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CIVILTà ROMANA
Rivista pluridisciplinare di studi su Roma antica
e le sue interpretazioni
I – 2014
Edizioni Quasar
Diretore scientiico
Anna Maria Liberati
Comitato scientiico internazionale
Joshua Arthurs • West Virginia University, Morgantown
Silvana Balbi de Caro • Bolletino di Numismatica, MiBACT, Roma
Marcello Barbanera • “Sapienza” Università di Roma
Mihai Bărbulescu • Universitatea Babeş Bolyai, Cluj-Napoca – Accademia di Romania in Roma
Juan Carlos D’Amico • Université de Caen Basse-Normandie
Lucieta Di Paola Lo Castro • Università degli Studi di Messina
Maurilio Felici • LUMSA, Palermo
Philippe Fleury • Université de Caen Basse-Normandie
Oliver Gilkes • University of East Anglia, Norwich
Anna Pasqualini • Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Giuseppina Pisani Sartorio • Pontiicia Accademia Romana di Archeologia, Roma
Isabel Rodà de Llanza • Universitat Autònoma de Barcelona – ICAC, Tarragona
Friedemann Scriba • “Hermann Hesse” Oberschule, Berlin
Paolo Sommella • “Sapienza” Università di Roma – Istituto Nazionale di Studi Romani, Roma
Coordinamento editoriale: Teresa Silverio
Editing: CIVILTà ROMANA. Rivista pluridisciplinare di studi su Roma antica e le sue interpretazioni
Via Salaria 1495/U, B6, 00138 Roma – tel./fax 068887304 – email: rivistaciviltaromana@gmail.com
his is a peer-reviewed Journal
CIVILTà ROMANA
Rivista pluridisciplinare di studi su Roma antica e le sue interpretazioni
Diretore responsabile: Enrico Silverio
Proprietario: Anna Maria Liberati
Registrazione Tribunale Ordinario di Roma n. 265 del 27 novembre 2014
ISSN 2421-342X
© Roma 2015 Anna Maria Liberati
Edizioni Quasar di Severino Tognon s.r.l.
via Ajaccio 41-43, 00198 Roma
tel. 0685358444, fax 0685833591
email: info@edizioniquasar.it
Finito di stampare nel mese di aprile 2015
Nessuna parte del presente volume può essere riprodota senza preventivo permesso scrito degli aventi dirito
Sommario
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
V
VII
Lucieta Di Paola Lo Castro, Augusto nel bimillenario della morte: storia e imitatio del
primo imperatore romano nell’Antichità e in Epoca contemporanea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1
Anna Pasqualini, Augusto e il “Tempo” nella Mostra romana di Palazzo Massimo (17 dicembre
2014 - 2 giugno 2015) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
33
Isabel Rodà de Llanza - Jordi López Vilar, Tarraco Biennal. “Augusto y las provincias
occidentales. 2000 aniversario de la muerte de Augusto” (Tarragona, 26-29 de noviembre 2014) . .
45
Magí Seritjol, August. Una civilització mediterrània. La commemoració del bimil·lenari de la
mort del primer emperador al festival Tarraco Viva. Tarragona maig de 2014 (con traduzione). . . . . . . .
55
Dan-Tudor Ionescu, Ara Pacis Augustae: un simbolo dell’età augustea. Considerazioni storicoreligiose tra Pax Augusta e Pax Augusti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
75
Philippe Fleury, Le Plan de Rome de Paul Bigot. De la maquete en plâtre de Paul Bigot à la
maquete virtuelle de l’Université de Caen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
Friedemann Scriba, L’estetizzazione della politica nell’età di Mussolini e il caso della Mostra
Augustea della Romanità. Appunti su problemi di storiograia circa fascismo e cultura . . . . . . . . . . . . 125
Enrico Silverio, Il Bimillenario della nascita di Augusto tra celebrazione nazionale ed omaggio
mondiale: il caso del Convegno Augusteo del 23-27 setembre 1938 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159
Anna Maria Liberati, La storia atraverso i rancobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli
anni Trenta del Novecento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231
Joshua Arthurs, «Voleva essere Cesare, morì Vespasiano»: he Aterlives of Mussolini’s Rome 283
Luisa Covello, Princeps e dux: protagonisti di un’epoca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 303
Paolo Sommella - Anna Maria Liberati, Emissione di un rancobollo commemorativo del
Bimillenario della morte dell’imperatore Augusto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 317
Enrico Silverio, La Romanità incontra il Razionalismo: la Mostra della Romanità ed il Piano
regolatore della città italiana dell’economia corporativa progettato da Giuseppe Pagano per l’E 42 . 321
Abstracts . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 347
La storia atraverso i francobolli tra anniversari
e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento *
Introduzione
Gli ultimi due anni sono stati colmi di ricorrenze centenarie o, addiritura, millenarie e tute
collegate ad eventi di estrema importanza per la storia romana. Si trata di altretanti punti
di svolta che sono stati interpretati e reinterpretati dagli antichi e dai moderni, che sono
stati oggeto di “appropriazione” ed inseriti in precise ideologie, e che, inine, all’interno
di quelle ideologie sono stati raigurati atraverso i più diversi veicoli espressivi. Nel 2012,
infati, si è dapprima registrata la ricorrenza del XVIII centenario della constitutio Antoniniana, il cosiddeto “edito di Caracalla” con cui la citadinanza romana veniva concessa a pressoché tuti i liberi viventi nell’impero1. Inoltre, il 28 otobre 2012 è stato celebrato il XVII
centenario della Bataglia di Ponte Milvio, cioè dell’evento che meteva ine al confronto tra
Costantino e Massenzio e che, in prospetiva, spianava la strada alla tolleranza verso il culto
cristiano, invero comunque già contenuta nell’edito di Galerio del 3112. Nel 2013 ha poi
avuto luogo il XVII centenario del cosiddeto “edito di Milano” cioè, secondo la tradizione,
del provvedimento con cui il “cristiano” – le virgolete sono d’obbligo – Costantino legitimava il culto cristiano. Così, almeno, la tradizione. Poco importa poi – dal punto di vista di
una certa letura ideologica dei fati avvenuta tanto in antico che tra i moderni – se in efeti
un vero e proprio “edito” a Milano non venne mai promulgato; se esso fosse invece un ato
di indirizzo politico emerso dall’incontro a Milano tra Costantino e Licinio e se, inine,
quello che tradizionalmente chiamiamo “edito di Costantino” nelle fonti sia piutosto un
rescrito di Licinio che riporta le decisioni milanesi prese dai due imperatori e per larga
parte coincidenti con l’edito del 3113. Un’altra ricorrenza, nel corso del 2013, è stata quella
del XIX centenario della Colonna Traiana, monumento che, al di là del signiicato storico
suo proprio, dal punto di vista dell’“idea di Roma” si ricollega sia alla massima espansione
dell’impero che alla genesi del popolo romeno e che quindi riassume in sé in modo estre* Il saggio riprende – con i dovuti adatamenti per la forma scrita e con un apparato di note in cui ho volutamente privilegiato, onde meglio contestualizzarle, gli aspeti meno conosciuti delle emissioni ilateliche di cui si dirà – i testi del ciclo di due
conferenze tenute presso il Museo di Roma in Trastevere nel corso dell’LXXXVIII a.a. dei Corsi Superiori di Studi Romani
nei giorni 5 e 13 marzo 2014.
1
Una particolare atenzione merita Roma caput mundi, a cura di A. Giardina - F. Pesando, Catalogo della Mostra di Roma,
Colosseo, Tempio di Romolo e Curia Iulia al Foro Romano, 10 otobre 2012 - 10 marzo 2013, 2 voll., Milano 2012.
2
Circa le ragioni dell’edito di Galerio e circa la ine della persecuzione del 303-311 d.C. vd. ancora oggi P. Siniscalco,
L’edito di Galerio del 311. Qualche osservazione storica alla luce della terminologia, in Ati dell’Accademia Romanistica
Costantiniana, X, Napoli 1995, pp. 41-53.
3
Per un recente sguardo di sintesi circa la complessa e fondamentale questione, rinvio ad A. Marcone, L’edito di Milano:
dalle persecuzioni alla tolleranza, in L’edito di Milano e il tempo della tolleranza. Costantino 313 d.C., a cura di G. Sena Chiesa,
Catalogo della Mostra di Milano, Palazzo Reale, 20 otobre 2012-17 marzo 2013, Milano 2012, pp. 42-47.
232
Anna Maria Liberati
mamente signiicativo le idee di universalità e di durata di Roma tanto nello spazio quanto
nel tempo4. Né va dimenticato il Bimillenario della nascita di Caligola, solennizzato anche
nel 2013 atraverso un’importante esposizione che si è giovata di recenti ritrovamenti e che
si è svolta a Nemi presso il Museo delle Navi Romane, la cui genesi partecipa di quello stesso clima culturale che si intende qui descrivere da una particolare angolazione5.
Tutavia è forse nel 2014 che è intervenuta la ricorrenza di maggior portata: il secondo millenario della morte di Augusto, cioè del fondatore dell’impero romano, ovvero di
quell’entità politica sovrannazionale che sopratuto dopo la sua caduta, in Occidente nel
476 d.C. ed in Oriente nel 1453, ha avuto una schiera non piccola di veri o presunti ma comunque convinti “continuatori”.
Si trata, insomma, di eventi per nulla indiferenti quanto alle ideologie moderne: del
resto, ad esempio, proprio in relazione alla constitutio Antoniniana nel 2012 è stato ancora
di recente rimarcato come, in un’Italia sempre più allineata verso l’“alleato” germanico e nazionalsocialista, la igura di Caracalla fosse negativamente considerata proprio per l’apertura
agli stranieri realizzata con l’edito del 212 d.C. e come lo stesso Caracalla non fosse presentato quale un vero romano ma come un imperatore tuto sommato “africano”6. Quanto, per
limitarci ad un altro esempio, alla Bataglia di Ponte Milvio ed al cosiddeto “edito di Milano” è ben noto in che modo tali eventi siano stati astrati dalla loro pur controversa realtà
storica e sussunti all’interno di un’ideologia catolica intenta a rivendicare non solo la libertà
del culto catolico e la sua esclusiva liceità ma, in passato, di conseguenza anche la legitimità
dell’unione tra il trono e l’altare, che in deinitiva avrebbe avuto alla base sempre Costantino.
Di certo, tra quelle ora ricordate, Augusto resta forse la igura di maggior presa ideologica
prima ancora dello stesso Costantino e del resto è quasi del tuto intorno ad Augusto che,
specie dalla seconda metà degli anni Trenta, in Italia si celebrava quotidianamente il cosiddeto “culto della Romanità” che predicava la continuità tra Roma antica e l’Italia moderna.
Ciò che, nelle recenti ricorrenze, specie in alcune di esse, stupisce rispeto alle passate
interpretazioni ideologiche che poco fa ho solo vagamente accennato, è la pressoché completa assenza di rileture in chiave appunto ideologica di igure come Caracalla, Costantino
o Augusto. E ciò è vero per lo stesso Caracalla che, pure, in questi tempi in cui tanto si predica, a parole, l’integrazione, non ha di fato ricevuto alcuna pubblica menzione al di fuori
di ambiti stretamente accademico-culturali. Tuto ciò, se da un lato non può meravigliare
4
Sia consentito ricordare qui il Convegno Internazionale Colonna Traiana - MCM, a cura di M. Bărbulescu ed A.M. Liberati,
svoltosi a Roma presso l’Accademia di Romania in Roma il 7 ed 8 giugno 2013, le cui relazioni sono state pubblicate in
«Ephemeris Dacoromana», XVI (2014), pp. 7-234. Piace ricordare che anni prima la scrivente aveva organizzato insieme con
lo scomparso M. Papahagi, allora diretore dell’Accademia di Romania in Roma, il Convegno Internazionale Traiano, Optimus
Princeps svoltosi in Roma il 19-21 novembre 1998 per commemorare i 1900 anni dell’assunzione del principato da parte di
Traiano, e al quale partecipò anche l’atuale diretore M. Bărbulescu.
5
Vd. Caligola. La trasgressione al potere, a cura di F. Coarelli - G. Ghini, Catalogo della Mostra di Nemi, Museo delle Navi
Romane, 5 luglio - 5 novembre 2013, Roma 2013.
6
Mi riferisco sopratuto alla prolusione all’LXXXVI a.a. dei Corsi Superiori di Studi Romani tenuta il 23 febbraio 2012 (vd.
«Rassegna d’Informazioni dell’Istituto Nazionale di Studi Romani», LXXX [2012], 1-3, p. 3) da A. Giardina sul tema
212 d.C.: l’Edito di Caracalla e la sfortuna di un evento ‘epocale’, nel corso della quale venne fato ampio riferimento a G.
Almirante, L’edito di Caracalla. Un semibarbaro spiana la via ai barbari, in «La Difesa della Razza» I (1938), 1, pp. 27-29,
in cui a Caracalla venne contrapposto proprio Augusto.
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 233
più di tanto in un’era di crisi delle ideologie come è l’atuale, dall’altro suggerisce di tornare
ancora una volta, magari con animo più sereno rispeto al passato anche recente, sul tema
della ripresa dell’antico in chiave ideologica.
Scopo di questo contributo è infati, prendendo spunto dal Bimillenario della morte di
Augusto, quello di descrivere la presentazione del tema della continuità tra Roma antica
ed Italia moderna negli anni Trenta del Novecento come illustrato all’interno di un veicolo
ideologico che, negli studi futuri, si rivelerà certamente di non minore importanza di quanto sono oggi alcuni aspeti della numismatica: mi riferisco ai soggeti delle emissioni ilateliche7. In primo luogo sarà necessario sofermarsi su alcuni temi di fondo, necessari a issare
delle “coordinate”. Si trata innanzituto del cosiddeto “culto della Romanità”, e successivamente di indagare due sue particolari declinazioni, cioè quella dell’allora Istituto di Studi
Romani e quella della Mostra Augustea della Romanità, promotori delle emissioni ilateliche del Bimillenario Augusteo e di quello Liviano, quest’ultimo curato dal solo Istituto. Occorrerà anche descrivere come il tema della continuità tra Roma antica ed Italia moderna
non fosse, nonostante tuto, alieno all’Italia ante 1922 e come in seguito, dopo l’avvento al
potere del Fascismo, questo tema assumesse un ben preciso e più sistematico ruolo ideologico. Giungeremo così a due grandi ricorrenze, fortemente evocative di questa continuità:
il Bimillenario virgiliano del 1930 e quello oraziano del 1935. Si trata già, naturalmente,
di un’Italia “romana”, cioè direta erede di Roma antica che, come diremo, auspice anche la
dichiarazione dell’Impero del 9 maggio 1936, si presenterà deinitivamente come un’Italia
imperiale durante il Bimillenario della nascita di Augusto del 1937-’38. Sarà questa Italia a
celebrare, durante la guerra, il Bimillenario della nascita di Tito Livio, con temi che rinviano
alla lota ed al conceto giuridico-religioso romano di “guerra giusta”, bellum iustum.
1. L’Italia “romana” tra Virgilio e Orazio
Il “culto della Romanità”
È merito di un indirizzo storiograico sopratuto italiano quello di aver individuato il Fascismo come un fenomeno ideologico-politico inscindibile dall’idea di modernità e di averne ri7
La bibliograia sul tema, specie per il particolare argomento che qui interessa, non è particolarmente vasta ed oscilla molto spesso
tra un approccio di caratere ilologico, sul quale si avrà modo di tornare, ed uno invece maggiormente atento ai proili ideologicopropagandistici: vd. sopratuto, tra i testi più recenti, A. Luceri, Quando la ilatelia “non fa i conti” con la ilologia (emissioni ed
omissioni nella storia dei rancobolli dedicati ai classici), in «Appunti Romani di Filologia», I (1999), pp. 127-140 e reso disponibile
dall’Autore anche presso www.divusangelus.it; F. Zeri, I rancobolli italiani, Ginevra-Milano 2006; A. Ayuso Calvillo, Entre
difusión y propaganda: la literatura latina a través de los sellos de correos, in «Minerva. Revista de Filologia Clásica», 20 (2007),
pp. 191-216; M. Torelli, Archeologia e fascismo. Creazione e difusione di un mito atraverso i rancobolli del regime, in Repensar la
Escuela del CSIC en Roma. Cien años de memoria, edd. R. Olmos - T. Tortosa - J.P. Bellón, Madrid 2010, pp. 385-405; F. Giuliani, Il
canone dei rancobolli. Gli scritori italiani nella ilatelia (Studi e testi, 5), Foggia 2014. Cenni anche in A. Giardina, Augusto tra due
bimillenari, in AVGVSTO, a cura di E. La Rocca - C. Parise Presicce - A. Lo Monaco - C. Giroire - D. Roger, Catalogo della Mostra
di Roma, Scuderie del Quirinale, 18 otobre 2013 - 9 febbraio 2014, Milano 2013, pp. 58-60 circa alcuni valori della serie del
Bimillenario Augusteo per il Regno d’Italia, e prima ancora in M. Munzi, L’epica del ritorno. Archeologia e politica nella Tripolitania
italiana (Saggi di Storia antica, 17), Roma 2001, pp. 108-110 circa alcune delle emissioni coloniali. Risulta sempre utile, per uno
sguardo d’insieme alle diverse emissioni ed alle loro carateristiche, il ricorso ai cataloghi “Bolai” o “Uniicato”. Del pari utile risulta
la consultazione di alcuni repertori disponibili in rete, e specie di www.ibolli.it. Piace ricordare che nell’allestimento della Mostra
Dalla mostra al museo. Dalla Mostra archeologica al Museo della civiltà romana, tenutasi a Roma, presso il Museo della Civiltà Romana
dal 16 giugno al 30 dicembre 1983, un opportuno risalto venne accordato a copie fotograiche dei bozzeti realizzati da Corrado
Mezzana per la serie ilateliche di posta ordinaria ed aerea celebrative del Bimillenario Augusteo e destinate al Regno d’Italia.
234
Anna Maria Liberati
conosciuto una delle carateristiche davvero essenziali e qualiicanti nel suo voler essere e presentarsi non solo in termini di rivoluzione ma anche, inestricabilmente e contemporaneamente, come un religione politica8. Su questo sfondo, per comprendere il rapporto del Fascismo
con l’idea di Roma dobbiamo tenere presente sino dall’inizio il progeto di “fare gli Italiani”
trasformandoli nei “Romani della modernità” e dunque comprendere come questo progeto
utopistico si riveli soteso a tuto ciò di cui andremo dicendo. Incidentalmente mi sembra utile
notare che a proposito del “culto della Romanità” durante il Fascismo, lo stesso estensore della
relativa voce del Dizionario del fascismo edito in anni recenti da Einaudi ha rilevato9:
D’altra parte, occorre andare cauti nel liquidare il culto fascista della romanità come una dimensione puramente retorica e simbolica del fascismo, priva di un’efetiva rilevanza nella sua vicenda politica e istituzionale. Perché proprio al livello – quand’anche eimero – di una politica del
mito si esprimeva nel modo più compiuto l’essenza della politica totalitaria, in quanto tentativo
di rinnovamento integrale delle coscienze e di assoluta palingenesi della nazione.
Non quindi in ogni caso una Roma antiquaria, ma una eredità da intendere, sulla scorta
del Risorgimento nazionale e principalmente proprio di Gioberti e Mazzini, come un trampolino di lancio per l’avvenire. Ed infati, come vedremo, anche nelle emissioni ilateliche la
continuità con Roma antica passa atraverso il Risorgimento nazionale e la stessa I guerra
mondiale. Signiicative di tuto questo sono le parole di Giuseppe Botai10, pronunciate non
a caso nel discorso d’apertura del XXV Congresso dell’Istituto Italiano per la Storia del
Risorgimento, poi pubblicate proprio nel 1937 su «Roma», il periodico dell’allora Istituto
di Studi Romani. Botai, all’epoca ministro dell’Educazione Nazionale, così si rivolgeva ai
partecipanti11:
[…] voi cercate in questo vostro convegno di determinare quale idea avessero di Roma gli
uomini del Risorgimento italiano, così diversi, per esempio, da Gioberti a Mazzini, per non
citare altri, nell’incalzante azione.
La storia, camerati, non ha ritorni; o, se ne ha, sono solo apparenti. Il ritorno a Roma, provocato dalla Rivoluzione delle Camicie Nere, è, piutosto, un rinnovarsi dell’idea di Roma nella
coscienza dell’italiano moderno; non una restaurazione, ma una rivoluzione della idea di Roma.
Altri momenti forti della continuità dell’Italia moderna con Roma antica sono, come
vedremo, le glorie del Rinascimento e, sempre però con una certa atenzione, il Catolicesimo leto quale fenomeno essenzialmente nazionale e sorta di impero spirituale di Roma
succeduto all’impero politico di Roma antica: una visione, come noto destinata a provocare
notevolissime frizioni tra il Regime e la Chiesa.
8
Sul fascismo come religione politica vd. E. Gentile, Fascism as Political Religion, in «Journal of Contemporary History»,
25 (1990), 2, pp. 229-251, nonché Id., Il culto del litorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista, Roma-Bari 2007
(I ed. 1993).
9
L. Scuccimarra, s.v. Romanità, culto della, in Dizionario del Fascismo, a cura di V. de Grazia - S. Luzzato, II, Torino 2003,
pp. 539-541 (541).
10
Su Giuseppe Botai, ministro dell’Educazione Nazionale negli anni del Bimillenario della nascita di Augusto, vd. in generale
G.B. Guerri, Giuseppe Botai, un fascista critico, Milano 1976, successivamente rieditato come Giuseppe Botai, fascista
(Milano, 1997) e come Giuseppe Botai (Milano, 2010), nonché A. De Grand, Giuseppe Botai e la cultura fascista, Bari 1978.
11
G. Botai, Roma e Fascismo, in «Roma» XV (1937), 10, pp. 349-352 (351-352).
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 235
Roma 1911
Come accennato, l’idea di una continuità tra Roma antica e l’Italia moderna non nasce afato
con il Fascismo ed anzi essa è uno degli aspeti carateristici del Risorgimento nazionale e sopratuto delle correnti mazziniane che auspicano la realizzazione di una “terza Roma” italiana. Realizzatasi l’Unità nazionale ad opera della monarchia sabauda, l’ideale della continuità
non è abbandonato ed anzi Roma antica è considerata un paradigma non eliminabile in primo
luogo per la ritenuta continuità territoriale tra l’Italia antica con al centro Roma e l’Italia unita
con Roma quale capitale “giuridica” a partire dal 1871 e “spirituale” dal 186112; in secondo
luogo, poi, perché l’uniicazione rimeteva l’Italia a pieno titolo nel teatro delle potenze europee e l’eredità di Roma la rendeva comunque portatrice di valori che venivano avvertiti come
“valori guida”. Roma e l’impero, in altri termini, proprio nelle celebrazioni romane del Cinquantenario della proclamazione del Regno d’Italia (1861-1911) venivano avvertite come la
ragione di una superiorità, per il momento ancora solo morale, rispeto alle altre Nazioni: la
Mostra Archeologica allestita nelle Terme di Diocleziano è emblematica di tale indirizzo13.
Ecco perché temi “romani” ed “italiani” si mescolano già nella serie ilatelica celebrativa del
Cinquantenario14. Emessi il 1° maggio 1911, si tratava di quatro valori: bruno da 2 centesimi,
verde da 5, rosso da 10 e grigio da 15. In realtà tali francobolli erano gravati da un sovrapprezzo stabilito in 3 centesimi per il primo della serie e di 5 centesimi per gli altri: il sovrapprezzo
andava a favore del comitato delle feste cinquantenarie. I soggeti sono, appunto, allegorici e
richiamano nel complesso i temi del trasferimento della capitale da Torino a Roma – Firenze,
la capitale intermedia non è infati ricordata – e quello connesso dell’eternità di Roma. Il valore da 2 centesimi (ig. 1) è abbastanza esplicito nel mostrare la spada, allusiva della forza e
della raggiunta libertà, simbolicamente impugnata dal popolo italiano ed atorno alla quale, a
12
Circa la proclamazione di Roma quale capitale morale del nuovo Stato italiano, sia qui suiciente il rinvio ai discorsi
pronunciati dal conte di Cavour in Torino alla Camera dei deputati il 25 e 27 marzo 1861 ed al Senato del Regno il successivo
9 aprile, ora consultabili, con ricca introduzione necessaria alla loro contestualizzazione, in C. Benso di Cavour, Discorsi per
Roma capitale, con un saggio introdutivo di P. Scoppola, Roma 2010².
13
Sulla Mostra Archeologica del 1911 vd. D. Mancioli, La Mostra archeologica del 1911 e le Terme di Diocleziano ed Ead., La
Mostra archeologica, entrambi in Dalla mostra al museo. Dalla Mostra archeologica del 1911 al Museo della civiltà romana, a cura
di G. Pisani Sartorio - D. Mancioli - A.M. Liberati Silverio - V. Fioravanti, Catalogo della Mostra di Roma, giugno-dicembre
1983, Venezia 1983, rispetivamente pp. 29-32 e 52-61; D. Palombi, Rome 1911. L’Exposition archéologique du cinquantenaire
de l’Unité italienne, in «Anabases», 9 (2009), pp. 71-99; J.P. Bellón - T. Tortosa, La Mostra Archeologica nelle Terme di
Diocleziano, 1911, in Repensar la Escuela del CSIC en Roma, cit., pp. 205-213; A.M. Liberati, La Romania e la Scuola Romena di
Roma nell’orizzonte culturale italiano ra gli anni ’10 e ’30 del Novecento, in «Ephemeris Dacoromana», XV (2013), pp. 19-33 ed
Ead., La Mostra Archeologica del 1911 alle Terme di Diocleziano, in «Bolletino di Numismatica on line, serie Studi e Ricerche», 2
(2014), pp. 80-96. La Mostra Archeologica del 1911 costituisce l’inizio di quelle collezioni che, ampliate, daranno vita alla Mostra
Augustea della Romanità solennizzata, insieme con il Bimillennario stesso della nascita di Augusto, da emissioni ilateliche nel
1937-’38. Sulla storia di quelle collezioni, vd. Dalla mostra al museo, cit., passim ed A. Pasqualini, L’antiquaria di gesso: passato e
futuro del Museo della Civiltà Romana all’EUR, in «Mediterraneo Antico», IX (2006), 2, pp. 631-646.
14
Così secondo F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 16-18, il quale aggiunge anche che (pp. 17-18): «È persino superluo rilevare
come tale repertorio simbolico includa già in nuce quella che fu, poco più di un decennio oltre, la tematica dell’ideologia
fascista: […]. La serie del cinquantenario è quanto mai signiicativa per illuminare talune radici del fascismo e per la presenza,
in epoca anteriore al 1915, delle ideologie e delle tematiche che esso fece sue». Concorde M. Torelli, Archeologia e fascismo,
cit., p. 396, il quale tutavia, dopo essersi sofermato anche sulla serie commemorativa della Vitoria di cui si dirà subito inra
nel testo, mete in guardia circa l’«enorme diferenza» (ibidem, p. 397) che ritiene di ravvisare «tra il ruolo, del tuto ovvio
e consuetudinario, di cosciente modello di perfezione che il passato classico e romano in particolare ha avuto per la civiltà
europea sin dal rinascimento, che riconosciamo anche in questi esempi ilatelici di rievocazione dell’antico, e la funzione
invece di anticipazione del presente, per non dire di predestinazione, che alla romanità atribuirà il fascismo».
236
Anna Maria Liberati
mo’ di guardia, sono le protomi ferine degli animali che simboleggiano le due capitali, il toro
e la lupa. Anche il contorno di palme rinvia all’idea della vitoria ed alla felice conclusione di
un percorso. Il valore da 5 centesimi (ig. 2), invece, illustra un cavaliere con la spada sguainata
che tiene un cavallo: si trata di una igura che, pur senza una direta coincidenza iconograica, ricorda comunque abbastanza da vicino uno dei Dioscuri romani, dal Campidoglio o
dal Quirinale15, immaginato in movimento, ma del resto anche l’ingresso del Palazzo Reale a
Torino era ed è “vigilato” dalle eigi, peraltro bronzee, dei due gemelli. Sullo sfondo, in secondo piano, ci sono in efeti proprio altri due simboli delle due capitali: la Mole Antonelliana
per Torino e, naturalmente, il Campidoglio per Roma. Il valore da 10 centesimi (ig. 3), a
sua volta, illustra la igura di un genio che guida un cavallo alato ad abbeverarsi alla fonte di
Giuturna, da poco riscoperta nel Foro romano16. Proprio durante i lavori di liberazione del
sito era emersa l’epigrafe ora in CIL VI, 36807, M(arcus) Barbatius Pollio / aed(ilis) cur(ulis)
/ Iuturnai (sic) sacrum rest(ituit) / puteal, ed in cui si leggono le parole IVTVRNAI SACRVM
che ornano anche il pozzo raigurato nel francobollo. Si trata di un’allegoria della perenne
giovinezza della “stirpe italica” ed è signiicativo che, nella ricorrenza del Cinquantenario del
giovane Regno, questa giovinezza sia garantita proprio atraverso il rapporto con l’antico ed
anzi con un luogo ben individuato di Roma antica, tra le sue vestigia più sacre. Inine, un diretto richiamo all’immortalità di Roma è contenuto nel valore da 15 centesimi (ig. 4), in cui una
igura maschile è intenta a scolpire il simbolo dell’eternità, il serpente Uroboro, che contorna
l’iscrizione DEA / ROMA, «esempliicata sui più puri carateri dell’età augustea»17. Di tuti
questi francobolli vennero stampati numerosissimi esemplari, a partire da un minimo di poco
più che 3.000.000 per il valore da 10 centesimi. Rimaste molte giacenze, l’intera serie venne
rimessa nell’uso nel 1913, sovrastampando i valori superiori al 2 centesimi ed uniformandoli
al valore di quest’ultimo.
Il sesto centenario della morte di Dante nel 1921
Come avremo modo di osservare, nell’ideologia fascista della continuità tra Roma antica e l’Italia moderna, un ruolo particolare, accanto ed a prescindere dal Catolicesimo romano, hanno
i fati ed i personaggi di quella che usava deinirsi la “Civiltà Italiana”, alla quale avrebbe dovuto
essere dedicato l’omonimo Palazzo nell’ambito dell’E 42 oggi conosciuto con l’appellativo popolare di “Colosseo quadrato”. La nozione di “Civiltà Italiana” costituisce un cardine ideologico nella continuità antico-moderno perché permete di riconoscere il permanere delle “virtù
italiche” nella storia dopo l’evo antico anche quando in Italia un’entità politica unitaria più non
esisteva, cioè prima dell’Unità d’Italia18. È evidente come un ruolo particolare in tuto questo
15
Secondo M. Torelli, Archeologia e fascismo, cit., p. 396 il modello sarebbe uno dei Dioscuri del Quirinale, richiamati
invece da F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 17 come modelli per la igura virile che compare nel valore da 10 centesimi.
16
Cfr. le note precedenti per le considerazioni svolte a proposito di questo valore da F. Zeri e M. Torelli, con particolare
riferimento, quanto al primo, agli scavi di G. Boni.
17
Così, testualmente, F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 18.
18
Per un’idea della nozione di “Civiltà Italiana”, è utile scorrere le pagine del periodico, nato proprio alla ine degli anni Trenta,
dedicato all’Esposizione Universale del 1942: «Civiltà» I (1940), II (1941) e III (1942). Sembra anche utile fare rilevare come
fosse lo stesso Istituto Nazionale di Cultura Fascista a promuovere la pubblicazione di una collana di monograie dal titolo
Civiltà Italiana, i cui singoli titoli sono, insieme con i rispetivi autori, estremamente signiicativi: F. Formigari, Leteratura del
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 237
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
speti al Dante poeta della Commedia e sostenitore della monarchia universale. Tutavia, anche
prima del Fascismo, Dante era stato certamente esaltato come emblema nazionale ed anche
in questo caso, come già per Roma antica in modo più marcato, si tratava di un emblema che
moralmente poneva l’Italia unita abbastanza al di sopra delle altre Nazioni. Nel 1921 si celebrava infati il sesto centenario della morte del Poeta e sembra opportuno ricordare come in
occasione delle celebrazioni venissero avviati i lavori di sistemazione della “Zona Dantesca” a
Ravenna, destinati a concludersi durante il Fascismo: si trata di lavori che appaiono connotati
dalla volontà di recuperare un ideale medioevale che è più, appunto, l’idea del Medioevo che
non una sua fedele rappresentazione19. In occasione del sesto centenario, al poeta venne deQuatrocento, Milano - Messina 1940; P. de Francisci, Spirito della Civiltà Romana, Milano - Messina 1940 ed E. Albertario, Il
Dirito romano, Milano - Messina 1940. Né bisogna ritenere che la nozione di “Civiltà Italiana” restasse in qualche modo estranea
alla grande massa del pubblico, venendo anzi più volte proposta anche sui quotidiani, specie in relazione alla progetata E 42: vd.
ad es. Civiltà italiana, in «Unione Sarda», Cagliari, del 23 novembre 1939, che comparve anche in «Corriere Istriano», Pola, 24
novembre 1939, «Messaggero di Rodi», Rodi, 2 dicembre 1939, «Il Polesine fascista», Rovigo, 3 dicembre 1939. Dal punto di
vista delle emissioni ilateliche per il Regno d’Italia, alcune delle quali vennero però proposte anche nelle colonie, rientrano nella
visione della “Civiltà Italiana”, quale esprimentesi nelle scienze e nelle arti, le serie di posta ordinaria ed aerea “pro Società Nazionale
Dante Alighieri” emesse il 14 marzo 1932 per ben 18 valori complessivi raiguranti Giovanni Boccaccio, Niccolò Machiavelli,
Paolo Sarpi, Vitorio Alieri, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Giosuè Carducci, Carlo Bota, Torquato Tasso, Francesco Petrarca,
Ludovico Ariosto, Dante Alighieri, Leonardo da Vinci e la sua «macchina volante»; un ulteriore valore di posta aerea “pro
Società nazionale Dante Alighieri” emesso il 6 agosto 1932 e raigurante Leonardo da Vinci; una serie di due valori di posta
pneumatica emessa il 29 marzo 1933 raigurante Dante Alighieri e Galileo Galilei; la serie di due valori emessa il 23 maggio 1934
per commemorare il 75° anniversario dell’invenzione della dinamo e raigurante Antonio Pacinoti; la serie di due valori emessa
il 16 agosto 1934 per il I Congresso Internazionale di eletro-biologia, raigurante Luigi Galvani; la serie di sei valori di posta
ordinaria e quella di cinque di posta aerea emesse il 15 otobre 1935 per commemorare il I centenario belliniano, raigurante
Vincenzo Bellini, la sua casa natale, un pianoforte allusivo dell’atività del musicista, angeli musicanti, un angelo che suona l’arpa
ed una scena da La sonnambula; la serie di posta ordinaria di ben 10 valori per commemorare il «Centenario di uomini illustri»
emessa il 25 otobre 1937 e raigurante Gaspare Spontini, Antonio Stradivari, Giacomo Leopardi, Giovanni Batista Pergolesi e
Gioto; la serie celebrativa di tre valori dedicata a Guglielmo Marconi emessa il 24 gennaio 1938; da ultimo la serie di quatro valori
di posta ordinaria emessa il 28 setembre 1942, illustrata da Corrado Mezzana e dedicata a Galileo Galilei raigurante lo scienziato
docente all’Università di Padova, la prova del cannocchiale a Venezia, un ritrato di Galilei ed inine il conino ad Arcetri; da ultimo
la serie, di quatro valori, dovuti ancora una volta a Corrado Mezzana, celebrativa del 150° anniversario della nascita di Gioacchino
Rossini, con il ritrato del musicista e l’illustrazione del suo monumento, emessa il 23 novembre 1942.
19
Circa la “Zona Dantesca” di Ravenna, vd. M.G. Benini, Luoghi danteschi. La Basilica di S. Francesco e la Zona Dantesca a
Ravenna, Ravenna 2003, con ampio rinvio a fonti archivistiche e ricco corredo iconograico. Per alcune leture del pensiero
di Dante rispeto a Roma formulate in epoca fascista e nello stesso ambiente da cui trae origine l’idea della celebrazione del
Bimillenario del 1937-’38, vd. A. Baccelli, I poemi nazionali e Roma in Dante, Roma 1938 e G. Raya, Roma nella poesia di
Dante, in Ati del V Congresso Nazionale di Studi Romani, V, Roma 1945, pp. 307-311. Circa il V Congresso Nazionale di Studi
Romani cfr. tutavia anche inra nota 27.
238
Anna Maria Liberati
dicata una serie ilatelica di tre valori, stampati purtroppo con non eccessiva cura dallo stabilimento Petiti, in Roma20. I valori vennero emessi in 400.000 esemplari ciascuno il 28 setembre
1921, con validità sino al 31 dicembre dello stesso anno: il 15 centesimi rosso, il 25 centesimi
verde ed il 40 centesimi seppia. Incontriamo qui per la prima volta la Società Nazionale Dante
Alighieri, il cui acronimo compare sui francobolli, e che ritroveremo anche in seguito. Nel valore da 15 centesimi (ig. 5), vediamo l’Aquila simbolo dell’impero che sorregge la Commedia,
il tuto inquadrato in un’iscrizione che esalta la superiore realizzazione poetica dantesca e la
salda ai capolavori della tradizione leteraria universale. L’iscrizione è ripresa da Inferno IV 96,
ove essa è riferita ad Omero o al suo “altissimo canto”: «che sovra gli altri com’aquila vola»21.
Ritroveremo l’Aquila, in quel caso insieme con la Croce, nell’emissione ilatelica del 1938 celebrativa dell’impero, mentre per ora osserviamo il valore da 25 centesimi (ig. 6) in cui avviene
la saldatura tra l’opera del poeta medievale e l’Italia unita: è la personiicazione dell’Italia, turrita, assisa davanti alla bandiera nazionale, che tiene alto nella destra un volume in cui si leggono
le iniziali di “Dante Alighieri” e della “Divina Commedia” e da cui si irradia una signiicativa
luce. A contornare la scena è un’iscrizione trata da Inferno IV 80-81 che ribadisce la continuità
di Dante con i grandi poeti dell’età classica, del resto già rimarcata dal poeta stesso in questo
passo dell’Inferno. L’iscrizione riporta infati le parole fate pronunciare probabilmente a Omero per salutare degnamente Virgilio: «Onorate l’altissimo poeta; / l’ombra sua torna, ch’era
dipartita». Lo scopo di rimarcare il legame tra Dante e l’Italia unita ricorre anche nel valore
da 40 centesimi (ig. 7), che tutavia si soferma maggiormente sulla lingua destinata a divenire
quella nazionale, esaltando il poeta che «mostrò – come recita l’iscrizione – ciò che potea la
lingua nostra». In questa serie ilatelica Dante, dopo essere stato magniicato con parole già da
lui stesso riferite a Omero ed a Virgilio, ora viene nuovamente esaltato proprio con le stesse
parole rivolte questa volta da Sordello da Goito a Virgilio in Purgatorio VII 17, saldando così ad
un tempo la continuità tra Roma e l’Italia anche da un punto vista linguistico.
Il terzo anniversario della vitoria nel 1921
Sempre del 1921 è l’emissione di un’altra serie ilatelica che qui interessa diretamente e che
celebra il terzo anniversario della vitoria nella I guerra mondiale. Emessa il 1° novembre
1921 con validità sino al 31 dicembre dell’anno successivo, essa consta di quatro valori:
verde da 5 centesimi, rosso da 10, grigio da 15 ed inine azzurro da 25 (ig. 8). A diferenza
delle serie su cui ci si è già sofermati, in questa il soggeto è uguale per tuti i valori ed è
rappresentato dalla Vitoria alata dal Capitolium della cità di Brixia, odierna Brescia22. Derivata da una statua di Afrodite del III sec. a.C. rielaborata in Vitoria probabilmente dopo il
69 d.C. e tornata alla luce nel 1826, l’opera poteva già vantare una “cooptazione” alla causa
20
Su queste emissioni vd. F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 19; M. Torelli, Archeologia e fascismo, cit., p. 390 e sopratuto F.
Giuliani, Il canone, cit., pp. 25-32.
21
Circa l’impiego della lezione “sopra” in luogo della correta “sovra”, vd. F. Giuliani, Il canone, cit., p. 30.
22
Su questa emissione vd. F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 19 e M. Torelli, Archeologia e fascismo, cit., p. 396. Sulla statua della
Vitoria dal Capitolium di Brixia, vd. P. Moreno, Iconograia e stile della Vitoria di Brescia, in Nuove ricerche sul Capitolium di
Brescia. Scavi, studi e restauri, a cura di F. Rossi con la collaborazione di F. Morandini e C. Stella, Ati del Convegno di Brescia,
Chiesa di Santa Giulia, 3 aprile 2001, Milano 2002, pp. 119-157, con ricca bibliograia.
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 239
Fig. 5
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 8
Fig. 9
nazionale italiana. Ad essa il Carducci aveva dedicato una delle Odi Barbare, pubblicate in
prima edizione nel 1877, intitolata appunto Alla Vitoria, in cui si legge tra l’altro (vv. 1720): «Vorrei vederti sull’Alpi, splendida / fra le tempeste, bandir ne i secoli: / ‘O popoli,
Italia qui giunse / vendicando il suo nome e il dirito.‚ […]».
Singolare vicenda, questa della Vitoria di Brescia. Il richiamo alla statua precedete
quindi il culto fascista della Romanità, ma proprio sul inire dell’era fascista, nel 1943, essa
avrebbe dovuto essere nuovamente riproposta in un’emissione ilatelica di propaganda che
avrebbe così collegato la memoria dell’antico e quella dell’ancor recente I guerra mondiale
con la II guerra mondiale in corso, presentandosi come un duplice, triplice se si conta anche il Risorgimento, appello alla vitoria. Nel francobollo (ig. 9), mai emesso, la Vitoria di
Brescia illustra la parte propagandistica del progetato valore, che per il resto reca una igura
di Vitoria della serie di posta aerea cosiddeta “allegorica”, emessa originariamente tra il
1930 ed il 1932. La Vitoria di Brescia sarà però, in un certo senso, destinata a sopravvivere
240
Anna Maria Liberati
al Fascismo stesso, a cui del resto, soto il proilo della sua “cooptazione” alla causa nazionale, era precedente. Di essa infati esiste un calco che venne esposto nel Museo della Civiltà
Romana inaugurato nel 1955 ed al suo proposito, nella Descrizione del Museo, G.Q. Giglioli
scriveva: «In questo salone, di fronte alla porta, è il bellissimo calco della Vitoria bronzea
trovata nascosta nel tempio di Vespasiano a Brescia e che apparve nel 1829 (sic), nel fulgore
delle azioni del nostro Risorgimento, e fu cantata poi dal Carducci nell’ode famosa, come
simbolo augurale. La splendida riproduzione fu eseguita da Pietro Fabbri»23.
Il cinquantenario della morte di Giuseppe Mazzini nel 1922
Circa un anno dopo ed a poco meno di un mese dal 28 otobre 1922, data della Marcia su
Roma, il 20 setembre veniva emessa la serie di tre valori commemorativa del cinquantenario
della morte di Giuseppe Mazzini, destinata ad avere validità sino successivo 31 otobre24. Si
componeva dei valori: rosso da 25 centesimi, bruno da 40 ed azzurro da 80. Figura, è noto, di
scomodo “padre della Patria” nell’Italia uniicata dalla monarchia sabauda, Mazzini era destinato ad essere reinterpretato e rivitalizzato proprio in epoca fascista sia dai fascisti che dagli
antifascisti. L’inserimento dell’“apostolo del Risorgimento” nell’ideologia fascista, è cosa altretanto nota, si dovete sopratuto a Giovanni Gentile, che vide nel Fascismo ed in Mussolini una possibilità di arrivare a realizzare certi valori mazziniani e del resto anche di recente è
stato messo in luce in che modo gli aspeti meno democratici, più paternalistici ed irrazionalistici di Mazzini siano conluiti nel pensiero fascista anche atraverso l’interpretazione dell’agire politico di un ex mazziniano divenuto capo del governo come il siciliano Francesco Crispi25. Indubbiamente molti setori del Fascismo, come esempliicato da Emilio Bodrero, pur
inserendolo in una linea di continuità che dal Risorgimento conduceva appunto al Fascismo,
avevano un’ampia serie di riserve sugli ideali democratici professati da Mazzini26, ma altrettanto certamente in alcuni ambienti culturali – mi riferisco al V Congresso Nazionale di Studi Romani del 1938 – la “terza Roma” mazziniana venne senz’altro considerata precorritrice
della “terza Roma” mussoliniana27. Se si osserva il primo dei tre valori, quello da 25 centesimi
(ig. 10), vediamo come il tema rappresentato sia un’allegoria del pensiero mazziniano che si
soferma sul tema del dirito forgiato dal fuoco dell’amore per i valori propri del Risorgimento.
Notevoli sono i riferimenti al classico sia per quanto riguarda il braciere, che in realtà è un ca-
23
Così G.Q. Giglioli, Descrizione del Museo, in A.M. Colini - G.Q. Giglioli, Il Museo della Civiltà Romana, Roma 1955, pp.
12-39 (20). Il calco della Vitoria di Brescia è esposto nella Sala XI n. 13 (inv. MCR n. 355): vd. Museo della Civiltà Romana.
Catalogo, Roma 1982³, p. 84.
24
Su questa serie vd. F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 19, cenni in M. Torelli, Archeologia e fascismo, cit., p. 390, che, ascrivendola al 1921,
la annovera insieme con la dantesca tra quelle caraterizzate da «Temi assai poco fascisti […], eseguiti in stile corrente e banale, […]».
25
Cfr. S. Levis Sullam, L’apostolo a brandelli. L’eredità di Mazzini tra Risorgimento e fascismo, Roma-Bari 2010, passim (1924, 28-30, 35 e 97 per F. Crispi). Tra le fonti dell’epoca, vd. G. Gentile, Mazzini e la Nuova Italia, Roma 1934, pubblicato
dall’Istituto Nazionale Fascista di Cultura presieduto da Gentile stesso e riproducente il discorso tenuto dal ilosofo a Genova
il 22 giugno 1934 per l’inaugurazione dell’Istituto Mazziniano.
26
Vd. E. Bodrero, Roma e il Fascismo, Roma 1939, pp. 62-63.
27
Vd. A. Codignola, L’idea di Roma nel pensiero di Giuseppe Mazzini, in Ati del V Congresso Nazionale di Studi Romani,
a cura di C. Galassi Paluzzi, III, Roma 1942. Il V Congresso Nazionale di Studi Romani si era svolto in Roma tra il 24 ed il
30 aprile 1938 ed era stato fato rientrare tra le celebrazioni del Bimillenario della nascita di Augusto: vd. L’Istituto di Studi
Romani per la celebrazione del Bimillenario Augusteo, Roma 19383, pp. 10-12.
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 241
Fig. 10
Fig. 11
Fig. 12
pitello, sia per la stessa iscrizione AMOR che all’inverso può leggersi ROMA, così importante
nel pensiero mazziniano. Il secondo valore (ig. 11), ci mostra invece l’“apostolo” secondo la
sua iconograia classica, quella dell’eterna veste di color nero a luto per la Patria, del volto che
«giammai non rise» e che, ancora una volta, ci viene da Giosuè Carducci, dal II Libro dei
Giambi ed epodi (Giuseppe Mazzini, vv. 7-14):
Egli vide nel ciel crepuscolare
Co’l cuor di Gracco ed il pensier di Dante
La terza Italia; e con le luci isse
A lei trasse per mezzo un cimitero,
E un popol morto dietro a lui si mise.
Esule antico, al ciel mite e severo
Leva ora il volto che giammai non rise,
– Tu sol – pensando – o idëal, sei vero.
L’ultimo dei valori, invece, illustra la tomba del patriota a Staglieno (ig. 12).
L’emissione pro Cassa di previdenza delle Camicie nere nel 1923
Siamo giunti così all’età fascista ed una delle prime serie ilateliche che incontriamo relativamente al rapporto con Roma antica è quella emessa il 29 otobre 1923, con validità sino al
29 febbraio 1924 e destinata al inanziamento della Cassa di previdenza della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, costituita con Regio Decreto 14 gennaio 1923 n. 31 convertito con Legge 17 aprile 1925 n. 47328. Il soggeto è identico per tuti e tre i valori della
serie (ig. 13), il bruno da 30 centesimi, il viola da 50 ed il grigio da 1 Lira, ciascuno munito
di sovrapprezzo pari al rispetivo valore e destinato, appunto, al inanziamento della Cassa
previdenziale. Il tema, inquadrato in un medaglione, è quello del “giuramento sul fuoco dei
28
L’emissione a favore della Cassa previdenziale delle Camicie nere venne preceduta, quanto a temi “romani”, da alcuni valori
della serie commemorativa del I annuale della Marcia su Roma, sulla quale vd. F. Zeri, I rancobolli, cit., pp. 21-23 e M.
Torelli, Archeologia e fascismo, cit., p. 391. Sulla serie a favore della Cassa previdenziale vd. invece F. Zeri, I rancobolli, cit.,
p. 22 e M. Torelli, Archeologia e fascismo, cit., pp. 398-399. Rileva F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 22: «Sopra la targa ansata che
include il fascio litorio (in un’insolita posizione orizzontale) il giuramento sul fuoco sacro dei legionari romani è raigurato
a mo’ di rilievo circolare, esempliicato, nella sua strutura, su modelli equidistanti tra le monete della Roma repubblicana e i
clipei adrianei riadoperati per l’Arco di Costantino».
242
Anna Maria Liberati
Fig. 13
legionari”. In efeti il fuoco tradizionalmente richiama la fermezza ed il coraggio riannodandosi all’episodio di Mucio Scevola29, ma in anni successivi la critica storica ha teso e tende
a leggere in quell’episodio più che il ricordo di un ato di valore la punizione autoinlita di
uno spergiuro, cioè di un violatore della ides dovuta anche al nemico e che Mucio aveva
violato penetrando nascostamente nell’accampamento di Porsenna con propositi omicidi30. Tutavia, a parte gli sviluppi della critica storica rispeto a questo particolare episodio
ed al suo primitivo signiicato, quello che qui interessa è come proprio con questi francobolli il tema della fusione di Roma antica nell’Italia moderna e della continuità, anche di valori,
dell’una nell’altra raggiunga un livello ulteriore rispeto al passato e ciò in grazia del dato
ideologico, che inquadra il tuto in una visione coerente e, sopratuto, atuale nella fusione
tra antichi e moderni legionari.
Serie ilateliche per le colonie: la Libia e l’Istituto Coloniale Italiano (1924-1926)
Sin qui il territorio nazionale, ma anche nelle colonie il tema della continuità è assai ben
sviluppato: sofermiamoci su alcuni casi e consideriamo innanzituto quello della serie cosiddeta “pitorica” emessa nel corso del 1924 in dieci valori, dei quali ci interessano ad
esempio quello da 1centesimo nero e bruno, quello da 25 centesimi azzurro ed inine quello
da 30 centesimi nero e bruno. Di certo, quello del richiamo all’età classica era stato uno
dei motivi ideologici o propagandistici già usati dal colonialismo italiano anche prima del
Fascismo, ma è indubbio come, anche in questo caso, la nuova ideologia renda più coerente
un quadro in precedenza soto certi aspeti frastagliato. Nel valore da 1 centesimo (ig. 14)
29
Liv. II 12-13, 5 e D.H. V 27-30.
Vd. sopratuto G. Brizzi, La “cavalleria” dei Romani. L’etica aristocratica ino all’età delle guerre puniche, in «L’immagine
rilessa» XII (1989), pp. 311-342, ora in Id., Metus Punicus. Studi e ricerche su Annibale e Roma, Imola (BO) 2012, pp. 9-33.
Lo studioso aveva già espresso quelle considerazioni in una monograia sui “servizi informativi” dei Romani: vd. G. Brizzi, I
sistemi informativi dei Romani. Principi e realtà nell’età delle conquiste oltremare (218-168 a.C.) (Historia Heinzelschriten, 39),
Wiesbaden 1982, pp. 11-22.
30
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 243
Fig. 14
Fig. 15
Fig. 16
Fig. 17
Fig. 18
osserviamo subito l’ideale del citadino-soldato romano/italiano: la forza e la decisione, caraterizzati a mezzo del proilo neto e decisamente “mussoliniano”, accanto alla disciplina,
simboleggiata dal fascio litorio, ed al lavoro, rappresentato dalla vanga. È ancora e sempre
l’immagine del civilizzatore, ma di un civilizzatore che viene dalla “Grande Proletaria”, dal
popolo. Il valore da 25 centesimi (ig. 15), con il suo richiamo alla Artemide di Efeso è un
riferimento all’abbondanza che atende nelle colonie e che è fruto del lavoro, mentre il valore da 30 centesimi rinvia al dominio di Roma antica sul mare (ig. 16), che tanto peso sarà
destinato ad avere in futuro nel confronto con le grandi potenze europee.
Possiamo poi anche prendere in considerazione la serie della “Sibilla libica”, emessa
nell’aprile del 1924 in quatro valori di cui qui vediamo quello verde da 20 centesimi e quello azzurro da 60 (ig. 17). Il soggeto è, naturalmente, quello della Sibilla libica raigurata
da Michelangelo nella decorazione dei peducci della volta della Cappella Sistina nel quadro
della serie cosiddeta dei “Veggenti”. Il tema della Sibilla libica è dunque in grado di raccordare il mondo pagano antico con quello della rivelazione divina cristiana, dalla quale
la teologia rinascimentale non vuole che le Sibille siano afato separate, nonché è in grado di alludere ad un aspeto della grandiosità di quella che poi sarebbe divenuto comune
chiamare “Civiltà Italiana”, e contemporaneamente anche di alludere, in modo abbastanza
scoperto, ad una rivelazione di grandezza.
Il tema del lavoro si ritrova associato ad un’immagine di derivazione classica, ma rielaborata con lo stile degli anni Venti, anche nelle serie ilateliche a favore dell’Istituto Coloniale
Italiano: si trata di una serie in 6 valori, emessa il 1° giugno 1926, identica per molte colonie
e distinta solo dall’indicazione della singola colonia. Qui (ig. 18) vediamo il valore bruno
244
Anna Maria Liberati
da 5 centesimi emesso per la Tripolitania, la Somalia Italiana e l’Oltre Giuba: l’illustrazione
raigura un genio che porta forza, simboleggiata dalla spada, insieme a produzione e quindi
lavoro, simboleggiati dalla vanga.
I centenari di Emanuele Filiberto “Testa di ferro” e Francesco Ferrucci (1928 e 1930)
A traghetarci deinitivamente negli anni Trenta sono tutavia due igure di condotieri italiani, esponenti, soto diversi aspeti e per diversi motivi, del percorso di unità nazionale e di
quella “Civiltà Italiana” cui si è accennato. Si trata infati di personaggi che da un lato fanno
rifulgere le virtù italiche in momenti in cui l’unità nazionale non era neppure all’orizzonte e
che dall’altro, evidentemente nel caso del solo Emanuele Filiberto, getano le premesse per
la creazione di quel Piemonte reale cui si deve l’Unità d’Italia. Di questi, il primo ad essere
celebrato, con una serie di 13 valori emessi tra luglio e setembre 1928 è appunto Emanuele
Filiberto di Savoia, deto “Testa di ferro”, nato a Chambéry l’8 luglio 1528 e morto in Torino il 30 agosto 157831. A lui, già capitano agli ordini dell’imperatore Carlo V, si deve infati
l’ordinamento del Ducato di Savoia destinato a divenire Regno di Sardegna ed a realizzare
l’Unità nazionale. E sempre a lui, uomo d’armi prima ancora che monarca, secondo quanto
del resto denuncia il suo soprannome che rinvia all’elmo calzato sul capo, si deve, come fu
rilevato da Cesare Balbo, la creazione di un primo esercito citadino a sostituzione degli
eserciti mercenari. Nel valore da 1,25 lire (ig. 19) vediamo riprodota la sua statua equestre
di piazza S. Carlo, a Torino, mentre lo stesso soggeto è raigurato da altra angolazione in
due ulteriori valori della serie, di cui qui osserviamo quello da 50 centesimi. In questo caso
il tema della celebrazione del IV centenario di Emanuele Filiberto si fonde con quello del X
annuale della vitoria (ig. 20) e così accanto al Duca di Savoia è un fante del Regno d’Italia,
mentre in basso sono le due fatidiche date del 1528 e del 1918 ed, in alto, ancora una volta
lo stemma della Casa Reale e dello Stato italiano. L’altro personaggio è, invece, Francesco
Ferrucci, chiamato anche Francesco Ferruccio, celebrato in una serie emessa il 10 luglio
1930 con validità sino al 31 otobre 193132. Nato a Firenze il 14 agosto del 1489 e morto a
Gavignana il 3 agosto 1530, Ferrucci fu un condotiero agli ordini della Repubblica iorentina. Scontratosi più volte con gli eserciti imperiali divenne per questo in età risorgimentale
emblema del sentimento nazionale, tanto che il Mameli lo citò esplicitamente nella quarta
strofa del Canto degli Italiani, l’atuale Inno nazionale:
Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
31
32
Su questa serie vd. F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 28 e M. Torelli, Archeologia e fascismo, cit., p. 400.
A proposito della quale vd. F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 26-27.
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 245
Fig. 19
Fig. 20
Fig. 21
Fig. 22
Nel valore rosso da 20 centesimi (ig. 21) lo vediamo raigurato all’assedio di Volterra
dell’aprile 1530: un episodio del confronto contro gli imperiali in cui dalla parte di questi
ultimi compare anche il capitano Fabrizio Maramaldo, che il 3 agosto ucciderà il Ferrucci,
già ferito ed inerme, in spregio a tute le regole della cavalleria, facendo così diventare il
proprio cognome sinonimo del comportamento di chi usa violenza e soprafazione su chi
non può né agire né ribellarsi.
La serie “imperiale” (1929-1945/’46)
Se dalla parte rinascimentale della “continuità italiana” torniamo a quella antica, notiamo
come il rapporto direto tra Roma e l’Italia moderna non fosse lasciato soltanto alle serie
ilateliche commemorative, ma fosse carateristico anche delle emissioni ordinarie. Il caso
è naturalmente quello della serie cosiddeta “imperiale”33. Emessa pressoché ininterrotamente dal 21 aprile 1929 al 1942, questa serie si distingueva per il naturale accostamento
dell’antico, rappresentato dalla Lupa Capitolina, da Cesare e da Augusto, con l’Italia moderna, rappresentata non solo dalla personiicazione femminile turrita della Nazione, ma
anche dal ritrato del Re, il tuto in un’idea di continuità senza soluzione e nella ricorrenza
di elementi comuni come i fasci litorî nella parte bassa dei valori (ig. 22). Si trata di una
serie tanto longeva da essere destinata a sopravvivere al 25 luglio 1943 ed a giungere tanto
sino nella Repubblica Sociale Italiana che nell’Italia della luogotenenza e del regno di Umberto II. Nel caso della R.S.I. i valori vennero sovrastampati: gli esemplari che si presentano
33
Circa la serie “imperiale” vd. F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 39 e M. Torelli, Archeologia e fascismo, cit., p. 401.
246
Anna Maria Liberati
(ig. 23) sono successivi al 20 dicembre 1943, data di emissione della serie sovrastampata
G.N.R., acronimo di Guardia Nazionale Repubblicana, la forza di sicurezza che aveva fuso
in sé la Milizia, l’Arma dei Carabinieri Reali e la Polizia dell’Africa Italiana. Quanto invece
all’Italia della luogotenenza del Principe Umberto, si presenta un esemplare da 20 centesimi (ig. 24) della serie imperiale emesso tra il 1945 ed il 1946: si noti, nella parte inferiore,
l’assenza dei fasci litorî.
Il Bimillenario della nascita di Virgilio (1930)
È in efeti il Bimillenario della nascita di Virgilio, commemorato nel 1930, che ofre per
la prima volta la possibilità di celebrare la gloria della “nuova Italia” atraverso una ricorrenza collegata diretamente all’antico34. Prescindendo da ogni considerazione relativa alla
corretezza o meno del calcolo cronologico di questo e di altre ricorrenze bimillenarie,
pertinente il problema della computabilità o meno dell’anno 0, osserveremo come vennero emesse serie di posta ordinaria ed aerea, entrambe il 21 otobre 1930 e con validità
sino al 15 otobre 193135. Nei valori di posta ordinaria prevalgono i temi del “destino fatale” connesso alla creazione dell’impero e quelli dell’esaltazione di semplici ma solide
virtù collegate sopratuto al lavoro dei campi ed al rapporto con la terra. L’illustrazione
di ciascun francobollo è inquadrata all’interno di motivi architetonici delimitati a destra
dall’iscrizione «SECONDO MILLENARIO VIRGILIANO» ed a sinistra dall’iscrizione
trata da Eneide III 96 ANTIQVAM EXQVIRITE MATREM che riprende l’esortazione di
Apollo ad Enea e che in questo caso è evidentemente rivolta agli italiani del 1930. Il valore
bruno da 15 centesimi (ig. 25) illustra la scena del commiato tra Eleno ed Enea a Buthrotum, mentre l’iscrizione è trata da Eneide III 477 e si riferisce all’esortazione di Eleno ad
Anchise: «ecco la terra d’Ausonia, e tu navigando raggiungila»36. Il valore arancio da 20
centesimi (ig. 26) illustra invece il destino dei discendenti di Enea come mostrato dall’anima di Anchise con le stesse parole dell’iscrizione, trata da Eneide VI 851: «Tu ricorda,
34
Ancora il 13 marzo 1935, Giovanni di Giura, all’epoca consigliere della R. Ambasciata d’Italia in Turchia scrive al presidente
dell’Istituto di Studi Romani, Carlo Galassi Paluzzi, per suggerire di riprodurre «per la serie di francobolli Augustei» anche
«il grande portale, tutora intato, di questo Tempio di Roma ed Augusto» ad Ancyra. Di Giura aveva premesso di aver avuto
un ruolo nella «creazione della serie di francobolli Virgiliani in occasione di quel bimillenario». Vd. Archivio dell’Istituto
Nazionale di Studi Romani (AINSR), serie Congressi, Convegni e Mostre (s. CCM), b. 215, f. 44, letera da G. di Giura a C.
Galassi Paluzzi del 13 marzo 1935, prot. n. 644.
35
Sulle emissioni per il Bimillenario Virgiliano vd. A. Luceri, Quando la ilatelia, cit.; A. Ayuso Calvillo, Entre difusión y
propaganda, cit., pp. 193-195 e F. Giuliani, Il canone, cit., pp. 20-22. Cenni in F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 26 e M. Torelli,
Archeologia e fascismo, cit., p. 403. I francobolli del Bimillenario Virgiliano, tanto della serie ordinaria che di quella aerea,
vennero emessi anche per le colonie. In particolare, quelli di posta ordinaria vennero emessi tra il 1° ed il 4 dicembre 1930 per
le Isole Italiane dell’Egeo, la Cirenaica, l’Eritrea, la Somalia e la Tripolitania, mentre quelli di posta aerea per le Isole Italiane
dell’Egeo e la Tripolitania rispetivamente il 1° ed il 4 dicembre 1930.
36
Buthrotum costituisce quindi un elemento fondamentale della leggenda sulle origini di Roma e si colloca in una sequenza
ideale che conduce da Troia a Roma. A Buthrotum è inestricabilmente legata la igura di L.M. Ugolini che, nell’introduzione
al suo Butrinto. Il mito d’Enea. Gli scavi, Roma 1937 (rist. an. Galatina [LE], 1999), p. 12, scriveva: «Con una commozione
più intensa di quella provata commentando Omero sulle rovine di Micene, ora, io, sull’acropoli di Butrinto, da me scoperta
e scavata, leggo Virgilio. E se, inora, non vengono alla luce appariscenti oreicerie di tra le imponenti rovine dell’antica
Buthrotum, ogni giorno appaiono monumenti sempre più notevoli di questa cità, la quale, costruita secondo l’epica leggenda
dal fuggiasco Eleno a somiglianza della natia Troia, doveva poi ispirare Enea nella fondazione di una cità sulle terre bagnate
dal Tevere. I vincoli spirituali tra Roma e Butrinto e tra questa cità e Troia diventano ancora più streti».
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 247
Fig. 23
Fig. 24
Fig. 25
Fig. 26
Fig. 27
Fig. 28
Fig. 29
Fig. 30
o Romano, di governare le genti». Il valore verde da 25 centesimi (ig. 27) illustra invece il
saluto di Enea all’Italia, riportando il testo di Eneide VII 120-122, privo tutavia del riferimento a Troia ed ai Penati, ed infati l’intero passo sarebbe: «Salve o terra mia per destino,
e a voi, disse, salute, o idi Penati di Troia: ecco la casa, la patria!». Il valore viola da 30
centesimi (ig. 28) illustra, quasi di conseguenza, la Saturnia Tellus ed è accompagnato dal
saluto alla Madre Terra in Georgiche II 173-174. Il valore, anche in questo caso viola, da
50 centesimi (ig. 29), esalta a sua volta la ricchezza dei contadini ed è accompagnato dalle
parole di Georgiche II 458: «Troppo fortunati sarebbero i contadini se conoscessero i loro
beni!». Il valore rosa da 75 centesimi (ig. 30) esalta invece la famiglia con le parole trate
248
Anna Maria Liberati
Fig. 31
Fig. 32
Fig. 33
Fig. 34
Fig. 35
Fig. 37
Fig. 36. Lo stesso soggeto del francobollo in
una ricostruzione nel sito romano di Volubilis,
Marocco (foto Autore).
Fig. 38
da Georgiche II 523, che collegano il rigoglio della natura proprio ai bambini: «Fratanto i
dolci iglioli pendono intorno ai baci (delle madri)». Con il valore azzurro da 1,25 Lire torniamo all’Eneide (ig. 31): la scena illustrata è quella in cui Anchise invoca gli dei alla vista
dell’Italia e l’iscrizione si riferisce al verso immediatamente precedente, III 524: «Italia con
lieto clamore i compagni salutano». Segue quindi un’altra esaltazione della vita contadina e
pastorale con il valore bruno da 5 Lire, sovraprezzato di 1,50 Lire (ig. 32). Il sovrapprezzo
andava a beneicio del restauro dei monumenti virgiliani, mentre il brano dell’iscrizione è
trato questa volta da Bucoliche VII 49: «Qui il focolare e le ricche iaccole, qui la plurima
iamma». I valori di posta ordinaria terminano con quello verde da 10 Lire sovrapprezzato
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 249
di 2,50 Lire (ig. 33) che illustra Turno mentre arringa i suoi prima dello scontro con i Troiani, mentre l’iscrizione è trata dalle parole a lui fate pronunciare in Eneide XI 419 e rimanda
al rapporto, molto caro al Regime, tra forza e giovinezza: «Ma se abbiamo ancor forze, se
intato è il iore dei giovani». I valori di posta aerea sono invece 4 ed hanno tuti lo stesso
soggeto, estremamente signiicativo (ig. 34): Giove che guarda e sembra accompagnare il
volo dell’Aquila simbolo dell’impero e, in basso, un basolato romano, simbolo di una strada tracciata con sicurezza. L’iscrizione è trata da Eneide I 278, che anticipa la promessa
dell’imperium sine ine del v. 279 e che si riferisce allo stesso destino dei Romani come tracciato proprio da Giove: «a questi non pongo conini né di tempo né di potenza»37.
Autore dei soggeti dei francobolli era Corrado Mezzana, sul quale dovremo tornare più
avanti.
L’Istituto Agricolo Coloniale Italiano (1930-’31)
Il tema della continuità di Roma antica con l’Italia moderna resta comunque presente anche in serie meno “epocali” rispeto a quella virgiliana, anzi ormai permea di sé moltissime
emissioni ed inoltre quelle che non ne sono diretamente interessate gloriicano comunque
qualche aspeto della “Civiltà Italiana”. Nel caso delle colonie, poi, il tema continua a saldarsi
a quello ormai classico, e tuto sommato ancora tra l’esotico ed il romantico, rappresentato
dalla rovina antica. È il caso della serie che intendeva celebrare i 25 anni dell’Istituto Agricolo Coloniale Italiano (1904-1929). I valori di posta ordinaria vennero emessi nel numero
di cinque il 27 novembre 1930 con validità sino al 30 aprile 1931 e tuti con il medesimo
soggeto (ig. 35). I francobolli, incorniciati tra due robusti fasci litorî simboleggianti l’Italia moderna, recano l’illustrazione di quello che viene deinito “un antico oleiicio romano”,
simbolo a sua volta del lavoro, di Roma e del suo estendersi oltremare (ig. 36); un’estensione
che, beninteso, giustiicava allora, come già in passato nel XIX secolo, quella dell’Italia moderna la quale quindi non fa che obbedire ad una legge di continuità che delinea un destino
già scrito. I valori di posta aerea, invece, vennero emessi il 7 dicembre 1931 in numero di
cinque ed in diverse tonalità cromatiche e raigurano un idrovolante che sorvola le rovine di
Leptis Magna (ig. 37).
Il cinquantenario della morte di Giuseppe Garibaldi (1932)
Se dalla Tripolitania torniamo nel Regno, nel 1932 incontriamo la serie ilatelica emessa per
il cinquantenario della morte di Giuseppe Garibaldi. Ritroveremo ancora Garibaldi all’interno della serie che commemora la creazione dell’impero italiano, mentre ora (ig. 38) lo vediamo eigiato nel valore da 75 centesimi di posta ordinaria raigurante uno degli episodi
più tragici per l’eroe ed immediatamente successivo alla caduta della Repubblica Romana
del 1849, cioè la morte della moglie Anita. L’intera serie di posta ordinaria venne emessa il
6 aprile 1932 con validità sino al 31 gennaio 1933.
37
Sull’interpretazione di Eneide I 279 in senso non solo temporale ma spazio-temporale, vd. la messa a punto della questione
in F. Sini, Initia Urbis e sistema giuridico-religioso romano (Ius sacrum e ius publicum tra terminologia e sistematica), in «Dirito@
Storia. Rivista Internazionale di Scienze Giuridiche e Tradizione Romana» 3 (2004), con bibliograia.
250
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Il X annuale della Rivoluzione (1932)
Sempre il 1932 è un anno chiave che consente di saldare Roma antica con l’Italia del lavoro,
della I guerra mondiale e, naturalmente, con quella nata dalla Rivoluzione fascista, cioè con
la “nuova Italia”: l’occasione è, appunto, il X annuale del 28 otobre 1922. Vennero realizzate tre emissioni38, posta ordinaria, espressi e posta aerea, tute caraterizzate dallo stesso
stile immediato e chiaro, aiutato in questo da una iscrizione che, per ogni tema presente su
ciascuno dei valori, lanciava un messaggio dal signiicato inequivocabile. Sofermiamoci innanzituto sui soggeti di caratere romano della serie ordinaria. Il primo di nostro interesse
è il valore azzurro da 35 centesimi (ig. 39) che celebra il potenziamento delle rete stradale
moderna, messa a confronto con la stilizzazione di una sorta di miliarium aureum, da cui si
dipartono idealmente tute le strade, altretanto idealmente rappresentate dalle iscrizioni
allusive alle principali consolari. Signiicativa l’iscrizione: «Nuove strade per le nuove legioni». Incontriamo poi il valore rosso da 75 centesimi (ig. 40), che celebra ancora una
volta gli ideali del lavoro e del “ritorno”: «Ritornando dove già fummo»39. Il valore nero da
1 Lira celebra invece la continuità tra la marineria civile italiana moderna e le imprese del
passato, simboleggiate dalle tre caravelle di Colombo che si vedono sullo sfondo (ig. 41).
Il moto è ovviamente il mussoliniano «Il nostro destino è stato e sarà sempre sul mare»
idoneo, naturalmente, a rievocare anche il tema del mare nostrum. È però l’ultimo valore
della serie, quello rosso da 5 lire, con sovrapprezzo da 2,50 Lire a beneicio delle opere assistenziali della Milizia, ad illustrare ancor più chiaramente il tema della continuità, con un
Cesare avanti ad architeture che ricordano quelle del foro di Traiano e del foro a lui stesso
intitolato e l’iscrizione «Antiche vestigia-nuovi auspici» che si ricollega ai lavori di realizzazione di via dell’Impero (ig. 42).
Quanto agli espressi, il tema della continuità Roma antica–Rivoluzione fascista, cioè
“nuova Italia”, torna molto apertamente nel valore da 1,25 Lire verde (ig. 43), in cui il cammino di lota è scandito con intento profetico da miliari ornati di fasci che, lungo una strada
basolata, segnano gli anni tra il 1919 ed il 1922 e che danno la misura di un destino necessariamente romano e fascista insieme.
Nei valori di posta aerea, invece, l’idea della consapevolezza del passato e dello slancio
verso il futuro è data da una ripresa in chiave moderna del noto “moto” Navigare necesse est,
che nell’Italia protesa al futuro diventa Volare necesse est mentre le ombre di tre aeroplani si
proietano tra una simbolica serie di ediici che, tuti ravvicinati, alludono all’accorciamento
delle distanze realizzato dal nuovo mezzo di trasporto (ig. 44)
Realizzatore di questi soggeti è ancora una volta Corrado Mezzana.
Il decimo annuale di Fiume d’Italia (1934)
È invece del marzo 1934 l’emissione di serie di posta ordinaria ed aerea celebrative del decennale dell’annessione di Fiume all’Italia e, in particolare, dell’impresa legionaria dannun-
38
39
Su questa serie vd. F. Zeri, I rancobolli, cit., pp. 27-28 e 35, e M. Torelli, Archeologia e fascismo, cit., p. 401.
Sull’idea del “ritorno” vd. ampiamente M. Munzi, L’epica del ritorno, cit., passim.
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 251
Fig. 39
Fig. 42
Fig. 45
Fig. 41
Fig. 40
Fig. 44
Fig. 43
Fig. 46
ziana, entrambe illustrate da Mezzana40. Appartiene alla serie di posta ordinaria il valore verde da 2,75 Lire, con sovrapprezzo da 2,50 Lire (ig. 45). Il francobollo intende trasmetere
un’idea di continuità raigurando insieme una nave romana, una galea veneziana ed un incrociatore italiano. Il richiamo a Venezia, se da un lato vale immediatamente a fondare la legitimità italiana su Fiume, dall’altro, e più in generale, vale ad ancorare questa legitimità al
richiamo alla tradizione della “Civiltà Italiana”, di cui Venezia è intesa come parte integrante.
Pro Opera previdenza Milizia. Quarta emissione (1935)
Nel 1935, l’anno del Bimillenario della nascita di Orazio e dello scoppio della guerra d’Etiopia, viene anche emessa la quarta serie “pro Opera previdenza Milizia”, anch’essa dovuta a
Corrado Mezzana e della quale in questa sede interessano sopratuto le emissioni di posta
ordinaria (ig. 46) in corso dal 1° luglio del 1935 sino al 31 dicembre 193641. I riferimenti
40
Sull’intera serie vd. F. Zeri, I rancobolli, cit., pp. 19-20. Cenni in M. Torelli, Archeologia e fascismo, cit., p. 402. In generale
sulle emissioni ilateliche dedicate a d’Annunzio vd. F. Giuliani, Il canone, cit., pp. 89-95.
41
Su queste emissioni vd. F. Zeri, I rancobolli, cit., pp. 28-29 e M. Torelli, Archeologia e fascismo, cit., p. 403.
252
Anna Maria Liberati
di caratere religioso che incontriamo in questa serie non devono stupirci, sia quando si
trati della vera e propria religione politica, come nel valore rosa carminio da 20 centesimi
sovraprezzato di 10 centesimi, sia quando si trati di un culto dei martiri per la Patria – che,
beninteso, è ora quella in camicia nera, così come in camicia nera sono gli Italiani – in cui è
comunque ben presente l’elemento cristiano. È il caso della croce nel valore violeto da 50
centesimi sovraprezzato di 30 centesimi: i martiri, in questo caso, sono quelli della Rivoluzione fascista ed infati l’illustrazione del francobollo riprende, in anni di ricercata identiicazione tra Fascismo ed Italia42, il sacrario dei martiri fascisti nella Mostra della Rivoluzione
fascista43. Sono infati questi gli anni di maggior contiguità tra Fascismo e Chiesa catolica:
il periodo compreso tra i Pati lateranensi del 1929 e la guerra d’Etiopia del 1935-’36. Del
resto il Catolicesimo romano, avvertito come fenomeno schietamente nazionale benché
di portata universale, gioca, come abbiamo avuto modo di ricordare, una parte di estremo
rilievo nelle diverse declinazioni della teoria della “terza Roma” italiana e fascista.
Il tema della continuità tra Roma antica e l’Italia moderna “rinnovellata” dalla rivoluzione
fascista è evidente nel valore verde da 25 centesimi sovraprezzato di altri 15 (ig. 47). Dietro
l’aquila legionaria, infati, si afollano i labari – un’insegna che ha il pregio di ricordare tanto
l’universo militare che quello religioso – dei nuovi legionari della Milizia Volontaria per la
Sicurezza Nazionale e delle sue Specialità: la Stradale, la Portuale, l’Anti-aerea, la Coninaria, la
Coloniale, la Postelegrafonica, la Forestale, la Ferroviaria ed inine l’Universitaria. Di notevole
signiicato è anche il valore azzurro da 1,25 Lire sovraprezzato di 75 centesimi (ig. 48), in cui
un reparto della Milizia sila soto l’arco di Costantino, esatamente come avverrà anche non
molto tempo dopo e proprio nell’anniversario della proclamazione dell’impero.
Il Bimillenario Oraziano (1936)
Il 1935 è però anche l’anno del Bimillenario della nascita di Orazio. La relativa serie ilatelica venne promossa ancora una volta dalla Società Nazionale Dante Alighieri ed aidata
ad un artista che non si incontra spesso nelle emissioni per il Regno ma che è invece molto
presente in quelle per le colonie, come nel caso di quella relativa alla IX iera campionaria
di Tripoli, emessa il 16 febbraio 1935: Giuseppe Rondini (ig. 49). Vi sono raigurati: nei
valori bruno e rosso da 10 e da 20 centesimi un albero da fruto; nei valori violeto e verde
da 50 centesimi e 2 Lire un nautista tripolino, cioè un suonatore del lauto orientale deto
nay o ney; i valori rosso ed azzurro da 75 centesimi e da 1,25 Lire mostrano invece la sobria
e dignitosa immagine di un anziano indigeno. Nato a Palermo nel 1885, Giuseppe Rondini
si formò dapprima nella cità natale con Lojacono ed in seguito a Roma con Duilio Cambelloti ed a contato con l’ambiente delle Accademie straniere, sopratuto quelle di Francia
e d’Inghilterra. Ativo in modo particolare nelle incisioni e nelle acqueforti, fu comunque
l’autore delle illustrazioni del calendario del Partito per l’anno 1927, di quelle di numerosi
libri per le scuole sia del Regno che delle Colonie che, appunto, l’autore dei bozzeti di non
42
Cfr. E. Gentile, La Grande Italia. Ascesa e declino del mito della nazione nel ventesimo secolo, Milano 1997, pp. 147-225.
Vd. l’illustrazione del sacrario dei martiri fascisti nella Mostra della Rivoluzione fascista all’interno del saggio di F. Scriba
in questo volume.
43
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 253
Fig. 47
Fig. 50
Fig. 48
Fig. 49
Fig. 51
Fig. 52
poche serie ilateliche tra cui, fra le ultime, quelle per la Mostra Triennale delle Terre d’Oltremare tenutasi a Napoli nel 1940. Alla morte della moglie, nel 1938, Rondini si ritirò a vita
monastica presso l’Abbazia di Grotaferrata, ove morì nel 1955. Come incisore ed acquafortista, vennero particolarmente apprezzate le sue nature morte ed i suoi temi “coloniali” ed
“orientali”: tuti aspeti che, come è possibile osservare, egli non mancò di curare neppure
nelle emissioni ilateliche per le colonie44.
Quanto al Bimillenario Oraziano, anche in questo caso vennero emessi valori di posta ordinaria e di posta aerea: entrambi con validità dal 1° luglio 1936 al 30 setembre 193745. Nonostante la coincidenza temporale i soggeti, peraltro piutosto algidi rispeto alla produzione
“coloniale” di Rondini, essendo stati preparati in precedenza non alludono alla proclamazione
dell’impero del 9 maggio 1936 ma, anche in questo caso, esaltano valori della romanità che
si intendevano trasposti nel presente italiano. Così, per la posta ordinaria, nel caso del valore
verde da 10 centesimi (ig. 50), un gregge di pecore allude alla ricchezza della terra evocata
atraverso un verso del Carmen saeculare (v. 29): «Di messi e greggi fertile la terra». Il valore
rosso da 20 centesimi (ig. 51) allude invece all’eterno ritorno delle stagioni e dunque delle
epoche ed è l’illustrazione del passo di Odi IV 7, 1-2: «Si sono sciolte le nevi, ritorneranno le /
erbe nei campi e le fronde sugli alberi». Il valore bruno da 30 centesimi (ig. 52) allude invece
44
Su G. Rondini vd. M. Sorbello, Giuseppe Rondini, in Viaggio in Arica. Dipinti e sculture del Museo Aricano, a cura di M.
Margozzi, Catalogo della Mostra di Roma, Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente, 15 aprile - 6 giugno 1999, Roma 1999, p.
136, con ulteriore bibliograia.
45
Sulle emissioni del Bimillenario Oraziano vd. A. Luceri, Quando la ilatelia, cit.; F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 27; A. Ayuso
Calvillo, Entre difusión y propaganda, cit., pp. 195-199 e 210 e M. Torelli, Archeologia e fascismo, cit., pp. 403-404.
254
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Fig. 53
Fig. 54
Fig. 55
Fig. 56
46
alla fermezza dell’eroe, raigurato nel mezzo dello sconquasso degli elementi ed a cui si addice il moto trato da
Odi III 3, 8: «Invano lo colpiranno le rovine». Particolarmente discussa è poi sempre stata la scelta di raigurare nel valore da 50 centesimi il medaglione di Cracovia
(ig. 53), di epoca tarda e tale da rendere l’onomastica del
poeta in una forma diversa da quella propria della sua
epoca. Il moto, trato da Odi III 30, 6 allude all’immortalità del poeta stesso46. Il valore rosso da 75 centesimi,
invece (ig. 54), rifacendosi ad Odi III 3, 42-43 allude sia
alla perpetuità del Campidoglio, cioè di Roma, che alla
sua funzione di stella che segna la via. Il valore azzurro
da 1,25 Lire, sovraprezzato di 1 Lira, riprende invece il
tema già descrito per quello rosso da 20 centesimi. Controverso fu anche il valore da 1,75 Lire sovraprezzato di
1 Lira (ig. 55). Il passo riportato allude infati alla poesia
come scelta di vita, Odi I 1, 29, ma il testo antico è reso
con una lezione del tuto inusuale: manca la h di hederae e vi si legge proemia in luogo di praemia47. I valori di
posta ordinaria terminano con quello da 2,55 Lire sovraprezzato da 1 Lira (ig. 56) che raigura la morte dell’eroe
accompagnata dal moto trato da Odi III 2, 13: «È dolce
e onorevole morire per la patria». In basso, a destra, è signiicativamente posta una personiicazione di quella che
si direbbe proprio l’Italia48.
Quanto ai valori di posta aerea, quello verde da 25
centesimi (ig. 57) illustra un idrovolante Savoia Marchetti S-55 ed esalta il coraggio degli aviatori con il richiamo
a Odi I 3, 34-35, «Dedalo tentò, con ali che sono negate
all’uomo, di librarsi nel vuoto dell’aria», benché il progresso dell’uomo non fosse tra i temi più cari al poeta. Ancora,
le imprese aviatorie sono esaltate nel valore marrone da 50
centesimi anche atraverso il richiamo a Odi I 17, 17, mentre nel valore rosso da 60 centesimi (ig. 58) il tema è quello
della forza, rimarcato da un richiamo parziale a Odi IV 4,
57, che nell’originale suona piutosto duris ut ilex tonsa bipennis49. Il valore da 1 Lira sovraprezzato per la stessa cifra
Vd. A. Luceri, Quando la ilatelia, cit. e A. Ayuso Calvillo, Entre difusión y propaganda, cit., p. 196.
Vd. nota precedente.
48
Mentre solitamente i motivi delle illustrazioni si richiamano all’antichità romana, il modello dell’eroe morente si ispira
invece alle igure dei guerrieri caduti del frontone occidentale del tempio di Aphaia ad Egina.
49
Vd. A. Luceri, Quando la ilatelia, cit. e A. Ayuso Calvillo, Entre difusión y propaganda, cit., p. 197.
47
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 255
Fig. 57
Fig. 58
Fig. 59
Fig. 60
Fig. 61
si rifaceva a quello da 50 centesimi già ricordato,
mentre quello da 5 lire sovraprezzato di 2 Lire
(ig. 59) mostra una sorta di visione orizzontale della stratiicazione delle epoche di Roma e
dunque, a partire da sinistra, quella antica, quella
mediovale – la Torre delle Milizie – quella cristiana – San Pietro – ed inine, sulla destra, quella fascista, simboleggiata dal cosiddeto Obelisco
dell’allora Foro Mussolini. Il moto è ovviamente quello assai noto trato dal Carmen saeculare
(9; 11-12) e che rincontreremo nelle emissioni
di posta aerea del Bimillenario Augusteo.
In questi casi, tuti i sovrapprezzi andavano
a favore della Società Nazionale Dante Alighieri, che aveva proposto l’emissione dei francobolli commemorativi.
Vitorio Emanuele III e l’Etiopia (1936)
Non possiamo non sofermarci su di una emissione coloniale che ci introduce al tema del rapporto tra l’Italia e l’impero. Si trata del valore
da 10 centesimi (ig. 60) emesso in una serie
per l’Etiopia precedente la complessiva rideinizione amministrativa delle colonie del Corno
d’Africa come Africa Orientale Italiana, intervenuta con Regio Decreto-Legge 1° giugno 1936,
n. 1019. Vi compare il Re che ora è però il Re e
Imperatore perché, come suggerisce l’iscrizione
a destra, il 9 maggio 1936 ha assunto per sé e
per i suoi eredi il titolo imperiale. Nell’esemplare proposto, peraltro, si nota il timbro postale
«ADDIS ABEBA», ancora leggibile. La serie
ilatelica presentava il Re e Imperatore in grande
uniforme con sullo sfondo paesaggi carateristici o evocativi dell’Etiopia. In questo caso, alle
spalle di Vitorio Emanuele III si nota, innalzato
tra le altre stele axumite, proprio il cosiddeto
Obelisco di Axum, che rappresentò un caposaldo notevole nella dinamica della continuità di
Roma antica con l’Italia moderna, al punto da
essere richiamato anche nella Sala XXVI della
Mostra Augustea della Romanità (ig. 61), dedi-
256
Anna Maria Liberati
cata al tema Immortalità dell’idea di Roma. La rinascita dell’Impero nell’Italia Fascista: «[…]
l’obelisco di Augusto, ereto nel Circo Massimo (ora a Piazza del Popolo) in ricordo della
conquista romana dell’Egito, è iancheggiato dall’obelisco di Axum e dal Leone di Giuda,
trofei della nostra guerra etiopica»50.
Occorre infati ormai sofermarci sull’Italia “imperiale” e sul suo presentarsi come momento d’arrivo di un percorso di continuità che si avvia da Roma antica e passa atraverso il
Rinascimento ed il Risorgimento nazionale.
2. L’Italia dell’impero e della guerra tra Augusto e Livio
Il “culto della Romanità” tra Museo dell’Impero Romano e Istituto di Studi Romani
Si è dunque illustrato in che modo anche atraverso le emissioni ilateliche dal 1911 al 1922 sia
possibile rilevare come un’idea di continuità tra Roma antica e l’Italia moderna fosse preesistente al Fascismo. Per gli anni successivi, quelli cioè tra il 1922 – anno della Marcia su Roma
– ed il 1936 – anno delle emissioni ilateliche relative al Bimillenario Oraziano – abbiamo
osservato come questa continuità fosse ribadita tanto nelle emissioni commemorative che
in quelle ordinarie, conformemente ad un’ideologia che si richiamava ormai programmaticamente a Roma antica pur all’interno di una “modernità totalitaria” mirante alla creazione di un
“uomo nuovo” che fosse un “romano della modernità”51.
Si è poi rilevato in che modo, sia prima che durante il Fascismo, i temi delle emissioni
ilateliche fossero volti anche alla celebrazione di personaggi cardine della storia italiana,
specie delle letere e delle arti, o comunque di personaggi collegati al Risorgimento nazionale. Si trata di temi che non sono alieni dalla continuità con Roma antica e che, anzi, sono
fondamentali perché getano un ponte tra quella e l’Italia moderna, testimoniando proprio
una continuità di valori che permane anche quando viene meno l’unità della penisola, che
a maggior ragione rifulgono durante il Risorgimento nazionale e che, naturalmente nella
prospetiva dell’epoca, sarebbero stati portati a compimento nell’Italia moderna, cioè nella
“terza Roma”.
Si trata infati di motivi che marcano lo scandire, nella continuità, delle “tre Rome”, cioè
– per esprimerci con le parole del fondatore dell’Istituto di Studi Romani – della “Roma dei
Cesari”, che è la prima, verso la “Roma Sabauda e Litoria”, che è la terza52. Ma, evidentemente,
v’è anche una seconda Roma: cioè la “Roma Cristiana”, quella che – nella prospetiva dell’epoca
– dopo la ine dell’impero romano continua a garantire il ruolo centrale dell’Urbe rendendola
il perno di un impero che non è più tanto politico quanto sopratuto spirituale. Un rapporto,
quello tra Fascismo e Cristianesimo catolico che, come già accennato, è tut’altro che lineare ma
50
Sulla Sala XXVI della Mostra Augustea della Romanità vd. R. Vighi - C. Caprino, Mostra Augustea della Romanità.
Catalogo, I, Roma 19384 (deinitiva), pp. 434-443; C. Caprino - R. Vighi, Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, II
Appendice bibliograica e indici, Roma 1938, tavv. LXXIV-LXXV; F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd ? Die Mostra Augustea
della Romanità in Rom 1937/38, Frankfurt am Main - Berlin 1995, pp. 90-93 ed E. Silverio, Un’interpretazione dell’idea di
Roma. La Sala XXVI della Mostra Augustea della Romanità, in «Studi Romani», LIX (2011), 1-4, pp. 307-331.
51
Cfr. supra nota 42.
52
Questa tripartizione è particolarmente evidente anche nella programmazione dei Corsi Superiori di Studi Romani,
organizzati dall’allora Istituto di Studi Romani, nel periodo dal 1926 alla liberazione di Roma da parte degli Alleati: vd. C.
Galassi Paluzzi, I Corsi Superiori di Studi Romani, Roma 1943.
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 257
che nondimeno esistete e che proprio negli anni tra i Pati Lateranensi del 1929 e la conquista
dell’impero nel 1936 vide uno dei momenti di massima consonanza.
Ci siamo quindi sinora occupati di un’Italia che è “romana” ma che non ha ancora virato
deinitivamente verso il modello imperiale53 – le emissioni del Bimillenario Oraziano hanno solo una coincidenza temporale con la conquista dell’impero e si presentano piutosto
neutre soto questo punto di vista – o che forse piutosto non ha ancora recuperato una
dimensione imperiale.
Ci occupiamo invece ora di un’Italia che dopo il 9 maggio 1936 ha raggiunto una complessa dimensione imperiale, cioè a metà strada tra l’impero coloniale e l’impero propriamente deto54, e che si trova a celebrare alcune ricorrenze che permetono di esplicitare tali
conceti atraverso lo strumento rappresentato dalle emissioni dei valori postali.
Due di queste importanti serie vennero emesse su proposta del Museo dell’Impero Romano e dell’allora Istituto di Studi Romani, i due enti che erano stati incaricati dalla presidenza del Consiglio dei Ministri di organizzare e coordinare le cerimonie del Bimillenario
della nascita di Augusto55. Due enti, peraltro, che rappresentano correnti intelletuali e di
pensiero precedenti al Fascismo e destinate a durare anche dopo la sua caduta, ciascuna
portatrice di una sua particolare declinazione del “culto della Romanità” e che al Fascismo
spontaneamente aderirono ritenendo di aver individuato in esso il realizzatore di quei valori “romani”.
Per comprendere quindi le due più importanti emissioni ilateliche di cui ci dovremo
ora occupare, quelle del Bimillenario Augusteo del 1937-’38 e quelle del Bimillenario Liviano del 1941, dobbiamo brevemente sofermarci sull’idea di Roma nel Museo dell’Impero
Romano tra il 1926 ed il 1943 e nell’Istituto di Studi Romani tra il 1925 ed il 1944.
L’idea di Roma nel Museo dell’Impero Romano
Così come la declinazione dell’idea di Roma propria dell’Istituto di Studi Romani è, come si
vedrà, in sostanza quella del suo presidente, così quella del Museo dell’Impero Romano è quella del suo diretore, Giulio Quirino Giglioli. La igura di Giglioli come archeologo è nota e non
è qui il caso di tornarvi sopra56, perché quello che interessa ora è concentrarsi piutosto sulla
igura, inscindibile dall’altra, di Giglioli patriota, Uiciale d’Artiglieria nella I guerra mondiale, erede per parte di madre d’una radicata tradizione mazziniana e per parte di padre d’una
altretanto radicata tradizione patriotico-militare. Non solo, perché non si comprenderebbe
il Giglioli degli anni ’20 e ’30 né la sua idea di Roma se non si tenesse costantemente conto
53
Cfr. A. Giardina in A. Giardina - A. Vauchez, Il mito di Roma. Da Carlo Magno a Mussolini, Roma-Bari 2000, pp. 248-249.
Mi permeto di rinviare alle rilessioni svolte in A.M. Liberati, Il Museo della Civiltà Romana tra imperi antichi e moderni. A
proposito della nuova collocazione della V Carta di via dell’Impero, in «Studi Romani» LXI (2013), 1-4, pp. 276-303.
55
Il Museo dell’Impero aveva ricevuto dal Governo, insieme con l’Istituto di Studi Romani, «il compito di atendere al
coordinamento delle varie manifestazioni per la celebrazione Augustea e alla esecuzione del relativo programma»: vd., tra le
diverse fonti d’archivio, AINSR, s. CCM, b. 209, f. 2, sot. Bimillenario Augusteo. Commissione diretiva. Verbali, verbale della
seduta n. 3 del 6 aprile 1934, p. 1.
56
Su Giulio Quirino Giglioli vd. M. Barbanera, s.v. Giglioli, Giulio Quirino, in «Dizionario Biograico degli Italiani»,
LIV, Roma 2000, pp. 707-711, con ulteriore bibliograia, cui è da aggiungere A. Pasqualini, L’antiquaria di gesso, cit., con
particolare riguardo a p. 636, nota 25.
54
258
Anna Maria Liberati
come egli in gioventù, tra il 1910 ed il 1912, avesse assistito Rodolfo Lanciani57 in qualità di
segretario generale della Mostra Archeologica che l’insigne archeologo era stato incaricato di
ordinare all’interno delle Terme di Diocleziano, dopo averne peraltro curato il recupero dallo
stato di degrado e di improprio riuso in cui versavano58. Si trata proprio della Mostra Archeologica allestita nel quadro delle feste per il Cinquantenario del Regno in occasione del quale
venne emessa la serie ilatelica che si è descrita più sopra. La stessa redazione del catalogo della
Mostra, pur se lo stesso risulta privo del nome del curatore, si deve notoriamente al giovane
Giglioli59 che, quindi, già provenendo da un retroterra familiare e culturale ben favorevole al
confronto con Roma antica in termini di continuità, si trovò calato nello spirito di una esposizione la quale in sostanza, secondo le parole dello stesso Lanciani, mirava a tre scopi60:
Il nostro scopo è stato triplice. Noi abbiamo tentato, innanzi tuto, di ricomporre un quadro
della civiltà romana soto l’Impero, domandando a ciascuna delle sue XXXVI provincie qualche ricordo dei beneici ricevuti da Roma, soto i varî aspeti della vita civile e privata, e specialmente nel ramo delle opere pubbliche. Poi abbiamo iniziato il tentativo di restituire a Lei – in
copie, s’intende – i tesori di arte che le sono stati sotrati dal Rinascimento in poi, per arricchire
i musei di altre contrade. In terzo luogo abbiamo tentato la ricomposizione dei monumenti e di
gruppi statuari che le avverse vicende dei tempi hanno manomesso e disperso.
Ben si vede, dunque, come tuto quanto siamo andati sin qui descrivendo si saldi e come
certe date, a partire proprio dallo stesso 1911, siano fondamentali per comprendere ed inquadrare in modo correto eventi, fati e personaggi che invece vengono il più delle volte
semplicisticamente relegati al ventennio tra il 1922 ed il 1943.
Sarà proprio Giglioli a fare rivivere la Mostra Archeologica nel Museo dell’Impero Romano,
a dare vita alla Mostra Augustea della Romanità e, dopo la guerra, sarà sempre lui, benché meno
diretamente che in precedenza, a presiedere all’ordinamento del Museo della Civiltà Romana,
di cui rimase diretore onorario a vita. Proprio lui nella Descrizione del Museo del 1955 si sofermava sulla Vitoria di Brescia ricordandone il signiicato simbolico all’interno del Risorgimento61.
Prima ancora, fu sempre Giglioli che, dopo la I guerra mondiale, divenuto prima assessore del
Comune di Roma e dopo retore del Governatorato per la Ripartizione Patrimonio, Antichità e
Belle Arti, ritenne come i tempi fossero “maturi” per la rinascita e la stabilizzazione della Mostra
Archeologica nel Museo dell’Impero Romano62. Queste alcune delle parole ispirate sempre da
Giglioli e contenute nella delibera governatoriale di istituzione del Museo63:
57
Su Rodolfo Lanciani vd. D. Palombi, Rodolfo Lanciani. L’archeologia a Roma tra Otocento e Novecento, Roma 2006.
Circa la Mostra Archeologica del 1911 vd. supra nota 13.
59
Cfr. ad es. S. Arthur Strong, he exhibition illustrative of the provinces of the Roman Empire, at the Baths of Diocletian,
Rome, in «he Journal of Roman Studies», I (1911), p. 49.
60
R. Lanciani, Introduzione al Catalogo della Mostra Archeologica nelle Terme di Diocleziano, Bergamo 1911, pp. 5-11 (9).
61
Cfr. supra nota 23.
62
Il Museo dell’Impero Romano venne istituito con Deliberazione del governatore di Roma n. 6073 del 21 agosto 1926
ed ebbe sede dapprima presso l’ex convento di S. Ambrogio e successivamente, giusta Deliberazione del governatore n. 300
del 26 gennaio 1929, presso l’ex pastiicio Pantanella a piazza Bocca della Verità. Sul Museo dell’Impero Romano vd. A.M.
Liberati Silverio, Il Museo dell’Impero Romano, 1927-1929 ed Ead., Il Museo dell’Impero Romano, 1929, entrambi in Dalla
mostra al museo, cit., rispetivamente pp. 65-67 e 68-73.
63
Archivio Storico Capitolino, Deliberazioni del governatore, deliberazione del 21 agosto 1926, n. 6073.
58
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 259
La risorta coscienza nazionale, lo spirito che il fascismo ha infuso negli italiani, hanno portato come naturale conseguenza un ritorno entusiasta al culto della romanità. Come le nuove
schiere della Milizia si sono ordinate, per volere del Duce, con metodi e nomi degli antichi
legionari, così lo studio dei monumenti e della storia antica appassiona con rinnovato ardore
non solo pochi specialisti, qualche animo di sognatore, ma la totalità della popolazione. […].
[…]
Il Governatore, udito il parere del Magistrato espresso in data odierna, pertanto delibera:
1) È istituito a Roma un Museo dell’Impero Romano, che deve raccogliere in calchi,
piante, fotograie, scriti ecc. documenti di ogni genere che ricordino e documentino l’opera
di civiltà compiuta da Roma nel mondo antico, la vita delle antiche legioni, la difusione della
religione catolica durante l’Impero ecc.
Dal Museo dell’Impero Romano, tra il 1932 ed il 1938 trarrà vita la Mostra Augustea della
Romanità in occasione del Bimillenario della nascita di Augusto. In quella sede, fermo il carattere di indiscussa scientiicità che presiedete all’organizzazione delle collezioni64, nel clima di
conciliazione con la Chiesa catolica e del risorgere dell’impero, la dinamica delle tre Rome sarà
completa e la Roma antica e quella catolica convergeranno verso una Sala, la XXVI, signiicativamente intitolata Immortalità dell’idea di Roma. La rinascita dell’Impero nell’Italia Fascista65.
L’idea di Roma nell’Istituto di Studi Romani
Credo che l’espressione che meglio riassuma la declinazione dell’idea di Roma propria
dell’Istituto di Studi Romani sia «Roma onde Cristo è Romano», che non caso è proprio
il titolo di una serie di conferenze articolate in diversi cicli, radiotrasmesse e tenute all’interno di altretanti anni accademici dei Corsi Superiori di Studi Romani66. L’idea di Roma
dell’Istituto è, in efeti, quella stessa del suo fondatore, che ne fu prima segretario generale,
poi diretore e quindi inine presidente: Carlo Galassi Paluzzi.
Per qualiicarne l’ateggiamento nei confronti dell’idea di Roma
risultano sempre utili le parole di Otorino Morra, a lungo tra i
dirigenti dell’Istituto, pubblicate sul numero di otobre-dicembre 1972 di «Studi Romani» e ripubblicate in uno dei Quaderni
recante in copertina una versione del logo caraterizzato dalla
Croce e dall’Aquila in cui compare il moto Signa haec virtus
mea (ig. 62) e che non a caso è il logo originario, quello cioè
Fig. 62
della Casa Editrice Roma, che editava dal 1923, e quindi prima
della nascita dell’Istituto nel 1925, il periodico «Roma», l’atuale «Studi Romani». Nelle
64
Cfr. l’«Elenco degli studiosi che hanno ateso alla preparazione scientiica della Mostra» in R. Vighi - C. Caprino, Mostra
Augustea della Romanità, I, cit., pp. XXV-XXVI.
65
Sulla Sala XXVI cfr. supra nota 50 e, in questo stesso volume, il saggio di F. Scriba per un’immagine della sala.
66
Circa l’avvio del primo di questi cicli all’interno dei Corsi Superiori di Studi Romani vd. L’inaugurazione del ciclo di conferenze
su «La Roma onde Cristo è romano» all’augusta presenza di S.A.R. la Principessa di Piemonte, in «Rassegna d’informazioni
dell’Istituto di Studi Romani», IV (1936), 9, pp. 1-4. L’utilizzo del noto verso dantesco riferentesi in realtà alla “Gerusalemme
celeste” non mancò di suscitare perplessità e polemiche, cui rispose lo stesso C. Galassi Paluzzi ricordando come l’espressione
fosse stata già impiegata da Pio XI con consapevole riferimento alla “Roma terrena”, cioè proprio a Roma: vd. C. Galassi
Paluzzi, Introduzione a Roma “onde Cristo è romano”, I, Roma 1937, pp. IX-XII.
260
Anna Maria Liberati
parole di Morra: «Egli (i.e. Galassi Paluzzi) vedeva la romanità come l’elemento di umanità
che si pone al servizio del messaggio evangelico per la sua atuazione nel mondo»67. Ed
ancora68:
Romanità in tal modo diventa, come si vede, qualcosa di simile ad una categoria morale; il
complesso delle virtù che esprime potrebbe esser considerato come la regola con la quale
gli uomini si pongono in condizione, nella loro vita singola ed associata, di tenersi costantemente nel rapporto reciproco, alieno da ingiustizia e da passionalità, che la fede religiosa
impone. Da ciò il conceto della fede religiosa e della disciplina civile ch’egli aveva fato suo
in dall’inizio della propria opera, elevando a sua impresa il dantesco simbolo della Croce e
dell’Aquila, con le parole: Signa haec virtus mea.
Il 23 febbraio 1936, inoltre, cioè proprio durante la guerra per la conquista dell’impero,
aveva avuto luogo la prima conferenza – tenuta dal cardinale segretario di Stato Eugenio Pacelli, futuro Pio XII – del ciclo Roma onde Cristo è romano69. Così Galassi Paluzzi terminava
l’introduzione a questa prima conferenza70:
E ancora una volta […] invochiamo la benedizione di Dio sull’opera che abbiamo intrapresa
e che proseguiremo negli anni futuri a maggior gloria della Roma di Cesare e della Roma
onde Cristo è Romano, che l’alto profetico spirito di Dante vaticinò distinte ed unite: insopprimibili strumenti entrambe di ordinato viver civile e di salvazione universale ed eterna.
In questi anni in cui il destino dell’Italia sembra davvero compiersi, il culmine è sempre la
“Terza Roma Sabauda e Litoria”, cui speterà allora di «comporre in unità di ini da conseguire
i due poteri che debbono dare a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare»71.
Il Bimillenario della nascita di Augusto (1937-’38)
La Mostra Augustea della Romanità fu, come già accennato, un evento organizzato in collaborazione tra il Museo dell’Impero Romano e l’Istituto di Studi Romani72. Nell’ambito di essa e
67
Così O. Morra in P. Romanelli - O. Morra, Carlo Galassi Paluzzi, Roma 1972, p. 12. Su Carlo Galassi Paluzzi e sull’Istituto
di Studi Romani vd. sopratuto B. Coccia, Carlo Galassi Paluzzi. Bibliograia e appunti biograici, Roma 2000 ed A. Vitoria,
L’Istituto di Studi Romani e il suo fondatore Carlo Galassi Paluzzi dal 1925 al 1944, in Il classico nella Roma contemporanea. Mito,
modelli, memoria, Ati del Convegno di Roma, Istituto Nazionale di Studi Romani, 18-20 otobre 2000, a cura di F. Rosceti
con la collaborazione di L. Lanzeta e L. Cantatore, II, Roma 2002, pp. 507-537.
68
Ibidem, p. 13.
69
Cfr. supra nota 66. Per la conferenza del futuro Pio XII vd. E. Pacelli, Il sacro destino di Roma, in Roma “onde Cristo è
Romano”, cit., pp. 1-8.
70
Il discorso di C. Galassi Paluzzi è riprodoto in L’inaugurazione del ciclo di conferenze, cit., p. 2.
71
C. Galassi Paluzzi, La Roma di Cesare e la Roma «onde Cristo è romano», in Roma “onde Cristo è romano”, cit., 37-45 (45).
72
Sulla Mostra Augustea della Romanità vd. A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanità, in Dalla mostra
al museo, cit., pp. 77-90; G. Pisani Sartorio, La Mostra Augustea della Romanità (1937-1938), il Palazzo delle Esposizioni e
l’ideologia della romanità e A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanità. L’allestimento della facciata, il progeto
e l’organizzazione delle sale, il consuntivo della manifestazione, l’eredità, entrambi in Il Palazzo delle Esposizioni. Urbanistica e
Architetura. L’esposizione inaugurale del 1883. Le acquisizioni pubbliche. Le atività espositive a cura di R. Siligato - M.E. Titoni,
Catalogo della Mostra di Roma, Palazzo delle Esposizioni, 12 dicembre 1990 - 14 gennaio 1991, Roma 1990, alle pp. 219-221
e pp. 223-227; F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd?, cit.; Id., Il mito di Roma, l’estetica e gli intelletuali negli anni del consenso:
la Mostra Augustea della Romanità 1937/38, in «Quaderni di storia», a. XXI, n. 41(gennaio-giugno 1995), pp. 67-84; Id., he
sacralization of the Roman past in Mussolini’s Italy. Erudition, aesthetics, and religion in the Exhibition of Augustus’ Bimillenary in
1937-1938, in «Storia della Storiograia», 30 (1996), pp. 19-29; Id., Die Mostra Augustea della Romanità in Rom 1937/38, in
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 261
per la celebrazione dell’intero Bimillenario, i due Enti chiesero ed otennero che fossero create
speciali emissioni ilateliche per il Regno, per le Isole Italiane dell’Egeo e per l’Africa Italiana,
illustrate da Corrado Mezzana. In tuti i casi vennero emessi sia valori di posta ordinaria che
valori di posta aerea73.
Occupiamoci innanzituto dei valori per il Regno e per le Isole Italiane dell’Egeo, che
presentano i medesimi soggeti, si distinguono solo per il diverso colore, ed i secondi, per la
sovrastampa «ISOLE / ITALIANE / DELL’EGEO».
In tuti i casi si scelse un criterio molto simile a quello già usato originariamente per il
Bimillenario Virgiliano, ossia illustrazioni accompagnate da citazioni «ispirate» alle fonti
antiche74. Questa volta, tutavia, l’allusione alla continuità antico-moderno risultava decisamente più speciica perché l’idea era quella di accomunare le due ere, quella augustea e
quella mussoliniana, evidenziando soto tute le angolature possibili i parallelismi e la continuità tra il fondatore dell’impero antico ed il fondatore del nuovo impero. L’elaborazione
dei francobolli e delle relative illustrazioni si svolse tuta tra Giglioli, Galassi Paluzzi e, naturalmente, Mezzana. A Mussolini, altretanto naturalmente, vennero presentati da Giglioli i
bozzeti di Mezzana per l’approvazione inale, che venne concessa75.
I valori di posta ordinaria per il Regno furono emessi in numero di dieci il giorno 23 setembre 1937 – data iniziale delle celebrazioni del Bimillenario – con validità sino al 30 aprile 193976.
Faschismus und Gesellschat in Italien. Staat - Wirtschat - Kultur, hrsg. von J. Petersen - W. Schieder, Köln 1998, pp. 133-157;
J.W. Arthurs, (Re)Presenting Roman History in Italy, 1911-1955, in Nationalism Historiography and the (Re)Construction of
the Past, ed. by C. Norton, Washington 2007, pp. 27-41 (33-35); A. Argenio, Il mito della romanità nel ventennio fascista,
in Il mondo classico nell’immaginario contemporaneo, a cura di B. Coccia, Roma 2008, pp. 81-177 (131-138); F. Marcello,
Mussolini and the idealization of Empire: the Augustan Exhibition of Romanità, in «Modern Italy», XVI (2011), 3, pp. 223247; E. Silverio, Un’interpretazione dell’idea di Roma, cit.; J. Arthurs, Excavating Modernity. he Roman Past in Fascist Italy,
Itacha-New York 2012, passim ma sopratuto il cap. 4; A.M. Liberati, Romanità e Fascismo. Il ruolo del mito di Roma nella
genesi del Museo della Civiltà Romana, in Le mythe de Rome en Europe: modèles et contre-modèles, éds. J.C. D’Amico - A. Testino
Zairopoulos - P. Fleury - S. Madeleine, Actes du Colloque de Caen, Université de Caen Basse-Normandie, 27-29 novembre
2008, Caen 2012, pp. 341-358; Ead., Le musée-témoin d’une civilisation disparue: le musée de la Civilisation romaine, in Lieux
de mémoire, musées d’histoire, éds. E. Pénicaut - G. Toscano, Actes du Colloque de Paris, Institut National du Patrimoine,
18-19 juin 2009, Paris 2012, pp. 117-125, A. Giardina, Augusto tra due bimillenari, cit., passim; M. Carli, Esibire il passato
imperiale. L’immagine della romanità nelle mostre fasciste del 1937, in «Visual History» I (2013), pp. 11-35 (16-19); ed inine
M.T. Galassi Paluzzi Tamassia, Un giudizio sulla Mostra augustea della romanità dalle “udienze” inedite di Carlo Galassi
Paluzzi e A.M. Liberati, La Mostra Augustea della Romanità, entrambe relazioni presentate al Convegno Internazionale del
23-24 otobre 2014 sul tema 2014. Bimillenario della morte di Augusto. L’Istituto Nazionale di Studi Romani e le fonti d’archivio
del primo Bimillenario ed in corso di stampa nei relativi Ati.
73
Sulle emissioni ilateliche del Bimillenario Augusteo vd. Archivio del Museo della Civiltà Romana (AMCR), sezione
Propaganda, Mostra Augustea della Romanità (MAR), b. 200, f. 7; AINSR, s. CCM., b. 215, f. 44-48; Archivio Centrale
dello Stato (ACS), Presidenza del Consiglio dei Ministri (PCM), 1937-39, f. 14/1, n. 918, sot. 8, b. 2494. La storia di queste
emissioni ilateliche atraverso i materiali d’archivio è oggeto di un contributo della scrivente e di E. Silverio in corso di
stampa presso «Studi Romani».
74
Nei documenti d’archivio, da cui peraltro emerge sopratuto il lato burocratico delle pratiche necessarie all’emissione
ilatelica piutosto che la preoccupazione ideologica riguardo la composizione delle iscrizioni dei francobolli, si parla sempre
infati di testi ispirati alle fonti e non di citazioni testuali: vd. ad es. AINSR, s. CCM, b. 215, f. 44, «Minuta di pezzo per la
stampa» allegata alla letera da C. Galassi Paluzzi a G.Q. Giglioli dell’11 maggio 1937. Del tuto destituita di fondamento, in
quanto priva di riscontri documentali, è comunque l’afermazione in A. Luceri, Quando la ilatelia, cit., che ricollegherebbe
le emissioni del Bimillenario Augusteo ad un qualche indirizzo del Ministero della Cultura Popolare.
75
Documentazione d’archivio in AMCR, sez. Propaganda, MAR, b. 200, f. 7; AINSR, s. CCM., b. 215, f. 44-48 e ACS, PCM,
1937-39, f. 14/1, n. 918, sot. 8, b. 2494.
76
Sulle emissioni dei valori per il Regno d’Italia vd. il Regio Decreto 12 agosto 1937-XV, n. 1595, Emissione di speciali rancobolli
commemorativi della Mostra Augustea della Romanità indeta in Roma, pubblicato nella «Gazzeta Uiciale del Regno d’Italia»,
262
Anna Maria Liberati
Il primo valore della serie, verde da 10 centesimi (ig. 63), raigura una
Colonna rostrata che allude alle vitorie navali e che dunque richiama il
tema del mare nostrum sul quale ci siamo già sofermati. Il moto – così
sono deinite dal Regio Decreto di emissione le iscrizioni riportate nei
francobolli – MARE / PACAVI è ispirato da Res gestae 25, 1 in cui tuttavia il testo completo è mare pacavi a praedonibus, cioè «liberai il mare
dai pirati» con l’ovvio riferimento alla campagna militare del 38-36 a.C.
contro Sesto Pompeo, che così deinitivamente passava dal novero dei
nemici politici a quello dei fuorilegge. A proposito di questa e di altre
cosiddete “citazioni” presenti nei francobolli – una delle quali, tradota,
Fig. 63
igura anche nel Discorso pronunciato da Giglioli il giorno dell’inaugurazione della Mostra77 – è stato fato notare come venissero omessi elementi della fonte antica
per meglio adeguare la citazione al presente78 e taluno ha predisposto una elencazione puntuale
delle “omissioni” o comunque degli adeguamenti79. V’è però una diferenza tra i due ateggiamenti, perché mentre è senz’altro molto utile sapere se ed in che modo alcune fonti sono state
“ritagliate” per essere citate nel francobollo o altrove, non sempre nel secondo degli indirizzi ricordati sembra essere chiaro un elemento che invece lo è nel primo. Si trata del fato che le iscrizioni di questi francobolli non intendono certo essere dei modelli di citazioni e quindi presentarsi ilologicamente ineccepibili o eruditamente correte. Che fosse così emerge chiaramente
da una ricognizione sistematica degli ati d’archivio riguardanti tali emissioni ed in particolare il
dato che spicca rispeto alle iscrizioni dei francobolli è quello come esse dovessero rappresentare
piutosto che delle citazioni testuali, un “precipitato” di romanità. In quanto tali esse sono altro
rispeto alla fonte di partenza a cui sono in deinitiva solo «ispirate», come testualmente risulta
dai dati d’archivio e dai comunicati stampa puntualmente ripresi nelle pubblicazioni dell’epoca80: in tuti i casi si fa appunto riferimento a frasi ispirate a quelle di Augusto e presenti nelle Res
gestae. L’efetiva presenza dell’abbreviazione AVG(VSTVS) a mo’ di irma di ogni testo è risultata in questo senso molto fuorviante rispeto ad intenzioni di partenza che, come emerge dalla
documentazione d’archivio, non miravano ad una classica “citazione”. Si trata dunque di testi
ispirati alla fonte antica, che viene tutavia rileta in chiave atualizzante diventando, come già
si accennava, altro rispeto ad essa. L’otica idonea per comprendere queste moderne fonti non
a. 78°, n. 224 di sabato 25 setembre 1937-XV ed il Regio Decreto 25 novembre 1937-XVI, n. 2134, Descrizione tecnica dei
rancobolli commemorativi della Mostra Augustea della Romanità indeta in Roma, pubblicato nella «Gazzeta Uiciale del
Regno d’Italia», a. 78°, n. 301 di giovedì 30 dicembre 1937-XVI.
77
G.Q. Giglioli, Discorso inaugurale, in R. Vighi - C. Caprino, Mostra Augustea della Romanità, I, cit., pp. V-VIII (VIII).
78
A. Giardina in A. Giardina - A. Vauchez, cit., p. 253 ed A. Giardina, Augusto tra due bimillenari, cit., p. 58, con giudizio
che pare rimeditato ed approfondito – anche alla luce della considerazione di altre parole pronunciate da Giglioli – rispeto al
precedente, ove si parlava semplicemente di «falsiicazione».
79
A. Luceri, Quando la ilatelia, cit., passim.
80
Vd. in AINSR, s. CCM, b. 215, f. 44 la già citata «Minuta di pezzo per la stampa» allegata alla letera da C. Galassi Paluzzi
a G.Q. Giglioli dell’11 maggio 1937 e cfr. questo testo pubblicato ad es. come I rancobolli Augustei, in «Il Popolo di Roma»,
Roma, 5 otobre 1937, o ancora ad es. come I rancobolli augustei, in «Il Lavoro Fascista», Roma, anch’esso del 5 otobre 1937.
Notizia dell’emissione dei francobolli venne data anche all’estero: vd. ad es. Die Italienischen Augustus-Jubiläums-Marken, in
«Neue Zürcher Zeitung», Zürich, del 19 dicembre 1937. Per una descrizione dell’intera serie, sia di posta ordinaria che aerea,
vd. «Informatore collezionista» del 25 otobre 1937, p. 3, che peraltro esalta «l’opportuno e simpatico parallelismo che essa
(i.e. la serie ilatelica) ci mostra fra la Roma Augustea e l’Italia Mussoliniana».
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 263
è dunque tanto quella ilologica, ma quella ideologica o, se si preferisce,
propagandistica. La ilologia potrà aiutare a comprendere lo iato esistente tra la fonte antica e l’iscrizione moderna ad essa ispirata, ma senza la
pretesa di “andare a caccia” di errori od omissioni: i presupposti sono altri
e sono quelli appena descriti.
Dunque nessun motivo di scandalo ilologico o erudito né tantomeno alcuna ragione di afermare che la ilatelia non abbia “fato
i conti” con la ilologia, quanto piutosto un’indagine volta ad appurare in che modo l’antico, rappresentato questa volta dalle stesse Res
gestae divi Augusti, fosse interpretato ed impiegato in chiave atuaFig. 64
lizzante perché avvertito come paradigmatico di un valore o di un
conceto che meteva in relazione Roma antica con l’Italia moderna. In questo senso non
credo sia condivisibile l’afermazione secondo cui «[…] per esaltare ancor di più la forza
della nostra Marina Militare, si omise la seconda parte a praedonibus, rendendo assoluta
l’opera di controllo sui mari». La questione infati non deve essere posta nei termini della
“censura” o del banale “taglio” del testo di una fonte ma, come già deto, in quelli della sua
reinterpretazione in chiave atualizzante, della ricezione cioè di certe fonti da parte di una
“terza Roma” che in essa trova dei modelli, i quali vengono astrati dal loro contesto storico
antico e proietati verso il futuro così come verso il futuro è proietata tuta la “Romanità”
d’epoca fascista.
Riguardo poi in modo particolare il valore da 10 centesimi, c’è inoltre un altro motivo
per cui gli inasprimenti ilologici si rivelano di poco proito, cioè quello per cui del testo
delle Res gestae esiste anche la redazione in greco ed essa, con speciico riferimento al passo
relativo alla paciicazione dei mari, è a sua volta diversa dalla versione latina perché calca
maggiormente l’accento sulle azioni contro i pirati veri e propri, avvertiti nell’Oriente di
lingua greca come un problema molto più immediato rispeto a quello rappresentato da
Sesto Pompeo81. Lo stesso Augusto, cioè, “piegò” il testo, e con esso la verità, a seconda dei
luoghi e delle circostanze: anche qui, dunque, assume rilievo primario non la questione
ilologica della traduzione dell’originale latino in greco, ma quella dell’ideologia augustea
che presiede alla traduzione e di cui quest’ultima non è che un corollario.
Lo stesso discorso vale per il valore bruno da 15 centesimi (ig. 64), che si riferisce, con
il richiamo ad un trofeo d’armi, alle guerre vitoriose per terra e per mare. Il moto è ispirato
da Res gestae 3, 1 ed è BELLA TERA ET MARI / TOTO IN ORBE TERARUM / SAEPE
GESSI / VICTORQUE OMNIBUS, cioè leteralmente «Spesso combatei guerre per terra e
per mare in tuto il mondo e (fui) vincitore in tute». Il testo della redazione latina delle Res
gestae è invece [B]ella terra et mari c[ivilia exter]naque toto in orbe terrarum s[aepe gessi] victorque omnibus [veniam petentib]us civibus peperci, ovvero «Guerre per terra e per mare, civili ed
esterne, in tuto il mondo spesso combatei e, vincitore, risparmiai tuti i citadini che chiedevano perdono». Scompare dunque il riferimento alle “guerre civili” ed alle “guerre esterne”,
restando il generico riferimento a “guerre condote per terra e per mare”, così come scompare
81
Vd. ad es. Gli Ati compiuti e i rammenti delle opere di Cesare Otaviano Augusto, a cura di L. De Biasi - A.M. Ferrero, Torino
2003, p. 203, nota 123, con bibliograia.
264
Anna Maria Liberati
anche, questa volta con mutamento di signiicato rispeto alla fonte latina, il riferimento al
perdono concesso petentibus civibus.
Nel caso del valore rosso da 20 centesimi (ig. 65), invece, il tema è quello della religio,
cioè del culto degli dei, che evidentemente adombra non solo la Conciliazione tra lo Stato
italiano e la Chiesa catolica e romana ma anche il fato, cronologicamente precedente, d’aver il Fascismo salvato – secondo la sua prospetiva – la Chiesa dal bolscevismo. Augusto è
evidentemente quello capite velato della statua dalla via Labicana, mentre l’ara dedicata alla
Securitas Augusti ne ricorda una molto simile da Praeneste, già presente alla Mostra Augustea
della Romanità ed ora al Museo della Civiltà Romana82. Il riferimento alla Securitas non è
del resto casuale, perché il conceto stesso rinvia a condizioni di serenità e di protezione
instaurate – nella prospetiva dell’epoca – da Augusto in Roma antica così come da Mussolini nell’Italia moderna. Il moto TEMPLA DEVM / IN VRBE / REFECI, leteralmente
«Restaurai i templi degli dei nella Cità» è ispirata da Res gestae 20, 4, mentre il testo latino
della fonte recita: Duo et octoginta templa deum in urbe consul sex[tum ex auctoritate] senatus
refeci, nullo praetermisso quod e[o] temp[ore reici debebat], cioè «Console per la sesta volta,
restaurai nella Cità, per volontà del senato, otantadue templi degli dei, e non ne tralasciai
nessuno che in quel tempo dovesse essere restaurato». Scompaiono in questo caso, in linea
con l’evidente intento di assolutizzare gli ati augustei e così renderli rapportabili al presente, i precisi riferimenti cronologici al 28 a.C. (sesto consolato), il riferimento alla auctoritas
senatus, diicilmente conciliabile con la prospetiva allora atuale di un regime totalitario,
e scompaiono anche i dati precisi circa il numero dei templi restaurati che, evidentemente,
nell’otica dell’accostamento antico-moderno non avrebbero avuto molto senso.
È quindi la volta del valore verde da 25 centesimi (ig. 66) che allude in modo evidente
all’idea cristiana della provvidenzialità dell’impero in relazione alle condizioni di pace garantite al momento della nascita di Cristo ed altresì in relazione allo sviluppo del Cristianesimo in un ambiente ecumenico, un impero appunto, paciicato. L’illustrazione raigura
il luogo della nascita di Cristo e del Cristianesimo – simboleggiati dalla cità di Betlemme,
dalla stella cometa e dalla croce – vigilato da due robuste insegne di legione. L’iscrizione
CENSUM POPULI / EGI, leteralmente «Feci il censimento della popolazione», è ispirata
da Res gestae 8, 2, in cui si legge: Et in consulatu sexto censum populi conlega M. Agrippa egi,
ovvero «E durante il sesto consolato feci il censimento della popolazione, avendo come
collega Marco Agrippa». L’inserimento di un brano di questo testo nel francobollo che
allude al rapporto tra Roma antica e Roma cristiana si ricollega alla radicata tradizione del
censimento augusteo all’epoca della nascita di Cristo e di cui parla Luca 2, 1-2, secondo cui
«In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tuta
la terra. Questo primo censimento fu fato quando era governatore della Siria Quirino».
In realtà, come è molto ben noto, le cose non sono afato così semplici, sia perché il censimento menzionato nelle Res gestae interessava solo i citadini romani – e la famiglia di Gesù
apparteneva peraltro al regno di un re cliente – sia perché tuto ciò pone dei problemi di
cronologia rispeto sia al governatorato di Quirino svolto tra il 6 ed il 7 d.C. e ricordato da
82
Cfr. R. Vighi - C. Caprino, Mostra Augustea della Romanità, I, cit., p. 120, n. 2-3 ed ora Museo della Civiltà Romana, cit., p.
63, n. 23-24 (inv. MCR nn. 238-239).
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 265
Fig. 65
Fig. 66
Fig. 67
Luca, che al regno di Erode Archelao, re di Giudea dal 4 a.C. al 6 d.C., che, evidentemente,
anche rispeto al regno di Erode il Grande, re di Giudea tra il 37 ed il 4 a.C. Inoltre quello
delle Res gestae è peraltro il censimento del 28 a.C., cui seguirono altri due nell’8 a.C. e nel
14 d.C., ivi ricordati in 8, 3 ed 8, 483. L’utilizzo o, più corretamente, l’elaborazione della
fonte epigraica sul francobollo si conferma così di caratere volutamente non ilologico ma
piutosto aferente ad un’ideologia che si innalza e si trasforma in ideale e ciò è del resto sottolineato dall’altra iscrizione, quella contenuta nel cartiglio tra le due insegne: IAM NOVA
PROGENIES / CAELO DEMITTITVR ALTO. Il testo è, infati, naturalmente quello della
IV Ecloga di Virgilio (IV 7) in cui una radicata tradizione medioevale – errata ma non meno
idealmente forte – leggeva un riferimento alla nascita di Cristo.
Il valore marrone da 30 centesimi (ig. 67) è invece relativo al rapporto tra Cesare ed Augusto, che durante le celebrazioni del Bimillenario del 1937-’38 si intese particolarmente curare
anche per reazione alle mancate celebrazioni cesariane da parte dell’Italia liberale84. L’iconograia di Cesare è quella della statua capitolina mentre, a sinistra, è la igurazione dello IVLIVM
SIDVS, cioè del corpo celeste comparso a poca distanza di tempo dall’uccisione del ditatore,
considerato allusivo della sua divinizzazione e sapientemente considerato da Otaviano come
evocativo di una sua “buona stella”85. Il moto sul francobollo è il seguente COEPTA PROFLIGA-/TAQUE OPEA / A PATRE MEO / PERFECI, cioè leteralmente «Portai a termine le
opere iniziate e quasi ultimate dal padre mio». In questo modo, la “successione” tra Cesare ed
Augusto assume un valore idealmente generale, benché il testo delle Res gestae, che questa volta è ispirato da 20, 3, si riferisca in efeti alle opere pubbliche: Forum Iulium et basilicam, quae
83
Per la cronologia dei censimenti vd. la messa a punto della questione in Gli Ati compiuti e i rammenti delle opere, cit., p. 164,
nota 36. Su questo francobollo in particolare vd. Un interessante rancobollo della nuovissima serie italiana Bimillenario Augusteo
1937-1938, in «Arte Cristiana», Milano, febbraio 1938, p. 51.
84
La necessità che le celebrazioni del Bimillenario Augusteo del 1937-’38 tenessero nel debito conto anche la igura di Cesare è
presente in molti documenti d’archivio e pubblicazioni relative ai preparativi di quelle celebrazioni. Essa deriva da un passaggio
della relazione tenuta il 28 aprile 1930 da G.Q. Giglioli al II Congresso Nazionale di Studi Romani, culminata con la proposizione
dell’ordine del giorno destinato a costituire la base del programma delle commemorazioni augustee: vd. G.Q. Giglioli, Per il secondo
millenario d’Augusto, in Ati del II Congresso Nazionale di Studi Romani, I, Roma 1931, pp. 277-280 (277): «Se si vuol celebrarlo (i.e.
il Bimillenario Augusteo) con opere serie e durature, non sembri prematuro pensarci sin d’ora. Ciò è tanto più doveroso in quanto
che trenta anni fa l’Italia lasciò passare inosservato il secondo millenario di Cesare». Vd. anche ad es. C. Galassi Paluzzi, Per
la pubblicazione di un «Corpus» delle vestigia augustee e per un ciclo di conferenze celebrative del Bimillenario Augusteo, in Ati del III
Congresso Nazionale di Studi Romani, a cura di C. Galassi Paluzzi, I, Bologna 1935, pp. 277-281 (part. pp. 280-281).
85
Cfr. ad es. Verg. Aen. VIII 678-681.
266
Anna Maria Liberati
fuit inter aedem Castoris et aedem Saturni, coepta proligataque opera a
patre meo, perfeci […], e dunque «Terminai il Foro Giulio e la basilica
fra il tempio di Castore e il tempio di Saturno, opere iniziate e quasi
ultimate da mio padre […]».
Il successivo valore viola da 50 centesimi (ig. 68) illustra una
scena descrita come «La statua di Augusto tra mani salutanti»86.
Il principe è qui raigurato secondo l’iconograia della statua di Prima Porta, signiicativamente salutata ed anzi acclamata da mani tese
nel “saluto romano”. Sembra peraltro possibile rinvenire il modello
di questa iconograia nel valore viola di posta ordinaria da 50 cenFig. 68
tesimi (ig. 69) della serie del decennale dell’annessione di Fiume
all’Italia, realizzata sempre da Mezzana e di cui si è già deto. Vi è raigurato Gabriele d’Annunzio nell’uniforme di Uiciale degli Arditi italiani della I guerra mondiale, anche lui acclamato da una folla di altri Arditi, cui alludono le 4 mani che stringono altretanti pugnali.
Il pugnale è proprio l’arma rappresentativa dei reparti d’assalto italiani che, dopo la guerra,
agli ordini del Poeta occuparono Fiume insieme ad altri reparti, dando vita con l’“impresa
di Fiume” (12 setembre 1919) alla Reggenza Italiana del Carnaro (8 setembre - 31 dicembre 1920). L’accostamento che si propone sembra avere una sua puntuale ragione anche
tenuto conto della circostanza come la storiograia veda nell’impresa iumana i prodromi di
quei riti politici che si svilupperanno durante il Fascismo e dei quali il “saluto romano” reso
al “duce” – in questo caso Augusto – da un folla acclamante è tra i più signiicativi87.
Il moto sul francobollo è IVAVIT IN MEA VERBA / TOTA ITALIA / ET ME DVCEM
/ DEPOPOSCIT, cioè leteralmente «Tuta l’Italia mi giurò fedeltà e mi volle come duce».
Si trata di uno dei casi di citazione più dibatuti, dal momento che il testo delle Res gestae,
25, 2, riferisce la scelta a dux alla guerra civile contro Marco Antonio sostanzialmente conclusasi con la bataglia di Azio del 2 setembre del 31 a.C. Si trata, insomma, di un evento
ben centrato nel tempo, la cosiddeta coniuratio totius Italiae et provinciarum in verba Octaviani dell’anno 32 a.C. Non bisogna però dimenticare quello che si è deto sopra: siamo in
presenza non tanto di citazioni che vogliono essere ilologicamente correte, ma di veri e
propri “precipitati” di romanità che intendono cogliere il valore assoluto, anche nel tempo,
dell’ato narrato nelle Res gestae piutosto che l’ato nella sua precisa cornice storica ed in
questa prospetiva il collegamento con l’Italia moderna consegue peraltro automaticamente. Inoltre nel caso della coniuratio totius Italiae almeno parte della dotrina moderna, specie
quella giuridica, è concorde nello scorgervi una vera e propria chiave di volta nella genesi
del principato, conformemente del resto alla presentazione da parte di Virgilio della bataglia di Azio88.
86
Regio Decreto 25 novembre 1937-XVI, n. 2134, cit., art. unico, let. a), n. 7.
Circa l’inluenza di Gabriele d’Annunzio sulla “religione politica” fascista cfr. E. Gentile, Il culto del litorio, cit., pp. 30 e
237-238.
88
Vd. anche in questo caso, per un’utile messa a punto della questione, Gli Ati compiuti e i rammenti delle opere, cit., p. 203,
nota 124, con bibliograia. Circa l’idea di momento “forte” nella svolta verso il principato, connessa al consensus anche in
quanto a sua volta collegato ad un evento inteso come epocale, quale quello del confronto con l’Oriente, cfr. G. Brizzi, Roma.
Potere e identità dalle origini alla nascita dell’impero cristiano, Bologna 2012, p. 197: «[…] ora, grazie all’abilissima propaganda
87
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 267
Fig. 69
Fig. 70
Fig. 71
Altro valore di notevole interesse è senz’altro quello rosso da 75 centesimi (ig. 70), che
raigura il ritrato di Augusto secondo l’iconograia del cosiddeto “Augusto di Meroe”, tra
due palme sullo sfondo di un paesaggio che rinvia all’Egito, perché nelle fonti classiche non
esiste una coincidenza precisa tra l’Aethiopia e l’Etiopia, e la terra così deinita in antico era
individuata a sud dell’Egito. Il riferimento è comunque quello al conlito ancora recente che
ha consentito la rinascita dell’impero ed a ciò allude il moto MEO IVSSV ET / AVSPICIO
DUCTI / SVNT EXERCITVS / IN AETHIOPIAM, cioè «Per mio comando e soto i miei
auspici due eserciti furono condoti in Etiopia». Il confronto con il testo di Res gestae 26, 5
conferma quanto già deto in relazione all’ultimo francobollo. Esso infati è: Meo iussu et auspicio ducti sunt [duo] exercitus eodem fere tempore in Aethiopiam et in Ar[a]biam, quae appel[latur]
Eudaemon […], ovvero «Per mio comando e soto i miei auspici due eserciti furono condoti,
all’incirca nel medesimo tempo, in Etiopia e nell’Arabia deta Felice […]». In questo caso
speciico, quindi, la ripresa del testo epigraico per la sua trasformazione in moto comportò
da un lato l’eliminazione della menzione dell’Arabia, e dall’altro il riferimento di ambedue gli
exercitus alla campagna in Aethiopia, il tuto con l’intento di sovrapporre idealmente il paese
antico all’Etiopia conquistata nel 1936. Delle due spedizioni, la prima fu quella in Arabia e
venne condota dal praefectus Aegypti Elio Gallo tra il 25 ed il 24 a.C., mentre quella in Aethiopia venne intrapresa dal successore C. Petronio nel 24 e conclusa nel 22. A diferenza della
prima, che dovete essere interrota dagli efeti che la disidratazione aveva sortito sull’esercito
romano, la seconda raggiunse lo scopo di punire gli Etiopi della regina Candace, che aveva
violato la frontiera con l’Egito e che fu così costreta a cedere parte dei suoi territori89.
Il successivo valore di nostro interesse è quello azzurro da 1,25 Lire (ig. 71), che raigura una lota romana in navigazione, mentre il moto è CLASSIS MEA / PER OCEANVM
ed è ispirato da Res gestae 26, 4. Anche qui il testo antico è assolutizzato rispeto al contesto
originario, che pure in deinitiva magniicava la lota come strumento di espansione della
di uomini come Agrippa e Mecenate, le provincie occidentali e sopratuto l’Italia, le cui forze erano tutora largamente
decisive, furono quasi unanimi nel rendere la loro coniuratio in verba sua, il giuramento che le faceva, in sostanza, clientes di
Otaviano. Connotata come scontro cosmico con l’aliena realtà orientale, la lota si concluse il 2 setembre del 31 a.C. […].
Nella seduta del 13 gennaio del 27 Otaviano, il quale aveva formalmente restituito ogni potere al senato, vide uicialmente
ratiicata dallo stesso senato la sua posizione di preminenza. […]. Tre giorni dopo gli fu conferito il titolo di Augustus».
89
È utile, anche in questo caso, il rinvio alla sintesi in Gli Ati compiuti e i rammenti delle opere, cit., p. 207, nota 132.
268
Anna Maria Liberati
Roma augustea e che recita Classis mea p[er] O[ce]a[n]um ab ostio Rheni ad solis orientis regionem usque ad in[es Cimb]rorum navigavit, quo neque terra neque mari quisquam Romanus
ante id tempus adit, Cimbrique et Charydes et Semnones et eiusdem tractus alii Germanorum
popu[l]i per legatos amicitiam meam et populi Romani petierunt, e cioè: «La mia lota navigò per l’Oceano dalla foce del Reno verso le regioni orientali ino al territorio dei Cimbri,
dove né per terra né per mare giunse alcun romano prima di allora, e i Cimbri e i Caridi e
i Semnoni e altri popoli germani della medesima regione chiesero per mezzo di ambasciatori l’amicizia mia e del popolo romano». Non è certo comunque a quale spedizione ci si
riferisca qui, se cioè a quella intrapresa tra il 12 ed il 9 a.C. da Druso o a quella del 5 d.C. di
Tiberio e, di conseguenza, non si comprende bene se i territori esplorati siano quelli baltici
o quelli scandinavi. La cosa comunque non stupisce, perché90:
l’accadimento evenemenziale, fors’anche presunto o enfatizzato nella sua portata marginale, è infati ambiguamente sfumato perché oggeto di una manipolazione ideologica ata a
presentarlo quale coronamento di una conquista che, lungo l’asse setentrionale da Cadice
all’Elba, deve considerarsi ultimata e comunque deve, con la resa della “regione del sole nascente” e il raggiungimento della cintura oceanica, ritenersi sovrapponibile ai conini dell’ecumene.
Considerazioni queste che, se riportate al nostro argomento, non
possono che far sfumare le aspre critiche ilologiche cui sopra si è detto, dal momento che anche il testo augusteo originale non fu afato
“ilologicamente” aderente al dato storico.
Proseguendo, incontriamo il valore color viola rossastro da 1,75
Lire con il sovrapprezzo di 1 Lira (ig. 72) a beneicio della Mostra Augustea della Romanità, che avrebbe tratenuto il 70 % della somma e
corrisposto il residuo 30 % all’Istituto di Studi Romani91. Il soggeto
è quello dell’Ara Pacis Augustae, il cui recupero era stato previsto tra le
Fig. 72
celebrazioni del Bimillenario della nascita di Augusto sulla base di un
ordine del giorno presentato da Giglioli al II Congresso Nazionale di Studi Romani del 1930
e nel quale l’allora Istituto di Studi Romani ebbe un ruolo essenziale, così come per la sistemazione del Mausoleo di Augusto92. Entrambi i monumenti vennero poi inaugurati nella loro
nuova conigurazione urbanistica – oggi non più apprezzabile – il giorno 23 setembre 1938,
cioè il giorno della chiusura dell’anno bimillenario. Il moto del francobollo, ispirato da Res
gestae 12, 2 è AAM PACIS AVGVSTAE / SENATVS PRO REDITV / MEO CONSACANDAM / CENSVIT, ovvero «Il senato decretò che per il mio ritorno dovesse essere consacrato l’altare della Pace Augusta». L’occasione, com’è noto, fu quella del ritorno di Augusto dal
viaggio del 16-13 a.C. in Spagna e Gallia, durante il quale vennero poste le basi della profonda
romanizzazione di quelle aree. L’Ara Pacis Augustae dovete essere consacrata il 4 luglio del
90
G. Cresci Marrone, Ecumene Augustea. Una politica per il consenso, Roma 1993, p. 105.
Circa la convenzione con il Ministero delle Comunicazioni vd. in AINSR, s. CCM, b. 215, f. 46, sot. Convenzione col Min. PP.TT.
92
La sistemazione del Mausoleo di Augusto era stata già prevista nell’ordine del giorno sulle cerimonie del Bimillenario
Augusteo proposto da G.Q. Giglioli e votato all’unanimità nell’ambito del II Congresso Nazionale di Studi Romani del 1930:
vd. G.Q. Giglioli, Per il secondo millenario d’Augusto, cit., pp. 278 e 280.
91
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 269
Fig. 73
Fig. 74
13 a.C. e dedicata il 30 gennaio del 9 a.C. Anche in questo caso, già in antico il fatore evenemenziale rappresentato dal ritorno del principe a Roma costituiva una mera occasione per l’espressione del preciso programma politico ed ideologico scolpito nei rilievi dell’Ara. Ancora
una volta, la pax / pace viene evocata come un valore atuale del nuovo impero italiano: essa
era stata già richiamata nel discorso di Mussolini del 9 maggio 1936 e del resto il fondatore del
nuovo impero sarà destinato a giocare il ruolo del paciicatore almeno sino alla Conferenza di
Monaco del 29-30 setembre 193893.
L’ultimo dei valori di posta ordinaria è quello nero da 2,55 Lire sovraprezzato di altre 2
Lire (ig. 73). L’illustrazione mostra fasci, corone di alloro e, sullo sfondo, il tempio di Giove
sul Campidoglio, mentre il moto, ispirato da Res gestae 4, 1, recita LAVRVM DE FASCIBVS /
DEPOSVI IN CAPITOLIO / VOTIS SOLVTIS, ovvero «Deposi l’alloro dai fasci in Campidoglio, sciogliendo così i voti solenni». La cerimonia cui allude la fonte antica è quella della
deposizione, da parte del comandante vitorioso rientrato a Roma, di corone e rami d’alloro
nel grembo del simulacro di Giove all’interno del tempio di Giove Otimo Massimo sul Campidoglio. L’ato, di evidente valenza religiosa, essendo oltretuto Giove la divinità cui i Romani
ricollegavano la garanzia del proprio imperium sine ine, serviva a sciogliere i voti pronunciati
al momento di partire per la guerra e in queste occasioni le insegne dei magistrati dotati del
sommo potere, l’imperium, cioè i fasci litorî, erano ornati essi stessi con l’alloro. Anche in
questo caso già in antico assistiamo all’assolutizzazione di un ato, quello cioè descrito nel
passo della regina inscriptionum da cui trae ispirazione il moto del francobollo. Infati Augusto
depose l’alloro dai fasci sia nel 13 a.C. a seguito delle vitorie in Raetia di Tiberio e Druso, che
agivano quali suoi legati, che in seguito nel 9 a.C. Il tema è quindi contiguo a quello del francobollo precedente, illustrando sempre uno stato di raggiunta pace, con un alone, come del resto
nel caso precedente, di sacralità.
È quindi ora la volta dei valori di posta aerea (ig. 74) che inneggiano ad ideali risorti o
raforzati in età augustea, all’importanza di Augusto rispeto al mantenimento di quei valori
93
Pochi giorni dopo l’inaugurazione dell’Ara Pacis Augustae, in seguito all’esito della Conferenza di Monaco, «Il Messaggero»
di Roma del 30 setembre 1938 così ad es. titolava a tuta pagina: Pace Mussoliniana all’Europa. L’accordo raggiunto a Monaco
sulla base delle proposte del Duce.
270
Anna Maria Liberati
ed alla grandezza di Roma, mentre i moti sono questa volta «ispirati a versi di Orazio e di
Virgilio che più e meglio cantarono le glorie della epopea di Augusto»94. Superluo dire,
a questo punto, che si trata di temi che s’intendevano riferibili anche all’Italia moderna.
Così osserviamo per primo il valore viola rossastro da 25 centesimi, la Tellus del cammeo
di Vienna, in cui sono evidenti i segni della fertilità e dell’abbondanza, mentre vigilano in
alto la costellazione del Capricorno – segno zodiacale di Augusto più volte presente nei
conî monetali – e, in basso, l’aquila simbolo dell’impero. Il moto, TVA CAESAR AETAS
/ FRVGES ET AGRIS RETTVLIT VBERES è trato da Orazio, Odi IV 15, 4-5 ed allude,
appunto, al tema del rapporto con la terra ed a quello stretamente connesso, ed anzi in un
certo qual senso conseguente, dell’abbondanza. Il valore color seppia caldo95 da 50 centesimi illustra invece il tema della famiglia atraverso la riproduzione di un rilievo dell’Ara
Pacis Augustae che raigura la famiglia di quello stesso Druso cui allude, forse diretamente
o forse in concorso con Tiberio, la menzione di classis mea per oceanum, su cui ci siamo
già sofermati. Il moto è ancora una volta trato da Orazio, in particolare dai versi 47-48
del Carmen saeculare: ROMULAE GENTI DATE REMQVE PROLEMQVE / ET DECVS
OMNE, ovvero: «(O Dei) alla stirpe di Romolo concedete beni, prole ed ogni onore». È
poi la volta del valore bruno sanguigno96 da 80 centesimi che al centro reca la quadriga del
Sole trata dalla lorica della statua di Prima Porta, mentre in alto a sinistra è l’astro stesso ed
a destra, in basso, il Colle capitolino. Il moto è naturalmente ispirato ai versi 9-12 – senza
considerare il verso 10 e parte di quelli 9 ed 11 – del Carmen saeculare, che peraltro era già
stato presentato, nella stessa forma, sul valore da 5 Lire + 2 di posta aerea del Bimillenario
Oraziano: ALME SOL POSSIS NIHIL VRBE ROMA / VISERE MAIVS, cioè «Vivido Sole,
che tu possa mai vedere nulla maggior che Roma». L’ulteriore valore, quello azzurro da
1 Lira sovraprezzato di un’altra Lira, mostra un’Aquila legionaria circonfusa da un vivido
alone di luce sullo sfondo di una rappresentazione dello sviluppo territoriale dell’impero
che ricorda molto da vicino una delle carte marmoree dell’allora via dell’Impero, oggi via
dei Fori Imperiali97. Il moto, QVI MARE QVI TERAS / OMNI DITIONE TENERENT,
è ispirato questa volta non da Orazio ma da Virgilio, Eneide I 236. Si trata proprio delle parole fate pronunciare da Venere, madre di Enea capostipite della gens Iulia e rivolte a Giove:
«Quelli il mare e la terra con pieno potere terranno»98. L’ultimo valore di posta aerea sul
94
AINSR, s. CCM, b. 215, f. 44, «Minuta di pezzo per la stampa» allegata alla letera da C. Galassi Paluzzi a G.Q. Giglioli
dell’11 maggio 1937. Cfr. supra nota 80 per alcuni esempi della pubblicazione di questo testo nei quotidiani.
95
Questa la deinizione che compare in Regio Decreto 25 novembre 1937-XVI, n. 2134, cit., art. unico, let. b), n. 2.
96
Anche in questo caso di trata della deinizione che compare nel Regio Decreto 25 novembre 1937-XVI, n. 2134, cit., art.
unico, let. b), n. 3.
97
Circa le carte geograiche di via dell’Impero, vd. F. Beti in F. Beti - G. Raimondi, Inedite testimonianze graiche dell’atività
di Antonio Muñoz conservate presso il Museo di Roma (Gabineto Comunale delle Stampe), in «Bolletino dei Musei Comunali di
Roma», n.s. XXII (2008), pp. 147-184 (158-164) ed A.M. Liberati, Il Museo della Civiltà Romana, cit., passim, con ulteriore
bibliograia.
98
Nel moto è scrito, come si nota, ditione in luogo che dicione ma non si trata, come è stato sin troppo puntualmente
rimarcato – A. Luceri, Quando la ilatelia, cit. – di un «errore di trascrizione davvero clamoroso […] mai atestato ditione
[…]». Più corretamente, infati, ditione è la lezione che si incontra sopratuto nelle più risalenti edizioni del poema virgiliano
o in altretanto risalenti sue citazioni, in cui dicione viceversa non compare afato. Cfr. ad es. Publius Virgilus Maro. Varietate
lectionis et perpetua adnotatione illustratus a Ch. G. Heyne, I, Lipsiae-Londini 18304, p. 238.
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 271
quale sofermarsi è quello nero violaceo99 da 5 Lire sovraprezzato di 1 Lira che, tra due allori
riproduce una visione di 3/4 del busto della statua loricata di Augusto da Prima Porta. Il
moto è questa volta di nuovo oraziano ed è trato da Odi IV 14, 43-44, in cui Augusto viene
deinito: TVTELA PAESENS / ITALIAE DOMINAEQVE ROMAE, cioè «difesa immediata dell’Italia e di Roma sovrana».
È quindi la volta dei valori per le Isole Italiane dell’Egeo, emessi il 10 maggio del 1938
ed in tuto identici a quelli per il Regno, salvo che nel colore ed ovviamente nella sovrastampa100. Per quanto riguarda la posta ordinaria vennero realizzati i seguenti valori: il 10
centesimi bruno, il 15 centesimi violeto, il 20 centesimi bruno, il 25 centesimi grigio, il 30
centesimi violeto, il 50 centesimi verde, il 75 centesimi rosso, l’azzurro da 1,25 Lire, l’arancio da 1,75 Lire + 1, il bruno da 2,55 Lire + 2. Per la posta aerea, invece, furono realizzati: il
25 centesimi violeto, il 50 centesimi verde, l’80 centesimi azzurro, un valore violeto da 1
Lira + 1 ed inine quello rosso da 5 Lire + 1.
Veniamo quindi alle emissioni per l’Africa Italiana che, per motivi legati alla legislazione dell’epoca, dovetero essere realizzate in modo diverso dalle precedenti ed in due
serie distinte, ma pressoché identiche, una per la Libia ed una per l’Africa Orientale Italiana101.
Per Libia qui si intende quella ordinata nel Governatorato Generale della Libia, creato
con Regio Decreto-Legge del 3 dicembre 1934, n. 2012102, atraverso l’unione della Cirenaica e della Libia italiane. Il Governatorato venne poi nel 1937 diviso in 4 province – che
dal 1939 vennero annesse al territorio metropolitano103 – ed in un territorio militare: Tripoli, Misurata, Bengasi, Derna e Territorio Militare del Sud per il governo del Sahara Libico.
Per Africa Orientale Italiana intendiamo invece, in base al Regio Decreto-Legge 1° giugno 1936, n. 1019104, il complesso costituito dai territori già appartenenti ad Eritrea, impero d’Etiopia e Somalia e quindi suddiviso in cinque Governatorati: Eritrea, Somalia, Amara,
Harar e Galla-Sidama o “Galla e Sidamo”. I governatori rispondevano ad un governatore
generale con titolo di Viceré e residente in Addis Abeba, cità che a sua volta godeva di
autonomia e che fu trasformata con Regio Decreto-Legge dell’11 novembre 1938 nel Governatorato dello Scioa105.
99
Riporto anche in questo caso la deinizione che compare nel Regio Decreto 25 novembre 1937-XVI, n. 2134, cit., art. unico,
let. b), n. 5.
100
Circa l’istituzione di questi francobolli commemorativi vd. il Regio Decreto 24 febbraio 1938-XVI, n. 289, Emissione di
rancobolli commemorativi della Mostra Augustea della Romanità, indeta in Roma, per le Isole italiane dell’Egeo, pubblicato nella
«Gazzeta Uiciale del Regno d’Italia», a. 79°, n. 85 di mercoledì 13 aprile 1938-XVI.
101
Per le emissioni ilateliche destinate alla Libia ed all’Africa orientale Italiana vd., anche circa i particolari di cui supra nel
testo, AINSR, s. CCM, b. 215, f. 45.
102
Regio Decreto-Legge 3 dicembre 1934-XIII, n. 2012, Ordinamento organico per l’amministrazione della Libia, pubblicato
nella «Gazzeta Uiciale del Regno d’Italia», a. 75°, n. 299 di venerdì 21 dicembre 1934-XIII.
103
Regio Decreto-Legge 9 gennaio 1939-XVII, n. 70, Aggregazione delle quatro province libiche al territorio del Regno d’Italia e
concessione ai libici musulmani di una citadinanza italiana speciale con statuto personale e successorio musulmano, pubblicato nella
«Gazzeta Uiciale del Regno d’Italia», a. 80°, n. 28 del 3 febbraio 1939-XVII, convertito con Legge 2 giugno 1939-XVIII, n. 739.
104
Pubblicato nella «Gazzeta Uiciale del Regno d’Italia», a. 77°, n. 136 di sabato 13 giugno 1936-XIV, convertito con
Legge 11 gennaio 1937-XV, n. 285.
105
Regio Decreto-Legge 11 novembre 1938-XVII, n. 1857, Istituzione del Governo dello Scioa, pubblicato nella «Gazzeta
Uiciale del Regno d’Italia», a. 79°, n. 287 di sabato 17 dicembre 1938-XVII, convertito con Legge 2 giugno 1939-XVIII, n. 739.
272
Anna Maria Liberati
Fig. 75
In Libia (ig. 75) ed in A.O.I. (ig. 76) i valori del Bimillenario Augusteo furono identici
salvo alcune varianti cromatiche ed alcuni particolari collegati alla lingua in cui era espresso
il valore stesso del singolo francobollo. Essi vennero emessi sia per la posta ordinaria (in
numero di sei) che per la posta aerea (in numero di due) con validità dal 1° aprile 1938 sino
al 30 setembre 1938106. Nel primo caso, il valore da 5 centesimi color seppia chiaro per la
Libia e bruno-scuro per l’A.O.I. mostra l’Augusto di Prima Porta ritrato di 3/4 con sullo
sfondo una carta dell’espansione di Roma che ricorda ancora una volta quelle dell’allora via
106
Vd. Regio Decreto 10 marzo 1938-XVI, n. 772, Emissione di rancobolli commemorativi del bimillenario di Augusto e della
Mostra Augustea della Romanità, per l’Arica Italiana, pubblicato nella «Gazzeta Uiciale del Regno d’Italia», a. 79°, n. 189
di martedì 21 giugno 1938-XVI, da cui traggo anche le precise indicazioni circa la diferente cromia degli equivalenti valori
delle due serie.
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 273
Fig. 76
dell’Impero, mentre il moto IMPERIVM / SINE FINE / DEDI che nell’Eneide virgiliana è
fato pronunciare a Giove, qui assume sostanzialmente il valore di un memento di Augusto
ai “Romani della modernità”. Lo stesso soggeto si ripete nei valori da 25 centesimi color
verde chiaro per la Libia e verde-scuro per l’A.O.I. e da 75 color rosso-cinabro per la Libia e
rosso-lacca per l’A.O.I. Nel valore da 10 centesimi color sanguigno chiaro per la Libia e sanguigno-scuro per l’A.O.I. è invece raigurata la Vitoria con cornucopia del famoso rilievo di
Cartagine, la cui simbologia è abbastanza evidente. Il calco di questo rilievo era esposto alla
Mostra Augustea della Romanità e si trova ora al Museo della Civiltà Romana107. Lo stesso
107
Vd. R. Vighi - C. Caprino, Mostra Augustea della Romanità, I, cit., p. 20, n. 16 ed ora Museo della Civiltà Romana, cit., p.
4, n. 5 (inv. MCR n. 5).
274
Anna Maria Liberati
tema caraterizzava il valore da 50 centesimi color viola-vino per la Libia e viola-bluastro per
l’A.O.I. e quello da 1,25 Lire color bleu chiaro per la Libia e bleu-scuro per l’A.O.I. Nel caso
dei valori di posta aerea, invece, venne scelto il soggeto dell’aquila che si libra in volo lottando contro un serpente, trato dai rilievi dell’arco dei Sergii a Pola, che quindi caraterizza
i valori da 50 centesimi color seppia chiaro per la Libia e bruno per l’A.O.I. e da 1 Lira color
viola-vino per la Libia e viola per l’A.O.I.
Corrado Mezzana
L’autore delle illustrazioni dei francobolli del Bimillenario Augusteo è Corrado Mezzana
(ig. 77), alcune delle cui opere abbiamo già ammirato e sul quale è ora necessario sofermarsi108. Nato a Roma il 7 giugno 1890 e laureatosi in Giurisprudenza a Roma nel 1912 con
una tesi dal titolo La legislazione delle belle arti e delle antichità, Mezzana sino dal 1908 frequentava l’Istituto delle Belle Arti ed anzi nel 1914 otenne l’abilitazione all’insegnamento del disegno nelle Scuole tecniche e negli Istituti artistici, partecipando nel contempo a
prestigiosi concorsi di pitura. Uiciale d’Artiglieria durante la I guerra mondiale tra il 1917
ed il 1918, Mezzana iniziò poi dal 1919 a lavorare anche come scenografo109. Avvicinatosi
nel fratempo all’ambiente catolico, nel corso degli anni ’30 collaborò ad alcune iniziative
del Governatorato di Roma ed alla stessa Mostra Augustea della Romanità, ove allestì la
Sala dell’Industria e dell’Artigianato110. A diferenza che in altre sue forme d’espressione
artistica nelle quali in questi anni è riconoscibile una cristallizzazione su formule di accademismo classicheggiante, nei bozzeti dei francobolli egli riuscì a rendere in una felice sintesi
la complessità compositiva dei particolari e l’immediatezza espressiva dell’allegoria111. Sul
inire e dopo la II guerra mondiale fu sopratuto impegnato nell’ambito della Pontiicia
Commissione Centrale d’Arte Sacra in Italia per il recupero delle chiese danneggiate e nella “sensibilizzazione” verso la tutela dei beni culturali. Nel 1945 promosse la nascita del
Centro Nazionale dell’Artigianato e nel 1947 assunse la presidenza dell’Ente Nazionale per
l’artigianato e le piccole industrie di Roma. Morì a Roma il 15 setembre del 1952112.
Nella presente sede ne seguiamo la produzione ilatelica sopratuto sino al Bimillenario
Liviano del 1941 ed in proposito, in A.O.I., appena poco tempo prima di quella per il Bimillenario Augusteo, venne emessa il 7 febbraio 1938 una serie cosiddeta “pitorica” di posta
108
Su Corrado Mezzana vd. F. Zeri, I rancobolli, cit., pp. 39-44; R. Ruscio, s.v. Mezzana, Corrado, in «Dizionario Biograico
degli Italiani», 74, Roma 2010, pp. 73-75 con ulteriore bibliograia e F. Giuliani, Il canone, cit., pp. 21-23, 50, 56, 83, 89-90,
98-100.
109
F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 41 rimarca l’importanza di tale esperienza per Mezzana in riferimento al valore da 15 centesimi
della serie virgiliana, quello illustrante Eleno ed Enea.
110
Cfr. l’elenco degli «Artisti che hanno collaborato all’allestimento architetonico e decorativo della Mostra» in R. Vighi C. Caprino, Mostra Augustea della Romanità, I, cit., pp. XXVII-XXVIII (XXVIII).
111
F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 41, ritiene che: «Ma è doveroso aggiungere che l’aspeto più valido del Mezzana va riconosciuto
nei bozzeti per i francobolli, dove la complessità culturale e compositiva, unita alla carica simbolico-allegorica, si risolve in
una chiara, perfeta leggibilità, nonostante la minuta cura dei particolari, e a dispeto della stampa rotocalcograica, sulla quale
incombe costante il rischio del risultato confuso, torbido».
112
A partire dal 1936 Mezzana fu anche l’arteice delle principali emissioni ilateliche dello Stato della Cità del Vaticano: vd.
le considerazioni svolte in proposito da F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 43 ed ancora, con più generale riferimento al rapporto tra
Mezzana ed il Catolicesimo, p. 44.
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 275
Fig. 77
Fig. 78
Fig. 79
Fig. 80
Fig. 82
Fig. 81
ordinaria, dovuta a diversi artisti ed in cui compaiono quatro valori dovuti a Mezzana. Il
soggeto è sempre il medesimo: un busto del Re Imperatore tra fronde di alloro, che qui
vediamo nel valore violeto da 7 ½ centesimi (ig. 78). È possibile notare come il soggeto
richiami due valori sui quali ci siamo appena sofermati: il valore da 75 centesimi di posta
ordinaria e quello da 5 Lire + 1 di posta aerea della serie del Bimillenario Augusteo per il
Regno d’Italia, ripresi, con diversa colorazione per le Isole Italiane dell’Egeo.
Alla stessa serie “pitorica” appartenevano altri soggeti non dovuti a Mezzana ma di nostro direto interesse per il rapporto tra Roma antica ed Italia moderna e per il richiamo in
chiave assolutamente moderna a iconograie almeno in parte di derivazione classica, come nel
caso (ig. 79) dell’Aquila romana vincitrice sul Leone di Giuda etiopico, che sembra atualizzare il tema classico della provincia capta, oppure quello della personiicazione del Nilo (ig. 80),
in questo caso naturalmente il Nilo Azzurro che ha origine presso il monte Giesc, in Etiopia
nelle vicinanze del lago Tana e che giunto presso Karthoum si unisce al Nilo Bianco dando
origine al Nilo propriamente deto. Ricorda invece il tema del “ritorno” il soggeto presente ad
esempio nel valore verde da 15 centesimi (ig. 81), in cui, sullo sfondo di un fascio litorio, una
camicia nera della Milizia coloniale tiene streta un’insegna di legione che in luogo delle consuete eigi reca sia il ritrato di Mussolini che lo Scudo Savoia. Sempre il tema del “ritorno”
è adombrato anche nel soggeto, presente ad esempio nel francobollo di colore verde da 1
Lira (ig. 82), in cui l’ombra delle aquile delle insegne legionarie si staglia lungo un’assolata
strada che corre in uno sconinato paesaggio coloniale e che trae forse ispirazione dai francobolli di posta aerea del Bimillenario Virgiliano del 1930, che abbiamo illustrato sopra.
276
Anna Maria Liberati
Prima di tornare a Corrado Mezzana non si può non ricordare un
altro adeguamento del tema della provincia capta presente in due valori emessi sempre per l’A.O.I. ma questa volta l’11 maggio 1940 nella
serie di posta ordinaria che commemora la I Mostra Italiana delle Terre d’Oltremare. Si trata del valore verde da 25 centesimi e di quello
azzurro da 1,25 Lire (ig. 83), in cui una vitoria alata sotomete il
Leone di Giuda etiope.
Tornando a Mezzana, è a lui che si deve la più compiuta sintesi della
continuità da Roma antica all’Italia moderna passando per gli esponenti della “Civiltà Italiana” e per il Risorgimento nazionale. Si trata della
Fig. 83
serie di posta ordinaria emessa il 28 otobre 1938 per commemorare
la proclamazione dell’impero e valida sino al 31 dicembre 1939113. Ciascun valore identiica
un personaggio cardine della continuità e vi aianca una frase trata da uno dei discorsi di
Mussolini, che viene poi irmata dalla carateristica “M”114. Così (ig. 84), il valore bruno da
10 centesimi illustra Romolo mentre traccia il solco primigenio dando vita a Roma, quello
rosso da 20 ci mostra ancora una volta Augusto nella consueta, fortunata ed ideologicamente
accativante iconograia115. Dante, già raigurato con alto valore ideale nella serie del 1921, si
trova ora inserito in un contesto ideologicamente più struturato ma che anche proprio in quel
precedente afonda le sue radici. Figura infati nel valore verde da 25 centesimi mentre osserva
l’Aquila e la Croce, simboli di quel sistema di governo universale che rendeva il Poeta caro in
modo particolare al Fascismo. La “Civiltà Italiana”, che avrebbe consentito il mantenimento
dei valori della “stirpe” pur in assenza di un’unità politica, è poi rappresentata da Cristoforo
Colombo nel valore bruno da 30 centesimi e da Leonardo da Vinci nel valore viola da 50. È
quindi (ig. 85) la volta del Risorgimento nazionale e dunque reincontriamo nel valore rosso
da 75 centesimi Giuseppe Garibaldi116, che avevamo già visto eigiato nella serie commemorativa del 1932, raigurato questa volta mentre cavalca tra i vessilli nazionali di concerto con
Vitorio Emanuele II, guardandolo come ad un capo. Al Risorgimento seguono naturalmente
– secondo il pensiero dell’epoca – la I guerra mondiale nel valore azzurro da 1,25 Lire e la
Rivoluzione fascista in quello nero da 1,75, in cui sullo sfondo di un’ideale autocolonna delle
Camicie nere in marcia su Roma si scorgono le arcate dell’acquedoto Claudio. La continuità si compie con il risorgere dell’impero raigurato negli ultimi due valori. Il primo è quello
grigio-verde da 2,75 Lire, in cui la corona ferrea dei Re d’Italia si staglia sull’Africa Orientale,
113
Cfr. I nuovi rancobolli commemorativi della proclamazione dell’Impero, in «Rivista delle Telecomunicazioni e dei Servizi
Postali», aprile 1938, in cui sono indicate le fonti delle citazioni mussoliniane presenti nei francobolli.
114
Cfr. F. Giuliani, Il canone, cit., p. 84: «Siamo di fronte, insomma, ad una grande chiamata alle armi di personalità illustri
esaltate nei diversi valori dell’emissione». F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 33 fa giustamente notare che questa serie «può ben
deinirsi la serie storiograica della ilatelia fascista».
115
Come indicato in I nuovi rancobolli commemorativi, cit., si trata delle «parole del Duce nella sala di Augusto alla Mostra della
Romanità». In questo caso “Mostra della Romanità” sta per “Mostra Augustea della Romanità”, secondo un uso che era consueto
nella stampa dell’epoca. Si trata di alcune parole presenti in una delle iscrizioni che ornavano la Sala X della Mostra Augustea
della Romanità: vd. R. Vighi - C. Caprino, Mostra Augustea della Romanità, I, cit., p. 132. La frase di Mussolini venne trata da
un discorso pubblicato dapprima come B. Mussolini, Elogio ai gregari, nel numero di febbraio 1925 di «Gerarchia».
116
F. Zeri, I rancobolli, cit., p. 33 rileva che «in Garibaldi la mitopoiesi fascista ravvisa uno dei protagonisti di quell’anello
della fatale catena che doveva poi necessariamente risolversi nella fondazione dell’Impero: l’anello della Unità italiana».
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 277
Fig. 84
Fig. 85
Fig. 86
inquadrata da fasci, baionete, vanghe ed una croce: elementi che, accostati a formare in vario
modo ed a loro volta due croci, alludono alla nuova Italia, ai suoi valori ed al rapporto con il
Catolicesimo, che com’è noto fu particolarmente positivo durante la Guerra d’Etiopia. L’ultimo valore è quindi quello rosso da 5 Lire in cui è raigurato il Re Imperatore, con le date
simboliche e “fatidiche” del suo regno – la guerra italo-turca, la vitoria nella I guerra mondiale
e la conquista dell’impero – ed i luoghi altretanto fatidici: Tripoli, Rodi, Trento, Trieste ed
Etiopia. Vennero emessi anche valori di posta aerea che riprendono però semplicemente i
soggeti di Vitorio Emanuele III, Dante e Leonardo.
Il Bimillenario della nascita di Tito Livio
Giungiamo così alla partecipazione italiana alla II guerra mondiale. In questo quadro, nel
1941, si celebrava il Bimillenario della nascita di Tito Livio e l’Istituto di Studi Romani,
tra le altre iniziative, si fece promotore di una serie ilatelica composta di quatro valori che
venne emessa il 13 dicembre 1941 con validità sino al 31 marzo 1943117. I temi delle illustrazioni sono dovuti ancora una volta a Corrado Mezzana e sono essenzialmente due,
uno per ciascuna delle due coppie in cui si suddivide la serie (ig. 86). Il primo valore che
117
Circa l’emissione ilatelica per il Bimillenario Liviano vd. AINSR, s. Afari Generali (AG), b. 84, f. 58. Anche questa
emissione costituisce oggeto del già citato contributo in corso di stampa della scrivente e di E. Silverio su «Studi Romani».
278
Anna Maria Liberati
incontriamo è quello rosso da 20 centesimi sovraprezzato di 10, che illustra una scena di
combatimento, ripresa anche nel successivo valore color seppia da 30 + 15 centesimi. Il
moto NE QUOD / TOTO ORBE / TERARVM / INIVSTVM / IMPERIVM SIT è trato
da Livio XXXIII 33, 7: «Ainché in tuto l’orbe non vi sia un impero ingiusto». Tale, infati,
sarebbe stato il senso da atribuire al moto nel 1941 – evitando traduzioni questa volta sì
ilologicamente più atente – in considerazione dell’ovvio riferimento al confronto ormai
lungo con il British Empire. È poi documentato che Mezzana inserì il passo liviano per
averlo visto riprodoto in occasione della Mostra Augustea della Romanità118.
Due legionari in bataglia illustrano invece il valore viola da 50 centesimi + 25 ed il valore azzurro da 1,25 Lire sovraprezzato di 1 Lira. Il moto è: IVSTVM EST / BELLVM /
QVIBUS NECESSARIVM ed è trato da Livio IX 1, 10, cioè «È secondo dirito la guerra
per coloro ai quali è necessaria». Più precisamente, tutavia, si trata di una ripresa del passo
liviano mediata dalla sua recezione nel Nicolò Machiavelli del Principe e dei Discorsi sopra
la Prima Deca di Tito Livio. Per comprendere meglio questa sfumatura dobbiamo, pur senza
addentrarci troppo nella materia, introdurre il conceto di bellum iustum119. Nel Dirito romano con tale sintagma si intende una guerra condota “secondo il dirito”, ovvero indeta
nel rispeto di determinate regole sia giuridiche che religiose, che infati vede in principio
il coinvolgimento dei sacerdoti feziali, che deve inoltre presentarsi come risposta ad un’aggressione, come legitima difesa o ancora come recupero di qualcosa di sotrato indebitamente, o inine come riscato per un torto subito. Al bellum iustum, insomma, è soteso un
universo di valori che sono insieme etico-morali, giuridici e religiosi e comunque alla base
della sua nozione giuridico-religiosa v’è il raggiungimento di un ine di giustizia. In Livio le
parole riportate nel moto del francobollo non sono fate pronunciare ad un romano, ma al
comandante dei Sanniti C. Ponzio: l’episodio è infati cronologicamente poco distante da
quello delle Forche Caudine. Ciò ha indoto alcuni a ritenere che in questo passo, anteponendo la necessità alla giustizia, il senso del bellum iustum sarebbe capovolto120. In efeti
altri ritengono che qui Livio voglia metere in risalto le cause morali della sconita dei Romani alle Forche Caudine, ed allora è evidente che in questo caso sarebbe iustum il bellum
condoto dai Sanniti per difendersi dai Romani ed in tal senso è del resto l’intero capitolo 1
del IX Libro. Diversa è la letura del passo in Machiavelli, che per primo elimina il riferimento ai Sanniti, che separa la necessitas dal quadro giuridico-morale della causa giusta e ne fa
un principio d’azione permanente121. Volendo tutavia restare su di un piano esclusivamente storico-giuridico, noteremo come proprio in riferimento al passo liviano e nel corso di
una tratazione dedicata al bellum iustum, sia stato fato notare che «assai signiicativamente
118
Vd. “Nota per il Presidente” datata 11 dicembre 1941 in AINSR, s. AG, b. 84, f. 58 e cfr. R. Vighi - C. Caprino, Mostra
Augustea della Romanità, I, cit., p. 3.
119
La bibliograia sul bellum iustum è estremamente vasta: trovo utile rinviare in questa sede al recente lavoro di M.F. Cursi,
«Bellum iustum» tra rito e «iustae causae belli», in «Index. Quaderni camerti di studi romanistici», 42 (2014), pp. 569-585,
con ampia discussione dei più recenti contributi sul tema, specie in relazione al pensiero ciceroniano.
120
Vd. I. Ramelli, Il conceto di iure caesus e la sua corrispondenza con quello di bellum iustum, in Guerra e dirito nel mondo
greco e romano, a cura di M. Sordi, Milano 2002, pp. 13-27 (15, nota 10).
121
Così M. Senellart, Machiavellismo e ragion di Stato, Firenze 2013, specie il cap. 2, par. 1.
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 279
appare fondato sulla necessitas, fonte di ius per i giuristi romani, il conceto di bellum iustum
enunciato da Tito Livio, per quanto in riferimento ad ambiente non romano»122.
Nel nostro caso, comunque, l’elemento morale ed almeno latu sensu di giustizia della
guerra è recuperato dall’idea della partecipazione al conlito mondiale come ultimo ato
di riscato dell’Italia imperiale, come lota contro i nemici di sempre che le impediscono la
crescita che le speterebbe naturalmente: i “Romani della modernità” sono insomma nelle
stesse condizioni dei “Sanniti di Caudio” e per loro necessità e giustizia si fondono123.
Ritorno alla Repubblica Romana, ma del 1849 (1943-1948)
Tutavia, la “guerra giusta” dell’Italia imperiale, vuoi per un peccato di hybris, vuoi per l’impietas dell’alleanza con la Germania nazionalsocialista, fallisce e lo stesso Gran Consiglio
del Fascismo tra il 24 ed 25 luglio 1943 siducia Mussolini. S’avvia così al tramonto il mito
della “terza Italia”, che s’era identiicato con quello della “terza Roma”, ormai bandito perché
sovrapposto a quel Fascismo che aveva condoto l’Italia alla sconita.
L’idea di impero, associata a compromessi ritenuti non aderenti ai valori iniziali del Fascismo,
scompare sostanzialmente anche dalla stessa Repubblica Sociale Italiana, dove piutosto è viva
quella di repubblica, ma sopratuto della Repubblica Romana del 1849. È il Fascismo che si
propone ancora come ultimo interprete dei valori del Risorgimento e questa volta lo straniero
da combatere sono gli anglo-americani (ig. 87). Non a caso in una cartolina di posta militare
(ig. 88), su di uno sfondo di rovine che possono alludere tanto a quelle classiche che a quelle
provocate dai bombardamenti alleati124, è raigurato lo stesso Gofredo Mameli che guida una
carica di Camicie rosse garibaldine e di Bersaglieri della R.S.I., mentre il moto avverte che «LO
SPIRITO DI GOFFREDO MAMELI / DIFENDERà LA REPUBBLICA SOCIALE» ed in
alto sono le parole di quello che oggi è diventato l’Inno nazionale: «FATELLI D’ITALIA /
L’ITALIA S’È DESTA».
Curiosamente, ma neanche poi tanto, a guerra inita, instaurata la Repubblica Italiana, è del
3 maggio 1948, con validità al 31 dicembre 1949, la serie celebrativa del centenario del Risorgimento, dovuta ad un Mezzana “transitato” alla Repubblica Italiana125, e due valori celebrano
122
Così F. Sini, Ut iustum conciperetur bellum: guerra “giusta” e sistema giuridico-religioso romano, in «Dirito@Storia. Rivista
Internazionale di Scienze Giuridiche e Tradizione Romana» 2 (2003). Il riferimento ai giuristi romani, vd. ibidem, nota 103,
è a D. 1, 3, 40 (Modest. lib. I reg.).
123
Sul tema della “guerra giusta” vd. ancora C. Galassi Paluzzi, Continuità di Roma, in «Roma», XVIII (1940), 6, pp.
165-167.
124
Rammento che la R.S.I. dedicò alcune emissioni ilateliche ai monumenti distruti dai bombardamenti alleati, le cui
immagini erano in molti casi accompagnate dall’iscrizione «Hostium rabies diruit». Circa queste serie vd. A. Pedersoli,
La serie dei rancobolli “Hostium Rabies Diruit”, in «Engramma La Tradizione Classica nella Memoria Occidentale» a. IX, n.
61 (gennaio 2008), pp. 7-8 ed Id., “Hostium rabies diruit”. La serie di rancobolli ‘Monumenti distruti’ (giugno 1944- febbraio
1945), in «Opus Incertum» a. IV-V (2009-2010), n. 6-7, Costruzioni e ricostruzioni dell’identità italiana, a cura di G. Belli e
M. Centanni.
125
F. Giuliani, Il canone, cit., p. 99: «I francobolli apparsi nel 1948 per celebrare il Centenario del Risorgimento, sempre di Mezzana,
si rifanno invece ad un periodo storico, e insieme ad un mito fondante, caro anche al Ventennio, ma operandone una diversa
letura, che vedeva nella lota al Fascismo l’ultima e più alta incarnazione di quella gloriosa stagione otocentesca. Il messaggio della
Proclamazione dell’Impero del 1938 era smentito seccamente, per ironia della sorte, per mano dello stesso disegnatore, rimasto al
suo posto, segno, quindi, che era riuscito a rimanere indenne da sospeti e accuse di complicità». Circa l’atività artistica di Mezzana
nell’immediato dopoguerra cfr., relativamente alla serie emessa il 31 otobre 1946 per celebrare il referendum del 2 giugno, F. Zeri, I
rancobolli, cit., p. 44: «Dal travisamento, in chiave nazionalista, della storia di Roma antica, si passa ora a quello della storia dell’Italia
280
Anna Maria Liberati
la Repubblica Romana del 1849, a cominciare dal viola da 50 Lire. Ma è nel grigio da 100
Lire che ricompare Gofredo Mameli, raigurato in punto di morte e cooptato nell’ideologia
dell’Italia repubblicana e della continuità tra un “primo” ed un “secondo” Risorgimento126.
Fig. 87. La disperazione di un’anziana Camicia rossa garibaldina per la “caduta” dell’Italia, che precipita
dall’impero del 9 maggio 1936 alle macerie materiali e
morali del “tradimento” dell’8 setembre 1943. Riproduzione di un manifesto del 1943 realizzato da Gino
Boccasile per la Repubblica Sociale Italiana (Collezione privata).
Fig. 88
medievale, in un’atmosfera che si fa sempre più pesante e sempre più catolica […]». Tornando al Risorgimento, ricordo
come la R.S.I. aveva invece dedicato una serie di tre valori al centenario dei fratelli Bandiera, emessa il 6 dicembre 1944.
126
Su questo valore in particolare cfr., anche per un’inesatezza circa la raigurazione della ferita del patriota, F. Giuliani, Il
canone, cit., p. 99.
La storia atraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento 281
Conclusioni
Dopo aver visto in che modo fati, eventi e personaggi della storia romana ed italiana siano
stati, anche prima del Fascismo, inseriti in un’idea di rinnovamento nazionale che avrebbe
dovuto portare, con diverse declinazioni a seconda del periodo considerato, ad una nuova
civiltà o perlomeno ad una più grande Italia, dovremo però notare che, come è stato evidenziato anche in tempi recenti127, l’Italia del secondo dopoguerra, streta peraltro tra gli
opposti universalismi catolico e comunista che la sovrastavano e ne inglobavano la speciicità, ha perso gradualmente il rapporto con il proprio passato e si avvia ad essere «né Stato
né Nazione» mentre gli Italiani sembrano essere rimasti pericolosamente «senza padri».
Da ultimo appaiono signiicative e condivisibili le considerazioni presenti in una recente
monograia dedicata proprio ad alcuni dei temi sui quali ci siamo sinora sofermati, ma che
evidentemente intendono essere di portata più generale128:
Nella seconda parte del Novecento molti riletori si spegneranno su quei quadri e su
quei nomi illustri. I punti di riferimento diventeranno altri e la politica culturale italiana, seguendo un comportamento indubbiamente miope, cancellerà non pochi richiami alla nostra
tradizione e ai nostri valori fondanti e uniicanti. Sempliicando, si farà l’errore di chi rimedia
ad un eccesso (la strumentalizzazione) con un altro (il disinteresse, se non il riiuto deliberato), producendo gli esiti che sono soto gli occhi di tuti.
In questo vuoto, i maestri del pensiero e del comportamento saranno sempre più scelti
dai mass-media, producendo un costante livellamento verso il basso. […].
Rimane, comunque, incancellabile, osservando una serie come quella del 1932, il rimpianto per una nazione che gestisce così male il suo enorme patrimonio culturale, evitando
troppo spesso non solo, com’è giusto, di strumentalizzarlo, ma anche, purtroppo, di conoscerlo e valorizzarlo.
Anna Maria Liberati
127
E. Gentile, Né Stato né Nazione. Italiani senza meta, Roma-Bari 2010 e Id., Italiani senza padri. Intervista sul Risorgimento, a
cura di S. Fiori, Roma-Bari 2011. Circa tali ed altre connesse questioni vd. comunque già Id., La Grande Italia, cit., pp. 229-373
nonché p. 4 per la nozione di “mito” impiegata dall’Autore.
128
Così F. Giuliani, Il canone, cit., p. 81.