- The University of RomaTre, Dipartimento di Studi Umanistici, Department MemberUniversita' della Svizzera Italiana, Archivio del Moderno, Post-Docadd
- Art History, Reinassance Art, Reinassance literature, Baroque art and architecture, Italian Baroque art, Baroque Art and Literature, and 19 moreVittoria Colonna, Giovan Battista Marino, Giovan Pietro Bellori, Carlo Maratti, Marcello Venusti, Reginald Pole, Luke Wadding, Pompeo Colonna, Lanfranco, Andrea Sacchi, Paolino da Nola, Franciscan Studies, Francis Harold, CARDINALE CARLO CAMILLO MASSIMO, Giansenismo, Carlo Bononi, Guido Reni, Patronage and collecting, and Religious Historyedit
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Research Interests: Philosophy and Humanities
The chapel's decoration was commissioned by the Commendatore of the Hospital of Santo Spirito in Sassia, Francesco Landi. It occurred between 1542- and 1546, following the church's reconstruction by Antonio da Sangallo. It should be... more
The chapel's decoration was commissioned by the Commendatore of the Hospital of Santo Spirito in Sassia, Francesco Landi. It occurred between 1542- and 1546, following the church's reconstruction by Antonio da Sangallo. It should be looked at in this context. The sacellum has been studied as Marcello Venusti's first pictorial activity in Rome, but neglected in term of the stucco decoration which, in the face of the large number of lost works recorded in recent years is an important example of Roman figurative culture contemporary to large Perinesque decoration in Castel Sant'Angelo.
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G. Spoltore, Carlo Maratti, Giovan Pietro Bellori, Luke Wadding e Ilarione Rancati: dibattito teologico e strategie politiche a Roma negli anni di discussione dell’Augustinus di Giansenio in Itinera. Uomini, oggetti e idee in movimento, a cura di F. Carta, S. Omenetto, G. Spoltore, Efesto, Roma 2023more
Il saggio affronta la pubblicazione nel 1654 di un testo contenente la vita del B. Niccolò Albergati. L’impresa editoriale, trascurata dalla storiografia, nasce in un contesto molto preciso che vede fr. Luke Wadding e il monaco... more
Il saggio affronta la pubblicazione nel 1654 di un testo contenente la vita del B. Niccolò Albergati. L’impresa editoriale, trascurata dalla storiografia, nasce in un contesto molto preciso che vede fr. Luke Wadding e il monaco cistercense Ilarione Rancati patrocinatori di questa iniziativa insieme alla famiglia Ludovisi, in questi anni grande protagonista in ascesa nell’orizzonte romano. Come denuncia la lettera al lettore, il progetto nasce almeno un biennio prima, in anni in cui a Roma, dal punto di vista di teologico, si discutevano temi importanti quali le preposizioni dell’Augustinus di Giansenio e di una loro possibile condanna dichiarata poi con la bolla Cum occasione (9 giugno 1653). Designati come consultori teologici in materia furono proprio Ilarione Rancati (che si ritirò prestissimo dal ruolo) e poi il Wadding, il quale sino all’ultimo spese le sue argomentazioni per non condannare in maniera definitiva il testo in discussione (Stella 2006).
Il testo è illustrato da due incisioni Francois Poilly, appena giunto a Roma, ma incisore già noto per aver illustrato i testi per la cerchia di Port Royal (Lothe 1994). In questo clima di accesi contrasti in curia la partecipazione di un artista quale Poilly sembra metta in rilievo un aspetto meno neutrale, di quanto non si sia creduto sino ad oggi, delle personalità coinvolte (Ceyssens 1954) e restituisca una prospettiva privilegiata attraverso cui rileggere alcune vicende e alcuni personaggi della Roma a metà del XVII secolo.
Il testo è illustrato da due incisioni Francois Poilly, appena giunto a Roma, ma incisore già noto per aver illustrato i testi per la cerchia di Port Royal (Lothe 1994). In questo clima di accesi contrasti in curia la partecipazione di un artista quale Poilly sembra metta in rilievo un aspetto meno neutrale, di quanto non si sia creduto sino ad oggi, delle personalità coinvolte (Ceyssens 1954) e restituisca una prospettiva privilegiata attraverso cui rileggere alcune vicende e alcuni personaggi della Roma a metà del XVII secolo.
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Obiettivo della Summer School è fare acquisire ai partecipanti strumenti metodologici e conoscenze pratiche per affrontare in modo multidisciplinare lo studio degli apparati decorativi in stucco. Verranno analizzate opere fondamentali per... more
Obiettivo della Summer School è fare acquisire ai partecipanti strumenti
metodologici e conoscenze pratiche per affrontare in modo multidisciplinare lo studio degli apparati decorativi in stucco. Verranno analizzate opere fondamentali per la conoscenza dell’attività degli stuccatori “ticinesi” a Roma che – arrivati nell’Urbe come scalpellini o capomastri – si sono impossessati di questa particolare tecnica artistica facendola diventare per antonomasia una peculiarità del territorio della Regione dei Laghi.
Le attività prevedono lo svolgimento di lezioni, centrate sugli aspetti metodologici, e visite a luoghi in cui sia possibile osservare i dettagli tecnici e artistici dei cicli decorativi.
Le visite in cantiere consentiranno di discutere l’approccio storico, artistico,
tecnico e scientifico necessario alla conoscenza di queste opere.
metodologici e conoscenze pratiche per affrontare in modo multidisciplinare lo studio degli apparati decorativi in stucco. Verranno analizzate opere fondamentali per la conoscenza dell’attività degli stuccatori “ticinesi” a Roma che – arrivati nell’Urbe come scalpellini o capomastri – si sono impossessati di questa particolare tecnica artistica facendola diventare per antonomasia una peculiarità del territorio della Regione dei Laghi.
Le attività prevedono lo svolgimento di lezioni, centrate sugli aspetti metodologici, e visite a luoghi in cui sia possibile osservare i dettagli tecnici e artistici dei cicli decorativi.
Le visite in cantiere consentiranno di discutere l’approccio storico, artistico,
tecnico e scientifico necessario alla conoscenza di queste opere.
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La Fondazione Marignoli di Montecorona, dopo il successo delle due giornate di studio tenutesi nell’ottobre 2022, pensate come un momento di bilancio critico di tre importanti mostre dedicate in gran parte al Settecento romano, propone,... more
La Fondazione Marignoli di Montecorona, dopo il successo delle due giornate di studio tenutesi nell’ottobre 2022, pensate come un momento di bilancio critico di tre importanti mostre dedicate in gran parte al Settecento romano, propone, insieme alla Fondazione Federico Zeri di Bologna, una nuova iniziativa, un convegno che si terrà nella Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Collicola, a Spoleto il 7 e l’8 ottobre 2023. “Artisti che non si direbbon di primo seggio”. Comprimari (o protagonisti?) della scultura barocca tra Firenze e Roma.
Se ormai non si contano i convegni e le iniziative espositive dedicate a personalità come Bernini o Algardi, l’idea in questo caso è quella di affrontare lo studio della scultura barocca a Roma e a Firenze gettando luce su quelli che Luigi Lanzi avrebbe chiamato appunto ‘artisti che non si direbbon di primo seggio’, personalità tuttavia in grado di realizzare opere assolutamente notevoli e che si rivelano comunque fondamentali per mettere a fuoco nel modo migliore la straordinaria ricchezza e complessità del panorama della scultura di età barocca nell’Italia centrale. I curatori scientifici di queste giornate di studio, Andrea Bacchi, Duccio K. Marignoli e Simonetta Prosperi Valenti Rodinò hanno pensato in questo caso di dare la parola a studiose e studiosi giovani, in alcuni casi ancora in formazione, ma che hanno però già al loro attivo indagini originali e brillanti.
Emergerà così una volta di più come la scultura barocca sia stata a lungo un argomento di studio negletto, rendendo oggi possibili scoperte importanti tanto in luoghi periferici quanto in alcuni degli edifici più illustri della stessa Roma.
Se ormai non si contano i convegni e le iniziative espositive dedicate a personalità come Bernini o Algardi, l’idea in questo caso è quella di affrontare lo studio della scultura barocca a Roma e a Firenze gettando luce su quelli che Luigi Lanzi avrebbe chiamato appunto ‘artisti che non si direbbon di primo seggio’, personalità tuttavia in grado di realizzare opere assolutamente notevoli e che si rivelano comunque fondamentali per mettere a fuoco nel modo migliore la straordinaria ricchezza e complessità del panorama della scultura di età barocca nell’Italia centrale. I curatori scientifici di queste giornate di studio, Andrea Bacchi, Duccio K. Marignoli e Simonetta Prosperi Valenti Rodinò hanno pensato in questo caso di dare la parola a studiose e studiosi giovani, in alcuni casi ancora in formazione, ma che hanno però già al loro attivo indagini originali e brillanti.
Emergerà così una volta di più come la scultura barocca sia stata a lungo un argomento di studio negletto, rendendo oggi possibili scoperte importanti tanto in luoghi periferici quanto in alcuni degli edifici più illustri della stessa Roma.
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L’intervento si pone il fine di ricostruire lo scenario critico italiano e internazionale a partire dalla mostra monografica bolognese del 1954 (Guido Reni 1954) e di misurare le ricadute di quella impresa nella bibliografia reniana... more
L’intervento si pone il fine di ricostruire lo scenario critico italiano e internazionale a partire dalla mostra monografica bolognese del 1954 (Guido Reni 1954) e di misurare le ricadute di quella impresa nella bibliografia reniana successiva. Tale operazione consente infatti di comprendere maggiormente su quale terreno si innestarono le ricerche di generazioni successive di studiosi quali Charles Dempsey, Andrea Emiliani, Stephen Pepper, Richard Spear.
Una delle tappe fondamentali per la storia degli studi di Guido Reni fu certamente la mostra bolognese del 1954 (Spoltore 2021). Essa, oltre a riaprire nell’Italia del dopoguerra quel processo di riflessione sulla pittura bolognese che così fortemente segnò gli studi sul Seicento nel XX secolo, fu un momento essenziale di confronto rispetto alle differenti posizioni critiche che si erano andate configurando sullo scenario internazionale. Denis Mahon, in quegli anni affiancato da Otto Kurz, e partendo dagli esiti del 1937 (Kurz 1937), proponeva una visione fortemente orientata dal ritrovamento del manoscritto di Agucchi (Mahon 1947). La critica italiana su questi temi manifestò grande interesse, ma anche eterogeneità di ricerca. In Italia, infatti, si andavano confrontando su questo argomento le figure di Cesare Gnudi (Gnudi 1954, Idem 1955) e Roberto Longhi (Longhi 1935) con approcci molto distanti. Inoltre, all’interno della stessa scuola longhiana, su Guido, si innalzarono le voci di studiosi che per generazione, ma forse anche per indole, erano lontani dal maestro: Francesco Arcangeli e Carlo Volpe.
Oggi, riconsiderando quegli studi, è dunque possibile individuare e definire più chiaramente come essi informarono o, per contrasto, suscitarono nuove ricerche sull’argomento che videro i loro esiti tra gli anni Settanta e Novanta del Novecento. Lo stesso Charles Dempsey (Dempsey 1988), di cui questo convegno celebra il ricordo, e Andrea Emiliani, che visse in prima persona quei vivificanti anni bolognesi, per diverse ragioni considerarono infatti la produzione bibliografica degli anni Cinquanta fondamentale per le loro ricerche.
Una delle tappe fondamentali per la storia degli studi di Guido Reni fu certamente la mostra bolognese del 1954 (Spoltore 2021). Essa, oltre a riaprire nell’Italia del dopoguerra quel processo di riflessione sulla pittura bolognese che così fortemente segnò gli studi sul Seicento nel XX secolo, fu un momento essenziale di confronto rispetto alle differenti posizioni critiche che si erano andate configurando sullo scenario internazionale. Denis Mahon, in quegli anni affiancato da Otto Kurz, e partendo dagli esiti del 1937 (Kurz 1937), proponeva una visione fortemente orientata dal ritrovamento del manoscritto di Agucchi (Mahon 1947). La critica italiana su questi temi manifestò grande interesse, ma anche eterogeneità di ricerca. In Italia, infatti, si andavano confrontando su questo argomento le figure di Cesare Gnudi (Gnudi 1954, Idem 1955) e Roberto Longhi (Longhi 1935) con approcci molto distanti. Inoltre, all’interno della stessa scuola longhiana, su Guido, si innalzarono le voci di studiosi che per generazione, ma forse anche per indole, erano lontani dal maestro: Francesco Arcangeli e Carlo Volpe.
Oggi, riconsiderando quegli studi, è dunque possibile individuare e definire più chiaramente come essi informarono o, per contrasto, suscitarono nuove ricerche sull’argomento che videro i loro esiti tra gli anni Settanta e Novanta del Novecento. Lo stesso Charles Dempsey (Dempsey 1988), di cui questo convegno celebra il ricordo, e Andrea Emiliani, che visse in prima persona quei vivificanti anni bolognesi, per diverse ragioni considerarono infatti la produzione bibliografica degli anni Cinquanta fondamentale per le loro ricerche.
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L’intervento ha come oggetto d’indagine l’ospedale psichiatrico della Senavra di Milano, appena fuori Porta Tosa. L’istituzione nacque nel 1775 nell’ambito delle riforme teresiane, mostrandosi come un vero e proprio intervento illuminato... more
L’intervento ha come oggetto d’indagine l’ospedale psichiatrico della Senavra di Milano, appena fuori Porta Tosa. L’istituzione nacque nel 1775 nell’ambito delle riforme teresiane, mostrandosi come un vero e proprio intervento illuminato che anticipò le riforme per l’internamento dei folli, in corso in tutta Europa. Esso si istituì come secondaria conseguenza della sistemazione degli “esposti” che, in numero crescente, andavano affollando l’Ospedale Maggiore e l’ospizio di San Vincenzo all’interno del quale si trovavano anche i pazzi. Il nuovo ospedale fu operativo a partire dal 15 settembre 1781 con il trasporto dei pazienti nella sede prescelta, ovvero una preesistente casa dei gesuiti utilizzata per i ritiri spirituali dell’ordine. In essa si accolsero non solo i folli, ma anche altre categorie fragili come gli inabili (ciechi, storpi ecc.) e le “giubilate”, già sotto l’amministrazione dell’Ospedale Maggiore dai cui fondi archivistici perviene la maggior parte della documentazione che in questa occasione si vorrebbe presentare.
L’intervento mira a ricostruire, attraverso la documentazione inedita, la vita vissuta all’interno dell’ospedale della Senavra, da un lato indagando i luoghi, le modifiche da essi subite e i loro arredi, dall’altra le attività ricreative e lavorative svolte all’interno del complesso ospedaliero. Ricostruendo la storia di questa istituzione una parte importante verrà dedicata ad una rinnovata riflessione sul trasferimento a Mombello. Esso fu dettato da esigenze sanitarie legate all’epidemia di colera che scoppiò nel 1865 e che accelerò un trasferimento preannunciato: l’antica architettura della Senavra, di origine gesuitica, sin dall’inizio – come mostrano i tentativi di modernizzazione che illustreremo – non rispondeva alle esigenze igieniche, logistiche e di cura richieste da un ospedale psichiatrico. L’avvento del colera e l’aumento esponenziale del numero di ricoverati portarono dunque al trasferimento, e in questa sede si tenterà di riflettere su quali furono i motivi che fecero optare per la zona di Mombello e nello specifico per la Villa Pusterla-Crivelli, residenza nobiliare che aveva ospitato i Bonaparte nel 1797.
L’intervento mira a ricostruire, attraverso la documentazione inedita, la vita vissuta all’interno dell’ospedale della Senavra, da un lato indagando i luoghi, le modifiche da essi subite e i loro arredi, dall’altra le attività ricreative e lavorative svolte all’interno del complesso ospedaliero. Ricostruendo la storia di questa istituzione una parte importante verrà dedicata ad una rinnovata riflessione sul trasferimento a Mombello. Esso fu dettato da esigenze sanitarie legate all’epidemia di colera che scoppiò nel 1865 e che accelerò un trasferimento preannunciato: l’antica architettura della Senavra, di origine gesuitica, sin dall’inizio – come mostrano i tentativi di modernizzazione che illustreremo – non rispondeva alle esigenze igieniche, logistiche e di cura richieste da un ospedale psichiatrico. L’avvento del colera e l’aumento esponenziale del numero di ricoverati portarono dunque al trasferimento, e in questa sede si tenterà di riflettere su quali furono i motivi che fecero optare per la zona di Mombello e nello specifico per la Villa Pusterla-Crivelli, residenza nobiliare che aveva ospitato i Bonaparte nel 1797.
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Tra il 1661 e il 1663 una seconda campagna decorativa, voluta da Rodrigo de Sylva, investì la cappella nel transetto destro della chiesa di Sant’Isidoro agricola a capo le case. Ad un lustro dalla morte del grande teologo francescano... more
Tra il 1661 e il 1663 una seconda campagna decorativa, voluta da Rodrigo de Sylva, investì la cappella nel transetto destro della chiesa di Sant’Isidoro agricola a capo le case.
Ad un lustro dalla morte del grande teologo francescano irlandese, Luke Wadding (†1657), Francis Harold, nipote ed erede del titolo di cronografo dell’ordine e Giovan Pietro Bellori, l’antiquario romano autore delle Vite degli artisti del Seicento e sindaco apostolico del collegio irlandese a partire dal 1653, supervisionarono i lavori e stilarono il complesso programma iconografico.
La cappella de Sylva, dedicata all’Immacolata Concezione e l’ultima in ordine di tempo ad essere decorata, si mostra, per le fonti utilizzate e per gli artisti coinvolti di cui renderemo conto nell’intervento, in continuità con lo svolgimento della restante decorazione avvenuta interamente sotto il magistero di Wadding e con la politica del pontificato chigiano.
Questa continuità restituisce, dal punto di vista iconografico, un’unità dell’edificio – qui raccontata per la prima volta - che trova un corrispettivo rilevante nella biografia del frate irlandese e che trova in essa le proprie coordinate culturali.
Ad un lustro dalla morte del grande teologo francescano irlandese, Luke Wadding (†1657), Francis Harold, nipote ed erede del titolo di cronografo dell’ordine e Giovan Pietro Bellori, l’antiquario romano autore delle Vite degli artisti del Seicento e sindaco apostolico del collegio irlandese a partire dal 1653, supervisionarono i lavori e stilarono il complesso programma iconografico.
La cappella de Sylva, dedicata all’Immacolata Concezione e l’ultima in ordine di tempo ad essere decorata, si mostra, per le fonti utilizzate e per gli artisti coinvolti di cui renderemo conto nell’intervento, in continuità con lo svolgimento della restante decorazione avvenuta interamente sotto il magistero di Wadding e con la politica del pontificato chigiano.
Questa continuità restituisce, dal punto di vista iconografico, un’unità dell’edificio – qui raccontata per la prima volta - che trova un corrispettivo rilevante nella biografia del frate irlandese e che trova in essa le proprie coordinate culturali.