030, comma 1º, e 1714 cod. civ.). 6 Questa regola è stata ricondotta dalla dottrina all’istituto della surrogazione legale, cosı̀ come previsto dall’art. 1203, n. 5, cod. civ. (Rescigno, voce «Ripetizione dell’indebito», nel Noviss. Digesto it., XV, Utet, 1968, 1235; Trimarchi, L’arricchimento senza causa, Giuffrè, 1962, 90; Moscati, Del pagamento dell’indebito, nel Commentario Scialoja-Branca, Delle obbligazioni, Zanichelli-Foro it., 1981, sub artt. 2028-2042 485, nt. 9). La tesi, tuttavia, sebbene risulti aderente al dettato letterale dell’art. 2038, comma 2º, cod. civ., non è condivisibile. Se si considerano gli interessi sostanziali di cui sono portatori i soggetti coinvolti, sembra che si tratti invece di un’azione diretta in senso tecnico (C.M. Bianca, Diritto civile, 5, La responsabilità, Giuffrè, 1994, 802). Si può infatti rilevare che la pretesa in questione è diretta a rimuovere un ingiustificato arricchimento non soltanto del soggetto passivamente legittimato (terzo acquirente), com’è caratteristico della surrogazione legale, ma anche dell’originario accipiens (alienante); si spiega cosı̀ che, pagando il prezzo all’originario solvens, il terzo acquirente estingua non solamente la sua obbligazione nei confronti dell’o- riginario accipiens (e poi alienante), ma anche l’obbligazione restitutoria di quest’ultimo nei confronti del primo, secondo il meccanismo peculiare dell’azione diretta. Per ulteriori riferimenti, ci si permette di rinviare a Sirena, La gestione di affari altrui. Ingerenze altruistiche, ingerenze egoistiche e restituzione del profitto, Giappichelli, 1999, spec. 115 ss. 7 Contrariamente a una diffusa opinione (Breccia, Il pagamento dell’indebito, nel Trattato Rescigno, 9, Obbligazioni e contratti, I, 2a ed., Utet, 1999, 956; Moscati, op. cit., 488; Trimarchi, op. cit., 65 e 125), non si può desumere dalla rimborsabilità delle spese sostenute per la conclusione e l’esecuzione del contratto il diritto dell’accipiens di detrarre il profitto netto dal corrispettivo. Occorre tuttavia ammettere che l’accipiens in buona fede si possa liberare dell’obbligazione restitutoria corrispondendo il valore oggettivo della cosa (segnatamente, nel caso in cui quest’ultimo sia inferiore al corrispettivo ricavato). In caso contrario, fra l’altro, egli sarebbe assoggettato a una responsabilità restitutoria potenzialmente più gravosa di quella prevista per l’accipiens in mala fede (cfr. art. 2038, comma 2º, cod. civ.) (Moscati, op. cit., 487), e si determinerebbe cosı̀ un’evidente incoerenza sistematica. 8 La definizione dei beni giuridici di secondo grado nei termini di cui al testo si deve ad Ascarelli, Saggi di diritto commerciale, Giuffrè, 1955, 240. Essa è stata ripresa da Angelici, voce «Società in generale (appendice)», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. comm., XIV, Utet, 1997, § 5, e da Weigmann, voce «Società per azioni», ivi, § 15. 9 Cass., 12.9.2019, n. 22790, in Contratti, 2020, 160, con nota di Reschigna. 210 NGCC 1/2021 n Saggi Parte seconda Secondo un orientamento dottrinale, la regola per la quale l’accipiens sarebbe obbligato a restituire il prezzo invece della cosa indebitamente ricevuta, la quale è dettata non solo dall’art. 2038, comma 1º, cod. civ., ma anche dagli artt. 535, comma 2º, e 1776 cod. civ., sarebbe riconducibile al meccanismo della surrogazione reale (pretium succedit in locum rei) 10. L’insegnamento tradizionale, che configura la surrogazione reale come un fenomeno connaturato alle universalità di diritto (in rebus universalibus), è stato infatti sottoposto a un’ampia revisione teorica 11, a seguito della quale si ritiene che essa possa operare anche riguardo all’alienazione di cose singole (in rebus singularibus) 12; secondo una tesi più radicale, peraltro, la surrogazione reale sarebbe priva di qualsiasi autonomia dogmatica e costituirebbe la mera conseguenza applicativa dei principı̂ della gestione di affari altrui e dell’arricchimento senza causa 13. Di recente, la dottrina che si è occupata del tema ha definito la surrogazione reale come «la vicenda giuridica nella quale la cosa ‘‘sostituta’’ tiene luogo ed è assoggettata a quella ‘‘sostituita’’. In breve: un mutamento dell’oggetto del rapporto, senza che tale mutamento ne comporti l’estinzione» 14. È stato altresı̀ rile- vato che tale meccanismo ha trovato applicazione non solo in una serie di specifiche disposizioni legislative (anche al di fuori del codice civile), ma che «non è raro rinvenire il meccanismo surrogatorio in alcuni istituti nati dalla prassi (e solo successivamente recepiti dalla legge), o in altri nei quali tale effetto non è esplicitamente considerato e magari è raggiunto in via ‘‘convenzionale’’» 15. In particolare, la surrogazione reale costituisce il meccanismo tecnico che presiede all’operatività del pegno c.d. rotativo, il quale, com’è noto, è stato da tempo positivamente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità 16. In tali ipotesi, la surrogazione reale determina la persistenza dell’originario rapporto obbligatorio, malgrado il mutamento della componente materiale 17: esso ‘‘prosegue’’ sul nuovo oggetto, costituito dal corrispettivo ricevuto oppure dal valore della res oramai ‘‘persa’’. Il legislatore mostra dunque di preferire la via della continuità del rapporto obbligatorio, piuttosto che quella dell’estinzione del primo e la creazione di uno nuovo 18. Trattandosi di impossibilità sopravvenuta della prestazione originaria, il fondamento normativo che accomuna le varie figure di surrogazione reale qui considerate deve essere individuato nell’art. 1259 cod. civ., 19 il quale formalizza la regola del commodum repraesentationis, ossia la ‘‘successione’’ dell’equivalente pecuniario della cosa ogniqualvolta essa perisce e viene ‘‘sostituita’’ da un’altra. L’art. 1259 cod. civ., di derivazione francese, è presente nei codici civili europei più rappresentativi e si spiega (anche) in ragione del divieto di arricchimento ingiustificato 20. Una conferma (testuale) a questa cir- 10 A tale proposito, v. Rescigno, op. cit., 1235, il quale, circa l’art. 2038 cod. civ., afferma che l’accipiens «se ha alienato la cosa a titolo oneroso prima di conoscere l’obbligo di restituirla, è tenuto alla restituzione del corrispettivo conseguito: si verifica una ipotesi di surrogazione reale, sostituendosi alla cosa il prezzo come oggetto dell’obbligazione di restituire l’indebito»; Id., Manuale di diritto privato, Ipsoa, 2000, 224; Moscarini, voce «Surrogazione reale», nel Noviss. Digesto it., XVIII, Utet, 1971, 972. V. inoltre Trimarchi, op. cit., 118, il quale riconduce questo caso alla concezione ‘‘reale’’ dell’arricchimento, poiché gli elementi qui considerati non sarebbero nient’altro che ‘‘sostituti’’ della cosa originaria, nonché Gallo, Arricchimento senza causa e quasi contratti, nel Trattato di diritto civile, diretto da Sacco, II, Le fonti delle obbligazioni, 2a ed., Utet, 2008, 83 e 147, secondo cui «in applicazione dei principi sulla surrogazione reale», in caso di alienazione del bene, subentra l’obbligo di rendere il corrispettivo. 11 Fondamentale al riguardo è il noto saggio di F. Santoro-Passarelli, La surrogazione reale, in Riv. it. sc. giur., 1926, nonché Id., Dottrine generali del diritto civile, 9a ed., Jovene, 1989, 98 ss. Sul relativo dibattito dottrinale, v. ampiamente M. Bianca, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, Cedam, 1996, 228 e spec. 233 ss., nt. 115. 12 Moscarini, op. cit., 970, e ivi ulteriori riferimenti bibliografici. 13 Fadda, L’art. 1951 C. Civ. italiano, in Il diritto, Cagliari, 1882, I, 215 ss. (non vidi); Fadda-Bensa, Note dei traduttori, in Windscheid, Diritto delle pandette, V, Unione Tipografico-Editrice, 1926 (rist.), 71. 14 Brizzolari, Premesse allo studio della surrogazione reale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2018, 167 s. 15 Id., op. cit., 168. 16 Cass., 22.12.2015, n. 25796, in Foro it., 2016, I, 2146, con nota di Lucci. 17 In tal senso, v. Rescigno, voce «Obbligazioni (nozioni)», in Enc. del dir., XXIX, Giuffrè, 1979, 200 ss. La letteratura sul tema non è vastissima e si riduce essenzialmente alle opere enciclopediche e in particolare: Magazzù, voce «Surrogazione reale», in Enc. del dir., XLIII, Giuffré, 1990, 1497; Id., voce «Perimento della cosa», ivi, XXXIII, 1983, 35; Id., voce «Perdita ed estinzione dei diritti», ivi, XXXII, 1982, 973; Id., Il perimento della cosa e la teoria dell’efficacia giuridica, in Scritti in onore di S. Pugliatti, I, II, Giuffrè, 1978, 1203; Gianola, voce «Surrogazione reale», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., XIX, Utet, 1999, 238; Esu, voce «Surrogazione reale», in Enc. giur. Treccani, XXX, Ed. Enc. it., 1993, 1; Moscarini, op. cit., 970 ss. Per una breve sintesi dei tratti essenziali dell’istituto, invece, v. Tomassetti, La surrogazione reale, in Obbl. e contr., 2006, 817. 18 V. ancora Rescigno, voce «Obbligazioni (nozioni)», cit., 200 ss. Convengono sulla ricostruzione in termini di surrogazione reale anche Esu, op. cit., 7, e Moscarini, op. cit., 972. Era di questo avviso anche Moscati, op. cit., 478; salvo poi cambiare opinione e preferire un inquadramento del fenomeno in termini di surrogazione personale. Cfr. ora Id., La disciplina generale delle obbligazioni, Giappichelli, 2015, 356. 19 Il collegamento con l’art. 1259 cod. civ. è individuato sempre da Moscati, op. cit., cit., 356. 20 Nella legislazione italiana preunitaria, si vedano gli artt. 1362 cod. civ. estense, 1284 cod. civ. parmense, 1257 cod. civ. Regno delle Due Sicilie e 1394 cod. civ. sabaudo. Nel Codice Pisanelli, invece, v. l’art. è piuttosto costituito dalle azioni delle società partecipate. Si tratta pertanto di una lacuna dell’ordinamento giuridico, che, ai sensi dell’art. 12 disp. prel., deve essere colmata facendo ricorso all’istituto dell’analogia. 3. La dottrina della surrogazione reale e l’art. 1259 cod. civ. NGCC 1/2021 211 n Parte seconda Saggi costanza si poteva leggere nel § 1447 del Codice civile universale austriaco per il Lombardo-Veneto, secondo il quale, in caso di perimento fortuito della cosa determinata, il debitore «è sempre tenuto come un possessore di buona fede a restituire o a bonificare tutto quanto ha ricevuto in causa dell’obbligazione da adempirsi, di modo che non ritragga dal danno altrui verun profitto». Si discorre, a questo proposito, di elementi ‘‘rappresentativi’’ o ‘‘surrogati’’ della res che formava oggetto della prestazione, la cui esecuzione, per le ragioni esposte, non è più possibile 21. A fronte di queste componenti che tengono luogo della cosa originaria, la riconduzione del meccanismo appena esposto alla surrogazione reale è sembrata pressoché naturale 22. Un argomento a favore di tale inquadramento si può rinvenire nella Relazione del Guardasigilli al Progetto ministeriale delle obbligazioni, nella quale si legge, relativamente a quello che diverrà poi l’art. 1259 cod. civ., che «l’art. 178 non prevede soltanto questo subingresso, ma anche la surrogazione reale; in modo che, al posto della cosa dovuta, è dovuto l’importo dell’indennità conseguita dal debitore a titolo di risarcimento. Trova, in tal modo, generalizzazione il principio dell’art. 1951 cod. civ., che un’autorevole corrente considerava eccezionale» 23. Una volta chiarito che l’art. 1259 cod. civ. può essere annoverato tra le disposizioni che fanno applicazione della surrogazione reale, occorre soffermarsi su un apparente contrasto, nascente dalla collocazione della disposizione in discorso. Da un lato, essa chiude il capo V intitolato «Dell’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore» e perciò sembrerebbe disciplinare un caso emblematico di estinzione, appunto, del rapporto obbligatorio per perimento della res; dall’altro, s’è detto che il meccanismo surrogatorio opera sempre all’interno del medesimo rapporto, il quale non s’estingue, ma prosegue su una cosa ‘‘nuova’’. In altri termini, vi sarebbe il rischio di un’incompatibilità tra l’impossibilità sopravvenuta e la surrogazione reale. Occorre tuttavia tener conto che l’art. 1259 cod. civ., anziché regolare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, disciplina la corresponsione dei residui cc.dd. giuridici. Ogniqualvolta ‘‘sopravvive’’ alcunché dalla distruzione della cosa, il debitore si libera dall’obbligazione solo dopo aver eseguita la prestazione appunto del residuo, che ben può essere rappresentato da quanto costui ha conseguito a titolo di risarcimento in seguito all’evento distruttivo, ma anche da un eventuale indennizzo corrisposto dall’assicurazione o dallo Stato per l’esproprio 24. Non a caso, la disposizione in analisi è stata da taluno inquadrata tra quelle che regolano l’adempimento parziale della prestazione, laddove essa sancisce il diritto, appunto, «ai residui della cosa dovuta» 25. È perciò nel momento compreso tra la distruzione della res e l’irrealizzabilità della prestazione per mancanza dell’oggetto che opera appieno il meccanismo surrogatorio. Su questo punto, occorre anche dare atto del pensiero di una delle più autorevoli figure della nostra civilistica, alla quale va riconosciuto il merito di aver individuato il parallelismo tra gli artt. 2742 e 1259 cod. civ.: «in modo analogo come nell’ipotesi dell’art. 2742 cod. civ. al perimento della cosa sopravvive un residuo che ne prende il posto, cosı̀ nell’ipotesi dell’art. 1259 cod. civ. al vincolo che legava il debitore al creditore rispetto alla cosa perita sopravvive nel potere di appropriazione un virtuale commodum repraesentationis, destinato a compensare della perdita il creditore deluso» 26. 1299. Nelle codificazioni europee vigenti, si segnalano gli artt. 1351-1 cod. civ. francese (già art. 1303 ante Riforma del diritto delle obbligazioni) e 1186 cod. civ. spagnolo e § 285 BGB. 21 Cfr. P. Perlingieri, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, nel Commentario Scialoja-Branca, Zanichelli-Foro it., 1975, sub art. 1230-1259, 523. 22 Si veda, ad esempio, Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, III, 9a ed., Giuffrè, 1959, 521. Ma si vedano altresı̀ Moscarini, op. cit., 973, Esu, op. cit., 6 ss., Magazzù, La surrogazione reale, cit., 12 ss., e, seppur incidenter tantum, Giorgianni, Dichiarazione di morte presunta, Giuffrè, 1943, 150, e Tomassetti, La surrogazione reale, cit., 823. Si rinvengono però anche opinioni di altro avviso. Propendono per la surrogazione (non reale ma) personale, nel caso dell’art. 1259 cod. civ., P. Perlingieri, op. cit., 537, e Santucci, L’impossibilità sopravvenuta della prestazione, nel Trattato delle obbligazioni, diretto da Garofalo e Talamanca, III, I modi di estinzione, a cura di Burdese e Moscati, Cedam, 2008, 697. 23 Il testo della relazione al progetto ministeriale è riportato da Pan- dolfelli-Scarpello-Stella Richter-Dallari, Codice civile. Libro delle obbligazioni, Illustrato con i lavori preparatori e disposizioni di attuazione transitorie, Giuffrè, 1942, 109. La Relazione si riferisce all’art. 1951 cod. civ. abr., il cui contenuto sarà poi riprodotto, salve lievi modifiche, nell’art. 2742 cod. civ. 24 Come afferma Mosco, voce «Impossibilità sopravvenuta della prestazione», in Enc. del dir., XX, Giuffrè, 1970, 435. 25 Giorgianni, L’inadempimento, Giuffrè, 1959, 18 ss., e già Id., Dichiarazione di morte presunta, cit., 150. 26 Sono le parole di Betti, Teoria generale delle obbligazioni, III, 2, Giuffrè, 1955, 64 ss. D’altra parte – la seguente regola riguarda tutt’altro àmbito, ma sempre di perimento si tratta – anche l’usufruttuario, a norma degli artt. 1016 ss. cod. civ., ha diritto di godere dei residui della cosa distrutta. 27 Gli artt. 130 cod. civ. francese e 197 cod. civ. spagnolo stabiliscono un principio analogo al nostro art. 66 cod. civ. Per la Germania, si veda infra nel paragrafo. 212 4. La dottrina civilistica del commodum repraesentationis e quella anglosassone del tracing. Dall’art. 66 cod. civ. si desume che, a seguito della ricomparsa di una persona della quale era stata dichiarata la morte presunta, essa, oltre al prezzo delle sue cose alienate, può pretendere i beni nei quali esso (detto prezzo) ‘‘sia stato investito’’ 27. Di qui la questione più generale, relativa alla possibilità di assoggettare NGCC 1/2021 n Saggi Parte seconda a restituzione la cosa ‘‘nuova’’, acquistata mediante quanto subentra in virtù di quella venuta meno. Nel panorama degli altri paesi europei, al quesito è stata data prevalentemente risposta affermativa. Sebbene non sia stato affrontato il caso specifico della ricomparsa di una persona della quale era stata dichiarata la morte presunta, in relazione a una fattispecie assimilabile a quella in discorso - vale a dire la vendita di un bene ereditario e l’acquisto di un altro da parte dell’erede apparente (cfr. art. 535 cod. civ.) -, s’è fatto ricorso al meccanismo surrogatorio per giustificare la restituzione della res ‘‘nuova’’. In particolare, in Francia e in Spagna, dalle disposizioni corrispondenti all’art. 66 cod. civ., è stato ricavato un ‘‘principio di sostituzione’’, in virtù del quale si ritiene che il nuovo acquisto è, in verità, sempre la stessa cosa originaria, sebbene si presenti sotto altra forma 28. Quanto alla Germania, il § 2019 BGB stabilisce l’appartenenza all’eredità di tutto quanto acquisito con mezzi della medesima eredità. Ne discende che il bene acquistato in seguito a scambio di una cosa ereditaria con altra o al reinvestimento del ricavato dalla vendita di quest’ultima costituisce parte della massa ed è perciò soggetto a restituzione. Con riferimento al diritto italiano, invece, l’art. 66 cod. civ. sembra essere l’unico caso nel quale, a fronte dell’indebito di cosa determinata, è stabilito che soggetta a restituzione è anche la res frutto della seconda trasformazione, vale a dire il prodotto del reinvestimento del ricavato dall’alienazione o dallo scambio di quella originaria. Non è possibile individuare con certezza la ragione per la quale gli artt. 2037 e 2038 cod. civ. non abbiano ‘‘generalizzato’’ la possibilità di ricuperare anche la cosa ‘‘nuova’’. Si potrebbero addurre ragioni tanto storiche 29, quanto di difetto di coordinamento nella redazione dei vari libri del codice 30. A ogni modo, non sembrano sussistere inconvenienti all’applicazione in via analogica dell’art. 66, comma 1º, cod. civ. a tutti i casi di indebito di cosa determinata. D’altra parte, se le stesse disposizioni in tema d’indebito consentono il ricupero del valore o del corrispettivo della cosa quando essa non è restituibile in natura, non dovrebbero sorgere ostacoli ad assoggettare a restituzione ciò in cui dette entità vengono reinvestite quali «elementi rappresentativi» dell’originaria cosa 31. Rileva in questo frangente l’interesse a ottenere un determinato ‘‘valore’’, il quale ben può tradursi nell’oggetto ‘‘nuovo’’ ed essere rappresentato da quest’ultimo. I punti di contatto tra la surrogazione reale, intesa quale metodo per individuare l’elemento da restituire, e la ‘‘teoria del valore’’ - che affonda le radici nella civilistica francese dell’Ottocento - non possono essere approfonditi in questa sede. Ci si limiterà pertanto a rilevare che essi sono stati più volte posti in risalto; tanto è vero che uno dei passaggi fondamentali nell’evoluzione delle teorie sulla surrogazione reale si ha proprio allorquando la componente materiale del diritto inizia ad essere considerata non quale singola entità materiale, bensı̀ come elemento rappresentativo di un certo valore, in quanto tale sempre sostituibile (rectius: surrogabile) 32. Allo stesso modo, nei sistemi anglosassoni, dove si ricorre al tracing per le medesime finalità sino ad ora illustrate, vale a dire l’individuazione della res da rendere, si prende sempre come parametro di riferimento 28 Sosteneva Gullon Ballesteros, La acción de petición de herencia, in Anuario de derecho civil, 1959, 226 ss., che non è necessario, da parte della legge, stabilire espressamente l’effetto surrogatorio, giacché esso si può ben ricavare dal sistema; per cui all’erede spetta la restituzione delle cose facenti parte in origine dell’eredità o, in sostituzione, quanto sia entrato nella medesima per effetto della surrogazione reale. Aderisce a questa idea, più di recente, Marı́n Padilla, Estudio y aplicación del principio general de subrogación real en el Derecho de Sucesiones, in Revista Crı́tica de Derecho Inmobiliario, 1980, 1415 ss. Per la Francia, si veda Malaurie, Droit des personnes. La protection des mineurs et de majeurs, 9a ed., LGDJ, 2017, 43. Afferma l’Autore che il caso del ritorno del morto presunto (regolato dall’art. 130 cod. civ. francese) costituisce una «hypothèse de subrogation réelle: un bien est substitué à un autre avec la même affectation». Dello stesso avviso è Ranouil, La subrogation réelle en droit civil français, Parigi, 1985, 46 ss., secondo la quale il ricomparso può riportare (reporter) il suo diritto di proprietà sul prezzo o sul bene acquistato col suo impiego. 29 Il fatto che la disposizione speciale (art. 66 cod. civ.) estenda l’obbligo di restituzione anche alle cose ‘‘nuove’’, mentre quella generale (art. 2037 ss. cod. civ.) taccia sul punto, può forse essere ricondotto direttamente alla codificazione napoleonica, nella quale si rinviene il medesimo rapporto tra gli artt. 130 e 1379 ss. cod. civ. francese (questi ultimi nella loro originaria formulazione; ma si vedano ora gli artt. 1352 ss. cod. civ. francese). Al Codice Napoleone, almeno per quanto qui interessa, si sono ispirate le codificazioni preunitarie, confluite in parte in quella unitaria e infine l’attuale, le quali hanno recepito senza si- gnificative alterazioni le regole in discorso. 30 Sembrerebbe essere mancato il coordinamento tra i libri I e IV del codice. Sul punto, non si possono formulare affermazioni certe, ma si può citare un caso analogo. Una discrasia simile, difatti, si rinviene, sempre in tema di surrogazione reale, nei diritti reali, laddove si stabilisce che il risarcimento del danno dovuto dal terzo responsabile surroga la cosa usufruttuata venuta meno (art. 1017 cod. civ.) ma non quella ipotecata (si veda, in proposito, il silenzio dell’art. 2742 cod. civ.). La differenza può essere spiegata con le parole di Deiana, Surrogazione dell’indennità alla cosa in usufrutto, in Riv. dir. comm., 1946, I, 320 ss., nt. 1, il quale affermava: «non si dimentichi che il codice è stato fatto a puntate!». 31 L’espressione è di Magazzù, Il perimento della cosa e la teoria dell’efficacia giuridica, cit., 1276. 32 Per una sintesi della dottrina francese che per prima ha correttamente illustrato il collegamento tra surrogazione reale e valore del bene, ci consentiamo di rinviare a Brizzolari, La surrogazione reale, Giappichelli, 2019, 14 ss. Tra gli autori d’oltralpe dell’epoca, si segnalano: Aubry-Rau, Cours de droit civil français, d’après la méthode de Zacharie, IX, 5a ed. rivista e aggiornata con la legislazione e la giurisprudenza da É. Bartin, Librairie Générale de Jurisprudence, 1917, 333 ss.; Saleilles, nota a App. Digione, 30.6.1893, in Recueil général des lois et des arrêts, 1894, II, 185 ss.; Demogue, Essai d’une théorie générale de la subrogation réelle, in Revue critique de législation et de jurisprudence, 1901, 236 ss. NGCC 1/2021 213 n Parte seconda Saggi stituzioni in seguito ad arricchimento ingiustificato oppure pagamento dell’indebito. il valore della cosa originaria convertita in un nuovo asset 33. Il leading case del diritto inglese in questa materia risulta particolarmente istruttivo. Il cinque dicembre milleottocento undici, al porto di Falmouth - una cittadina inglese nel sudovest dell’Inghilterra -, il broker Benjamin Walsh è in procinto d’imbarcarsi per gli Stati uniti d’America via Lisbona, portando con sé un lingotto d’oro e numerosi titoli azionari americani, intenzionato a intraprendere una nuova vita oltreoceano. Tuttavia, egli viene bloccato poco prima di salire a bordo della nave dall’avvocato di Sir Thomas Plumer, inviato con urgenza sul luogo per impedire la partenza del broker. Il Signor Walsh aveva ricevute da Lord Plumer ventiduemila sterline, con l’incarico di acquistare alcuni titoli di stato. Senonché, invece di dare seguito all’ordine, l’intermediario aveva speso il danaro nel necessario per fuggire all’estero, essendo oberato dai debiti. Una volta assicurato il Signor Walsh alla giustizia, si apriva la fase del recupero dei crediti sul suo patrimonio. Fase nella quale si sono contrapposti, da un lato, Lord Plumer e, dall’altro, gli ulteriori creditori del broker. Questi ultimi reclamavano l’appartenenza alla ‘‘massa fallimentare’’ di tutti i beni acquistati in vista della fuga; il nobile inglese, da parte sua, sosteneva che il lingotto e i titoli azionari altro non fossero che il ‘‘surrogato’’ del suo danaro, essendo stati acquisiti mediante quest’ultimo. La tesi di Lord Plumer ha prevalso 34. Nel caso Taylor v Plumer è stato difatti stabilito, tra l’altro, che una cosa affidata a un agente - hold on trust, secondo la terminologia anglosassone - non diviene parte della massa fallimentare, quand’anche essa sia stata ‘‘trasformata’’ attraverso il suo reinvestimento in una cosa diversa e perciò nuova 35. Il tracing offre dunque il procedimento per identificare la cosa da ricuperare, qualora quella originaria si presenti sotto altre forme, essendo stata consumata, impiegata per l’acquisto di un’altra o, semplicemente, non più disponibile per una qualsivoglia ragione. Esso trova due ambiti d’applicazione principali: in primo luogo, il trust e gli atti dispositivi (più o meno leciti) delle cose ad esso sottoposte; in secondo luogo, le re- I progetti di para-codificazione del diritto europeo dei contratti mostrano un atteggiamento oscillante riguardo al problema qui considerato 36, ossia se, a seguito dell’impossibilità sopravvenuta di restituire l’indebito, il solvens possa pretendere il surrogato che residua nel patrimonio dell’accipiens. I Principles of European Contract Law (PECL), in particolare, non prendono esplicitamente posizione al riguardo, neppure per quanto concerne il prezzo che l’accipiens abbia ricavato mediante l’alienazione della cosa indebitamente ricevuta. È dubbio che una soluzione del genere possa essere desunta dall’art. 9:309 PECL, il qual statuisce che: «Con la risoluzione del contratto, la parte che ha eseguito una prestazione che non può essere restituita e per la quale non ha ricevuto corrispettivo o altra controprestazione può domandare una somma congrua in relazione al valore che la prestazione ha per l’altra parte». La Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di compravendita internazionale di merci (CISG) statuisce che «il compratore deve al venditore l’equivalente di tutti i profitti che ha tratto dalle merci o da parte delle stesse» (art. 84(2)). Essa non disciplina però l’ipotesi di un vero e proprio surrogato materiale della cosa che sia perita presso il compratore. Il Draft Common Frame of Reference (DCFR), invece, è esplicito a proposito della disciplina generale del pagamento dell’indebito: per quanto qui rileva, l’art. VII.-5:101(4) statuisce infatti che «to the extent that the enriched person has obtained a substitute in exchange, the substitute is the enrichment to be reversed if: (a) the enriched person is in good faith at the time of the disposal or loss and the enriched person so chooses; or (b) the enriched person is not in good faith at the time of disposal or loss, the disadvantaged person so chooses and the choice is not inequitable». Si deve tuttavia tener presente che il DCFR adotta un sistema binario di restituzioni contrattuali, nel quale la disciplina generale del pagamento dell’indebito è applicabile solo alle ipotesi di nullità 33 Per tutti, Smith, The Law of Tracing, Oxford University Press, 1999, 133 ss. Ma si veda altresı̀ Rudden, Things as Thing and Things as Wealth, in 14 Oxford J. Legal Stud. 81 (1994), 91. Le numerose similitudini tra surrogazione reale e tracing sono efficacemente sintetizzate da Gretton, Constructive Trusts: I, in 1 Edinburgh L. Rev. 281 (1997), 291; Id., Trusts without Equity, in 49 Int’l & Comp. L.Q. 599 (2000), 610 ss. 34 La vicenda qui sintetizzata è diffusamente riportata, con numerosi particolari, da Smith, The stockbroker and the solicitor-general: The story behind Taylor v. Plumer, in 15(1) J. Legal Hist. 1 (1994), 1 ss. Nel saggio è possibile leggere il prologo e l’epilogo del complesso episodio, che ha visto come protagonisti anche numerosi altri soggetti dei quali, tuttavia, non è possibile dar conto in questa sede. 35 Taylor v Plumer (1815) 3 M&S 562, 575. Si ritiene opportuno riportare un breve ma efficace passaggio dell’opinion di Lord Ellenborough, il quale ha affermato che «(...) the product of or substitute for the original thing still follows the nature of the thing itself, as long as it can be ascertained to be such (...)». 36 Per una panoramica di tali progetti, ci si permette di rinviare a Sirena, Die Rolle winssenschaftlicher Entwürfe im europäischen Privatrecht, in Zeitschrift für Europäisches Privatrecht, 2018, 838 ss., e R. Zimmermann, Korreferat, ibidem, 862 ss. Per la loro consultazione, v. Sirena-R. Zimmermann-R. Schulze-F.P. Patti, Diritto privato europeo. Testi di riferimento, 3 ed., Giappichelli, 2020. 214 5. Le soluzioni adottate dal diritto uniforme (CISG) e dal diritto comune europeo (PECL, CESL, DCFR). NGCC 1/2021 n Saggi Parte seconda e di annullamento del contratto; alle restituzioni conseguenti la risoluzione del contratto (per inadempimento) è applicabile invece una disciplina apposita, la quale non contempla espressamente il problema qui considerato 37. Per quanto riguarda la Proposta di regolamento relativo a un Diritto comune europeo della vendita (CESL) 38, l’art. 173(5) statuisce che: «Se il ricevente ha ottenuto un sostitutivo in denaro o in natura, in cambio del bene o del contenuto digitale, e conosceva o era ragionevolmente tenuto a conoscere la causa di annullamento o di risoluzione, l’altra parte può esigere o la restituzione del sostitutivo o la restituzione del valore monetario del sostitutivo. Il ricevente che ha ottenuto un sostitutivo in denaro o in natura in cambio del bene o del contenuto digitale, e che non conosceva né era ragionevolmente tenuto a conoscere la causa di annullamento o di risoluzione, può restituire o il valore monetario del sostitutivo o il sostitutivo stesso» 39. In senso sfavorevole a tale soluzione, è stato affermato che la responsabilità del debitore inadempiente per il risarcimento del danno escluderebbe che egli sia 37 Ci si permette di rinviare a Sirena, The DCFR – Restitution, Unjust Enrichment and Related Issues, in European Review of Contract Law, 2008, 445 ss. Per un cenno a come il tema della surrogazione reale è stato sviluppato nel DCFR, si veda Storme, The Structure of the Law on Multiparty Situations in the Draft Common Frame of Reference, in 14 Juridica Int’l 78, 2008, 87. 38 COM(2011) 365 definitivo. Per un inquadramento generale, v. Vettori, Contratto e rimedi, cit., 120 ss. 39 Sia consentito il rinvio a Sirena, The Rules about Restitution in the Proposal on a Common European Sales Law, in European Review of Contract Law, 2011, 1977 ss. 40 Wendehorst, Rücktritt (‘‘Beendigung’’) im Entwurf für ein Gemeinsames Europäisches Kaufrecht, in Ein einheitliches europäisches Kaufrecht? – Eine Analyse des Vorschlags der Kommission, a cura di Schmidt e Kessel, Sellier, 2012, 396 ss.; Id., sub art. 173, in Der Entwurf für ein NGCC 1/2021 obbligato a restituire il surrogato della cosa perita 40. La tesi non sembra tuttavia convincente 41. A seguito della risoluzione del contratto, infatti, la responsabilità risarcitoria del debitore inadempiente è generalmente suscettibile di ‘‘convivere’’ con quella restitutoria 42, fermo restando che spetta allora al creditore la scelta del rimedio che intende esercitare 43. 6. La restituzione del ‘‘surrogato’’ della holding estinta. In conclusione del presente lavoro, si ritiene che, com’è emerso dall’analisi degli artt. 66 e 1259 cod. civ., l’obbligo restitutorio possa avere a oggetto una cosa ‘‘nuova’’, purché causalmente collegata a quella indebitamente consegnata e nel frattempo perita. Tornando al quesito posto all’inizio, si deve quindi ritenere che le partecipazioni sociali delle società controllate e il restante patrimonio della società holding che si è estinta costituiscano il ‘‘residuo giuridico’’ delle azioni di tali società e, a titolo di restituzione dell’indebito, debbano essere pertanto trasferiti al solvens. Gemeinsames Europäisches Kaufrecht, a cura di Schmidt-Kessel, Sellier, 2014, RdNr 12; Id., Schadensersatz, Verzugszinsen und Rückabwicklung, in Gemeinsames Europäisches Kaufrecht für die EU?, a cura di Remien, Herrler e Limmer, CH Beck, 2012, RdNr 21, 29 ss. 41 Hellwege, op. cit., sub art. 9:306, 1411 ss. 42 In generale, v. Montanari, Il danno da risoluzione, Jovene, 2013; Dellacasa, Adempimento e risarcimento nei contratti di scambio, Giappichelli, 2013. Per ulteriori riferimenti, ci si permette di rinviare a Sirena, La restituzione dell’arricchimento e il risarcimento del danno, in Riv. dir. civ., 2009, 65 ss.; Id., La risoluzione del contratto come sanzione dell’inadempimento: il problema dei rimedi risarcitori e restitutori, in Annuario del contratto 2009, Giappichelli, 2010, 1753 ss. 43 Ci si permette di rinviare a Sirena, Note critiche sulla sussidiarietà dell’azione generale di arricchimento senza causa, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2005, 105 ss. 215