Oplology

"Si trovano acune sorte di soldati, che son usi al mare,
che è dello stato Veneziano non scritti, ma liberi,
che servono nelle occasioni d’armare le galee di essi signori.
Et questi sono per più schiavoni o greci o simil nationi,
assuefatti di continuo in tale esercito, homini gagliardi, forti,
et di robusta natura…… Usano alcune spade larghe, et pugnali".
Da: Cesare Vecellio. Habiti antichi et moderni di tutto il mondo. Venezia 1590.

a cavalleria pesante La struttura di base della cavalleria pesante era costituita dalla "lancia", una unità di tre uomini formata dall'Uomo d'Arme a cavallo, da un sergente a cavallo armato alla leggera e da un paggio o servitore, anch'esso a cavallo. L'"Homo d'Arme", figura principale dell'unità, era dotato di un armamento offensivo che prevedeva la lancia come arma primaria oltre allo stocco e alle armi da botta, mentre la sua difesa era affidata ed un insieme di pezze difensive di acciaio denominata appunto armatura da "Homo d'Arme". L'equipaggiamento e l'impiego della cavalleria pesante rimase sostanzialmente immutato per tutto il Quattrocento. La cavalleria pesante veneziana, tra Trecento e Quattrocento, era organizzata in "Compagnie di condotta" costituite da mercenari assoldati e guidati da un condottiero che si poneva al servizio della Repubblica di Venezia attraverso la stipula di un contratto di prestazione d'opera: la Condotta. Con l'inizio del XV sec., in Italia e soprattutto nell'esercito della Serenissima, si affermò un prototipo di unità denomina "lancia spezzata", in alternativa alla cavalleria mercenaria. Di fatto l'unica differenza tra le "lance spezzate" e gli Homini d'Arme del

Le Cernide o Ordinanze, erano
una milizia territoriale creata
all’inizio del ‘500, allo scopo di
far fronte all’offensiva dell’Imperatore
Massimiliano I d’Asburgo contro
la Serenissima Repubblica di Venezia.
Questi reparti formati da coscritti erano
amministrati da una speciale Magistratura
veneziana; il Savio alle Ordinanze.
Nel 1593 vennero redatte “Le ordinazioni
et Regole prese nell’Eccellentissimo
Consiglio di Pregadi in Materia di Ordinanze”
ad opera del Capitano Generale
della fanteria Gio Batta del Monte. Queste
regole che soppiantavano quelle passate
rimasero in utilizzo fino alla fine della
repubblica veneziana.

La distinzione tra il torneo e la giostra appare chiara già dal XII secolo. Il termine "giostra" descrive l'esibizione di un sin-golo cavaliere contro un bersaglio inanimato o un avversario e non è generalmente contemplata una conclusione cruenta dello scontro. L'obiettivo principale è quello di dimostrare l'abilità e la precisione nel maneggio delle armi e nella con-duzione della propria cavalcatura, attraverso alcune tipologie di scontri armati che si svolgono a cavallo e a piedi. Il termine "torneo" invece identifica un combattimento tra squadre o coppie di uomini armati che si confrontano sia a piedi sia a cavallo. Più cruento della giostra, questo duello cavalleresco mantiene nel tempo il carattere di scontro ago-nistico nel quale una squadra deve sopraffare l'altra. Il torneo è inoltre occasione di esibizione dell'abilità coreografica nella precisione delle figurazioni collettive che le squadre di cavalieri compongono nelle fasi precedenti il combattimento. All'inizio del XIII secolo l'armamento difensivo utilizzato nel contesto dei giochi guerreschi non si discosta di molto da quello utilizzato per la guerra. L'iconografia ci mostra una standardizzazione degli apparati impiegati che, seppur in qualche caso ancora influenzati da vecchi prototipi, appaiono diffusi in tutto l'occidente europeo. L'elemento principale della difesa del cavaliere è l'usbergo che, generalmente costituito da anelli di ferro intrecciati, offre protezione alla testa, al tronco e agli arti superiori del corpo, terminanti spesso in muffole a protezione delle mani. Oltre al cappuccio di maglia, o camaglio, la difesa del capo è affidata ad alcune tipologie di caschi ed elmi. All'inizio del XIII seco-lo si riscontra ancora l'utilizzo di caschi a nasale, largamente diffusi nei due secoli precedenti, anche se la maggior parte dei cavalieri è già equipaggiata con i caschi a maschera e con i più moderni elmi, che permettono una protezione integrale del capo. Tra questi ultimi è particolarmente diffuso l'elmo a staro o pentolare......

Martedì 10 novembre 1556 una lunga teoria di carri pesanti, trainati da oltre quattrocento paia di buoi, esce lentamente da Parma prendendo la
strada verso Sorbolo. Il convoglio, messo a disposizione dagli Anziani della città, trasportanove "cannoni grossi>", una <"longa colubrina", una "bastarda>", quattro cannoni "mezani" e quattro "falconetti" destinati al conte della Mirandola Ludovico II
Pico.

ENG. The essay presents the results obtained through the study of the inventory of a Florentine spears maker of the early 15th century, concerning the objects produced and marketed by this craftsman. The study continues outlining how in the Florentine lexicon, over the centuries, this profession has been associated with work activities totally different from the original one.
ITA. Il saggio espone i risultati ottenuti mediante lo studio dell’inventario di bottega di un lanciaio fiorentino di inizio XV secolo, riguardante gli oggetti prodotti e commercializzati da questo artigiano. Lo studio prosegue delineando come nel lessico fiorentino, nel corso dei secoli, a tale professione siano state associate attività lavorative totalmente differenti da quella originale.

Attualmente il Castello, che è sede distaccata del Castello del Buoncosiglio Monumenti e Collezioni Provinciali, è oggetto di un nuovo allestimento che lo renderà contenitore di numerose raccolte di oggetti ed arre-di antichi. In questo contesto allestitivo, il Dott. Franco Marzatico, direttore del polo museale Trentino, mi ha contattato per sviluppare un'idea inerente una nuova idea espositiva per la "sala delle guardie" del castello.

I castelli in epoca malatestiana: Residenza e difesa in Italia tra medioevo e rinascimento. Convegno di studi ed eventi
Relazione di Massimiliano Righini presentata al Convegno di Studi organizzato dall'Istituto Italiano dei Castelli in memoria di Dino Palloni.

Rimini, Castel Sismondo, 27 ottobre 2017.

Scattered in different public and private collections, a bunch of schiavonas presents some inscriptions in Croatian Cyrillic. This paper focuses on the inscription of four swords in Marzoli’s collection (G118-2437, G143-3070, G114-2471 and G135-699). With the help of two experts in the field, Mateo Žagar and Marko Rimac, the author try to reconstruct the background in which the presumed Croat armourer Grgur operated. The picture that emerges tells of an assembler of swords that lived and worked in the first half of the eighteenth century, probably in Dalmazia or in the region of Ragusa.

La tradizione armorara sviluppatasi in
tutto il Quattrocento, soprattutto negli
ultimi due decenni del secolo, favorì la
concretizzazione di nuovi modelli di armi
bianche “corte”. Negli ultimi anni del secolo
la produzione di pugnali , daghe, dagone
e sfondagiachi ebbe un incremento tipologico
che permise lo sviluppo, mediato spesso
da antichi prototipi, di nuove tipologie
di armamenti. Tra essi: i pugnali ad orecchie,
meglio conosciuti con il termine “alla
stradiotta”, ed una tipologia di robusti sfondagiachi
spesso mediati dagli oramai diffusissimi
pugnali a dischi. A questo momento
è da far risalire un processo di trasformazione
che interessò anche i pugnali a rognoni
che cominciarono ad essere prodotti
con l’elso in bronzo gettato in sostituzione
di quello costituito dai rognoni in legno
derivati dall’impugnatura stessa. Verso il
1480 fecero la loro comparsa anche i primi
esemplari di pugnali, daghe e dagone appartenenti
alla famiglia delle cinquedee.

Lego alla città di Brescia la mia collezione di armi antiche...”, con queste parole il Cavaliere del Lavoro Luigi Marzoli destinava con testa-
mento, al Comune di Brescia, la sua straordinaria collezione di armi ed armature antiche. Armi bianche, da fuoco e apparati difensivi per lo più di provenienza bresciana, milanese e germanica, da lui raccolte in quasi cinquanta anni di assiduo e appassionato impegno collezionistico.

Verso la metà del secolo scorso, i fondatori delle Annales, Marc Bloch e Lucien Febvre, utilizza-rono l'espressione «histoire-bataille» in senso spregiativo, con l'obiettivo di stigmatizzare l'erudizione imperante negli studi storici. Tale connotazione è sopravvissuta nel tempo, confondendosi, sull'onda di certe interpretazioni estremistiche della Nouvelle Histoire, con finalità politiche, sino a bollare come militarista ogni approccio alla storia militare in senso stretto. In realtà, l'intenzione dei due storici era quella di sottolineare la superficialità d'una ricerca avulsa dal contesto-economico, sociale, culturale-, tesa a trascurare le strutture. Non a caso, qualche tempo dopo, Fernand Braudel proponeva di recuperare il discorso militare attraverso lo studio della realtà sociale. Il che, tuttavia, non voleva dire abbandonare i fatti, cui egli dedicava parte della propria opera più celebre. Oggi possiamo dire che di fatti, di avveni-menti v'è ancora bisogno; ch'essi rappresentano il punto culminante, emergente, di sommovimenti lon-tani. La data, la battaglia, la trattativa sono parte d'un contesto sociale, culturale, religioso, politico, eco-nomico da cui non è possibile astrarre. Fare storia militare senza studiare le operazioni militari risulta, dunque, limitativo. Non è possibile comprendere un sistema militare senza analizzarne i risultati pratici. Ciò non significa, naturalmente, privilegiare i fatti rispetto alle strutture; tantomeno anteporre i "fatti" alle "interpretazioni". Nel momento in cui lo storico mette su carta il proprio lavoro si costringe a rian-nodare i fili d'un ordito sfuggente-perfino strappato, se si considerano i documenti perduti, di cui non si verrà mai a conoscenza-, caratterizzato da maglie apertissime. Ma, certo, l'avvenimento rimane pur sempre la schiuma; per citare Jacques Le Goff, «la pointe de l'iceberg», il segnale di qualcosa di più profondo, talvolta impercettibile. Come il precedente (https://www.nam-sism.org/fascicoli/NAM%20%20fascicolo%20n.%205%20Sto-ria%20Militare%20Medievale%20Anno%20II,%202021.pdf), anche questo secondo fascicolo di NAM dedicato alla storia militare medievale intende porsi quale luogo di dibattito rispetto a ogni aspetto della storia militare del Medioevo, accogliendo contributi interdisciplinari riguardanti le seguenti aree: pensiero strategico/militare; ope-razioni militari; guerra, istituzioni e società; cultura della guerra; eserciti e tattiche; tecnologia e armamenti; geo-politica; guerra navale; medievalismi. Il comitato scientifico ricerca contributi in vista della pubblicazione del fascicolo II, previsto per il 1° febbraio 2022. Si sollecita, pertanto, l'invio di brevi abstract (500 caratteri spazi inclusi) come manifestazione d'interesse entro il 30 aprile 2021. Si sollecita la consegna dei contributi entro il 30 settembre 2021 al seguente indirizzo di posta elettronica: NAM.Medioevo@gmail.com. Gli articoli (in italiano, inglese, francese o spagnolo) devono essere compresi tra 40k e 80k battute (6/12k parole), con abstract, parole chiave e bibliografia finale. Si prega di digitare in "maiuscolo" i cognomi degli Autori citati in note e bibliografia. Titoli di articoli o capitoli di libri in caratteri romani tra "corporazioni"; titoli di riviste in corsivo, immagini sono ben accette, anche se originali, di pubblico dominio o espressamente licenziate. Puoi trovare ulteriori criteri edi-toriali qui: https://www.nam-sism.org/2.1%20linee%20guida.html. I contributi che non rispettano queste linee guida non saranno presi in considerazione per la pubblicazione. Roma, 31 marzo 2021 Direttore NAM: Virgilio Ilari. Curatori del fascicolo: Marco Merlo e Antonio Musarra

Cosimo I de’ Medici established the German Guard – the ‘Guardia de’ Lanzi’ in Florentine patois – in 1541 and its liveried halberdiers were a constant presence at the Medici court, ensuring the security of the Grand Dukes and their family members for almost two hundred years. The corps was not disbanded until 1738, when the new ruling House of Lorraine replaced them with a Swiss Guard. The lanzi, 100 in number, came from a “Germany” that stretched from the Low Countries to the Trentino in the 16th century. They and their families integrated into the fabric of Florentine society for over 200 years, making their mark on the city’s culture and history. Yet despite that, their being foreigners and symbols of a regime that the Risorgimento and Italy’s “national” historiography long depicted as tyrannical and decadent has resulted in the lanzi being all but forgotten today. So to mark the 500th anniversary of the birth of Cosimo I, we are delighted to offer visitors an initial reconstruction of the Guard’s history spanning two centuries with a display of the iconic items they used (their arms and armour), paintings and engravings depicting the halberdiers in action, hand-written and printed documents illustrating the corps’ structure and its members’ private lives, and much more besides. The establishment of the German Guard marked a crucial step both in the formation of the Medici court, which Cosimo was eager should resemble the leading courts of Europe, and in the integration of foreign communities (in this instance the German community) into city life. Their skills and talents helped to forge the Florence that we know today.

Il ventennio 1870-1890 fu un periodo contrassegnato da due importanti riforme dell'ordinamento del Regio Esercito, rispettivamente quella Ricotti e quella Ferrero, capaci di influire sulla dottrina e sugli obiettivi militari del giovane Regno d'Italia. Furono dunque anni di grande dibattito interno tra ufficiali che molte volte su temi generali coinvolse anche politici ed economisti nell'ambito di un rinnovato interesse dell'opinione pubblica per le questioni militari. Del 1874 è la monografia "Studi sulla condotta delle truppe e sui servizi di seconda linea" scritta dal capitano del 5° Reggimento d'artiglieria Coriolano Ponza di San Martino, opera di primaria importanza perché l'ufficiale piemontese fu uno dei pionieri che recepirono ed adattarono alla realtà del nostro Paese gli insegnamenti della scuola militare prussiana.
Mancando studi approfonditi sul ministro della Guerra dei governi Pelloux II, Saracco e Zanardelli, Coriolano Ponza di San Martino, questo lavoro vuole essere l'inizio di un più ampio dibattito su uno dei pensatori militari italiani più importanti della seconda metà dell'800.

CONFERENZA/WORKSHOP "Cuoio e acciaio. Alcuni usi civili e militari nel Basso Medioevo". Organizzata dall'Associazione Culturale IMAGO ANTIQUA (www.imagoantiqua.it), con il patrocinio del Comune di Rimini, in data 18 Febbraio 2017, ore 16:15, presso la Sala del Giudizio del Museo della Città di Rimini in Via Tonini 1.
Per ulteriori dettagli: http://imagoantiqua.it/conferenza-workshop-cuoio-e-acciaio-18-02-2017/

La fine del XV sec. ed il primo quarto del
successivo furono testimoni della diffusione,
soprattutto nel nord della penisola
italiana, della diffusione di due tipologie di
armi bianche corte che traggono la loro origine
da armamenti dell’età antica presenti
nell’area del Mediterraneo e dell’Egeo: la
vasta gamma delle cinquedee ed i ed i pugnali
ad orecchie detti anche alla stradiotta.
Della vasta gamma di armi corte identificabili
più o meno con il termine di cinquedea
prendiamo in considerazione solo la variante
più minuta ed identificata con il termine
di: pugnale a cinquedea o squarcina.

Il 13 agosto le armate milanesi, condotte tra gli altri dal Conte Borella, vennero a battaglia nei dintorni di Busalla con i Genovesi capitanati da Roberto da Sanseverino. Lo scontro si risolse con una disfatta milanese. Oltre che nel morale, infatti, gli uomini d'arme milanesi si trovarono spogliati di una frazione o di tutto il loro equipaggiamento, a ragione del quale venne interpellato il Missaglia.

Link diretto: https://imagoantiqua.it/i-milanesi-spogliati-dal-sanseverino-note-per-uno-studio-delle-armature-composite

Reportage ricostruttivo di uno stocco italiano di fine Quattrocento, contraddistinto da una robusta costolatura mediana che attraversa l’intera lama. L’esemplare originale, oggi conservato presso il Philadelphia Museum of Art con n° inv. 1977-167-543, un tempo faceva parte della collezione di Ralph Bernal, morto nel 1854.
Link diretto: http://imagoantiqua.it/spada-philadelphia-museum/

La picca "Perché poi sia stata da noi italiani nominata Picca, dirò, che perché la picca è arme, che si nel portarla , come nell'adoperarla, e nel combattere sempre va scotendo, e par che tremi, over pel timor, ch'apporta a' nemici, che si può dire li faccia tremare, sia denominata dalla voce ebraica PICH, che alcuna volta significa ed è presa per timore, e tremare. Ma credo più tosto habbia avuta denominazione dal verbo greco PYkAZO, che significa coprire, e difendere, , ancora è preso per star unito insieme, e stretto, parimente per onorare, e coronare, e diportarsi onoratamente, e simili che sono tutti significati , qualità, ed attributi, che convengono non solo agli effetti, per li quali si s'opera la picca, ma al modo nel tenerla, et usarla, ed all'onore, che ne riporta il soldato, o nell'haverla e nel ben esercitarla…"; così descrive l'entimologia del nome il Cavaliere Pistofilo Bonaventura nel suo trattato sull'arte militare "Oplomachia" (Siena, 1521).

Le armature presenti nella Pala San Nicasio, è raffigurato da Giorgione, armato con un insieme difensivo composito, tipico di un periodo in cui l'armatura lombarda viene soppiantata dal concetto difensivo tedesco. Non si tratta però dl una supremazia formale, ma di una trasformazione dell'arte della guerra e delle istituzionì mllitari, conse