Oplology

Martedì 10 novembre 1556 una lunga teoria di carri pesanti, trainati da oltre quattrocento paia di buoi, esce lentamente da Parma prendendo la
strada verso Sorbolo. Il convoglio, messo a disposizione dagli Anziani della città, trasport anove "cannoni grossi>", una <"longa colubrina", una "bastarda>", quattro cannoni "mezani" e quattro "falconetti" destinati al conte della Mirandola Ludovico IIPico
.

ENG: The study of most of the Florentine Arti Minori, has aroused until today, a scarce interest by the scholars. This first survey, concerning the Arte dei Fabbri (Art of Blacksmiths) in Florence and its countryside. between the end of the fourteenth and fifteenth centuries, based on the analysis of the statute and the matricole, shows the great importance of this economic and productive sector in the reality of that time. Particular attention is paid to the structure of this (work specializations, access modalities), to the production of artifacts and to the activities carried out, as well as to the general trend in the chronological period examined.

ITA: Lo studio della maggior parte delle Arti Minori fiorentine, ha suscitato sino ad oggi, uno scarso interesse da parte degli studiosi. Questa prima indagine, riguardante l’Arte dei Fabbri a Firenze e nel suo contado, tra la fine del XIV ed il XV secolo, basata sull’analisi dello statuto e delle matricole, mostra la grande importanza di questo settore economico e produttivo nella realtà dell’epoca. Una particolare attenzione è rivolta alla struttura di questa (specializzazioni lavorative, modalità di accesso), alle produzioni di manufatti ed alle attività svolte oltre che all’andamento generale nell’arco cronologico preso in esame.

Mariano Taccola’s eques scoppiectarius: an armoured knight who uses a hand-cannonon horseback.
This drawing was probably inspired by the vivacious construction of firearms in Siena, making
this city one of the main centers for the best master craftsman of hand-cannons and casters.
Taccola integrated his sketch with ample tag-lines which clarify mechanisms and inner workings
of hand-firearms of the mid fifteenth century, and also the relationship between architects and
military engineers. However, presently it is unknown whether this expedient was ever employed.
The earliest evidence of firearms being used on horseback is of the 1510, but their use can be traced
back to the years of Taccola idea.

Mariano Taccola’s eques scoppiectarius: an armoured knight who uses a hand-cannonon horseback.
This drawing was probably inspired by the vivacious construction of firearms in Siena, making
this city one of the main centers for the best master craftsman of hand-cannons and casters.
Taccola integrated his sketch with ample tag-lines which clarify mechanisms and inner workings
of hand-firearms of the mid fifteenth century, and also the relationship between architects and
military engineers. However, presently it is unknown whether this expedient was ever employed.
The earliest evidence of firearms being used on horseback is of the 1510, but their use can be traced
back to the years of Taccola idea.

The Armory of the Museo Nazionale del Bargello of Florence preserves the remaining of the great Medici armory, founded by Cosimo I de’ Medici in 1540 and dispersed in 1770 by Peter Leopold of Lorraine, the future Emperor of Austria. In the State Archives of Florence are preserved the inventories of collections of the Grand Dukes of Tuscany, thanks to which it is possible to recognize the weapons still remaining today. Among these stands out a small group of combined weapons, of which today are preserved to the Bargello seven pieces and one coming from the Ressman collection, described in this article. These weapons are of great value and rarity, some of them are the only sample today known to the world.

[...]Questo lavoro, quindi, vuole presentare la figura del guerriero longobardo in relazione ai reperti archeologici e alle fonti storiche, ma vuole anche analizzare le singole armi anche con l'ausilio, laddove possibile, di piccole sperimentazioni che siano in grado di offrire un qualcosa in più del semplice  “elenco”  riguardante  una  panoplia,  in  modo  da  avanzare  ipotesi  sulla  possibile fabbricazione, sui metodi e sugli usi e le tecniche di combattimento; ipotesi che cercherebbero di spiegare scelte operate sui materiali e sulle evoluzioni stesse delle armi Longobarde.[...]

Versione italiana del testo della conferenza tenuta all'International Medioeval Congress di Leeds nel 2015. Focus dedicato alle armature gonzaghesche che compaiono negli affreschi di Pisanello nel Palazzo Ducale di Mantova; nelle statue del Santuario della B.V. delle Grazie di Curtatone presso Mantova e nei ritratti di fine Cinquecento coevi alla spedizione di Vincenzo I in Ungheria Superiore

Congegno-simbolo, scultura che il moto modifica in ogni valore, luogo di rapporti fra struttura, potere e cultura, e che per questo ha cosi attratto i gran-di maestri figurativi del rinascimento che ne hanno saputo scorgere tutta l'attualità e coglierne ogni significa-zione" Boccia, Rossi e Morin in Armi ed armature Lombarde.

er il nascimento dell'archibugio, l'arme tutte da lanciar estinte sono….gli uomini gli schioppi di ottone cominciorno operare , vennero di Bohemia, quei di ferro et longhi di brescia, poi l'archibuso pezzo che né longo come il boheme, ne curto come l'altro, che perdutosi li duoi primi , a questo ci tenemmo per la guerra. De cinque palmi o poco più e meno sia la sua lunghezza che canna la chiamiamo, il tedesco vi a la ruota gionto che senza corda da fuoco, con batter la pietra che nella serpentina portiamo…..per l'acqua, per il vento vale, l'esperienza ha nondimeno mostrato et, mostra che la corda accesa piu sicura sia che la prima. Sono da queste sorte nati archibusetti di tanta piccolezza che, una spannala canna non eccede, quasi banditi tutti restano in Italia in molti luoghi, posciacchè coperti da gente scelerata si portavano, gli uomini morti venivano senza poter guar-dars…..Con il nasser dell'archibuso ordina-rio….morte sono l'arme tutte da lanciar si usavano, gli scudi, quelli imbracciatori che tutto un uomo coprivano dall'alto al basso et, intorno li nascondevano, con una punta de fero per piantarlo in terra , le rotelle, le

"Per tutta la mia vita tre cose mi hanno apportato la gioia: le armi, l'amore e la caccia…nella terza occupazione credo che nessuno possa essermi maestro". Così Gaston de Foix, detto Phébus, 1 com-menta la sua grande passione per la pratica venatoria a cui dedica il Libro della caccia, uno dei più belli ed esaustivi codici dedicati a questo argomento che, nel periodo di pubblicazione, 2 diviene di fatto privilegio delle sole classi nobiliari che la esercitano avvalendosi di molti servi e di liberi minoris ordinis: guardiaboschi, battitori, staffieri e canattieri. 3 I nobili infatti tenevano la pratica venatoria in grande considerazione e traevano da essa, come dal-le imprese belliche, un grande prestigio. Urkart von Hoenfels ad esempio, nel XIII secolo, scrive: "So cacciare, inseguire e tirare d'arco, sono saggio e forte". Già dall'XI secolo la caccia e la pe-sca sono normate da regole precise che disciplinano il diritto di sfruttamento delle risorse dei vari territori. Nel 1258 la sovranità venatoria in Tirolo, con la creazione della regalia feudale di cac-cia, diventa esclusiva di Mainardo e dei suoi feudatari che di fatto proibiscono gradualmente, a tutti coloro che prima ne avevano il diritto, di praticare la caccia nello stato di questo sovrano. Tra il XIII ed il XIV secolo l'evoluzione tecnologica in materia di armi e le varie soluzioni impiegate nelle pratiche venatorie riducono drasticamente la quantità di fauna a disposizione delle battute di caccia. Questo anche a causa della continua perpetrazione della pratica del bracconaggio, che nonostante la severità delle leggi, sembra non accennare ad una diminuzione. Nei periodi di cri-si alimentare la caccia di frodo diviene infatti una importante fonte di sostentamento delle popolazioni della contea tirolese.

"Si trovano acune sorte di soldati, che son usi al mare,
che è dello stato Veneziano non scritti, ma liberi,
che servono nelle occasioni d’armare le galee di essi signori.
Et questi sono per più schiavoni o greci o simil nationi,
assuefatti di continuo in tale esercito, homini gagliardi, forti,
et di robusta natura…… Usano alcune spade larghe, et pugnali".
Da: Cesare Vecellio. Habiti antichi et moderni di tutto il mondo. Venezia 1590.

a cavalleria pesante La struttura di base della cavalleria pesante era costituita dalla "lancia", una unità di tre uomini formata dall'Uomo d'Arme a cavallo, da un sergente a cavallo armato alla leggera e da un paggio o servitore, anch'esso a cavallo. L'"Homo d'Arme", figura principale dell'unità, era dotato di un armamento offensivo che prevedeva la lancia come arma primaria oltre allo stocco e alle armi da botta, mentre la sua difesa era affidata ed un insieme di pezze difensive di acciaio denominata appunto armatura da "Homo d'Arme". L'equipaggiamento e l'impiego della cavalleria pesante rimase sostanzialmente immutato per tutto il Quattrocento. La cavalleria pesante veneziana, tra Trecento e Quattrocento, era organizzata in "Compagnie di condotta" costituite da mercenari assoldati e guidati da un condottiero che si poneva al servizio della Repubblica di Venezia attraverso la stipula di un contratto di prestazione d'opera: la Condotta. Con l'inizio del XV sec., in Italia e soprattutto nell'esercito della Serenissima, si affermò un prototipo di unità denomina "lancia spezzata", in alternativa alla cavalleria mercenaria. Di fatto l'unica differenza tra le "lance spezzate" e gli Homini d'Arme del

Le Cernide o Ordinanze, erano
una milizia territoriale creata
all’inizio del ‘500, allo scopo di
far fronte all’offensiva dell’Imperatore
Massimiliano I d’Asburgo contro
la Serenissima Repubblica di Venezia.
Questi reparti formati da coscritti erano
amministrati da una speciale Magistratura
veneziana; il Savio alle Ordinanze.
Nel 1593 vennero redatte “Le ordinazioni
et Regole prese nell’Eccellentissimo
Consiglio di Pregadi in Materia di Ordinanze”
ad opera del Capitano Generale
della fanteria Gio Batta del Monte. Queste
regole che soppiantavano quelle passate
rimasero in utilizzo fino alla fine della
repubblica veneziana.

La distinzione tra il torneo e la giostra appare chiara già dal XII secolo. Il termine "giostra" descrive l'esibizione di un sin-golo cavaliere contro un bersaglio inanimato o un avversario e non è generalmente contemplata una conclusione cruenta dello scontro. L'obiettivo principale è quello di dimostrare l'abilità e la precisione nel maneggio delle armi e nella con-duzione della propria cavalcatura, attraverso alcune tipologie di scontri armati che si svolgono a cavallo e a piedi. Il termine "torneo" invece identifica un combattimento tra squadre o coppie di uomini armati che si confrontano sia a piedi sia a cavallo. Più cruento della giostra, questo duello cavalleresco mantiene nel tempo il carattere di scontro ago-nistico nel quale una squadra deve sopraffare l'altra. Il torneo è inoltre occasione di esibizione dell'abilità coreografica nella precisione delle figurazioni collettive che le squadre di cavalieri compongono nelle fasi precedenti il combattimento. All'inizio del XIII secolo l'armamento difensivo utilizzato nel contesto dei giochi guerreschi non si discosta di molto da quello utilizzato per la guerra. L'iconografia ci mostra una standardizzazione degli apparati impiegati che, seppur in qualche caso ancora influenzati da vecchi prototipi, appaiono diffusi in tutto l'occidente europeo. L'elemento principale della difesa del cavaliere è l'usbergo che, generalmente costituito da anelli di ferro intrecciati, offre protezione alla testa, al tronco e agli arti superiori del corpo, terminanti spesso in muffole a protezione delle mani. Oltre al cappuccio di maglia, o camaglio, la difesa del capo è affidata ad alcune tipologie di caschi ed elmi. All'inizio del XIII seco-lo si riscontra ancora l'utilizzo di caschi a nasale, largamente diffusi nei due secoli precedenti, anche se la maggior parte dei cavalieri è già equipaggiata con i caschi a maschera e con i più moderni elmi, che permettono una protezione integrale del capo. Tra questi ultimi è particolarmente diffuso l'elmo a staro o pentolare......

Martedì 10 novembre 1556 una lunga teoria di carri pesanti, trainati da oltre quattrocento paia di buoi, esce lentamente da Parma prendendo la
strada verso Sorbolo. Il convoglio, messo a disposizione dagli Anziani della città, trasportanove "cannoni grossi>", una <"longa colubrina", una "bastarda>", quattro cannoni "mezani" e quattro "falconetti" destinati al conte della Mirandola Ludovico II
Pico.

ENG. The essay presents the results obtained through the study of the inventory of a Florentine spears maker of the early 15th century, concerning the objects produced and marketed by this craftsman. The study continues outlining how in the Florentine lexicon, over the centuries, this profession has been associated with work activities totally different from the original one.
ITA. Il saggio espone i risultati ottenuti mediante lo studio dell’inventario di bottega di un lanciaio fiorentino di inizio XV secolo, riguardante gli oggetti prodotti e commercializzati da questo artigiano. Lo studio prosegue delineando come nel lessico fiorentino, nel corso dei secoli, a tale professione siano state associate attività lavorative totalmente differenti da quella originale.

Attualmente il Castello, che è sede distaccata del Castello del Buoncosiglio Monumenti e Collezioni Provinciali, è oggetto di un nuovo allestimento che lo renderà contenitore di numerose raccolte di oggetti ed arre-di antichi. In questo contesto allestitivo, il Dott. Franco Marzatico, direttore del polo museale Trentino, mi ha contattato per sviluppare un'idea inerente una nuova idea espositiva per la "sala delle guardie" del castello.

I castelli in epoca malatestiana: Residenza e difesa in Italia tra medioevo e rinascimento. Convegno di studi ed eventi
Relazione di Massimiliano Righini presentata al Convegno di Studi organizzato dall'Istituto Italiano dei Castelli in memoria di Dino Palloni.

Rimini, Castel Sismondo, 27 ottobre 2017.

Scattered in different public and private collections, a bunch of schiavonas presents some inscriptions in Croatian Cyrillic. This paper focuses on the inscription of four swords in Marzoli’s collection (G118-2437, G143-3070, G114-2471 and G135-699). With the help of two experts in the field, Mateo Žagar and Marko Rimac, the author try to reconstruct the background in which the presumed Croat armourer Grgur operated. The picture that emerges tells of an assembler of swords that lived and worked in the first half of the eighteenth century, probably in Dalmazia or in the region of Ragusa.