Storia Del Pensiero Economico

Questo saggio in due parti si propone di incrociare due diverse modalità analitiche nell’analisi di una fonte storiografica in una prospettiva di ricerca interdisciplinare2. Vi sono esaminate le traduzioni del napoletano Luigi Chitti della terza edizione del Traité d’économie politique di Jean-Baptiste Say del 1817 e i testi del noto confronto polemico che l’economista francese ha intrecciato con Sismondi «Sur la balance des consommations avec les productions» nella versione datane dal giornalista milanese Francesco Lampato negli Annali Universali del 1824. Il primo segmento di Daniela Giaconi – I ‘compagni segreti’ di Say: Chitti e Lampato – adotta le tecniche interpretative dello storico del pensiero economico per trarre dal contesto storico del primo ottocento italiano il disegno culturale sotteso a queste due traduzioni, scandagliando gli orientamenti di Chitti e Lampato, la loro capacità di volgere quei testi dentro il dibattito economico italiano corrente e la loro diversa sti...

Il libro traccia l'itinerario genealogico di fatti e idee del credito e della moneta, e delle loro interazioni con la sovranità e il mercato, sfociato nella formazione del capitalismo moderno, a partire da un confronto serrato con la "condizione umana" delle epoche precedenti. Attraverso il prisma delle origini teologiche e del dualismo sacro-profano, si compone e si scompone quella costellazione gravitante sul concetto del credito (coi suoi correlati della moneta e del debito), la quale costituisce una lente di lettura della modernità sociale ed economica. Molteplici dicotomie teoriche in ambito monetario sono individuate e ricondotte alla complessa dialettica della triade sovranità, credito e mercato. Infine, si ripercorrere criticamente attraverso un "decalogo" le principali prescrizioni e prassi di governo totalizzanti dell'ideologia del neo-ordoliberalismo, oggi pervasivamente dominante. Luciano Fanti, Professore ordinario di Economia politica presso l'Università di Pisa. Tra i suoi principali interessi di ricerca la dinamica economica, l'economia della popolazione, la teoria della crescita, la teoria dei giochi e l'etica economica. Giuseppe Conti, Professore ordinario di Storia economica presso l'Università di Pisa. I principali interessi di studio sono: storia del credito e della banca in età contemporanea, evoluzione delle strutture finanziarie e di governance dell'impresa e dell'economia. € 32.00

Il lavoro trae spunto da una polemica lettera che Tommaso Padoa-Schioppa inviò a Federico Caffè nel 1978, alla vigilia dell’accordo sul sistema monetario europeo. L’episodio è visto in prospettiva, all’interno del pensiero economico degli ultimi decenni. La concretezza di Caffè, radicata nell’”economia del benessere” e nell’attenzione ai problemi distributivi, appare ancora oggi un’opzione su cui riflettere per rimettere in sesto le basi democratiche delle nostre società e dello stesso progetto europeo.

Gino Arias (1879-1940), storico ed economista fiorentino di origini israelite, fu, nella sua maturità, tra i massimi teorici del corporativismo fascista, cui approdò al termine di un itinerario intellettuale ancora largamente inedito. Ricomposta la sua biografia, il volume indaga gli esordi di Arias come storico del diritto, il suo transito verso l'economia politica e la successiva adesione al nazionalismo, premessa del suo coinvolgimento in quel regime fascista di cui sarebbe stato, paradossalmente, uno dei più accreditati teorici ed una delle vittime più illustri, a causa dell'esilio cui lo avrebbero costretto le leggi raziali. Il volume, in appendice, propone una ricca documentazione inedita, comprendente l'inventario del suo archivio, la trascrizione di 130 lettere ad Achille Loria e la sua bibliografia.

Questa ricerca analizza l’interscambio di cultura economica tra Italia e Germania dalla fine dell’Ottocento alla seconda guerra mondiale ricercandone i protagonisti, mediatori culturali ed istituzioni, e chiarendone alcune linee di sviluppo. La ‘leggenda’ secondo la quale il rivivere della scienza economica in Italia fosse dovuto alla decisa influenza della scuola storica tedesca, denunciata già da Pantaleoni sul finire del secolo, basava più sulla propaganda del Methodenstreit italiano che su reali basi scientifiche. Quanti si occuparono di comparare il pensiero economico italiano e tedesco del periodo, da Michels a Gumplowicz, avevano ben chiaro che il maggior peso nell’indirizzare la ricerca italiana di fine secolo lo avesse avuto la componente austriaca e, in essa, più del marginalismo, le teorie di finanza pubblica. Lo scoppio della prima guerra mondiale recise rapporti personali tra studiosi tedeschi ed italiani e fece diminuire drasticamente l’interscambio culturale nelle riviste scientifiche. Alla ripresa delle relazioni accademiche, dalla metà degli anni venti, le modalità ed i canali di diffusione delle teorie economiche erano profondamente mutati. Si presentarono sulla scena nuovi attori istituzionali, centri di ricerca e fondazioni culturali, e si moltiplicarono gli attori coinvolti. Il peso dell’interscambio culturale e scientifico si spostò con sempre maggior decisione verso l’Atlantico. Una impennata nei rapporti diretti tra Italia e Germania si verificò solo dopo la metà degli anni’30 per l’alleanza politica tra i due paesi. In questo processo, il ruolo dei mediatori culturali non perse importanza rispetto all’apporto fondamentale nel periodo dell’anteguerra. Traduzioni e recensioni continuarono ad essere fondamentali, fino al definitivo affermarsi dell’inglese come lingua franca della scienza. Tra quanti si dedicarono a questo compito anche molte donne che, fin dall’inizio del secolo si affacciarono prepotentemente sulla scena scientifica, senza poter raccogliere, però, i frutti del loro impegno. Fondamentale nell’incentivare l’internazionalizzazione del lavoro scientifico l’apporto finanziario delle fondazioni americane, il cui ruolo, tuttavia è ancora trascurato dalla storiografia.

The “paradox of happiness in economics” has aroused a growing interest among scholars all over the world. In affluent societies, despite an increase in their income, many people do not declare themselves happier. One explanation is that economic growth can destroy some “relational goods” affecting happiness: family life, friendship, love, civil participation. Such an explanation is based on a historical interpretation: marginalism, denying the economic nature of the relational goods, would have overshadowed the issue of happiness in economics. In this paper I intend to reconstruct the story of an attempt – neglected but remarkable – first made by Menger and Böhm-Bawerk and later by Wicksteed and Robbins: an attempt to solve the problem of human relationships in economics.

Nella storia del fascismo il ruolo del sindacato è rimasto in ombra, oscurato prima dalla strisciante competizione con il corporativismo e poi dall’espulsione dal recinto del sindacalismo democratico dopo la caduta del regime. Del sindacalismo fascista non è stato pertanto colto sino in fondo il ruolo storico. La vicenda di Giuseppe Landi – dirigente sindacale, deputato, docente universitario, e nel dopoguerra fra i fondatori del MSI e della CISNAL – costituisce quindi un osservatorio privilegiato per indagare le radici storiche dell’inclusione del lavoro nell’ordinamento istituzionale. L’azione sindacale di Landi si situa infatti negli snodi cruciali fra la dimensione organizzativa, politica e di governo, consentendo di ricostruire il radicamento della centralità “costituzionale” del lavoro nel fascismo. Seguirne la carriera, ricostruirne l’attività sindacale, decifrarne la cultura politica consente di mettere a fuoco il ruolo del sindacalismo fascista nel funzionamento delle istituzioni e nella complessa dinamica dello Stato corporativo.

Il volume propone una traiettoria d’indagine che ha per oggetto la na-scita di quella forma di potere che si identifica con il governo economico degli uomini. Dalla ragion di stato di Botero alla fisiocrazia di Quesnay, passando attraverso Montchrétien e la ragione di governo mercantilisti-ca, l’indagine si concentra sull’insieme dei discorsi e dei saperi che, nel corso della modernità, hanno reso possibile la formazione di una nuova razionalità politica: essa trova nel governo economico di individui e gruppi la matrice di un modo di esercitare il potere che riguarda ancora, per molti aspetti, la nostra contemporaneità. Ciò che questo libro in-tende mettere a fuoco è dunque la genealogia dell’arte di governo libera-le e del suo correlato antropologico, l’homo œconomicus.

Come possiamo disegnare istituzioni capaci di garantire i diritti individuali? Quali sono le relazioni tra politica e mercato? La democrazia deve davvero basarsi sul predominio della maggioranza? Che tipo di legge elettorale può agevolare il buongoverno? Come si seleziona una buona classe dirigente? Per celebrare i sessant'anni dalla scomparsa di Luigi Einaudi, questo libro contiene una selezione sintetica ma completa degli scritti politici dell'economista e statista piemontese, affiancando alcuni saggi piuttosto noti, ma non sempre facilmente reperibili, a interventi pressoché sconosciuti eppure utilissimi per comprendere le risposte-sempre originali e stimolanti-che diede a questioni politiche ancora attuali. Un liberalismo, quello einaudiano, ispirato a princìpi ideali ma pragmatico nelle soluzioni, che parla ai cittadini di oggi e li spinge a riflettere sui dilemmi che attanagliano le nostre società nel bel mezzo di una crisi di legittimità senza precedenti.

Economic Thought and History looks at the relationship between facts and thought in historical economic research, viewing it in the context of periods of economic crisis and providing detailed analyses of methods used in determining the bond between economic history and economic theory. This interdisciplinary collection brings together international researchers in the history of economic thought and economic history in order to confront varying approaches to the study of economic facts and ideas, rethinking boundaries, methodologies and the object of their disciplines.

In questo volume, di prossima uscita, vengono raccolti tutti i principali scritti di Luigi Einaudi a proposito di agricoltura, tutela del territorio e salvaguardia del patrimonio naturale. Un aspetto poco conosiuto, ma di estrema attualità, del pensiero di uno dei grandi liberali europei del Novecento.

Otto Neurath (1882-1945) wrote on rationality in the 1910s when he was interested in renewing the economic science on an empiricist fundament. He discussed rationality mainly in two contexts. Firstly, he analysed rationality as one of the means that humanity devised for taking decisions. In Die Verirrten des Cartesius und das Auxiliarmotiv. (Zur Psychologie des Entschlusses), a seminar held at the Viennese philosophical society in 1913 and later published, Neurath historicised the use and meaning of rationality, comparing it to religion and magic. In the wake of Ernst Mach, Neurath disputed the existence of universal truths or natural laws. Decisions would never cease to entail a measure of uncertainty and men would always err in the forest of Descartes, without any hope of ever exiting it. Rationality limited the pain of deciding exactly as other methods did and could not claim to be the way out of the forest. Rationality, though, even if its results did not stand the test of truth, constrained scientists to a continuous confrontation, avoiding arbitrary decision making on part of a minority. By applying scientific methods, a limited range of solutions could be offered, instead, to the democratic choice of the people. Scientists would not become the priests of future, imposing dictatorial whims on the majority. Contrary to Weber, Neurath so judged positively the rationalisation of the world because linked to democratisation. Secondly, Neurath discussed rationality as a fundament of economics, particularly criticizing the homo oeconomicus formulated by von Wieser. He did so in his Nationalökonomie und Wertlehre, eine systematische Untersuchung, published in 1911, and in Das Begriffsgebäude der Wirtschaftslehre und seine Grundlagen, published in 1917. Disputing the fact that rationality would steer humanity toward an ideal world ruled by natural laws, implied that man was not an irrational being in dire need of education and training: a pebble bringing the marvellous natural mechanism to a halt. With no available truth, it was impossible to measure the goodness or badness of a decision. Every decision would and should be legitimised by an auxiliary motive in respect to rationality. There was no reason to found the economic science on a man behaving rationally. Economic actions and economic policies should so be valued not in respect to their rationality but to their capability of enhancing the wealth and happiness of people. Neurath’s economics was to be a science of happiness not of rationality.

È giusto che a rimborsare il debito pubblico siano quanti non l'hanno contratto? Quali obblighi vantiamo nei confronti delle generazioni venture? Per chi, e per quanto tempo, sono vincolanti la costituzione e le leggi di uno Stato libero? Che spazio dobbiamo assegnare al futuro all'interno dell'agenda politica? In questo libro vengono presentate al pubblico italiano, per la prima volta in veste integrale, le inaspettate risposte che a queste domande attualissime fornirono Thomas Jefferson e James Madison, padri nobili delle istituzioni americane e sostenitori di due visioni alternative dei vincoli sull'avvenire. Idee radicali da mettere alla prova nelle democrazie che si apprestano alla ricostruzione post-Covid, costringendoci a ripensare le cate-gorie intellettuali di oggi e di domani.

A particular trait of the Italian debates on industrialism was the widespread belief that English crises were caused mainly by its century long unequal distribution of income. For the most part, Italian economists and intellectuals refuted the theses of Sismondi and Say, while adopting a free-trade stance combined with a measure of state control over industrialization processes. Civilization, in particular, came so to mean an economic modernization resulting from a slow spread of manufactories in the countryside, maintaining the old social order and an equal distribution of income.
The paper will analyze this response of Italian economists and intellectuals to England’s crises in the most diffused journals of the first half of the nineteenth century, from Il Conciliatore to the Antologia, from the Annali to the Biblioteca Italiana. A brief review of popular and illustrated magazines will underline how this stance would persist as an ideological prejudice on the inequality of the English society long into the second half of the nineteenth century.

Questa presentazione dell'economista Piketty è di Michele Blanco, dottore di ricerca presso a facoltà di giurisprudenza della seconda università di Napoli. E' una prima versione di una parte del vol. 3 del manuale Le Vie della filosofia (versione breve). In questo profilo di academia.edu trovate il PROGETTO DIDATTICO di esso, oltre a diversi altri capitoli e materiali preparatori del vol. 3 e un'ampia scelta dei vol. 1 e 2. Se volete altre informazioni scrivete a info@contributi-a-didatticaericerca.it

This article discusses the political implications of the concept of city in the thought of the Italian historian, philosopher and patriot Carlo Cattaneo, with particular reference to his work "The city as ideal principle of Italian history". See also:
https://www.academia.edu/12111932/Campopiano_M._Gori_L._Martinico_G._Stradella_E._ed._Dialoghi_con_il_Presidente._Allievi_ed_ex-allievi_delle_Scuole_d_eccellenza_pisane_a_colloquio_con_Carlo_Azeglio_Ciampi_pp._477_Edizioni_della_Normale_2008

In occasione dell’imminente uscita degli "Scritti sull'agricoltura e il territorio" di Luigi Einaudi a cura di Alberto Giordano (volume pubblicato nell'ambito dell’Edizione nazionale degli scritti di Luigi Einaudi) ne discuteranno insieme con il curatore l'ambasciatore Luigi R. Einaudi e il ceo dei "Poderi Einaudi" Matteo Sardagna Einaudi

In un momento storico in cui la società si interroga sui sacrifici che è disposta ad accettare per la tutela della salute pubblica, è interessante sapere cosa ha da dire in merito il letterato Francesco Guicciardini; perchè a distanza di cinque secoli, le domande sono sempre le stesse.

Graziani’s simple but profound insight that “A true monetary economy must therefore be using a token money” (Graziani 1989: 3) was undoubtedly a major advance in the development of the monetary theory of production. But attempts to go beyond it have raised a new dilemma that in many ways parallels the paradox of surplus value solved by Marx one and a half centuries ago. It is the paradox of monetary profit: how can capitalists borrow money, repay it with interest, and still make a profit? Graziani provided a static equilibrium formula for profits (Graziani 1989: 14), but this was effectively derived from Kaleckian identities, and not integrated with the model of the circuit itself. Subsequent attempts to solve the paradox within the context of the circuit have concluded that profit is a “zero sum gain”: profit earned by one capitalist must be at the expense of someone else—be it worker, other capitalist, or banker. Rochon (2005) provided a thoughtful survey of the literature, starti...

Per i teorici dell'economia sociale di mercato un sistema monetario sano, che cioè non presenta le malattie dell'infl azione e della defl azione, è una condizione indispensabile per uno sviluppo economico stabile e duraturo. Röpke argomenta questa tesi, affermando che la maggiore o minore scarsità di denaro decide del suo valore, che il più importante compito della politica monetaria consiste proprio nel regolare tale scarsità, sicché il valore della moneta resti tendenzialmente invariato nel tempo e che non esiste un solo modo per ottenere il medesimo risultato. Dalle conchiglie ai pezzi d'oro ai pezzi di carta, la mo-neta è storicamente costituita dagli oggetti più disparati, giacché la sua natura è meramente convenzionale. Mo-neta è tutto ciò che conviene che sia moneta. È moneta qualunque cosa venga comunemente accettata, in un dato ambito geografi co, come mezzo di scambio e di paga-mento, sicché il possessore disponga di un immediato potere d'acquisto ossia di ...

Francesco Trinchera (1810-1874), auteur du Risorgimento italien engagé en faveur de l’unification du pays, voit la France comme un modèle de société et d’État national. Dans son Corso di economia politica, il souligne le rôle de l’économie politique (et de la politique économique) en tant que science capable de promouvoir non seulement la croissance économique, mais aussi un système de relations sociales plus solide, moins exposé aux crises. Favorable au laisser-faire et hostile au protectionnisme, Trinchera ne sous-estime pas les limites du premier et admet explicitement des formes d’intervention de l’État dans l’économie, pour la défense des secteurs les plus faibles de la société. Le but de cet article est d’illustrer ces idées à travers l’analyse des mémoires sur Antonio Serra, le duc de Sully et J.B. Colbert que Trinchera a présentés à l’Académie Royale des sciences sociales et morales de Naples.

Presentazione dei libri:
La scienza dell'amor patrio. Cultura e politica degli economisti italiani dal Risorgimento alla ricostruzione, di Riccardo Faucci

La formazione di un economista-filosofo. Claudio Napoleoni e le riviste italiane del Dopoguerra (1948-1961), di Giuliano Guzzone

Ne discutono G. Becchio, R. Bellofiore, F. Mornati, F. Ranchetti

Presiede R. Marchionatti

Per i teorici dell'economia sociale di mercato un sistema monetario sano, che cioè non presenta le malattie dell'infl azione e della defl azione, è una condizione indispensabile per uno sviluppo economico stabile e duraturo. Röpke argomenta questa tesi, affermando che la maggiore o minore scarsità di denaro decide del suo valore, che il più importante compito della politica monetaria consiste proprio nel regolare tale scarsità, sicché il valore della moneta resti tendenzialmente invariato nel tempo e che non esiste un solo modo per ottenere il medesimo risultato. Dalle conchiglie ai pezzi d'oro ai pezzi di carta, la mo-neta è storicamente costituita dagli oggetti più disparati, giacché la sua natura è meramente convenzionale. Mo-neta è tutto ciò che conviene che sia moneta. È moneta qualunque cosa venga comunemente accettata, in un dato ambito geografi co, come mezzo di scambio e di paga-mento, sicché il possessore disponga di un immediato potere d'acquisto ossia di liquidità. Sergio Ricossa, Dizionario di economia 1 L'uomo ha sempre tentato di descrivere i rapporti con la natura, servendosi di strumenti ai quali ha attribuito un particolare signifi cato. Dall'evoluzione di tale processo di scoperta del mondo sono state elaborate le varie unità di misura, le quali non presentano la stessa natura di ciò che devono misurare. Il litro non è un liquido, eppure serve per misurare una data quantità di sostanza liquida, così come il chilo, il quale, pur non essendo classifi cabile tra le merci, non ha altra utilità che quella di pesare le merci. Dunque, il metro, il litro, il chilo, non sono spazio, ma semplici astrazioni necessarie per la sua misurazio-ne. Se è vero che l'uomo nella sua lunga e travagliata storia è stato capace di elaborare unità di misura tanto sofi sticate che gli hanno consentito di conoscere ragionevolmente gran parte dell'entità spazio-temporali, sorge il sospetto che il denaro sia ancora avvolta da un alone di mistero 2. L'articolo intende presentare la nozione di denaro nel contesto dell'econo-mia di mercato, avendo come riferimento teorico l'approccio "storico-genetico" 1 S. RICOSSA, Dizionario di economia, UTET, Torino 1998, p. 321. 2 Per un'analisi sulla complessità del denaro, sul suo valore e sulle implicazioni morali, econo-miche e politiche del suo uso vedi P. RICOUER, Il denaro e noi, lo sguardo dell'etica, trad. A.M.