Gli insulti si collocano nello spazio della violenza verbale, dove coesistono con critiche, rimproveri, maledizioni, invettive, denigrazioni, calunnie, minacce, accuse, imprecazioni, bestemmie, parolacce ecc., da cui non sempre sono...
moreGli insulti si collocano nello spazio della violenza verbale, dove coesistono con critiche, rimproveri, maledizioni, invettive, denigrazioni, calunnie, minacce, accuse, imprecazioni, bestemmie, parolacce ecc., da cui non sempre sono nettamente separabili.
Di solito le espressioni insultanti vengono lanciate a voce alta, con tono malevolo, derisorio o aggressivo e sono accompagnate da strepiti, da sguardi accigliati e da espressioni del volto ostili; in alcuni casi anche da gesti scomposti, da minacce di vendette o di autolesionismi ricattatori.
L'insulto non si manifesta solo nella comunicazione orale, quando si verifica compresenza fisica contemporanea degli interlocutori. L'insulto si manifesta anche nello scritto, perfino in ambiti del tutto inaspettati come la letteratura.
Il personaggio letterario più conosciuto è Cecco Angiolieri, autore di un sonetto famosissimo messo in musica, dopo oltre sei secoli, da Fabrizio De Andrè.
Elementi del parlato si trovano negli atti dei processi, specificamente nella sezione narrativa di una sentenza. dove viene esposto alla lettera il fatto criminale: li si riportano in maniera testualmente rigorosa insulti, ingiurie, offese verbali che hanno dato origine al processo.
Un contributo interessante viene dal Salento. Il resoconto fiscale scritto a Nardò nel 1491, riguardante gli introiti della Corte del Capitano e le rendite della Bagliva (autorità pubblica preposta all’esazione di diritti fiscali) nell’anno precedente, rivela un contenuto particolarmente vivace in quanto registra tra l’altro le pene comminate a séguito di fatti di microdevianza insorti nel centro salentino.
Nel resoconto è riportato, spesso alla lettera, il “corpo del reato”, e cioè l’evento che ha generato l’erogazione delle pene: risse, liti familiari, piccoli furti, violazione di norme e divieti, ruvidità, bestemmie, minacce e insulti, una vera miniera di lessico e di fraseologia di uso quotidiano.
Nulla di nuovo sotto il sole, allora come oggi. Oggi con un paio di novità importanti, la politica e il digitale. I comportamenti volutamente irrispettosi, la denigrazione, il sarcasmo, la maleducazione esibita, l’inciviltà contaminano un numero non piccolo di esponenti politici e molti elettori sembrano indifferenti o addirittura compiaciuti. Gli insulti, l’aggressività e l’odio, di cui la rete trabocca, sono favoriti dall’anonimato: identificare i responsabili, denunziarli, è diventato più difficile.
A noi resta un’arma, una sola ma efficace: prendere le distanze da certi comportamenti, nella rete, in politica e soprattutto nella vita. Esprimere ad alta voce il dissenso, senza acquattarsi. Questo obbligo morale riguarda tutti, nessuno può dire «non è affar mio».