Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                
1940 – 2020 Der Ausstellungskatalog leistet die erstmalige historische Aufarbeitung des brisanten Materials. Darüber hinaus setzt er den so verkitschten wie verstörenden Visionen völkischer Zukunft die zeitgenössische Ästhetik des Künstlers Riccardo Giacconi entgegen, dessen Zyklus Tingierung von 2019 eine zusätzliche Brechung und Verfremdung des Materials bietet. Ottanta anni fa il drammatico percorso che portava alle Opzioni sudtirolesi giungeva al culmine. Per l’occasione la mostra allestita a Castel Tirolo presenta al pubblico materiali della propaganda nazionalsocialista di cui prima d’ora si ignorava l’esistenza, ideati per promuovere l’emigrazione compatta della popolazione sudtirolese nel grande Reich germanico. I bozzetti provengono dal lascito di Josef Dorfmann (1921-1944), un membro sudtirolese delle SS, ed erano indirizzati al Volksgruppenführer Peter Hofer. In essi vengono valorizzati con forza aspetti visuali a cui prima d’ora non si era prestata nessuna attenzione. Gli artefatti apologetici si rivolgevano soprattutto alle élite giovanili che si andavano costituendo nel Völkischer Kampfring Südtirols (VKS – Fronte patriottico sudtirolese) o negli ambienti filonazisti che ruotavano attorno a esso. I bozzetti propagandistici sono di diverse mani, solo parzialmente identificabili. Tuttavia, la regia d’insieme di Dorfmann li ha trasformati in un impressionante documento d’insieme del totalitarismo völkisch. Pur promuovendo l’emigrazione compatta nel Reich germanico, i bozzetti evidenziano anche gli aspetti ambivalenti di questa cocciuta insistenza, che possono essere colti soltanto tenendo a mente che esistevano stati d’animo profondamente contraddittori. Il catalogo della mostra presenta una prima contestualizzazione storica di questo materiale “scottante”, le cui visioni kitsch e alienanti di un futuro völkisch sono contrastate anche dall’estetica contemporanea dell’artista Riccardo Giacconi, che nel suo ciclo Tingierung del 2019 ne offre un’ulteriore rifrazione e straniamento. „GROSSDEUTSCHLAND RUFT!“ “LA GRANDE GERMANIA CHIAMA!” 80 Jahre ist es her, seit die Vorgänge der Südtiroler Option ihren dramatischen Höhepunkt erreicht haben. Aus diesem Anlass zeigt die Ausstellung auf Schloss Tirol bislang völlig unbekanntes nationalsozialistisches Propagandamaterial, das für die geschlossene Abwanderung der Südtiroler Bevölkerung in das Großdeutsche Reich warb. Die Entwürfe stammen aus dem Nachlass des Südtiroler SS-Mitglieds Josef Dorfmann (1921–1944) und waren an den „Volksgruppenführer“ Peter Hofer adressiert. In ihnen kommen verstärkt visuelle Aspekte zum Tragen, die bisher noch kaum in den Blick geraten sind. Die apologetischen Artefakte richteten sich bevorzugt an jugendliche Eliten, die sich im Völkischen Kampfring Südtirols (VKS) oder in seinem pronazistischen Umfeld formierten. Die Propagandazeichnungen stammen von unterschiedlichen Händen, die nur teilweise zugewiesen werden können. Aufgrund von Dorfmanns Gesamtregie bilden sie aber ein eindrucksvolles Gesamtdokument des völkischen Totalitarismus. Obwohl die Entwürfe für die geschlossene Abwanderung in das Deutsche Reich warben, geben sie auch ambivalente Momente der Beharrung zu erkennen. Diese sind nur vor dem Hintergrund widersprüchlicher Emotionen zu erschließen. Hannes Obermair „GROSSDEUTSCHLAND RUFT!“ “LA GRANDE GERMANIA CHIAMA!” Südtiroler NS-Optionspropaganda und völkische Sozialisation La propaganda nazionalsocialista sulle Opzioni in Alto Adige e la socializzazione völkisch Katalog zur Ausstellung Südtiroler Landesmuseum für Kultur- und Landesgeschichte Schloss Tirol September–November 2020 Catalogo della mostra Castel Tirolo – Museo storico-culturale della Provincia di Bolzano settembre–novembre 2020 Riccardo Giacconi TINGIERUNG Es liegt auf der Linie der historisch-politischen Ausstellungen des Südtiroler Landesmuseums Schloss Tirol, ästhetische Gegenpositionen zu belastetem historischen Material zu bieten. Der Weg wurde mit der Ausstellung „Mythen der Diktaturen – Kunst in Faschismus und Nationalsozialismus“ im Frühjahr 2019 erfolgreich vorgezeichnet und wird aus Anlass des Optionsthemas als Gestus zeitgenössischer Distanznahme wiederholt. Neben die diskursivreflexive Aufarbeitung des apologetischen NS-Propagandamaterials in Ausstellung und Katalog tritt damit wiederum eine künstlerische Bearbeitung des Themas und seiner bestimmenden Motive. Die Reprise des Materials und dessen Verfremdung machen den autoritären Kern des historischen Prozesses sichtbar. Dieser Ansatz verdankt sich dem Künstler Riccardo Giacconi. Riccardo Giacconi wurde 1985 in San Severino Marche (Macerata) geboren. Er studierte Bildende Kunst an der IUAV – Universität Venedig und setzte seine Studien in Lyon und Poitiers fort. Seine Arbeiten wurden in verschiedenen Ausstellungen präsentiert, unter anderem im Grazer Kunstverein (Graz), ar/ge kunst (Bozen), MAC (Belfast), WUK – Kunsthalle Exnergasse (Wien), FRAC – Champagne-Ardenne (Frankreich), tranzitdisplay (Prag), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Turin) und auf der Internationalen Biennale für junge Kunst in Moskau. Er war artist in residence im Künstlerhaus Büchsenhausen (Innsbruck), im Centre international d’art et du paysage (Vassivière, Frankreich), in Lugar a Dudas (Cali, Kolumbien), in La Box (Bourges, Frankreich) und im MACRO – Museo di Arte Contemporanea in Rom. Im Jahr 2016 erhielt er den Videoproduktionspreis ArteVisione, vergeben von Sky Arte und Careof. Er präsentierte seine Filme auf mehreren Festivals, darunter das New Yorker Filmfestival, das Internationale Filmfestival Rotterdam, das Filmfestival von Venedig, Visions du Réel, das Turiner Filmfestival und FID Marseille, wo er 2015 den Großen Preis des internationalen Wettbewerbs gewann. Im Jahr 2007 war er Mitbegründer des Kollektivs Blauer Hase, mit dem er für die periodische Publikation Paesaggio und das Festival Helicotrema verantwortlich ist. Giacconi hat seinen Werkzyklus Tingierung ursprünglich für den Steirischen Herbst (Graz 2019) entworfen. Er orientiert sich darin eng an den Ereignissen zwischen 1939 und 1943, als die deutschsprachige Bevölkerung Südtirols vor die Wahl gestellt wurde, entweder in das benachbarte nationalsozialistische Österreich (und andere Gebiete des Dritten Reiches) auszuwandern oder im faschistischen Italien zu verbleiben und zwangsweise in den italienischen Kulturkreis integriert zu werden. Die erzwungene Wahl beruhte auf einem Abkommen zwischen den beiden Diktatoren Mussolini und Hitler, die damit zum Vorteil beider agierten – Mussolini wurde die Brennergrenze zugesichert, Hitler bekam die deutschsprachige Bevölkerung als willkommene „Verschiebemasse“ zugesprochen, zumal im bereits vom Zaun gebrochenen Weltkrieg. È in linea con le mostre storico-politiche del Museo provinciale di Castel Tirolo offrire contrappunti estetici a materiale storico contaminato. Un siffatto approccio è stato tracciato con successo con la mostra “Miti delle dittature – L’arte nel fascismo e nel nazionalsocialismo” allestita nella primavera del 2019 e viene qui ripreso in occasione del tema delle Opzioni come gesto di distanza contemporanea. Oltre alla rivalutazione riflessiva del materiale di propaganda apologetica nazista presente in mostra e nel catalogo, il tema e i motivi che lo definiscono saranno nuovamente trattati artisticamente. La ripresa del materiale e la sua alienazione rendono visibile il nucleo autoritario del processo storico. Questo approccio lo si deve all’artista Riccardo Giacconi. Riccardo Giacconi è nato a San Severino Marche (Macerata) nel 1985. Ha studiato Arti Visive presso l’Università IUAV di Venezia, proseguendo gli studi a Lione e a Poitiers. Il suo lavoro è stato presentato in varie esposizioni, tra le quali Grazer Kunstverein (Graz), ar/ge kunst (Bolzano), MAC (Belfast), WUK Kunsthalle Exnergasse (Vienna), FRAC Champagne-Ardenne (Francia), tranzitdisplay (Praga), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino) e International Biennale for Young Art di Mosca. È stato artista in residenza presso Künstlerhaus Büchsenhausen (Innsbruck), Centre international d’art et du paysage (Vassivière, Francia), Lugar a Dudas (Cali, Colombia), La Box (Bourges, Francia) e MACRO – Museo di Arte Contemporanea di Roma. Nel 2016 ha ricevuto il premio di produzione video ArteVisione, a cura di Sky Arte e Careof. Ha presentato i suoi film in diversi festival, fra cui il New York Film Festival, l’International Film Festival Rotterdam, la Mostra del Cinema di Venezia, il Visions du Réel, il Torino Film Festival e il FID Marseille, dove ha vinto il Grand Prix della competizione internazionale nel 2015. Nel 2007 ha co-fondato il collettivo Blauer Hase con cui cura la pubblicazione periodica Paesaggio e il festival Helicotrema. Giacconi ha progettato Tingierung per la rassegna dello Steirischer Herbst che si è tenuto a Graz nel 2019. In questo ciclo di lavori l’artista segue da vicino gli eventi succedutisi tra il 1939 e il 1943, quando la popolazione di lingua tedesca della Provincia di Bolzano si trovò di fronte alla scelta imposta dalle dittature di emigrare nella vicina Austria nazista (e in altre zone del Terzo Reich) oppure di rimanere nell’Italia fascista e di essere completamente integrata nella cerchia culturale e sociale italiana. La scelta forzata si basava su un accordo tra i due dittatori Mussolini e Hitler, che agivano così a vantaggio di entrambi – a Mussolini fu assicurato il confine del Brennero, a Hitler fu concessa la popolazione di lingua tedesca come una gradita “massa di sfollati” da essere utilizzata per gli scopi aggressivi del regime, peraltro già in guerra. Tingierung crea collegamenti tra questi motivi – e il modo in cui sono stati utilizzati nel discorso linguistico e visivo dell’epoca dell’accordo sulle Opzioni – e il loro uso nei discorsi politici europei contemporanei. In questo senso, il progetto artistico non è emerso come un’indagine storica, sebbene attinga a materiale storico ricombinandolo e alienandolo. Si tratta piuttosto di un commento al discorso politico europeo contemporaneo, visto attraverso la lente di un evento drammatico del passato. Vor diesem Hintergrund hinterfragt Giacconis Projekt unsere gegenwärtigen Vorstellungen von Staatsbürgerschaft, Grenzen, Identität, Sprachgemeinschaft, Heimat, Nativismus, Minderheit und Migration. Die Optionsvereinbarung und ihre Folgewirkungen zeigen nachdrücklich auf, wie bevölkerungspolitische Maßnahmen von politischer Macht konstruiert, manipuliert, instrumentalisiert, fiktionalisiert und widerrufen werden – und wie solche Zwangsmaßnahmen zu dramatischen und unauslöschlichen Konsequenzen für die davon betroffenen Menschen führen. Tingierung stellt Verbindungen zwischen diesen Motiven – und der Art und Weise, wie sie im sprachlichen und visuellen Diskurs der Zeit des Optionsabkommens verwendet wurden – und ihrer Verwendung in zeitgenössischen politischen Diskursen Europas her. In diesem Sinne ist das Kunstprojekt nicht als eine historische Untersuchung entstanden, obwohl sie auf historisches Material zurückgreift und dieses neu kombiniert und verfremdet. Es versteht sich vielmehr als Kommentar des heutigen europäischen politischen Diskurses, gesehen durch die Linse eines dramatischen Ereignisses der Vergangenheit. Riccardo Giacconi, Aus der Serie / dal ciclo Tingierung (2019). „GROSSDEUTSCHLAND RUFT!“ Südtiroler NS-Optionspropaganda und völkische Sozialisation ab Seite 12 “LA GRANDE GERMANIA CHIAMA!” La propaganda nazionalsocialista sulle Opzioni in Alto Adige e la socializzazione völkisch da pagina 76 Hannes Obermair VORWORT Bildpropaganda und Option sind ein durchaus neu vorzustel‑ lendes Binom, welches es in der Ausstellung im Bergfried zu erörtern gilt. Die hier erstmals ausgestellten Aquarellentwür‑ fe mit eindeutigen politpropagandistischen Inhalten konnten als Faszikel im letzten Jahr erworben werden. Ihre bislang unbekannten Ikonografien lehnen sich auffallend an die NS‑Propaganda an. Bislang war man im Kontext der Option von einer bildarmen Propaganda ausgegangen. Wenngleich es für eine Vervielfältigung der Motive keinerlei Belege gibt, so legen die dilettierenden Entwürfe bruchlos das Gedanken‑ gut frei, unter dem sie entstanden. Mit der unter der Feder‑ führung von Hannes Obermair und Carl Kraus konzipierten Themenausstellung „Mythen der Diktaturen“ eröffnete das Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol 2019 den Themenbe‑ reich einer vertiefenden Auseinandersetzung mit der bildme‑ dialen Sprengkraft faschistischer und nationalsozialistischer Chiffren. Der offene Zugang zu den Inhalten verlangt nach einer kritischen Aufarbeitung, die für die vorliegende Ausstel‑ lung von Hannes Obermair geleistet wird, der sich akribisch mit dem mikrohistorischen Umfeld der Propaganda‑Ikono‑ grafien auseinandersetzt und dabei ihre Einbettung in das weite Feld nationalsozialistischer Kampfstrategien vornimmt. Über den Bildquellen einer folgenreichen Entscheidung der Option zeigt sich uns Heutigen der mahnende Fingerzeig, der sich gegen Wiederholung und Wiederbetätigung stellt. Die Ausstellung „Großdeutschland ruft!“ ereignet sich 80 Jahre nach dem Vollzug des Umsiedlungsunternehmens und darf als mahnendes Erinnern verstanden werden. PREFAZIONE In der Konzeption der Propagandachiffren dominieren ein‑ deutige Botschaften, welche letztlich in der Bildbearbeitung der Abtrennung Südtirols nach dem Ersten Weltkrieg wur‑ zeln. Hier konterkariert die statische Bergwelt die mobile Haltung der Auswanderer, die vor dem Deutschen Reich ihre Schwurhand heben und gewissermaßen mit gesprengter Fessel zum Gang über die Berge ansetzen. Die eindeutige Be‑ setzung mit nationalsozialistischen Bannern und Feldzeichen verortet die Bildregie eindeutig in den Aktionen des „Völki‑ schen Kampfrings“. Auch ist die gelegentliche Verwendung der Kurrentschrift ein untrügliches Kennzeichen des poli‑ tischen Bekenntnisses. Der Bedeutungsmaßstab verschiebt eigenartigerweise die Perspektive zugunsten der Optanten, indem Gebäude, wie etwa der Bozner Pfarrturm, oder die au‑ thentische Gebirgswelt nur mehr als Kulisse wahrgenommen werden. Die Signalfarbe Rot finden sich zuhauf auch an den Plakaten des Deutschen Reiches, so wie die kraftprotzende Männlichkeit der Arbeiter und Bauern und die geschlossene Vorstellung von Familie die Entscheidung zum „Gehen“ auto‑ ritär zu verordnen scheinen. Den Besucher*innen der Ausstellung mag der kalte Schauer zuträglich sein, der einem die Vorstellung der Massen‑ agitation nachvollziehen lässt, die im Südtiroler „Volk“ verankert war. 10 Leo Andergassen Direktor des Landesmuseums Schloss Tirol Il binomio propaganda iconografica e Opzioni che si può esplorare nella mostra allestita nel mastio è nuovo e del tutto inedito. I bozzetti ad acquerello dai contenuti esplicitamente propagandistici, qui esposti per la prima volta e di cui prima d’ora nulla si sapeva, sono stati acquisiti l’anno scorso rilegati nella forma del fascicolo e sono chiaramente riferibili alla propaganda nazionalsocialista. Finora si era dato per sconta‑ to che la propaganda sulle Opzioni non si fosse servita esten‑ sivamente dello strumento dell’immagine. Pur non essendoci prove a sostegno del fatto che tali soggetti iconografici siano stati effettivamente moltiplicati e diffusi, questi bozzetti dal carattere dilettantesco si mostrano in assoluta continuità con il patrimonio ideologico di cui sono il frutto. A partire dal 2019, con la mostra tematica Miti delle dittature, ideata e curata da Hannes Obermair e Carl Kraus, il Museo provinciale di Castel Tirolo ha avviato un percorso di confronto diretto e serrato con la forza e la potenza dei simboli fascisti e nazio‑ nalsocialisti. Porgere questi contenuti alla libera fruizione esige tuttavia un approccio critico, che in questo caso è stato approntato da Hannes Obermair, il quale ha indagato e ri‑ costruito con puntiglio microstorico gli ambienti che hanno originato l’iconografia propagandistica e l’ha inserita nel più ampio contesto delle strategie di dominio nazionalsocialiste. Sulla esposizione delle fonti iconografiche relative a una scelta così gravida di conseguenze come quella delle Opzioni aleggia, come monito per noi contemporanei, un messaggio di opposizione al suo ripetersi e riattivarsi. La mostra “La grande Germania chiama!”, quindi, vede la luce ottanta anni dopo il compiersi del trasferimento in massa, di cui vuol essere al tempo stesso ricordo e monito. L’ideazione dei simboli della propaganda veicola messaggi chiari e semplici che affondano le loro radici nell’elaborazio‑ ne visiva della cessione del Sudtirolo all’Italia dopo la Grande Guerra. Allo statico mondo della montagna fa da contraltare la mobile postura di coloro che si accingono a emigrare, i quali alzano la mano all’indirizzo del Reich germanico in segno di giuramento e, spezzate le catene, si apprestano a valicare i monti. La plateale presenza di bandiere e insegne militari naziste non lascia spazio a dubbi circa la regia del progetto, che rientrava fra le azioni messe in atto dal Völkischer Kampfring, il fronte patriottico sudtirolese di matrice nazista. Anche l’occasionale impiego della scrittura gotica corsiva è un inconfutabile segno di fede politica. Per quanto riguarda l’aspetto della rilevanza, è curiosamente privilegiato il punto di vista degli optanti, in quanto gli edifici, si pensi ad esempio al campanile del duomo di Bolzano, o l’autentico mondo della montagna restano sullo sfondo come quinte. Il rosso vivo abbonda anche sui manifesti del Reich germanico e la nerboruta virilità di operai e contadini così come la fa‑ miglia, immaginata come un’entità chiusa, sembrano decre‑ tare d’imperio la decisione di “partire”. Il brivido che coglie il visitatore della mostra può essere d’aiuto nel comprendere fino in fondo come il progetto di agitazione delle masse affondasse le sue radici nell’idea di “popolo” sudtirolese. 11 Leo Andergassen direttore del Museo provinciale di Castel Tirolo „GROSSDEUTSCHLAND RUFT!“ Südtiroler NS-Optionspropaganda und völkische Sozialisation 12 Die Propaganda für die Option der Südtiroler Bevölkerung zugunsten des nationalsozialistischen Deutschlands um die Jahreswende 1939/40 wurde zumeist verbal transportiert. Sie erfolgte durch (halb-)öffentliche Reden, private Überzeugungsgespräche und propagandistische Flugzettel, mit Slogans und markigen Parolen, um auf diese Weise breite Überzeugungskraft zu entfalten. Auch rituelle Elemente wie Aufmärsche, Treueschwüre und gemeinsame Abstimmungspraktiken kamen zum Zuge. Dies waren an breite Bevölkerungsgruppen adressierte Überzeugungsmuster, die auch in bisherigen Forschungen vorrangig thematisiert wurden. In den mit dieser Ausstellung erstmalig dokumentierten Materialien kommen hingegen verstärkt visuelle Aspekte zum Tragen, die noch kaum in den Blick geraten sind.* Die bisher unbekannten Artefakte richteten sich bevorzugt an jugendliche Eliten, die sich im Völkischen Kampfring Südtirols (VKS) oder in seinem Umfeld formierten. Das Südtiroler SS-Mitglied Josef Dorfmann, der in diesem Zusammenhang als entscheidender Akteur wirkte, ist ein eindrücklicher Repräsentant und Handlanger des völkischen Totalitarismus. Die Propagandazeichnungen stammen von unterschiedlichen Händen, bilden aber aufgrund von Dorfmanns Gesamtregie eine handlungsleitende Einheit. Obwohl für die geschlossene Abwanderung in das Deutsche Reich werbend, geben die Entwürfe auch eine paradoxe Ebene der Beharrung zu erkennen, die sich entscheidungslogisch nicht auflösen lässt und nur vor dem Hintergrund antagonistischer Emotionen zu erschließen ist. Der reale Verwendungszusammenhang des Gesamtmaterials war vermutlich ephemer, doch ermöglicht es eine neue Kontextualisierung der OptionsPropaganda und des Options-Geschehens. Hierzu trägt auch der Umstand bei, dass die Artefakte mit ihrem finalen Adressaten Peter Hofer an den führenden Exponenten des Südtiroler NS-Bewegung gerichtet waren. * Für Materialbeschaffung danke ich Alessandro Campaner, Harald Toniatti (beide Bozen), Christoph Haidacher (Innsbruck), Robert C. Balsam (Berlin). Hans Heiss (Brixen) und Michael Wedekind (Bremen) gilt mein besonderer Dank für ihr kritisches Lektorat dieser Ausführungen. 13 EINE HOHENWERFENER EINSTIMMUNG 14 Im November 1940 – mitten im Krieg – fand auf der Festung Hohenwerfen im Salzburger Land ein „Führerlager“ für Südtiroler Mitglieder der Hitler‑Jugend, der Jugend‑ und Nachwuchsorganisation des Nationalsozialismus, statt. Zen‑ tral innerhalb der im Frühjahr 1938 vom Deutschen Reich annektierten „Ostmark“ gelegen, war Hohenwerfen seit März 1939 zur Gauschulungsburg aufgerückt.1 Salzburgs Gaulei‑ ter Friedrich Rainer hatte die zur Stätte der Indoktrination umfunktionierte, markante Burg‑ und Festungsanlage am 5. März als Ausbildungsstätte inauguriert, NSDAP‑Mitglied Ingo Ruetz war deren erster Leiter geworden.2 Hier fanden zumeist einwöchige Lehrgänge für nationalsozialistische Kreis‑ und Ortsschulungsleiter, Bürgermeister, Schullehr‑ kräfte sowie weitere Multiplikatoren in zahlreichen Forma‑ tionen und angeschlossenen Kaderverbänden des NS‑Staates statt. Seit dem plebiszitären Südtiroler Optionsentscheid der Jahreswende 1939/40 waren vermehrt auch TeilnehmerInnen von südlich des Brenners in Hohenwerfen zu Gast, um die Verhaltensmaximen der deutschen Volksgemeinschaft zu verinnerlichen und die NS‑Tugenden von Kameradschaft, Befehl und Gehorsam, Disziplin und Selbstaufopferung einzuüben.3 „Volksgemeinschaft“ musste hergestellt werden, sie war nicht schon voraussetzungslos vorhanden, und der seltene Einblick, den die Salzburger Vorgänge bieten, ist praxeologisch aufschlussreich für die reaktionäre Schaffung einer scheinbar sprachlich‑kulturell bestimmten Schick‑ salsgemeinschaft.4 Ethnos statt Demos, dieses Konzept einer überstaatlichen Willensgemeinschaft im Zeichen von „Blut“ und „Herkunft“ gegenüber einer ungeliebten staatlichen 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Zugehörigkeit, musste gerade für Südtiroler Rezipienten attraktiv wirken, die damit die Ambiguität von italienischer Staatsnation und deutscher Kulturnation ein Stück weit auf‑ heben, wenn nicht gänzlich überwinden zu können glaubten. Der Südtiroler Schulungskurs im November 1940 erstreckte sich gar über drei Wochen: Nach dem Beginn der Unterwei‑ sungen in Innsbruck wurden die männlichen und weiblichen Kursteilnehmer von Burghauptmann Ruetz empfangen und von Untergauführerin Inge Mühlhofer und Bannführer Alf Schopper, den beiden „Lagerführern“, zur Betreuung über‑ nommen. Ruetz starb noch im Mai 1941 im Kriegseinsatz und wurde umgehend öffentlich vom NS-Fanatiker Karl Springenschmid, dem vom Regime berufenen Leiter des Salzburger Schulwesens und Hauptinitiator der Salzburger Bücherverbrennung vom 30. April 1938, als leuchtendes Vor‑ bild nationalsozialistischer Gesinnung gefeiert.5 Inge Mühl‑ hofer war Führungskraft des Bundes Deutscher Mädel, des weiblichen Zweiges der HJ; sie publizierte schon 1940/41 zwei apologetische Berichte über ihre Aktivitäten und wirkte ab 1941 im Obergau Tirol.6 Die Südtiroler NS‑Volksgruppenführung war im VKS bzw. in dessen Nachfolgeorganisation, der Arbeitsgemeinschaft der Optanten für Deutschland (AdO), organisiert.7 Unter den Akten von VKS und AdO, die im Südtiroler Landesarchiv ver‑ wahrt werden,8 hat sich auch ein offiziöser Rückblick erhal‑ ten; er wurde von Mühlhofer und Schopper angefertigt und von diesen den KursteilnehmerInnen offenbar anlässlich des Kursendes überreicht.9 Aus dem Tonfall des Berichts geht die Emphase hervor, die die nationale Erhebung nach dem für das Deutsche Reich erfolgreichen Westfeldzug gegen Frankreich und während der lange Zeit unentschiedenen Luftschlacht um Großbritannien – erster Wendepunkt des ganzen Krieges – bestimmte und durchzog.10 Das undatierte, Über die allgemeine Struktur der Gauschulungsburgen und ihre organisatorisch‑administrativen Rahmenbedingungen informiert Kraas 2004. Zum NS-Gau Salzburg einschlägig HaniscH 1997. Zu Gauleiter Rainer vgl. Klee 2005, S. 477, sowie ausführlich Williams 2005. Zur Hitlerjugend allgemein Buddrus 2003 und Kater 2005. Vgl. zum Topos der „Volksgemeinschaft“ BajoHr/Wildt 2012; zur Forschungsdebatte KersHaW 2011. springenscHmid 1941. Zu Springenschmids Rolle bei der Salzburger „Bücherverbrennung“ Hettegger/Holl/laHner 2008, S. 103. müHlHofer 1940; dies. 1941. Zu Mühlhofer s. raucHegger-fiscHer 2018, S. 35, und Hopster/josting/neuHaus 2001, Sp. 834–835. Zu VKS bzw. AdO s. WedeKind 2007 und ders. 2009 (jeweils mit weiterer Literatur) sowie egger 2018. titton 2007. Der Archivbestand befand sich über Jahrzehnte im Keller des 1967 in Bozen im Sinne eines restaurativen Kulturprogramms errichteten Kultur‑ hauses Walther von der Vogelweide und wurde erst 2005 nach mühevollen Anläufen von den Organen des Südtiroler Kulturinstituts an das Landesarchiv abge‑ treten. Die einschlägige Studie von mittermair 2002 konnte daher das Material noch nicht benutzen, in die neuere Arbeit von egger 2018 floss es hingegen ein. Südtiroler Landesarchiv, Archiv des VKS/AdO, Position 42, Bl. 4 („HJ-Führerlager Südtirol“); da es sich um einen maschinschriftlichen Matritzenabzug handelt, ist mit einer ursprünglich größeren Verteilung zu rechnen. Zum besonderen historischen Moment des Jahres 1940 KersHaW 2016, S. 476ff.; WinKler 2016, S. 907ff. zweifellos aber Ende November 1940 hergestellte Hohen‑ werfener Protokoll ist an die namentlich nicht genannten „Kameraden“ und „Kameradinnen“ der Südtiroler NS‑Bewe‑ gung, also die Vertrauensmänner und ‑frauen, Gebietsleiter und Kreisleiter der AdO, gerichtet. Die Aufzeichnung führt u. a. aus: „21 Tage gemeinsamer Arbeit liegen hinter uns, Tage, in denen wir alle wohl kaum einmal zum Verschnaufen gekommen sind! Im äusseren [!] Erlebnis war die Zeit ein Fortschreiten aus der notdürftigen Unterbringung in Inns‑ bruck11 zur Geschlossenheit und einzigartigen Erlebniskraft der Burg. Nehmt das Bild des ragenden Felsen, auf dem kühn unser Hohenwerfen thront, mit in Euere Heimat; nehmt die Kraft des Bildes, vor dem wir jeden Morgen und Abend an der Fahne standen und die scharfen Grate und Gipfel herbst‑ verschneiter Berge grüßten, mit in die schicksalsschweren Tage der Zukunft, da die Berge Euerer Heimat zu wanken beginnen.“ Nach der Anrufung „deutscher Frömmigkeit“, einer religiös durchwirkten völkischen Gesinnung, mündet der Text in die Worte: „Geht hart und entschlossen auf Euere Posten zurück! Und wenn finstere Tage kommen, die Euch zerbrechen wollen, dann lasst aus den Nebeln die Burg [Ho‑ henwerfen, Anm. d. V.] ins Sonnenlicht treten, auf der unsere Fahne, die nun auch Euere ist, wehte und richtet Euch auf an der Gewissheit des Führerwortes: ‚Deutschland ist größer als jede einzelne Not!ʻ“. Eröffnung der Gauschulungsburg Hohenwerfen am 5. März 1939 durch Salzburgs Gauleiter Friedrich Rainer, umringt von nationalsozialistischen Funktionären (Österreichische Nationalbibliothek Wien, OEGZ S 251/578) Mit diesen so pathetischen wie bildhaften Worten war die dramatische, von außen oktroyierte Staatsbürgerschafts‑ option direkt angesprochen und als kollektiver Befehl verinnerlicht. Zur Jahreswende 1939/40 hatte sich die über‑ wältigende Mehrheit von Südtirolern und Südtirolerinnen für die Annahme der deutschen Staatsbürgerschaft und eine geschlossene Abwanderung in das nationalsozialistische Deutsche Reich ausgesprochen und diesem nebenbei einen späten außenpolitischen Prestigeerfolg, mitten im schon 11 Der Beginn der Schulung wurde vielleicht im Lager Mühlau b. Innsbruck abgehalten, einem nur notdürftig eingerichteten Barackenlager für Südtiroler Umsiedler. 15 begonnenen Weltkrieg, verschafft.12 So gut die plebiszitären Vorgänge der Südtiroler Umsiedlung auch erforscht sein mögen, so wenig wissen wir über die näheren kommunikati‑ ven Prozesse Bescheid, die das Votum begleitet und dessen so eindeutigen prodeutschen Ausgang determiniert haben. Wie kam es, dass so viele der deutsch‑ und ladinischsprachi‑ gen Landesbewohner jenes orange Formular ausgefüllt und unterzeichnet hatten, mit denen sie „unwiderruflich und förmlich“ erklärten, „die deutsche Reichsangehörigkeit an‑ nehmen und in das Deutsche Reich abwandern zu wollen“?13 Die historische Forschung hat sich in der Zwischenzeit auf eine reale Zustimmungsquote von ca. 84–86% geeinigt, ein beeindruckendes Kontingent, das die vom VKS noch An‑ fang 1940 verbreiteten 90,7% nur geringfügig unterschreitet.14 Der vom VKS gleich nach der am 31. Dezember 1939 offiziell beendeten Abstimmung angeführte 90‑prozentige Abwande‑ rungsentscheid war im Übrigen eine überdeutliche Anspie‑ lung an das mit 90,73% dokumentierte Ergebnis der Saar-Ab‑ stimmung vom Januar 1935, dessen Ausgang auch in Südtirol mit nationaler Hochstimmung aufgenommen worden war und neue Hoffnungen auf eine Revision der Brennergrenze befeuert hatte.15 „Heute die Saar – wir übers Jahr“ wurde in der Südtiroler Grenzregion zum geflügelten Wort16 – die spektakulären Erfolge der aggressiven nationalsozialistischen Revanchepolitik ließen den NS‑Staat immer deutlicher als jene Kraft erscheinen, der auch die Lösung der Südtirolfrage im großdeutschen Sinn zuzutrauen war.17 Und dies im An‑ gesicht der unumstößlichen Tatsache, dass Hitler selbst in seiner Programmschrift Mein Kampf auf territoriale Forde‑ rungen gegenüber Italien verzichtet und dem italienischen Bündnispartner im Kontext des Achsenbündnisses noch 1938, zumindest in offiziellen Verlautbarungen, die Brenner‑ grenze verbürgt hatte.18 16 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 Dies dämpfte die zügellosen Hoffnungen der Südtiroler Be‑ völkerung keineswegs. Stärker noch als nach dem Saar‑Re‑ ferendum schlug das historische Momentum nach dem so‑ genannten „Anschluss“ Österreichs an das „Dritte Reich“ im März‑April 1938 durch.19 Nachdem Hitler die Einverleibung der „Ostmark“ in das deutsche Staatsgebiet mit einer pro‑ pagandistisch perfekt inszenierten Scheinabstimmung auch öffentlich legitimieren hatte lassen, schien die deutsche Au‑ ßenpolitik im mitteleuropäischen Raum keinerlei Schranken mehr zu kennen.20 Die Parolen „ein Reich“, „ein Volk“ und „Deutschlands Größe“ beherrschten den Sprachgebrauch aller großdeutsch Gesinnten, die – im offenen Bruch der Bestimmungen der Friedensverträge von Versailles – in ihren völkisch grundierten pangermanischen Großreichsvisionen bestärkt wurden. Insbesondere intellektuelle Eliten schwenk‑ ten auf diesen Kurs willig ein und lieferten die nötigen Legitimationsfiguren für die geplante ethnozentrische Neu‑ ordnung Europas.21 Der militärische Ausgriff erschien einer solchen Gesinnung nur noch als bloßer Vollzug des volks‑ tumsideologisch längst Vorgedachten und Herbeigesehnten. Wie lässt sich also Südtirols außergewöhnlicher Konsens für die Abwanderung und die damit verknüpfte implizite An‑ erkennung der nationalsozialistischen Gesellschaftsordnung erklären? Dies lief doch immerhin auf das Verlassen der bisherigen, als Heimat beschworenen Wohngebiete hinaus und schien beinahe bedenkenlos alle Unwägbarkeiten einer Umsiedlung in Kauf zu nehmen. Bisherige Untersuchungen haben zu Recht geltend gemacht, dass sich hier mehrere Ebenen überlagert und das so eindeutige Ergebnis begüns‑ tigt haben.22 Zum einen war der Prozess der Entheimatung der Optanten bzw. „Geher“ durch die nun schon über 15 Jahre andauernden Italienisierungsmaßnahmen des faschistischen Regimes vorgeprägt.23 Das Ende oder auch nur eine Milde‑ rung der Majorisierungsbestrebungen waren nicht in Sicht, Grundlegend hierzu: stuHlpfarrer 1985; ferner steurer 1980, S. 362–390; Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989; eisterer/steininger 1989; lill 1991; alexander/ lecHner/leidlmair 1993; WedeKind 2009; pallaver/steurer 2011; pallaver/steurer/verdorfer 2019 (mit weiterer Literatur). Eine kompakte Darstellung bietet der Aufriss von Heiss 2014. Das Formular ist abgebildet in Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, S. 149. stuHlpfarrer 1985, Bd. 2, S. 541ff.; steurer 1989; messner 1989; WedeKind 2009, S. 72; pallaver/steurer 2011, S. 20; Heiss 2014, S. 21. Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, S. 121. grote 2007, S. 151. Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, S. 121. stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 21f. und 34ff. stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 30ff.; WedeKind 2007, S. 417f. Berger Waldenegg 2003. Eindrucksvoll dokumentiert im Handbuch von faHlBuscH/Haar/pinWinKler 2017; vgl. auch oBerKrome 1993. pallaver/steurer 2011, S. 159ff. Hierzu lecHner 2005; Bonoldi/oBermair 2006; solderer 2000, S. 40ff. was das mit der Annexion von 1919/20 verbundene traumati‑ sche Empfinden vieler SüdtirolerInnen verstärkte. Im Gegen‑ teil, die Tonart der italienischen Machthaber verschärfte sich seit der Mitte der 1930er Jahre im Sog der innen‑ und außen‑ politischen Erfolge des charismatischen Mussolini‑Regimes, das zwischen 1935 und 1939 auf dem Höhepunkt gesellschaft‑ lichen Konsenses stand.24 Die soziale Desillusionierung und fortschreitende Aus‑ grenzung aus den durchaus vorhandenen Versprechungen des „Neuen Italiens“ machten die deutsch‑ und ladinisch‑ sprachigen Minderheiten besonders anfällig für die Ver‑ heißungen des nationalsozialistischen Deutschlands.25 Über das Gewaltpotential der NS‑Herrschaft wusste man zwar im Wesentlichen Bescheid, nahm das Totalitäre seiner inneren und äußeren Politik aber stillschweigend, vielfach auch billigend und bewundernd in Kauf. Die mangelnde demo‑ kratische Übung der Südtiroler Bevölkerung, ihre vielfach autoritäre Ausrichtung durch jahrhundertelange katholische Bevormundung und ihre paternalistische Grundorientierung bildeten geradezu ideale Voraussetzungen, um den Mythos der Volksgemeinschaft auf breiter Basis zu aktivieren.26 Zur kulturellen Superioritätshaltung und einem stark defizitären Demokratieverständnis kam die italienisch‑faschistische Sozialisierung in den Schul‑ und Freizeitsystemen als wich‑ tige Vorerfahrung und verstärkende autoritäre Werthaltung nur noch hinzu. Einer solchen Disposition bot sich der Topos vom Grenz‑ und Auslandsdeutschtum als Triebrad der eth‑ nischen Mobilisierung förmlich an. Wie konnten antieman‑ zipatorische Bedürfnisse besser bedient werden als mit der Wahl des „richtigen“ Faschismus, des deutschen statt des ita‑ lienischen, den man als oktroyiert noch zurückweisen konn‑ te?27 Hierbei konnte die Vorstellung einer Schicksalsgemein‑ schaft im Zeichen von Sprache und Kultur auf eine lange Tradition zurückgreifen; sie wurzelt letztlich im völkischen 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 Nationalismus des nachrevolutionären 19. Jahrhunderts.28 Mit diesem sympathisierte noch über die Mitte der 1930er Jahre hinaus ein so einflussreicher Exponent der Südtiroler Öffent‑ lichkeit wie der Journalist und Priester Michael Gamper.29 Dieser unterhielt mit dem Volksbund für das Deutschtum im Ausland (VDA), einer NS‑Organisation unter der Leitung des alldeutschen Kärntners Hans Steinacher, enge Kontakte und ließ sein Notschulprogramm von diesem mit finanzieren.30 Schon in einer der ersten Ausgaben der von Gamper heraus‑ gegebenen und redigierten Wochenzeitung Volksbote hatte dieser eifrig die Dolchstoßlegende bedient, wonach „eine Gruppe Juden und Sozialdemokraten“ die für die besiegten Mittelmächte so ungünstigen Pariser Friedensverhandlungen bestimmt hätten und „das Volk nichts mehr zu sagen hat und der Jude alles“.31 1927 bekundete er gegenüber dem völkischen Aktivisten und Exponenten des Deutschen Schulvereins Wilhelm Rohmeder, ihm sei „die national‑sozialistische Par‑ tei gerade so schlecht oder so recht wie eine andere Partei“.32 Gamper hatte zunächst durchaus mit dem Antisemitismus und Antikommunismus der NS‑Bewegung sympathisiert und deren Ordnungs‑ und Ausgrenzungsvorstellungen geteilt. Als seit 1935 jedoch die antiklerikalen Orientierungen des Deutschen Reichs immer stärker hervortraten, wandte sich Gamper vom Nationalsozialismus ab und wurde – gerade im Kontext der Option – zu einem Hauptexponenten Südtiroler NS‑Gegnerschaft.33 Doch was ließ kollektive Ermächtigungsfantasien bei Figu‑ ren wie Gamper so massiv erstarken? Wenn wir nochmals den Blick auf das Hohenwerfener Treffen richten, treten uns hier weitere Motive entgegen. Vom 21. November 1940 datiert ein Bericht des „Gebietsführers“ Otto Weber, dem Gründer der HJ innerhalb der Vorarlberger SA und späteren Jugend‑ gebietsführer im Gau Tirol‑Vorarlberg.34 Er bezeichnet sich darin als denjenigen, der maßgeblich „am Zustandekommen scHieder 2010, S. 69ff; de felice 1981. stuHlpfarrer 1985, Bd. 2, S. 499f. Zum Mythos der Volksgemeinschaft ausführlich scHmiecHen-acKermann 2012. Zu diesem blinden Fleck eines vorgeblichen Südtiroler Antifaschismus verdorfer 1990, S. 25ff. Vgl. lutHer 2004; pointierter faHlBuscH/Haar 2010. HilleBrand 1996, S. 57ff.; esposito 2012. elste 1997, S. 157f. Zu Steinacher retteratH 2017. gamper 1919, S. 1. HilleBrand 1996, S. 60. HilleBrand 1996, S. 59ff.; lamprecHt 2019, S. 249. Hagiografisch angelegt und lückenhaft hingegen steininger 2017. Südtiroler Landesarchiv, Archiv des VKS/AdO, Position 42, Bl. 11. Zu Webers Karriere im Nationalsozialismus stoppel 2004, S. 16ff. 17 18 dieses Lagers beteiligt“ gewesen sei, und ruft den Teilneh‑ menden in Erinnerung, dass sie – als sie „über den Brenner gefahren“ seien – damit „zum ersten Mal das nationalsozia‑ listische deutsche Reich“ erleben konnten und erstmalig auch „das braune Kleid“ hätten tragen dürfen. Durch diesen Initiationsritus seien die SüdtirolerInnen angekommen „in einer Gemeinschaft, in der ihr offen marschieren könnt und euch frei als Jugend des Führers bezeichnen dürft“. Gerade die Einkleidung in die paramilitärischen, braunen Unifor‑ men der HJ, deren Erscheinungsbild sich an die Braunhem‑ den der SA anlehnte, verhieß Zugehörigkeit zu der neuen Machtelite und signalisierte Gleichheit bei gleichzeitiger Unterordnung unter ein radikales Programm.35 Als visuelles Politiksymbol, dies musste den Südtiroler Anwärtern bereits von den faschistischen Kampfbünden der Provinz Bozen her vertraut gewesen sein, verkörperte die neue erdfarbene Einheitskleidung einen machtvollen Aktionsstil, der Unbe‑ siegbarkeit zur Schau stellen sollte und durch Gangart und Akustik effektvoll unterstrichen wurde.36 Weber bediente in seinen weiteren Ausführungen geschickt den kollektiven Narzissmus der neuen Adepten, indem er ihnen auch eine ehrenvolle Aufgabe zuwies:37 „Ihr habt nun die Aufgabe, die Menschen in eurer Heimat zu Nationalsozialisten zu machen.“ Und er fügte warnend hinzu: „Wenn sie sich auch äußerlich Nationalsozialisten nennen und sich durch ihr ‚Jaʻ zum Führer bekannt haben, damit ist [!] zwar ein äußerliches nat.soz. Bekenntnis abgelegt, aber die innere Umwandlung ist noch nicht vollzogen worden.“ Hier schlugen wohl auch die Erfahrungen mit dem österreichischen Mitläufertum durch, das zwar zunächst total erschien, aber mit Kriegs‑ beginn mehr und mehr Ernüchterungssymptome zeigte.38 Dagegen beschwor Weber das quasireligiöse, selbstheili‑ gende Erlösungspotential, das mit dem Eintritt in die Volks‑ gemeinschaft verbunden sei; der Angliederungsvorgang der Südtiroler Umsiedler sei als entscheidender Übertritt in die 35 36 37 38 39 40 41 42 Zeitgenossenschaft mit dem Führer zu betrachten, und dabei sei „der Krieg […] nicht das Wesentlichste und Entscheidens‑ te. Adolf Hitler ist nicht zuerst Feldherr des deutschen Vol‑ kes, sondern zuerst Politiker und der Führer des deutschen Volkes.“ Die Betonung der Liminalität der Hohenwerfener Erfahrung hebt zugleich auf die Unwiderruflichkeit und das Ritualhafte des NS‑Bekenntnisses der Optanten ab.39 Sie erfuhren gleichsam ein politisches Coming-of-Age im Sinne einer als naturwüchsig gedachten ethnischen Vorbestim‑ mung, der sich niemand entziehen dürfe. Eine solche „Volkwerdung“ im Zeichen des Hakenkreuzes hatten intellektuelle Ingenieure des Sprechens von rechts, Geografen, Philosophen und Geschichtsforscher, auf breiter Front vorgedacht.40 Erinnert sei hier beispielsweise an den prominenten Historiker Theodor Schieder, der 1930 den schillernden Volks-Begriff auf folgende Weise definierte: „Es ist das Gesicht einer überindividuellen Verbundenheit, die er [das Individuum, Anm. d. V.] in der Familie, in den verschie‑ densten Vereinen, denen er angehört, in den Organisationen seiner Klasse, in ländlicher Lebenssphäre vielleicht noch in der Dorfgemeinde tagtäglich erlebt.“41 Und er fügte hinzu, beinahe so, als hätte er dabei die Südtiroler Verhältnisse im Blick gehabt: „Nur da, wo im Grenzkampfe die ein Volk ver‑ bindenden Güter, wie Sprache, Sitte, an ihrem Gegensatze, dem fremden Volkstum, zum Bewußtsein des Einzelnen kommen, […] ist Volk Wirklichkeit.“ In den Pathosformeln von Volk und Gemeinschaft schwang der Gedanke einer bizarren Gleichheit mit, die nicht mehr auf den universalisti‑ schen Idealen der Französischen Revolution oder der Ame‑ rikanischen Unabhängigkeitserklärung beruhte, sondern essentialistisch auf ein gemeinsames „Blut“ rekurrierte.42 Eine solche zwiespältige Gleichförmigkeit, die sich auch als repressiver Egalitarismus bestimmen lässt, war auf Kriterien von Ausschluss und Vernichtung der Anderen gegründet. Zur ritualisierten Kleiderordnung der SA s. longericH 1989. reicHardt 2009, S. 133f. Zum Konzept eines genuin völkischen Narzissmus römer 2017. Hierzu grundlegend Bauer 2017, S. 194ff. Zu den Übergangsriten und ihrer gemeinschaftsstiftenden Funktion aus anthropologischer Sicht turner 1998. Der Ingenieursbegriff ist übernommen von eilenBerger 2018, S. 282ff., der ihn in seinen Ausführungen allerdings im progressiven Sinne verstanden wissen wollte. Zitiert bei und kommentiert von mommsen 1999, S. 187. Zu Schieders wichtiger Rolle in der „Ostforschung“ als einer der „Vordenker“ der NS-Vernichtungspolitik aly 1999 und faHlBuscH/Haar/pinWinKler 2017, S. 714–725. Vgl. oBerKrome 1993, S. 171ff. Eine solche Weltsicht wies alle klassischen Attribute einer Erneuerungsideologie auf, die auf unbedingtem Erlöser‑ glauben, strengen Artikulationsverboten und totaler Gemein‑ schaftssuggestion basierte. Die Faschismusforschung hat für diese Dispositionen das Konzept einer ultranationalistischen Palingenese, einer Erfahrung der Wiedergeburt durch totale Ausrichtung auf einen verherrlichten Führer, in Vorschlag gebracht.43 Diesem mythischen Kern des deutschen Faschis‑ mus hatte sich auch die Mehrheit der SüdtirolerInnen be‑ reitwillig ergeben. Sie waren vom italienischen Faschismus, dank jahrelanger Drangsalierungen und lebensbiografischer Überwältigungen, seinem deutschen Gegenpart förmlich in die Arme getrieben worden. Aber sie hatten diesen Weg auch als unvollständige Staatsbürger beschritten, die sich niemals von ihrem eingefleischten Obrigkeitsglauben emanzipieren konnten oder wollten und die ihre in das „nationale Bewußt‑ sein gedrungne Bedientenhaftigkeit“ nicht wirklich abgelegt hatten.44 Ihre kognitiven Haltungen und Lebensrichtungen waren gleichsam auf Autoritarismus getrimmt, noch ehe sie die Erweckungsfantasien des Nationalsozialismus als des „richtigen“, weil die eigene Sprache sprechenden und auf die eigenen Dispositionen passenden Faschismus zu teilen begannen. Koedukation im Nationalsozialismus – die Südtiroler Jugend übt sich in „Volksgemeinschaft“ bei einem Ausflug von VKS-Aktivisten, um 1939 (Südtiroler Landesarchiv, Sammlung Tiroler Geschichtsverein, Bild Nr. 1221) 19 43 44 griffin 1993, S. 38ff.; ders. 2005. Vgl. auch gentile 2005, Kap. 10. Die „Bedientenhaftigkeit“ ist die glückliche Formulierung, die Friedrich Engels in seiner Streitschrift Anti-Dühring diagnostisch für das Scheitern aller deutschen Revolutionsversuche im 19. Jahrhundert verwendet hat; vgl. engels 1975, S. 171. „VOLKSGRUPPENFÜHRER“ PETER HOFER SPRICHT 20 Am 13. November 1940 nutzte auf Hohenwerfen auch Südti‑ rols nationalsozialistischer Spitzenexponent, Peter Hofer, die Gelegenheit, das Wort an die Südtiroler Teilnehmenden des Schulungskurses zu richten.45 Seine Ausführungen verdie‑ nen, vollinhaltlich wiedergegeben zu werden, da mit Hofer jener Repräsentant greifbar wird, dem eine zentrale Rolle für die Etablierung und Stabilisierung der NS‑Bewegung in Südtirol zufiel.46 1905 in St. Michael bei Kastelruth geboren, war der weichende Hoferbe in Bozen im Schneiderhandwerk tätig. Seit 1928 war er Mitglied, ab 1931 auch Obmann des Katholischen Jugendbundes in Bozen, außerdem Aktivist der deutschnationalen Südtiroler Untergrundjugendgruppe Nibelung sowie der Arbeitsgemeinschaft der volksdeutschen Jugend in Südtirol, als Angehöriger von deren Bozner Orts‑ ausschuss; 1931 wurde er als Mitglied des Gau-Jugend-Rates von den italienischen Polizeiorganen vorübergehend ver‑ haftet. In den Jahren 1933 bis 1935 fungierte Hofer als VKS‑ Kreisführer von Bozen und rückte als linientreuer Charis‑ matiker mit Januar 1935 unter dem Decknamen „Hagen“ zum Landesführer des VKS auf, den er nach den Vorgaben der NSDAP streng hierarchisch formte.47 Nachdem Hofer, Träger des HJ‑Ehrenzeichens, 1939 für Deutschland optierte hatte, wurde er im Februar 1940 geschäftsführender Leiter der nun auch seitens der faschistischen Administration offiziell zuge‑ lassenen AdO. Dies gelang auch in gleichsam polykratischer, wenngleich subalterner Konkurrenz zur zeitgleich begrün‑ deten Amtlichen deutschen Ein‑ und Rückwanderungsstelle (ADERSt) unter dem in Bozen installierten SS‑Obersturm‑ bannführer Wilhelm Luig, dessen Dienstanweisungen sich 45 46 47 48 49 50 51 52 53 Südtiroler Landesarchiv, Archiv des VKS/AdO, Position 42, Bl. 11 (Rückseite). Zu seiner Biografie WedeKind 2003, S. 133ff. Ebd., WedeKind 2007, S. 409, und mittermair 2000, S. 175ff. WedeKind 2007, S. 423; WedeKind 2009, S. 73; fieBrandt 2014, S. 557f. stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 288ff.; WedeKind 2003, S. 136. stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 237ff., bes. S. 247; WedeKind 2003, S. 133. WedeKind 2003, S. 133; lumans 2003. Vgl. jacoBsen 1968, S. 245. Südtiroler Landesarchiv, Archiv des VKS/AdO, Position 42, Bl. 11 (Rückseite). die AdO dank direkter Fürsprache von Reichsführer‑SS Heinrich Himmler teilweise entziehen konnte.48 Hofer hatte damit einen gewissen organisatorischen Führungsanspruch in den Südtirolbelangen behalten, auch weil er sich vor‑ behaltlos den rassistischen bevölkerungspolitischen und neokolonialistischen Maßgaben der SS unterzuordnen wuss‑ te.49 Im Nachgang des deutschen Überfalls auf Polen war Himmler zum Reichskommissar für die Festigung deutschen Volkstums ernannt worden und hatte in der Folge auch die Südtirol‑Agenden an sich gezogen.50 Seine Direktiven wurden über SS‑Gruppenführer Werner Lorenz, den Leiter der 1937 eingerichteten Volksdeutschen Mittelstelle (VoMi) und frühe‑ ren Verbindungsmann zum VKS, an Hofer vermittelt, der im Übrigen dessen radikalisierte volkstumspolitische Konzep‑ tionen vollständig teilte.51 Mit der Zentralisierung der Volks‑ tumspolitik durch die VoMi war auch der VKS‑AdO gänzlich unter SS-Einfluss geraten, und Hofer war als „Volksgruppen‑ führer“ in den Rang der von der NS‑Politik anerkannten bzw. eingesetzten höchsten Repräsentanten volksdeutscher Min‑ derheiten des Auslandes aufgestiegen.52 Entsprechend diesen Maßgaben wird Hofer im bereits zi‑ tierten Hohenwerfener Protokoll als Volksgruppenführer tituliert.53 In dieser Funktion äußerte er sich gegenüber den Südtiroler Jugendführern am 13. November wie folgt: „Ich möchte euch jene Mahnung mitgeben, die ich euch schon in der Heimat gab, jenen Dienst zu tun, der uns in der Heimat erwartet. Wir müssen die Tragik unserer Heimat so kraß wie möglich sehen, an Deutschland aber denken und an die Grö‑ ße des Reiches. Wir wollen unsere ganze Kraft in den Dienst des Reiches stellen. Wir müssen im Stande sein, zu ermessen, was es bedeutet, Jugend zu führen, dieser Jugend zu dienen und ihr ein vorbildliches Leben vorzuleben. Wir müssen als klare Menschen vor unser Volk und unsere Jugend hintreten. Es wird eine Zeit kommen, wo wir offen vor unser Volk hintreten können und es schulen und betreuen und bilden dürfen. Da können wir dann den Beweis stellen [!], wie wir es uns in den Jahren 1926/28 gedacht haben. […] Und wir werden weiter unseren Dienst tun, wo uns der Führer hingestellt hat und so wie wir unsere Jugend gestalten, so werden wir der‑ einst das Reich haben. Seid euch bewußt über die Größe der Zeit und über die Verantwortung, dann wird es uns gelingen diese harte schwere Zeit zu überbrücken und dem deutschen Volk für alle Zeit zu dienen.“ Bemerkenswert an Hofers Ausführungen ist neben den Ideologemen von der „großen Zeit“ und dem nationalsozia‑ listischen Ewigkeitsanspruch die ambivalente Verwendung des Begriffs „Heimat“. Es ist nicht völlig klar, ob Hofer damit Südtirol oder NS‑Deutschland bezeichnen wollte. Die Un‑ eindeutigkeit entsprach dem historischen Moment und ist vor dem Hintergrund der auch in der Südtirolproblematik rivalisierenden, nicht klar abzugrenzenden und tief ineinan‑ dergreifenden Machtstrukturen des Nationalsozialismus zu sehen.54 Daher waren Hofers Hoffnungen auf die deutsche „Heimholung“ der Südtiroler Bevölkerung raumgeografisch nicht definitiv festgelegt. Es ist geradezu ein Lavieren spür‑ bar zwischen der Maximalposition einer sich realhistorisch bereits vollziehenden massiven Absiedlung der Südtiroler Optanten und ihrem insgeheim erhofften Verbleib in einer ir‑ gendwann doch noch mittels „Anschluss“ zu sichernden Hei‑ mat. Einer solchen Form ethnopolitischer Resilienz mochten augenblicklich zwar bündnispolitische Rücksichten auf den faschistischen „Achsen“-Partner im Wege gestanden haben;55 diese konnten aber auch nur vorübergehend unüberwindlich scheinen, vor dem Hintergrund einer militärischen Sieges‑ zuversicht des NS‑Staates, dessen europapolitische Pläne zur Jahreswende 1940/41 vollkommen in Erfüllung zu gehen schie‑ nen.56 Betrachtet man das faschistische Deutschland als dyna‑ mische Diktatur, deren militärische Entfesselungsbereitschaft 54 55 56 57 58 59 60 61 62 und geostrategisches Anpassungspotential im Vergleich zum italienischen Regime weit stärker ausgeprägt waren, so war einer solchen Erwartungshaltung eine gewisse Plausibilität nicht abzusprechen.57 Peter Hofer ließ spätestens seit Sommer 1940 keinen Zweifel an seiner skeptischen Haltung gegenüber der Umsiedlung; das Optionsergebnis wollte er in zunehmen‑ dem Maß nur als eindeutiges Votum für den NS‑Staat, nicht aber als Abwanderungsbereitschaft gedeutet wissen.58 Diese Revisions‑ und Expansionsprogrammatik sollte sich denn auch kaum drei Jahre später mit dem deutschen Einmarsch in Italien ab dem 8. September 1943 und der Eingliederung Südtirols in die NS‑Operationszone Alpenvorland unter dem großen Jubel der pronazistischen Kreise verwirklichen.59 Hofer hatte in seinen Ausführungen von 1940 wirkungsvoll das ABC des Völkischen buchstabiert und sich zentraler Ver‑ satzstücke des nationalsozialistischen Agitprops bedient.60 Er hatte wohl auch auf die Jugendlichkeit der Adressaten selbst abgestellt, denn die Organisationsstruktur des VKS bzw. der AdO zeichnete sich nachgerade durch ihre juvenile Grund‑ prägung aus.61 Vor diesem Hintergrund lässt sich der scharfe Tonfall von Hofer und seinesgleichen auch als markante Abgrenzung gegen die längst in die Defensive geratenen traditionellen Südtiroler Eliten begreifen, die im Deutschen Verband bzw. im antifaschistischen, zum Teil auch katholi‑ schen Milieu organisiert waren.62 Deren Durchschnittsalter war in der Regel weit höher als jenes der jungen Südtiroler Adepten des Nationalsozialismus, und man geht nicht fehl, hier auch das Muster eines Generationenkonflikts zu erken‑ nen. Wenn sich auch die Ablehnung der Option – die Haltung des „Dableibens“, die nur eine verschwindende Minderheit der deutsch‑ und ladinischsprachigen Landesbewohner be‑ vorzugt hatte – nicht auf eine Altersfrage reduzieren lässt, so war die Migrationsbereitschaft zumindest partiell auch alterphasenbestimmt. Zur polykratischen Grundstruktur des NS-Apparats rucK 1993. WedeKind 2019, S. 73f. Zum historischen Momentum von 1940/41 KersHaW 2018, S. 195–218. Zum ertragreichen Konzept der „dynamischen Diktatur“ KersHaW 2018, S. 401ff. WedeKind 2003, S. 408. WedeKind 2003, S. 70f. Zu den sprachlichen Dimensionen der NS-Propaganda maas 1984. oBermair 1990; mittermair 2002. pallaver/steurer 2011, S. 168ff. 21 „HEIM INS REICH!“ 22 Die Volkswanderung der Deutschen: Karte des „Volksbundes für das Deutschtum im Ausland“, Berlin 1940 (gezeichnet „Erik“), im unteren linken Bildfeld die den deutschen Gruß vollführenden Südtiroler „Heimkehrer“ (Archiv Leopold Steurer) Der Entscheid für oder gegen eine Deutschland‑Option war in allerkürzester Zeit zu treffen. Die seit Ende Juni 1939 unter Vorsitz Himmlers in Berlin geführten deutsch‑italienischen Umsiedlungsvereinbarungen wurden als „Richtlinien für die Rückwanderung der Reichsdeutschen und Abwanderung der Volksdeutschen aus dem Alto Adige in das Deutsche Reich“ am 22. Oktober 1939 in der örtlichen Presse bekannt gemacht und das Ende der Abstimmungsfrist mit 31. Dezember 1939 festgelegt.63 Die so knapp angesetzten Termine verschärften nur noch die Dramatik einer ohnehin die gesamte Existenz berührenden „Wahl“, deren Zwangscharakter unverkenn‑ bar war. Der physische Transfer der Umsiedlungswilligen sollte während und nach der komplexen Abklärung aller vermögensrechtlichen Aspekte in den Jahren 1940/41 erfol‑ gen und bis längstens Ende 1942 abgeschlossen sein.64 Die Exponenten des VKS hatten sich noch im April 1939, als erste Umsiedlungsgerüchte in Umlauf geraten waren, gegen solche Planungen gegenüber der „Volksdeutschen Mittel‑ stelle“ schriftlich verwehrt und sich auf die „unzertrenn‑ liche Einheit von Blut und Boden“ und damit auf einen der Leitsätze nationalsozialistischer Weltanschauung berufen.65 Nach kurzer Schockstarre und angesichts der Entschlossen‑ heit der deutschen Reichsführung hatten die völkischen Kreise noch im Juli einen raschen Schwenk vollzogen und sich vollständig in den Dienst der Optionslösung gestellt; es ging dem VKS nun darum, den Südtiroler „Volkskörper“ zu einem überwältigenden prodeutschen Entscheid zu veran‑ lassen, Teil der vom NS‑Staat propagandistisch ausgerufenen „großzügigsten Umsiedlungsaktion der Weltgeschichte“66 zu werden und die nationalsozialistische Führung mit ethno‑ politischer Geschlossenheit zu beeindrucken.67 Der Zeitzeuge 63 64 65 66 67 68 69 70 71 Friedl Volgger, einer der Begründer des widerständigen Andreas-Hofer-Bundes, der aufgrund seiner Haltung im März 1944 in das KZ Dachau deportiert wurde, hinterließ in seinen 1984 veröffentlichten Memoiren ein eindrückliches Stimmungs‑ bild: „[…] wer nicht zum Führer ins Reich heimkehren wollte, der wurde bald als Verräter gebrandmarkt. Der VKS verfügte im Lande über eine festgefügte Organisation, von der man festen Gebrauch machte, als im Oktober die Propagandala‑ wine für das ‚Heim ins Reich’ losbrach. […] Die Werbung für die Option wurde im besten Stil des Reichs‑Propagandami‑ nisters Dr. Joseph Goebbels geführt.“68 Volgger hat damit im späten Rückblick eine relativ präzise Lagebeschreibung abgegeben. In den Schlussmonaten des Jahres 1939 brach sich eine nicht zu steigernde Dramatik Bahn, die zweifellos eine Südtiroler Epochenzäsur markiert.69 Auch die jahrzehntelang verzögerte erinnerungskulturelle Thematisierung des Optionsdramas in der Südtiroler Nachkriegsgesellschaft belegt dies nachdrücklich. Der deutsch- und ladinischsprachigen Diskursgemeinschaft fiel es ungemein schwer, die eigenen Verstrickungen in „Führer“‑ Glauben und NS‑Sympathie anzuerkennen – sie bevorzugte kollektives Schweigen und insistierte auf der Opferthese, ehe in mühsamen Debatten, insbesondere dank der bahnbre‑ chenden Bozener Ausstellung „Option – Heimat – Opzioni“ von 1989, die eigene Mitverantwortung zur Sprache gebracht wurde.70 Volggers konzise Momentaufnahme enthält aber auch den treffenden Hinweis auf die zentrale Institution der NS‑Propaganda, das von Goebbels geführte Reichsmi‑ nisterium für Volksaufklärung und Propaganda (RMVP).71 Nirgendwo waren die Sektoren Propaganda, Politik und Krieg enger verflochten und zusammengedacht als in dieser Reichsbehörde mit ihrem monumentalen Apparat und ihren vielfältigen Kompetenzen. stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 140ff. stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 152f., und Bd. 2, S. 426. volgger 1984, S. 53f.; ähnlich pfanzelter 2014, S. 27. Dies verkündete eine NS‑Propagandakarte von 1940 mit Bezug auf den sog. „Warthegau“ und die in dem nach dem „Polenfeldzug“ annektierten Gebiet rund um Posen vorgenommenen Umsiedlungsaktionen, vgl. Deutsches Bundesarchiv Koblenz, R 49 Bild-0705; auf der Karte sind auch die „Süd-Tiroler“ markiert. Zum Gesamtzusammenhang Broszat 2010, S. 85ff. Heiss 2014, S. 20. volgger 1984, S. 33. Prägnant hierzu Heiss 2009 und ders. 2014, S. 16f. steurer 1980; Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989; messner 1989; Heiss 2014, S. 16. Vgl. Krings 2005; müHlenfeld 2006. 23 Die Südtiroler Bildentwürfe, die im Folgenden zu präsen‑ tieren sind, waren für das Propagandaministerium, vermut‑ lich wohl zur Vorlage, bestimmt, wie die fast durchgängigen Rückvermerke der Zeichnungen mit den Siglen RMVP oder auch RMVuP belegen. Als Material der „geistigen Mobilma‑ chung“ – so die dem Ministerium offiziell zugewiesene Kern‑ aufgabe72 – waren die Bilder, hätten sie je in Umlauf oder doch in konkrete Verwendungszusammenhänge gebracht werden sollen, genehmigungspflichtig. Vor allem aber waren sie Teil eines gesamteuropäischen Gewaltzusammenhangs, der mit den im Kontext des Krieges anlaufenden „Umvolkun‑ gen“, als Bevölkerungstransfers unter Zwang, gegeben war. Der Konnex der Südtiroler Option mit der radikal‑rassisti‑ schen Bevölkerungspolitik im Rahmen des „Generalplans Ost“ ist bisher noch zu wenig erkannt und herausgearbeitet worden.73 Eine Bewertung der regionalen Vorgänge kann nicht davon absehen, auch die Südtiroler Migrationen von 1940/41 als Teil der rassenpolitischen Neuordnungsplan‑ ungen der NS‑Eliten zu sehen. Dies hieße aber auch anzu‑ erkennen, dass sich das Optionsgeschehen nicht auf ein, wenn auch bestimmendes, Ereignis der Geschichte Südtirols reduzieren lässt, sondern dass es vielmehr implizit mit dem Vertreibungs‑ und Vernichtungsgeschehen verknüpft war, als dessen Subjekte wie Profiteure auch die umzusiedelnden Südtiroler „Volksdeutschen“ vorgesehen waren. Die Südtiro‑ ler Umsiedlung war auf diese Weise bevölkerungspolitischen Ordnungsvorstellungen unterworfen, die unverkennbar im Aufbau des nationalsozialistischen Rassenstaates zu verorten sind und damit in einen gewalttätigen Kontext biopolitischer Homogenisierung eingeordnet waren.74 24 Aber wie lassen sich solche Zusammenhänge konkretisieren? Auf diese Frage bietet eine beschreibende und erklärende Einordnung der Südtiroler Bildentwürfe zur Option einige Antworten. 72 73 74 75 MATERIAL UND PROVENIENZ Felderer, bekannt vor allem als Verfasser des populären Bozner Bergsteigerlieds („Wohl ist die Welt so groß und weit…“) von 1926, hatte bereits 1938 den „Anschluss“ Österreichs mit Inbrunst lyrisch verklärt. Sein Gedicht März 1938 kulminierte in den religiös eingefärbten Schlusszeilen: Im Jahr 2019 konnte das Südtiroler Landesmuseum für Kultur‑ und Landesgeschichte auf Schloss Tirol in zwei Tranchen bislang völlig unbekanntes, originales Propaganda‑ material aus dem Kontext der Südtiroler Option antiquarisch erwerben. Es handelt sich um insgesamt 12 einzelne Blätter, die allesamt in Mischtechnik, großteils mehrfarbig ausge‑ führte Bildentwürfe darstellen. Ihre Motive sind eindeutig: Die sehr konventionell gehaltenen, wiewohl pathetisch auf‑ geladenen Szenen zeigen vorwiegend Männer, Frauen und Kinder, zumeist in Südtiroler Tracht, die vor dem Hinter‑ grund heimatlicher Bergkulissen (Schlern und Rosengarten‑ gruppe) eine skurrile Abschiedszeremonie vollführen und mit dem deutschen Gruß, der erhobenen rechten Hand, zugleich die „deutsche Treue“ beschwören. Immer wieder ist die wehende Hakenkreuzfahne vertreten, zweimal frei‑ lich in spiegelverkehrter Abbildung. Die ganz unzweideutig nationalsozialistischen Darstellungen illustrieren förmlich eine gewisse Lyrik ihrer Zeit, namentlich das apologetische Gedicht Aufbruch des Südtiroler Autors Karl Felderer (1895– 1989), das die Metaphorik der blutroten Geranie („brennende Lieb“) mit der Abwanderungsbereitschaft assoziierte: „Bald läuten die Glocken das Osterfest ein, / Und Auferstehung wird wieder sein. / Dann schauen wir dankbar zum Herrgott auf, / Verzagen nicht und bauen darauf, / Die Frauen, die Kinder, die Männer, / Denn heute steht Deutschland am Brenner.“76 „So reißet vom sonnigen Erker / Die letzte brennende Lieb; / Die Treue zu Deutschland war stärker, / Das Heiligste, was uns blieb. / Wir nehmen sie mit im Herzen, / Für and’re dereinst Symbol, / Sie stille des Heimweh’s Schmerzen: / Leb wohl, du mein Südtirol.“75 syWotteK 1976, S. 23. Zu den NS-Raumplanungen in Osteuropa rössler/scHleiermacHer/tollmien 1993 und Heinemann 2003. Ein Konnex mit der Südtiroler Option ist angedeutet in corni 2014. Eindringlich hierzu WedeKind 2009, S. 78ff. Zur NS-Biopolitik Braun/linzner/KHairi-taraKi 2017. Opfergang und Bekenntnis 1940, S. 50. Das Gedicht wurde auch als Druck unter dem Foto eines geraniengeschmückten bäuerlichen Fensters in Umlauf gebracht; es ist abgebildet in Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, S. 164, und in Kraus/ oBermair 2019, S. 210. Zum Text foppa 2003, S. 47 u. S. 94, sowie pumBerger 2015, S. 175. Noch 1986 steuerte Felderer ein „Geleitwort“ zu den Memoi‑ ren des ehemaligen Südtiroler SS‑Mitglieds Willy Acherer bei.77 Dem Optionsgedicht Felderers lässt sich weitere Ten‑ denzliteratur von Südtiroler Zeitgenossen wie Erich Kofler, Hubert Mumelter, Carl Zangerle und Franz Sylvester Weber an die Seite stellen. Diese hatten 1940 im Eigenverlag einen Gedichtband unter dem sinnfälligen Titel Opfergang und Bekenntnis herausgebracht, in dem neben einschlägiger „Blut‑ und‑Boden“‑Lyrik auch eine Art Chronik der Ereignisse ent‑ halten ist, die das dichte Geschehen vom 29. Juni 1939 („Tag des Schicksals“) bis zum 1. Januar 1940 („Das Volk ist geret‑ tet“) aus der Sicht des VKS im Licht des plebiszitären Op‑ tionsentscheids verklärt.78 Der annalistische Durchlauf legt alle Motivlagen offen, die die VKS-Akteure als eine „Gene‑ ration des Unbedingten“ sozialpsychologisch bestimmten.79 Da ist die Rede von der „Botschaft des Reiches im Angesicht des uralten Feindes“ (d. h. Italiens), von den „Waffen eines zwanzigjährigen Volkstumskampfes“, von „völkischer Ver‑ pflichtung“ zur Abwanderung in das Deutsche Reich, von der „Stimme des deutschen Blutes“, vom „schwersten Opfer eines ewigen Heimwehs“ und von einer „Rettung“ durch „Pflicht‑ erfüllung“ – die „Vorsehung“ habe dank des überwältigenden 76 77 78 79 80 81 Optionsentscheids das „stolze und wunderbare Volk von Südtirol einer deutschen Zukunft erhalten“.80 Gerade die Berufung auf eine „Vorsehung“ war eine beliebte Vokabel des NS‑Jargons, der damit die durch und durch voluntaristische Grundhaltung nationalsozialistischer Politik mit dem Verweis auf Prädestination, auf eine vorab bestimmte Stoß‑ und Entwicklungsrichtung, zu legitimieren trachtete.81 Die messianische Kategorie der Vorherbestimmung diente im Optionskontext deutlich erkennbar dazu, die offenkundige Aporie und Irrationalität einer Bewahrung durch Abwan‑ derung, eines Erhalts durch Aufgabe, zu überwinden. Sie gewährleistete den Akteuren die gestaffelte Teilhabe an einem sakralen Diskurs völkischer Totalität und entlastete sie psychisch vor dem paradoxen Hintergrund des kollektiven Heimatverzichts, den die Umsiedlung letztlich bedeutete. Exakt dieselbe Motivik bricht sich im Propagandamaterial des VKS Bahn. Die Prädestinationslehre des Nationalsozia‑ lismus hätte besser nicht illustriert werden können als in den werbenden Entwürfen, die zur Südtiroler Option für Deutschland aufrufen. Die folgende Aufstellung beschreibt die Bildinhalte und bietet eine Übersicht über die sonstigen Informationen hinsichtlich Ausführenden und Empfängern, die das Material bereithält: Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, S. 123. acHerer 1986; zu Acherer, Mitglied der Spezialeinheit der „Brandenburger“, s. casagrande 2015, S. 110–113. Opfergang und Bekenntnis 1940, S. 39–48. Ich rekurriere hier auf Wildt 2015, der mit dieser Charakterisierung das Führungskorps des Reichssicherheitshauptamtes einprägsam bezeichnete. Opfergang und Bekenntnis 1940, S. 48. Hierzu schon Klemperer 1990, S. 144f.; vgl. auch maas 1984, S. 144. 25 INV.-NR. SCHLOSS TIROL 702504 (Entwurf Nr. 1) 702505 (Entwurf Nr. 2) BILDMOTIV Ein Wehrmachtssoldat mit geschultertem Maschinen‑ gewehr und ein Schütze mit geschultertem Gewehr‑ stutzen, jeweils über der rechten Schulter, schreiten im Gleichschritt nach links, vor dem Hintergrund des Schlern und der beiden Spitzen von Santner und Euringer, hinter denen eine Hakenkreuzsonne hervor‑ leuchtet. Daneben der Schriftzug „Für Führer und Vaterland!“ Eine sechsköpfige, winkende und lächelnde Familie vor dem Schlernmassiv aus nördlicher Richtung, neben sich die im Wind flatternde NS-Reichsflagge mit spiegelverkehrt gezeichnetem Hakenkreuz, umgeben von den Schriftzügen „Großdeutschland ruft!“ und „Heim ins Reich!“ SIGNATUR DES AUSFÜHRENDEN MASSE RMVP 18950-VKS An den Landesführer des VKS Peter Hofer Müller (zwischen den Beinen des Schützen) 35×50 cm An den Landesführer des VKS Herrn Peter Hofer PERSÖNLICH überbringen durch SS-Obersturmbannführer Josef Dorfmann TEXT RÜCKSEITE 702510 (Entwurf Nr. 7) Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler [Rundstempel] / Genehmigt Heiner Junge (mit Schulranzen) und Mädchen, beide nord‑ wärts blickend und mit ihrer rechten Hand den deut‑ schen Gruß vollführend, vor Schlern und Santner‑Eu‑ ringer‑Spitzen und dem Schriftzug „Heim ins Reich!“ Lieblein (an der Wade des Jungen) 35,5×24,8 cm RMVP 19873-OZAV VORENTWURF 2/III Als Reklamebeilage und Wandzeitung Als Wandzeitung / Originalentwurf von E. Müller nach einer Zeichnung von Luis Alton AdO [in hellblauer Farbe unten rechts] Persönlich übergeben durch SS-Obersturmbannführer J. Dorfmann Persönlich: Landesführer Peter Hofer VKS durch SS-Obersturmbannführer J. Dorfmann Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler [Rundstempel] / Genehmigt Heiner RMVP 19475 702511 (Entwurf Nr. 8) Eine junge Frau, in einfachem Sommerkleid, vor der Rosengartengruppe mit der linken Hand die Heimat verabschiedend unter dem Schriftzug „Heim ins Reich!“ z. Ktn. Gunther Langes Bozner Tagblatt EDDY (an der linken Schulter der Frau) 18,2×42,8 cm 35×50 cm Entwurf für Werbebanner und Wandzeitung An den Landesführer des VKS Herrn Peter Hofer PERSÖNLICH überbringen durch SS-Oberscharführer Josef Dorfmann AdO [unten links in hellblauer Farbe] Persönlich! Herrn Peter Hofer (VKS), St. Michael/Kastelruth Überbringer: SS-Obersturmbannführer [über getilgter Funktionsbezeichnung] J. Dorfmann AdO [in hellblauer Farbe, am rechten unteren Rand] RMVP 19967-OZAV 702506 (Entwurf Nr. 3) Ein annähernd wie ein Mitglied der Hitlerjugend gekleideter Jugendlicher zerschlägt mit einem erho‑ benen Vorschlaghammer einen rotweißen Grenzbal‑ ken, hinter sich das Rosengartenmassiv mit einer als Hakenkreuz stilisierten Sonne und den Schriftzügen „Großdeutschland ruft!“ und „Heim ins Reich!“ Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler [Rundstempel] / Genehmigt i. V. Herbert 35×50 cm (links neben der Figur) 26 702508 (Entwurf Nr. 5) 702509 (Entwurf Nr. 6) Vier im Wind flatternde NS-Reichsflaggen vor einem Reichsadler und der Pfarrkirche Bozen Unter dem Schriftzug „Heim ins Reich!“ ein Mann mit einem Jungen im Arm vor einem Weinstock, einem Krug und einer Hofanlage, nach Norden blickend mit deutender Hand und roten Blumen (Geranien), im Hintergrund hinter Gebirgszug aufgehende Hakenkreuzsonne Dem Betrachter abgewandtes männlich‑weibliches Paar in Tracht, ein Kleinkind im Arm, auf die hinter dem Gebirgsstock des Rosengartens aufgehenden Hakenkreuzsonne blickend; rechts davon der Schrift‑ zug „Heim ins Reich!“ Ferrari – Bz 35×50 cm (an der zweiten Flagge) (mittig tief, zwischen den Beinen des Mannes) Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler [Rundstempel] 34,5×24,5 cm (links auf Hüfthöhe des Hitlerjungen) 42,5×32,5 cm Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler [Rundstempel] / [unleserliche Paraphe] RMVuP Genehmigt Heiner 702564 (Entwurf Nr. 10) Aufgehende Hakenkreuzsonne (spiegelverkehrt), ge‑ rahmt von Bozner Stadtwappen (links) und Reichsad‑ ler (rechts), darunter Schriftzug „Deutsches Geschäft“ 702565 (Entwurf Nr. 11) Ein rechter Arm, zum deutschen Gruß erhoben, zugleich eine um das Handgelenk gelegte Kette sprengend. Dahinter das Meraner Stadtwappen (im Schild roter Tiroler Adler auf dreitoriger Stadtmauer aufsitzend) Überbringer: SS-Obersturmbannführer J. Dorfmann (unsigniert) 20,8×29,5 cm [ohne Vermerke] Herrn Peter Hofer St. Michael/Kastelruth Persönlich überbringen!!! HG. 34×25,5 cm (über dem Armansatz) durch SS-Hauptsturmbannführer J. Dorfmann gez. Heiner Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler [Rundstempel] / Genehmigt Heiner RMVuP „Heim ins Reich“ / 18389-VKS An den Herrn Landesführer Peter Hofer, VKS RMVP 19301-OZAV A-S-I (davor n.; am linken unteren Bildrand) E. Müller Flugblatt / Entwurf Sommerzeltlager Jungvolk und HJ AdO [in hellblauer Farbe, am rechten unteren Rand] Persönlich Herrn Peter Hofer, St. Michael/Kastelruth Sparer Hitlerjunge im Profil, in eine Fanfare mit abhängen‑ dem NS‑Wimpel auf rotweißrotem Grund blasend, im Vordergrund das Stadtwappen Bozens, im Mittelgrund fünf helle Zelte, im Hintergrund die Rosengartengrup‑ pe; Schriftzug: „Sommer-Zeltlager / der Hitlerjugend“ Herrn Peter Hofer St. Michael/Kastelruth PERSÖNLICH durch SS-Obersturmbannführer J. Dorfmann AdO [in hellblauer Farbe, am rechten unteren Rand] 702507 (Entwurf Nr. 4) 702512 (Entwurf Nr. 9) Originalentwurf als Wandzeitung und Beilage S. Walch Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler [Rundstempel] / Genehmigt Heiner RMVP – 18997-OZAV Originalentwurf Wandzeitung und Banner N. Hürbel Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler [Rundstempel] / Genehmigt Stofner 29,2×20,5 cm Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler [Rundstempel] / Heiner Wandzeitung und Annonce AdO [rechts unten in hellblauer Farbe] 702566 (Entwurf Nr. 12) Eine dem Betrachter abgewandte Frau, mit Kleinkind im linken Arm und mit der Rechten ein Tuch schwin‑ gend, grüßt zum Abschied den Schlern mit Santner‑ und Euringerspitze (also von Norden), zu ihren Füßen ein weiteres abgewandtes Mädchen; Schriftzüge in rot: „Der Führer ruft!“ und „Heim ins Reich!“ Klause (unterhalb des Rocks der Frau) 40×29,5 cm [gesamte Rückseite grauschwarz übermalt, ohne Vermerke] 27 Die lineare Provenienz des in der bisherigen Optionsliteratur völlig unbekannten Materials gibt keinerlei Anlass, an dessen Authentizität zu zweifeln. Die Skizzen wurden 2019 aus dem spät gesichteten, aber ohne Unterbrechungen in Familien‑ besitz befindlichen Nachlass eines 1944 an seinen Kriegsver‑ letzungen verstorbenen Südtiroler SS‑Mitglieds über den örtlichen Antiquariatshandel an das Landesmuseum Schloss Tirol veräußert. Aufgrund des Nachlasscharakters sind die Zeichnungen demnach als zeitgeschichtliches Archivgut zu betrachten.82 Bei dem Urheber des Nachlasses handelt es sich um Josef Dorfmann; fast alle Entwürfe sind rückseitig mit seinem Namen versehen, wobei man nur vermuten kann, dass die mit schwarzer Tinte ausgeführten Annotationen eigenhändig vorgenommen worden sind.83 28 Die rückseitigen Vermerke auf Entwurf Nr. 1 82 83 Zur archivwissenschaftlichen Definition s. stumpf 2018, S. 57ff. Von seiner Hand liegt als Vergleichsprobe nur die Unterfertigung des Optionsformulars vor, was für einen zweifelsfreien grafologischen Abgleich keine hinreichende Grundlage darstellt. JOSEF DORFMANN (1921–1944) Wer war SS-Obersturmbannführer Josef Dorfmann? Zu seinen Lebensdaten liegen verwertbare Informationen im Optionsbestand des Staatsarchivs Bozen, in den Akten der Dienststelle Umsiedlung Südtirol (DUS) des Tiroler Landes‑ archivs in Innsbruck sowie in der Zentralen Personenkartei der Deutschen Dienststelle (WASt) des Bundesarchivs in Ber‑ lin vor – sowohl die italienischen wie die deutschen Dienst‑ stellen zeichneten sich durch einen aufgeblähten bürokrati‑ schen Verwaltungsapparat aus, dessen Schriftgut in breiter Streuung überliefert ist.84 Nach den vorliegenden Akten wur‑ de Dorfmann am 7. April 1921 in Neustift bei Brixen (heutige Gemeinde Vahrn) geboren. Seine Eltern waren der gleichna‑ mige Josef Dorfmann und Kreszenz geb. Huber; als Wohnad‑ resse wird „Neustift Nr. 35“ angegeben, des Weiteren sind als „Beruf: Student“, als „Glaubensbekenntnis: katholisch“ und als „Volkszugehörigkeit: deutsch“ festgehalten.85 Über Dorf‑ manns Schulzeit sind keinerlei Angaben zu eruieren (wobei die Vermutung nahe liegt, dass er die nahegelegene Neu‑ stifter Stiftsschule besucht hat)86, sein Lebensweg gewinnt aber mit dem am 7. Dezember 1939 von ihm unterzeichneten Antrag auf „Genehmigung zur Abwanderung ins Deutsche Reich“ deutlichere Konturen.87 Mit diesem Ansuchen hatte er – im Sinne der deutsch‑italienischen Optionsvereinbarung vom 23. Juni 1939 – auch „die Entlassung aus dem Italieni‑ schen Staatsverband und Wehrpflichtsverhältnis sowie die Einbürgerung im Deutschen Reich“ beantragt. Ebenso er‑ klärte er mit dem Formular, dass ihm „keinerlei Tatsachen bekannt sind, die einen Zweifel an meiner und meiner Familienangehörigen arischen Abstammung bestehen“. 84 85 86 87 88 89 90 Dorfmann entsprach damit geradezu idealtypisch dem Profil jener „jungen Wilden“, deren deutschnational grundierte Kriegsbegeisterung sie – unmittelbar nach dem deutschen Überfall auf Polen am 1. September 1939 – zu frühen Frei‑ willigen der Wehrmacht und SS machte.88 Es handelte sich um männliche Jugendliche, die im Herbst/Winter 1939 ihren italienischen Militärdienst entweder schon ableisteten oder ihre rasche Einberufung erwarten mussten und es vorzogen, in das deutsche Heer einzutreten, da der „politische Kom‑ pass ihres Handelns und Kampfes“ (Leopold Steurer) an den Großmachtvisionen NS‑Deutschlands ausgerichtet war. Der Elan und Vitalitätsüberschuss dieser Generation, die sich von ihrer noch unter dem habsburgischen Österreich sozialisier‑ ten Elterngeneration ostentativ absetzte, war durchdrungen von den Denkmustern des Volkstumskampfes und der Volks‑ gemeinschaft – ihre Lebensziele waren von den völkischen Kategorien des Grenz‑ und Auslandsdeutschtums durchwirkt und vor dem Hintergrund der eigenen, in der italienisch gewordenen Heimat düsteren Zukunftsperspektiven darauf gepolt, alles auf die „deutsche Karte“ zu setzen und ihre Res‑ sentiments in ideologische Radikalisierung zu verwandeln.89 Das psychologisch‑mentale Naheverhältnis zum National‑ sozialismus war auch bei Dorfmann, so dürfen wir vermuten, gleichermaßen von den Push‑Faktoren der faschistischen Entnationalisierungspolitik in Südtirol wie von der weltan‑ schaulichen Programmatik des VKS bestimmt, die besonders im Ende November 1939 popularisierten „Lied der Kriegs‑ freiwilligen“ ihren Ausdruck fand. Dabei handelte es sich um die Adaption eines aus dem Ersten Weltkrieg stammenden Kriegsliedes von Berthold Funke nach einer Melodie des NS‑Propagandisten Gerhard Pallmann, deren Text nun mit der Südtirol‑bezogenen Liedzeile „Wir sind der Südmark Jungmannschaft“ eingeleitet wurde.90 Typisch für solches Liedgut ist die strukturelle Nähe zur völkischen Jugend‑ und Zur stabilisierenden Funktion der Bürokratie in beiden Faschismen BacH/Breuer 2010. Die zahllosen, kaum zu über blickenden Archivfonds im Umfeld der Südtiroler Option erfasst lutt 2016. Tiroler Landesarchiv Innsbruck, Dienststelle Umsiedlung Südtirol (DUS), Stammbogen Josef Dorfmann (Kennnummer 303.405). Im Folgenden nur noch DUS‑Akte Josef Dorfmann, TLA. In Dorfmanns erhaltenem Optionsakt wird er als „studente ginnasiale“, also als Gymnasialschüler bezeichnet: Staatsarchiv Bozen, Optionsakten, Optionsgesuch Josef Dorfmann, Akt Nr. 74632. Im Folgenden nur noch Optionsakt Josef Dorfmann, Staatsarchiv Bozen. DUS‑Akte Josef Dorfmann, TLA. steurer 2011, S. 55ff. steurer 2011, S. 56. Zur Konzeptualisierung politischer Radikalisierung s. griffin 2005 und Kundnani 2012. Die Notation des Lieds ist abgebildet bei steurer 2011, S. 62; hier auch ausführlich zu dessen Funktionalisierung im Umfeld der Südtiroler Rekruten für Wehrmacht und SS. 29 Burschenschaftsbewegung, deren Körperkonzepte und Tüch‑ tigkeitsideale auch die Südtiroler Jungfreiwilligen teilten.91 30 Dorfmann war, als er um die deutsche Staatsbürgerschaft an‑ suchte, gerade 18 Jahre alt, hatte also die Volljährigkeit noch nicht erreicht, die nach damaliger italienischer wie deutscher Rechtslage mit 21 Jahren angesetzt war. Am 3. Januar 1940 beantragte er bei der Präfektur Bozen, der zu dieser Zeit mit Giuseppe Mastromattei ein Faschist der ersten Stunde vor‑ stand, die Ausstellung eines für zwei Monate gültigen Reise‑ passes, um in das Deutsche Reich zu verziehen.92 Als Minder‑ jähriger musste er hierfür auch den schriftlichen Konsens seines Vaters (vom 2. Januar 1940) beibringen, der nach herrschender Rechtslage sein gesetzlicher Vormund war. Der Antrag wurde am 27. März 1940, laut Protokollstempel dem 18. Jahr der faschistischen Zeitrechnung, administrativ erle‑ digt und die Abwanderung mit der undatierten Aufstempe‑ lung Trasferitosi in Germania („nach Deutschland verzogen“) dokumentiert.93 Die Majorennitätsregel galt allerdings nicht für die Wehrpflicht: Laut dem von der nationalsozialistischen Reichsregierung am 21. Mai 1935 verkündeten „Wehrgesetz“, mit dem die von den Friedensvertragsbestimmungen unter‑ sagten Wiederaufrüstungspläne demonstrativ verletzt wur‑ den, war „jeder deutsche Mann […] arischer Abstammung“ mit vollendetem 18. Lebensjahr wehrpflichtig.94 Der Stamm‑ bogen von Dorfmanns Umsiedlungsakt gibt als erwünschten Zeitpunkt der Abwanderung die Monate März/April 1940 sowie als gewünschten Zielort Innsbruck an.95 Er habe weder Grundbesitz noch sonstigen beweglichen Besitz. Die ge‑ wünschte Tätigkeit am Zielort wird mit „Prüfungen ablegen und weiterstudieren“ angegeben. Der Antrag ging am 11. Ja‑ nuar 1940 beim Arbeitsamt Innsbruck ein, wie eine entspre‑ chende Abstempelung dokumentiert. Zum 20. Februar 1940 liegt eine Inskription in den Gaustudentenbund vor, womit wohl die an der Innsbrucker „Deutschen Alpenuniversität“ auf ihrer Vorderseite mit dem auffälligen roten Stempel Rückgewanderter Südtiroler versehen, wobei „Rückwanderung“ der NS‑Sprachregelung für die „Heimholung der Volksdeut‑ schen“ entsprach – zugleich belegen die weiteren Wehrmel‑ deangaben, dass Dorfmann sofort der Waffen-SS zugeteilt wurde bzw. den Eintritt in den militärischen Kampfverband vermutlich auch selbst angestrebt hatte. ab 1938 eingerichtete NS‑Vereinigung der Studierenden gemeint ist.96 Die militante Organisation war hier wie an anderen Universitäten des Deutschen Reichs, im Wechsel‑ spiel mit dem Gaudozentenbund, für Gesinnungskontrolle und Gleichschaltung der Studierenden zuständig.97 Freilich wissen wir nicht, welchen Studienzweig Dorfmann gewählt haben mag, ebenso wenig ist klar, ob er ein etwaiges Studium je aufgenommen hat – bestenfalls hätte er noch im Sommer‑ semester damit beginnen können.98 Vom 9. bzw. 11. März datiert die administrative Abarbeitung seiner Einbürgerungs‑ urkunde durch die dem Landeshauptmann von Tirol und Vorarlberg zugeordnete Abteilung Umsiedlung Südtirol/ Abteilung IV – das Formular enthält den stereotypen Druck‑ vermerk, wonach der Antragssteller zu dieser Zeit „noch in Italien“ lebe.99 Mit 5. Juni 1940 ist Dorfmann im Lager Mühlau bei Innsbruck nachgewiesen, einer Notunterkunft für jene Umsiedler, denen noch kein Wohnraum zugewiesen werden konnte. An diesem Tag wird ihm die vom Reichsstatthalter in Tirol und Vorarlberg (auftragshalber gezeichnet Dr. Kne‑ ringer) namens des Deutschen Reichs beglaubigte Einbürge‑ rungsurkunde („Reichsangehörigkeit“) ausgehändigt.100 Am Vortag hatte die Zweigstelle Brixen der ADERSt eine „Ab‑ schlussmeldung“ ausgestellt, verbunden mit der Freigabe der Abreise Dorfmanns am 1. Juni und der Bereitstellung eines offenbar provisorischen, für den Grenzübertritt benötigten „Italienischen Sonderpasses“ durch den Quästor von Bozen. Dieselbe Meldung hält unter „Bemerkungen“ fest: „Freiwilli‑ ger: Innsbruck Heeressammelstelle“.101 Er war damit Teil der ersten Rekrutierungswelle von SS‑Frei‑ willigen aus Südtirol, die in den Jahren 1939/41 und damit in der Anfangsphase des Zweiten Weltkriegs in vergleichsweise hoher Zahl die Aufnahme in die sich selbst als Elite und Speerspitze des deutschen Heeres verstehende Militäreinheit anstrebte.103 Das soziale Profil dieser Freiwilligenkontingente wurde von Thomas Casagrande im Detail untersucht und ausführlich dargestellt.104 Insbesondere ist ihm der statisti‑ sche Nachweis gelungen, dass Südtiroler Jungmänner, ge‑ messen an der überschaubaren Gesamtbevölkerungszahl der Region, überproportional in der Waffen-SS vertreten waren.105 Ebenso hat Casagrande das sozialpsychologische Profil der Rekruten herausgearbeitet, die zumindest in ihrer ersten Welle von einer männerbündischen Desperado‑Men‑ talität erfüllt waren, die sich selbstredend auch mit einem gesteigerten Aggressionspotential und einer hohen Tötungs‑ bereitschaft verband.106 Südtiroler SS‑Mitglieder waren an Kriegsverbrechen beteiligt und in den Wachmannschaften von Vernichtungslagern wie Mauthausen und Auschwitz‑ Birkenau vertreten. Mit dieser Notiz ist der zentrale Übergang Dorfmanns von seiner zivilen in die militärische Existenz benannt. Noch am 4. Juni, am Vortag der Verleihung der deutschen Staats‑ bürgerschaft, beantragte er in Innsbruck den Wehrpass und absolvierte am 7. Juni im dortigen Wehrbezirkskommando die militärische Musterung.102 Die militärische Suchkarte ist Natürlich teilten sie diesen Verstrickungs‑ und Verblen‑ dungszusammenhang mit anderen „Volksdeutschen“ (wie den Sudetendeutschen, den Banater Schwaben, den Elsäs‑ sern, den Siebenbürger Sachsen oder den Memeldeutschen). Ihnen allen galt im Übrigen das besondere Augenmerk des sogenannten Ergänzungsamtes im SS‑Hauptamt unter Das Übersichtsblatt von Josef Dorfmanns Umsiedlungsakt mit zwei Passfotos (Tiroler Landesarchiv, DUS 303.405) 91 103 Zum Profil der SS bzw. Waffen-SS s. Wegner 1997; roHrKamp 2010; scHulte/lieB/Wegner 2014. 92 104 casagrande 2015. Zu den Körperpraktiken der deutschnationalen Jugendbewegungen s. den forschungsgeschichtlichen Überblick bei siemens 2007. Optionsakt Josef Dorfmann, Staatsarchiv Bozen. Zu Mastromattei esposito 2012, S. 47–50. 93 Optionsakt Josef Dorfmann, Staatsarchiv Bozen. 94 Reichsgesetzblatt 1935, I, S. 369–375; dazu frevert 2001, S. 317ff. 95 DUS‑Akte Josef Dorfmann, TLA. 96 Zur Faschisierung der Innsbrucker Universität ab 1938 s. oBerKofler/goller 1996, S. 315ff. 97 grüttner 2004; scHoltysecK/studt 2008, S. 115ff. 98 In den Universitätsmatrikeln 1934–1946 scheint J. Dorfmann jedenfalls nicht auf (frdl. Auskunft Peter Goller vom Universitätsarchiv Innsbruck). 99 DUS‑Akte Josef Dorfmann, TLA. 100 DUS‑Akte Josef Dorfmann, TLA. 101 DUS‑Akte Josef Dorfmann, TLA. 102 Bundesarchiv Berlin, Zentrale Personenkartei der Deutschen Dienststelle (WASt), Wehrmeldekarte Josef Dorfmann. Im Folgenden nur noch WASt‑Suchkarte Josef Dorfmann, Bundesarchiv. 105 casagrande 2015, S. 32f. und S. 172. 106 casagrande 2015, S. 133f. 31 dessen Chef, SS‑Brigadeführer Gottlob Berger, der unter die‑ sen Bevölkerungsgruppen besonders aktiv um Zugänge warb und um die Jahreswende 1939/40 mit SS‑Obersturmbannfüh‑ rer Walter Rehder einen eigenen Beauftragten hierfür nach Bozen entsandte.107 Die Maßnahmen waren äußerst erfolg‑ reich: Über den gesamten Kriegsverlauf gerechnet, konnte Casagrande über 2.000 Südtiroler SS‑Rekruten nachweisen, beginnend mit jenen frühen Aufgenommenen, zu denen Dorfmann zählt.108 Zu diesen Freiwilligen gehörten viele Aktivisten der früheren Jugendbewegung des VKS, wie etwa Willy Acherer, Walter Pernter und Otto Casagrande; ebenso meldete sich die erste Führungsriege des VKS mit Karl Nicolussi‑Leck, Otto Robert Waldthaler, Michael Tutzer und Robert Helm geschlossen zur Waffen-SS.109 32 Selbstzeugnisse dieser Personengruppen, vor allem die dank der faschistischen Postzensur überlieferten Korresponden‑ zen, geben deutlich zu erkennen, dass viele der Südtiroler SS‑Freiwilligen von einem rassisch‑politischen Überlegen‑ heitsgefühl und Elitebewusstsein der eigenen Volksgruppe getragen waren.110 Als deutlicher Attraktionsfaktor auf die jungen Soldaten wirkte vor allem das Kriegsgeschehen in Osteuropa, wo Hitler am radikalsten und aus nationalsozia‑ listischer Sicht zunächst überaus erfolgreich seine europäi‑ schen Neuordnungspläne in die Tat umzusetzen versuchte. Die Südtiroler Mitglieder der Waffen-SS waren von Beginn an aktiv an der Eroberung „neuen Lebensraumes“ beteiligt, eines Raumes, der in den biopolitischen Planungen der SS auch für die in Aussicht gestellte „geschlossene Ansiedlung“ der eigenen Volksgruppe vorgesehen war.111 Ein bisher un‑ beachtetes Zeugnis für den damit verbundenen mentalen Habitus verdankt sich den Tagebuchaufzeichnungen von Fritz Nagele, eines 1917 in Bozen geborenen SS‑Untersturm‑ führers der SS‑Division „Totenkopf“.112 Er nahm ab Juni 1941 am deutschen Überfall auf die Sowjetunion teil und verstarb an den Folgen einer schweren Kampfverwundung Anfang Juli 1942 im Raum Demjansk.113 Sein Bruder, der VKS‑Funk‑ tionär Hans Nagele, hat die ihm überantworteten Feldnotate als Privatdruck im August 1943 in Bozen in geringer Stückzahl herausgebracht.114 Die Aufzeichnungen sind durchzogen von Formulierungen der Landsersprache, dem heroisierenden Beschreiben des Angriffskriegs, in das sich neben Berufun‑ gen auf die eigene „Teufelswut“ und den „furor teutonicus“ entgrenzende Wendungen wie „Über den Haufen schießen“ oder „Uns kann nichts erschüttern“ mischen. Es ist die Spra‑ che jenes faschistoiden Männertypus’, den Klaus Theweleit historisch‑psychoanalytisch als hochgradig systemfunk‑ tionalen und zugleich emotional befriedigten Tätertypus eingeordnet hat.115 Das Vorwort des Nagele‑Tagebuchs Wehrmelde-Suchkarte Josef Dorfmann vom Juni 1940 mit der Zuteilung zur Waffen-SS (Bundesarchiv Berlin, Zentrale Personenkartei der WASt) 107 Casagrande/sChvarC/spannenberger/TrașCă 2016; steurer 2011, S. 76. beschwört das „gewaltige Kriegsgeschehen“, das den Optan‑ ten Nagele dazu motiviert habe, „bereits im Frühjahr 1940 von seinen geliebten Bergen Abschied“ zu nehmen und sich in München als Kriegsfreiwilliger zur Waffen-SS zu melden.116 Ganz ähnliche Motivlagen dürften bei Dorfmann entschei‑ dend gewesen sein. Bei ihm verfügen wir allerdings nur über die nüchternen Verwendungsdaten. Er rückte mit 10. Juni 1940 zunächst zu der in Graz stationierten SS‑Division „Der Führer“ im Anfangsrang eines Panzergrenadiers ein.117 Das SS‑Panzergrenadier‑Regiment 4 unter SS‑Ober‑ bzw. Briga‑ deführer Georg Keppler wurde ab Mai 1940 im Westfeldzug in den Niederlanden, Belgien und Frankreich eingesetzt, wo es gemeinsam mit Einheiten der „Leibstandarte Adolf Hit‑ ler“ und SS‑Totenkopfverbänden operierte. Es kam sodann am Balkan und – wie schon Fritz Nageles Division – im Kon‑ text des „Unternehmens Barbarossa“ in Russland zum Ein‑ satz.118 Dorfmann dürfte an den jeweiligen Kampfhandlungen beteiligt gewesen sein, nur unterbrochen von Phasen der Hospitalisierung bzw. des Fronturlaubs. So erteilte am 6. Fe‑ bruar 1941 der Leiter der Hauptabteilung VI der ADERSt‑ Hauptstelle Bozen (gezeichnet Vollmer) in einem Schreiben an den Gauleiter und Reichsstatthalter/Umsiedlung Südtirol ein positives Gutachten zum Urlaubsgesuch, das „Wehr‑ machtsurlauber“ Josef Dorfmann zwecks Einreise nach Süd‑ tirol eingereicht hatte, und ersuchte zugleich die Innsbrucker Stelle „um Beschaffung der Sichtvermerke zur Einreise“.119 Dorfmann wird sich vermutlich im Spätwinter 1941 in Südti‑ rol, aller Wahrscheinlichkeit nach an seinem Heimatort Neu‑ stift, aufgehalten haben. Die nächste Nachricht ist mit 17. Oktober 1941 datiert: An die‑ sem Tag wird Dorfmann als vom „SS Alpenland KH“ zurück‑ gekehrt gemeldet.120 Der Wehrkreis SS‑Oberabschnitt Alpen‑ land war in Salzburg disloziert; KH dürfte „Krankenhaus“ bedeuten, was auf einen Genesungsaufenthalt nach einer im Kriegseinsatz zugezogenen Verwundung hindeutet. Dies dürfte wohl während des Balkanfeldzugs geschehen sein, als Wehrmachts‑ und SS‑Einheiten, gemeinsam mit italieni‑ schen, ungarischen und bulgarischen Regimentern, ab April 1941 die beiden Königreiche Jugoslawien und Griechenland angegriffen und überrollt hatten,121 oder bereits im ab Ende Juni tobenden deutsch‑sowjetischen Krieg, dessen Ver‑ nichtungscharakter alle bis dahin gekannten Dimensionen sprengte.122 Eine weitere Beurlaubung datiert vom 2. Dezem‑ ber 1942.123 Nach einer neuerlichen Verwundung („Durch‑ schuss“), die Dorfmann im „Reserve‑Lazarett Ostrow“ (bei Cottbus?) im Februar 1943 ausheilte, wurde er am 15. März 1943 zum 1. Panzergrenadier‑Regiment der „Leibstandarte SS Adolf Hitler“ versetzt.124 Angehörige dieses Truppenver‑ bandes waren in besonderer Weise an Kriegsverbrechen und Judenverfolgungen beteiligt, sowohl an der West‑ wie an der Ostfront. Dorfmann kämpfte mit seiner Einheit im Südab‑ schnitt der antisowjetischen Operationen, wo die deutschen Militäreinheiten nach der Niederlage von Stalingrad im Frühjahr 1943 eine breit angelegte Gegenoffensive starteten und in der Schlacht bei Charkow einen letzten, propagan‑ distisch breit ausgeschlachteten Teilerfolg gegen die Rote Armee errangen. Dorfmanns Einheit unterstand dabei SS‑ Oberst‑Gruppenführer Josef Dietrich, einem nach Kriegsen‑ de mehrfach verurteilten Kriegsverbrecher.125 Auch bei diesen Kampfhandlungen wurde Dorfmann verwundet, wie eine weitere Hospitalisierung im Reservelazarett Dresden von Ende März 1943 bezeugt. Inzwischen zum Unterscharführer befördert, rückte er im Mai 1943 zum Oberscharführer der Waffen-SS innerhalb der „SS-Panzerdivision Hitlerjugend, Begleitkompanie 12“ auf.126 Im SS‑Ranggefüge entsprach dieser Dienstgrad dem Rang eines Feldwebels bzw. eines Unteroffiziers, der mit nachgeordneter Befehlsgewalt ausge‑ stattet war. Bei der 12. SS‑Division „Hitlerjugend“ hingegen, 116 nagele 1943, S. 5. 108 casagrande 2015, S. 22ff. Dorfmann ist in der Arbeit allerdings nicht namentlich genannt. 117 DUS-Akte Josef Dorfmann, TLA; WASt-Suchkarte Josef Dorfmann, Bundesarchiv. 110 Die Korrespondenzen sind auszugsweise in steurer 2011, S. 61ff., vorgeführt und erläutert; zu ihren Werthaltungen vgl. auch WedeKind 2009, S. 73. Weiteres 119 DUS‑Akte Josef Dorfmann, TLA. 109 casagrande 2015, S. 25; steurer 2011, S. 59. Material von Militärs wie von Zivilisten findet sich auch in der ausführlichen Dokumentation von Hartungen/miori/rosani 2006. 111 steurer 2011, S. 59; zum Gesamtkomplex der deutschen Ostplanungen corni 2005. 112 Zu den Einsatzorten und den zahllosen Kriegsverbrechen dieser Division s. sydnor 2000. 113 Zum deutschen Aggressionskrieg im Osten s. ueBerscHär/Wette 1991 und Hartmann 2011. 118 Zur Einheit aus militärgeschichtlicher Sicht Hastings 1981. 120 WASt‑Suchkarte Josef Dorfmann, Bundesarchiv. 121 Zum militärischen Geschehen des Balkanfeldzugs vogel 1984; zu dessen genozidalen Dimensionen Berger/leWin/scHmid/vassiliKou 2017. 122 Hierzu eindrücklich Heer/naumann 1995. 123 WASt‑Suchkarte Josef Dorfmann, Bundesarchiv. 114 nagele 1943. 124 WASt‑Suchkarte Josef Dorfmann, Bundesarchiv. 115 tHeWeleit 2015. 125 Zu Dietrich s. clarK 2003 und allBritton/mitcHam 2011. 126 Zentrale Personenkartei B 563, D-953/355 Josef Dorfmann, Bundesarchiv Berlin. Im Folgenden nur Personenkartei Josef Dorfmann, Bundesarchiv. 33 in der mindestens 15 Südtiroler dienten,127 handelte es sich nach Einschätzungen des Militärhistorikers Peter Lieb um einen der am meisten brutalisierten und nationalsozialistisch indoktrinierten deutschen Militärverbände; er führt dies auf die besonders radikalisierte Mischung aus älteren, er‑ fahrenen Soldaten und jungen, fanatisierten Mitgliedern der HJ als perfekte Grundlage für einen rücksichtslos geführten NS‑Weltanschauungskrieg zurück.128 Gemäß einem weiteren Eintrag vom 5. Mai wurde Dorfmann nach einem „Oberschenkel‑Durchschuss“ zunächst im „SS‑ Feldlazarett in Charkow“ notversorgt und dann wiederum nach Dresden verlegt, wo er ein Aneurysma erlitt.129 Laut einer Stabsleitermeldung (gezeichnet Mayerbrucker) vom 29. Juli 1943 an den Oberbürgermeister der Gauhauptstadt Innsbruck befand sich Dorfmann im Reserve‑Lazarett I in der Dresdner Marienallee, wohin ihm seine „Lohnsteuerkar‑ te […] für den Bezug seiner Kriegsbesoldung“ nachgeschickt werden möge.130 Wenig später ist er im Reserve‑Lazarett Bärenfels nachgewiesen, wohl dem ehemaligen Kurort Bärenfels im Osterzgebirge, einem heutigen Ortsteil der ca. 30 km südlich Dresden gelegenen Stadt Altenberg in Sachsen. Dorfmanns Gesundheitszustand muss sich merk‑ lich verschlechtert haben, was – zu einem nicht bekannten Zeitpunkt – seine logistisch aufwändige Verlegung in das Reserve‑Lazarett Bensberg bedingt haben wird. Hier, im Militärlazarett von Bensberg131, einem heutigen Stadtteil von Bergisch Gladbach im Bergischen Land, verstarb Josef Dorfmann am 9. September 1944 an einer infolge seiner schweren Verletzungen aufgetretenen bakteriellen Infektion („Gasbrand“); der medizinische Totenbericht der Wehrmel‑ dekarte hält hierzu folgenden Befund fest: „Zertrümmerung der rechten Hand, ausgedehnte Weichteilverletzung [am] linken Oberschenkel, des Scrotum und des Penis, Gas‑ brand.“ Der Verstorbene sei in „Bensberg, Ehrenfriedhof, Grab 22“ bestattet worden.132 Die Todes‑ und Bestattungs‑ meldung wurde in den Folgejahren mehrfach bestätigt, ehe man sie 1955 in eine beiliegende Gräberkartei übertrug und zusätzlich vermerkte, dass die Beisetzung am 12. September 1944 erfolgt, diese am 22. Oktober 1948 vom Bürgermeister von Bensberg133 amtlich eingesehen worden sei134 und die Kriegsgräberfürsorge Wehrkreiskommando VI die Obhut übernommen habe.135 Die Akte wurde am 5. Oktober 1960 geschlossen.136 35 34 127 casagrande 2015, S. 82. 128 lieB 2007, S. 158f.; s. auch casagrande 2015, S. 83. 129 Personenkartei Josef Dorfmann, Bundesarchiv. 130 DUS‑Akte Josef Dorfmann, TLA. 131 Das Lazarett war im früheren, auf der Emilienhöhe in Bensberg gelegenen katholischen Priesterseminar, dem heutigen Kardinal‑Schulte‑Haus, nach dessen 1941 erfolgten Beschlagnahme durch die Gestapo im Jahr 1944 eingerichtet worden; s. staHl 2014. 132 Personenkartei Josef Dorfmann, Bundesarchiv. Der Bensberger Soldatenfriedhof besteht heute als „Kriegsgräberstätte Bergisch Gladbach‑Bensberg“ am 133 134 135 136 Bensberger Milchhornberg mit einer Gesamtbelegung von 225 Soldatengräbern und wird vom „Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge e. V.“ betreut. Laut Onlineauskunft der Gräberdatenbank des Volksbundes liegt der Bestattete Josef Dorfmann nach wie vor in der Anlage begraben und zwar in „Grab 201“ (https://kriegsgraeberstaetten.volksbund.de/). Es muss sich hierbei um das frühere Mitglied der Deutschen Zentrumspartei Jean Werheit handeln, der – nachdem er während der N S-Zeit öffentlicher Funktionen enthoben worden war – von 1946 bis 1956 Bensberger Bürgermeister war. Ebd., Aktenzeichen II 686/11, lfd. Nr. 11. Das „Wehrkreiskommando VI“ war in Münster/Westfalen angesiedelt, seine behördlichen Unterlagen werden im Bundesarchiv in Freiburg im Breisgau, Abt. Militärarchiv, verwahrt. Personenkartei Josef Dorfmann, Bundesarchiv. Titelseite der Südtiroler Tageszeitung Dolomiten vom 6. März 1943 mit triumphalistischen militärischen Erfolgsmeldungen von der deutschen Ostfront aus dem Führerhauptquartier (Landesbibliothek Dr. Friedrich Teßmann, Teßmanndigital) DIE ZEICHNUNGEN: ENTSTEHUNG UND AKTEURE Die zwölf Artefakte aus dem Dorfmann‑Nachlass sind, ob‑ wohl undatiert, einem präzisen historischen Zeitpunkt zuzu‑ ordnen. Ihr „Sitz im Leben“ ist die unmittelbar dem taxativen Optionsentscheid vom 31. Dezember 1939 voraufgehende knappe Zeitspanne. Nur in diesen dramatischen Wochen und Monaten ergaben die Bilder als ein die Abwanderungs‑ bereitschaft verstärkendes Propagandamaterial handlungs‑ leitenden Sinn. Der VKS war Mitte Juli 1939 auf eine Linie der Nibelungentreue umgeschwenkt und hatte die Umsied‑ lung als unumstößliche Tatsache vollinhaltlich bejaht.137 Eine neuerliche Zustimmung zur Umsiedlungsbereitschaft des VKS gegenüber Heinrich Himmler erfolgte am 2. August und wurde umgehend vom Reichsführer-SS mit der Zusicherung eines „geschlossenen“ Ansiedlungsgebiets honoriert. Für die VKS‑Führung bedeutete der Gesamtvorgang nun aber auch die Gelegenheit, darauf hat Karl Stuhlpfarrer auf überzeugende Weise hingewiesen, „ihre eigenen Macht‑ positionen in einem Siedlungsgebiet deutscher Observanz unter neuen und verbesserten Bedingungen zu sichern und ihr angestrebtes Ziel, die Nazifizierung Südtirols, wenn schon nicht in Südtirol selbst, so doch im neuen Siedlungsgebiet zu erreichen.“138 36 Damit waren die Ausgangsbedingungen für den weiteren Gang der Dinge einigermaßen abgesteckt. Die italienisch‑ faschistischen Behörden ihrerseits sanktionierten in dieser Phase jegliche aktive Optionspropaganda und schreckten auch vor Verhaftungen von prodeutschen Aktivisten nicht zurück, wie aus einem besorgten Lagebericht des SS‑ Standartenführers Otto Bene, Generalkonsuls des Auswärti‑ gen Dienstes in Mailand und deutschen Beauftragten für die Südtiroler Umsiedlung, vom 18. August 1939 hervorgeht.139 Die Ereignisse überschlugen sich in der Folge: Der deutsch‑sow‑ jetische Nichtangriffsvertrag vom 23. August 1939, dessen ge‑ heimes Zusatzprotokoll die entscheidende Voraussetzung für den deutschen Überfall auf Polen vom 1. September 1939 sein sollte, schürte in Südtirol die irrwitzigen Hoffnungen auf eine Wende; vielleicht würde die Region zu einem Unterpfand der Bündnistreue Italiens werden und die Umsiedlungsaktion noch eingestellt.140 Vor diesem Hintergrund verschärfte der VKS seine Bemühungen um eine möglichst totale „Rück‑ wanderung“ in das Deutsche Reich und startete mit Ende September eine massierte Aktion der propagandistischen Indoktrination, um dem „Willen des Führers“ landauf, land‑ ab zum Durchbruch zu verhelfen.141 Die Zeichnungen sind auf ihrer Rückseite mehrheitlich mit der finalen Destinatärsangabe „Landesführer des VKS“ ver‑ sehen. Erst mit Januar 1940, wie schon erwähnt, wurde der VKS in die AdO überführt – auch dies ein Hinweis auf die Zeitstellung des Materials. Dieses ist demnach im Kontext der totalen Mobilisierung der Südtiroler Bevölkerung entstanden, vielleicht mit Blick auf die unzähligen, in den Augen der ita‑ lienischen Behörden illegalen Versammlungen, die das Land überzogen. Die Organisationsstruktur des VKS war zu diesem Zeitpunkt so kapillar wie effizient und mühelos imstande, noch den kleinsten Weiler mit werbenden Aktionen zu er‑ reichen. Dies blieb der faschistischen Geheimpolizei nicht verborgen, wie vertrauliche Meldungen über sogenannte Volksdeutsche Feste vom Oktober 1939 veranschaulichen.142 Die italienischen Behörden begannen nun sogar, gegenpropa‑ gandistische Maßnahmen zu fördern, etwa über die offiziöse Tageszeitung Dolomiten, die beruhigende Stellungnahmen des Präfekten Mastromattei lancierte. Die Dolomiten waren seit ihrer Wiederzulassung Ende 1926, abgesehen von ihrer katholisch‑staatskirchlichen Grundausrichtung, der sie ihren Schutzraum verdankte, zu einem dezidiert profaschistischen Verlautbarungsorgan mit einem freilich stets üppigen und unverfänglichen Lokalteil geworden. Freilich konnten die für eine Italien‑Option ins Werk gesetzten Maßnahmen den Ent‑ scheidungsprozess kaum noch beeinflussen, da ihnen, aber auch dem traditionell meinungsbildenden Südtiroler Klerus sowie wohlhabenden Wirtschaftskreisen der größeren Städte – beide Gruppierungen waren tendenziell Gegner der Absied‑ lung – wenig öffentliche Glaubwürdigkeit verblieben war.143 Verwendung gelangt sind. Das ist auch deshalb plausibel, weil einerseits die strenge italienische Kontrolle eine Verbrei‑ tung des Materials zwar nicht prinzipiell unmöglich machte, aber doch das hohe Risiko der scharf geahndeten deutschen „Fremdpropaganda“ bestand. Andererseits fielen durch die sich immer stärker abzeichnende Bereitschaft zur Massenab‑ wanderung je länger, desto deutlicher entscheidende Gründe für eine weitere Intensivierung der Optionspropaganda fort. Vielleicht waren aber auch einfach die materiellen Ein an den faschistischen Meraner Amtsbürgermeister Raffaele Casati gerichteter Denunziantenbericht vom 14. November 1939 stellte fest: „Continua la propaganda a favore dell’esodo di massa.“144 Italiens Außenminister Galeazzo Ciano hielt in einem Tagebucheintrag vom 21. November fest, dass die Dinge im „Hochetsch“ aus italienischer Sicht einen äußerst ungünstigen Verlauf nähmen und ein „vero e proprio plebiscito“ der „tedeschi“ und damit eine erhebliche außen‑ politische Blamage zu befürchten seien.145 Laut einem ver‑ traulichen Bericht für das römische Innenministerium vom 21. Dezember agiere die „propaganda nazista“ in der Provinz Bozen, auch dank der Anstrengungen der von Wilhelm Luig geleiteten deutschen Dienststellen, überaus effizient und äh‑ nelte in ihrer Durchschlagskraft den tschechoslowakischen Vorgängen (womit wohl vor allem die sogenannte Sudeten‑ krise bzw. deren gezielte Eskalierung durch die deutsche Seite gemeint war).146 Weder die deutsche noch die italienische Seite nahmen je‑ doch in diesen und weiteren Stimmungs‑ und Lageberichten Bezug auf visuelles Propagandamaterial des VKS. Dies legt den Schluss nahe, dass die Entwürfe letztlich unter Ver‑ schluss blieben und kaum je, wenn überhaupt, zu konkreter 137 Ausführlich hierzu stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 184ff. 143 stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 190ff. 138 stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 185. 144 Hartungen/miori/rosani 2006, Bd. 2, S. 66. „Ferienlager“ des VKS auf einer Alm, vermutlich dem Salten, um 1939/40 (Südtiroler Landesarchiv, Sammlung Tiroler Geschichtsverein, Bild Nr. 1319) 139 stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 187. Zu Otto Bene, insbesondere zu seiner aktiven Rolle im Zusammenhang mit den jüdischen Deportationen in den ab Mai 1940 145 ciano 1971, S. 189f.; der Passus wird zitiert bei stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 197, und Hartungen/miori/rosani 2006, Bd. 2, S. 83. besetzten Niederlanden, conze/frei/Hayes/zimmermann 2010, S. 240. 140 stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 187f. Zum Hitler-Stalin-Pakt zuletzt WeBer 2019. 141 stuHlpfarrer 1985, Bd. 1, S. 188f. 142 Hartungen/miori/rosani 2006, Bd. 1, S. 240f., dokumentieren ein solches „Volksfest“, welches am 1. Oktober 1939 auf der Fragsburg bei Meran mit Teilnehmenden aus dem Passeiertal und dem Vinschgau, aus Ulten, Lana und der Bozner Gegend abgehalten wurde. 146 Hartungen/miori/rosani 2006, Bd. 2, S. 128. 37 Um diesen bemerkenswerten Hiatus innerhalb des rassisti‑ schen Diskurses zu erklären, lassen wir für einen Moment die Banalität der propagandistischen Inhalte außer Acht und befragen die Entwürfe nach kulturalistischen Gesichtspunk‑ ten. Folgt man etwa dem Kommunikationsmodell von Stuart Hall, so lassen sich Medien nach ihrem dominanten und ihrem rezessiven Bedeutungsgehalt dekodieren.159 In dieser Hinsicht ist der Kampf um Bedeutung stets auch ein Kampf um Diskurs und Deutungshoheit, wobei die Bedeutungen nie völlig vom Sender fixiert oder determiniert werden kön‑ nen. Auch das Südtiroler Material ist Ergebnis einer Signi‑ fikationspolitik, deren ausgehandelte Lesart zu allererst die Legitimität der hegemonialen Definition anerkennt, also die kollektive Umsiedlung nach völkischen Grundsätzen pro‑ pagiert. Auf einer begrenzten Ebene allerdings werden auch eigene Sinnsysteme aufgestellt, die die Primärbedeutungen partiell unterlaufen. 42 Die augenscheinliche Paradoxie der Südtiroler Umsiedlung bestand darin, dass sie dem völkischen Imperativ der „Schol‑ lengebundenheit“ im Kern zuwiderlief. Die Option unter‑ strich geradezu die Unmöglichkeit autarken Handelns im Rahmen eines zur idée-force gewordenen, handlungsleitenden Grundgedankens nationaler Geschlossenheit. Der Vorgang lässt sich daher in gesellschaftswissenschaftlichen Begriffen der sozialen Entropie beschreiben.160 In dieser Perspektive ist die totalitäre Ausrichtung auf ein einziges Ziel, in die‑ sem Fall auf den völkischen Staat, Ergebnis einer radikalen Reduzierung von alternativer Information, also Ausdruck eines – teilweise selbst verschuldeten – Informationsverlusts. Die Paradoxie tritt in der ambivalenten Tiefenstruktur der Bildentwürfe zu Tage: Dienen die Bergkulissen als Elemente des Beharrens und Verbleibens, so fungieren die ritualisierte Abschiednahme bzw. der Gruß- und Zeigegestus der dar‑ gestellten Personen als Elemente der völkisch motivierten Abwanderungsbereitschaft. Die VKS‑Entwürfe waren auf vorbewusste Weise als Double-bind‑Bilder angelegt und ver‑ mutlich deswegen für die NS‑Praxis kaum redundanzfrei gebrauchbar. Wie sollte man auch 1939/40 Hakenkreuzfahnen über Bozen flattern lassen und zugleich einen geschlossenen Bevölkerungstransfer einfordern? Diese Bipolarität löst sich nur dann ein Stück weit auf, wenn hinter der propagierten Abwanderungsbereitschaft die Hoffnung verborgen lag, ein siegreiches NS‑Deutschland werde dereinst, auch in Aner‑ kennung der völkischen Hingabebereitschaft der Südtiroler Optanten, das Land „heimholen“ – nach erfolgter Rückkehr würden die Flaggen über dem „befreiten“ Landstrich wehen. Doch ließ sich die innere Widersprüchlichkeit der Inszenie‑ rungen auch durch die persuasiven Parolen der Bildbeschrif‑ tungen nicht gänzlich bändigen. Die kontradiktorischen Referenzen von „Heim ins Reich!“ und den diesem Befehl entgegengesetzten raumgeografischen Markern (klar er‑ kennbare Berge, Stadtwappen von Meran und Bozen) sind Ergebnis einer antagonistischen Soziologie der Emotionen.161 Diese Kollision von Wunsch und Wirklichkeit war 1939/40 nicht mehr auflösbar und sie griff der Besetzung Südtirols durch die Wehrmacht ab dem 8. September 1943 symbolisch voraus.162 Als model of agency eines aus den Fugen geratenen NS‑Migra‑ tionsdiskurses dienten wesentlich sprachliche Markierungen aus dem politischen Atlas des Großdeutschen Reiches.163 Die semantische Gleichschaltung bildete das Korsett sozialer Identitätskonstruktionen des rassisch‑völkischen Staates – sie wird in den Südtiroler Bildentwürfen durch uniformiertes Kleidungsverhalten und stereotypierte Familienkonstella‑ tionen unterstrichen. Besonders augenfällig wird dies im Trachtenpaar (Entwurf Nr. 6), das mit seinem ethnischen Klei‑ dungsmarker auch auf eine Genealogie völkischer Herkunft 159 Hall 1997. 160 Grundlegend Bailey 1990. 161 Eine theoretische Ausformulierung der sozialen Emotionstheorie leisten gerHards 1988 und mesquita/marKus 2004. 162 Dazu WedeKind 2003. 163 Exemplarisch untersucht in der antifaschistischen Sprachkritik von Klemperer 1990 und maas 1984; vgl. auch leniger 2006 und fiscHer/lorenz 2015, S. 32ff. Links: Der Reichsadler vor wehenden Hakenkreuzfahnen und die Bozner Stadtpfarrkirche, Entwurf Nr. 4 (gezeichnet „Ferrari – Bz“) Rechts: Nach 1945 entnazifizierter Reichsadler des NS-Senders Dobl in der Steiermark über dem Haupteingang (Wikicommons) und inszenierter Ursprünglichkeit zurückgreift. Das kultur‑ konservative Folkloremotiv der Tracht war einer der zentralen Teil‑ und Besitzhabediskurse des Nationalsozialismus, der mit dessen Hilfe gerade im Tiroler Raum die deutsch‑tirolische Identität auf ausgrenzende Weise für sich zu reklamieren und abzugrenzen suchte.164 Die Transformation politischer Dispositionen ist aber auch in die hoch emotionalisierte Naturmythologie der Bilder ein‑ gegangen. Anschaulich wird dies an der wiederholt ins Bild gesetzten Machtressource der als aufgehende Sonne kon‑ zipierten Swastika (Entwürfe Nr. 1, 3, 5–6). Der faschistische Sonnenkult war bereits aus Anlass der Annexion Österreichs propagandistisch eingesetzt worden.165 In diesem nationalen Erlösermotiv gewann der Topos der „Neuen Zeit“ Gestalt, der mit der Natur auch die gesamte gesellschaftlich‑politische Ordnung zu transformieren versprach. Als Übertragungs‑ konzept zwischen Natur und Gesellschaft angelegt, steht die über dem Dolomitengebirge leuchtende Sonne des Nationalsozialismus für die Faschisierung von Naturgeschich‑ te, für die Naturalisierung völkischer Politik.166 Archäologische Autodidakten wie der aus Bozen stammende technische Ingenieur Georg Innerebner, ab 1940 Mitarbeiter des SS‑Ah‑ nenerbes für die Südtiroler Arbeitsgruppe Geschichte und Geographie, lieferten hierzu mythologisierende Interpreta‑ tionen, die sie an vor‑ und frühgeschichtlichen „Wallburgen“ 164 Hierzu Hagen 2017. Die völkische Ideologie des Trachtendiskurses ist in Südtirol niemals abgerissen, wie der einschlägige Band von rizzolli 2007 mit seinem normativen Subtext der Exklusion („Leitfaden zum Tragen und Anfertigen unserer [!] Tiroler Volkstrachten“) belegt. 165 Das entsprechende Plakat ist abgebildet in Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, S. 123. 166 Zur sozialen Logik solcher Übertragungskonzepte Willer/Weigel/jussen 2013. 43 und siedlungsgeschichtlich orientierenden „Sonnenmittel‑ punkten“ festmachten.167 Das scheinbar Naturwüchsige des völkischen Nationalismus verband körperlichen Elan, Jugend, Sonne und Biologie zu einem unentwirrbaren Compositum mixtum des „Gesunden“, dem es normative Kraft einhauchte. Die Vorgänge der Südti‑ roler Option waren in eine biologische Auslese eingebunden, die in der Praxis der Ariernachweise in den „Ahnenpässen“ zum Vorschein kommt. Dieses bisher kaum bearbeitete Feld der Südtiroler Zeitgeschichte ist direkter Ausfluss der auf Aus‑ grenzung (und Vernichtung) zielenden Erbekonzeption des NS‑Staates, die die völkische Tradition zugleich nationalisier‑ te und biologisierte. Auf den Südtiroler Entwürfen sind daher nur stromlinienförmige Menschen zu sehen. Sie sind Rechts‑ subjekte der Neuen Ordnung des völkischen Staates. Was sie in das Deutsche Reich einbringen sollten, war bereits vorab futurisiert für die anvisierte Herrschaftsordnung und die totalitäre Praxis eines vom Nationalsozialismus beherrschten Europas. Der Südtiroler Umsiedlung lag eine erbbiologische Zurichtung zugrunde, die auf rassistischen Überlegenheits‑ konzepten beruhte und die Diskriminierung des minder‑ wertigen Anderen stets miteinschloss. Rassismus ist immer auch ein Prozess der Konstruktion von Bedeutungen.168 Ihre Willkürlichkeit liegt zwar auf der Hand, sie war aber funk‑ tional für den totalitären Staat und eine der unerlässlichen Voraussetzungen für die nationale Passung seiner Mitglieder und Profiteure. Die psychobiologisch gedachte „Blutsgemein‑ schaft des deutschen Volkes“, der sich die Südtiroler Optan‑ ten eingliederten, war als essentialistisches Kollektiv von Menschen mit angeborenen Gemeinsamkeiten imaginiert. Die Kehrseite dieser Praxis war der Ausschluss des Anderen, welcher sich zur Vernichtung steigerte.169 Eine eigene Bozener Sippenkanzlei, vom Genealogen Franz Sylvester Weber ge‑ leitet, stellte während der Options‑ und Kriegszeit zahllose Ahnenpässe und ‑urkunden aus, um die „blutsmäßige“ Eig‑ nung der Umsiedler zwar nicht flächendeckend, aber doch mehr als stichprobenartig zu überprüfen.170 Die wichtigste Voraussetzung zur Teilhabe an der Volksgemeinschaft waren jedoch die Merkmale der autoritären Persönlichkeit. Wer in Ethnozentrismus und Antisemitismus ohne Vorbehalte, also konformistisch einwilligte, identifizierte sich auch mit den totalitären Machthabern und ihren expansionistischen poli‑ tischen Zielen, und dies umso mehr, als dieser Identifikation – wie im Südtiroler Beispiel – tieferliegende Motive nationaler Enttäuschung und Erlösungserwartung zugrundelagen.171 45 44 167 Zu Innerebner, 1949 erster Obmann des „Landesverbandes für Heimatpflege in Südtirol“ und Ehrenmitglied des „Südtiroler Künstlerbundes“, s. WedeKind 2019, S. 62 u. 80. 168 miles 1999, S. 9. 169 Hierzu essner 2002 und eHrenreicH 2007. 170 Zur Rolle Webers und seiner „Sippenkanzlei“ WedeKind 2003, S. 231; zur Ideologie der NS-Ahnenforschung Weiss 2010. 171 Die Merkmale der antidemokratisch‑autoritären Persönlichkeit wurden wegweisend untersucht von adorno/frenKel-BrunsWiK/levinson/sanford 1950/73, die zur Feststellung des Faschismusprofils von Individuen die „F-Skala“ entwarfen (dazu müller-doHm 2011, S. 439ff.); für Aktualisierungen s. lederer 1983 und oesterreicH 1998. Oben: Entwurf Nr. 6 mit dem Südtiroler Trachtenpaar (gezeichnet „A-S-I“) Unten: Aus der Karte des „Volksbundes für das Deutschtum im Ausland“, Berlin 1940 (Ausschnitt) 46 DER ADRESSAT der Einrichtung der NS‑Operationszone Alpenvorland ab dem 13. September 1943 unter „Hauptschriftleiter“ Gunther Langes. Wie bereits ausgeführt, sind die zwölf Propagandabilder zur Südtiroler Option aller Wahrscheinlichkeit nach in der zweiten Jahreshälfte bzw. Ende 1939 entstanden, vielleicht im Kontext eines jugendlichen Schulungslagers von VKS oder HJ. Sie scheinen niemals aktiv zur Verwendung ge‑ langt zu sein und tragen dementsprechend auch nur geringe Gebrauchsspuren. Mit Ausnahme der Entwürfe Nr. 10 und Nr. 12 weisen alle Artefakte rückseitige Überbringervermer‑ ke sowie die Abstempelung, teilweise auch an der Vordersei‑ te, mit einem Rundstempel der „Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler“ auf. Ein gewisses chronologisches Problem wirft dabei, zumindest auf den ersten Blick, die nicht ein‑ heitliche Binnenstruktur der Angaben auf, doch lassen sich die Widersprüche durch die Annahme einer erst sekundä‑ ren Beschriftung auflösen. Als Sender fungiert durchgehend Josef Dorfmann, der fast immer als SS‑Obersturmbann‑ führer firmiert.172 Die Zeichnungen seien „persönlich“ dem „Landesführer des VKS Peter Hofer“ zu übergeben, und zwar an dessen Domizil in St. Michael bei Kastelruth.173 Auf mehreren Rückseiten ist aber auch die Sigle AdO ange‑ bracht, was eine Anbringung der Vermerke erst nach Januar/ Februar 1940 vermuten lässt (als der VKS bereits zur AdO aufgerückt war). Nun kann man problemlos annehmen, dass Dorfmann auch zu einem späteren Zeitpunkt auf die AdO noch unter der Bezeichnung VKS Bezug genommen und an der ihm vertrauten alten Funktionsbezeichnung zumindest partiell festgehalten hat. Einer der protokollarischen Ver‑ merke hingegen, die Angabe „z. Kts. Gunther Langes Bozner Tagblatt“ am Entwurf Nr. 8, zwingt freilich zu einer anderen Chronologie. Das nationalsozialistische Bozner Tagblatt er‑ schien erst nach der deutschen Besetzung Südtirols und Diese Umstände legen nahe, dass Josef Dorfmann in der Zeit seines Lazarettaufenthaltes in Bensberg‑Bergisch Gladbach (von dem er sich nicht mehr erholte und wo er im September 1944 an den Folgen seiner Verletzungen verstarb) die irgend‑ wie mitgeführten Zeichnungen an Peter Hofer adressiert hat. Dieser war mit der Übernahme der Südtiroler Verwaltung durch die NS‑Behörden am 21. September 1943 zum Kommis‑ sarischen Präfekten der Provinz Bozen avanciert, kam aber bereits am 2. Dezember 1943 bei einer Inspektionsfahrt durch Bozen bei einem alliierten Luftangriff ums Leben.174 Bereits im Oktober 1943 schließlich war die AdO in Deutsche Volks‑ gruppe Südtirol umbenannt worden.175 Vorausgesetzt, Dorf‑ mann verfügte im Lazarett über aktualisierte Informationen, engen die Chronologie der Ereignisse bzw. die wandelnden Funktionsbezeichnungen die geplante Übergabe des Materi‑ als an Peter Hofer in den Herbst 1943 ein. Weitere rückseitige Angaben, wie etwa die Nennung des Innsbrucker Kunstma‑ lers Luis Alton (Entwurf Nr. 1), bieten keine tragfähige Basis für eine weitergehende Feinchronologisierung.176 Alton hatte 1939 im Wiener Künstlerhaus an der regimekonformen Schau „Berge und Menschen der Ostmark“ sowie von 1940 bis 1944 an den Innsbrucker Gau‑Kunstausstellungen teilgenommen. Auch die mehrfache rückseitige Nennung des von Goebbels geleiteten Reichsministeriums für Volksaufklärung und Pro‑ paganda (als RMVP oder RMVuP) trägt zur zeitlichen Ein‑ reihung nicht bei, legt aber immerhin den Legitimationshin‑ tergrund bzw. die geplanten Verwendungszusammenhänge des Materials frei. Es sollte als „Wandzeitung“ und „(Werbe) Banner“, als „(Reklame)Beilage“ oder „Annonce“ (im Bozner Tagblatt ?) verwendet werden. Dies alles unterblieb freilich, und es ist äußerst zweifelhaft, wenn nicht unwahrscheinlich, 172 Nur einmal wird diese Rangbezeichnung mit der Angabe „SS‑Hauptsturmbannführer“ variiert (Entwurf Nr. 11). Laut Dorfmanns Wehrstammkarte war er 173 174 175 176 allerdings über den Rang eines Oberscharführers nicht hinausgelangt; entweder war also seine weitere Beförderung im Lazarett erfolgt oder sein SS-Rang wurde irrig überhöht (was dann gegen Eigenhändigkeit der Rückvermerke spräche). Hierbei muss es sich um den Malsinerhof in St. Michael bei Kastelruth handeln, vgl. Gemeinde Kastelruth 1983, S. 216. Für diesbezügliche Auskünfte danke ich Peter Fulterer (Bozen). Zu den Ereignissen des Luftkriegs im Südtiroler Bereich eingehend alBricH 2014. WedeKind 2003, S. 143. Zu Alton vgl. Kraus 1999, S. 244. dass Präfekt und Volksgruppenführer Hofer das Material überhaupt je zu Gesicht bekommen hat. „Wir schliessen die Reihen, der Kampf geht weiter“ – das bekundeten die „Kameraden der Deutschen Volksgruppe“ in der offiziellen Parte, die am 4. Dezember 1943 im Bozner Tagblatt in großer Aufmachung publiziert wurde. Die an ihn adressierten Zeichnungen gelangten hingegen wohl direkt in den Besitz der Brixener Angehörigen von Josef Dorfmann, bis sie 2019 – 80 Jahre nach ihrer Entstehung – wiederum an das Tageslicht gelangt sind und einen Teil jener Verfüh‑ rungsgeschichte erzählen, der auch Südtiroler willig erlegen waren. Offizielle Beileidsbekundungen für Peter Hofer im nationalsozialistischen Bozner Tagblatt vom 4. Dezember 1943 (Wikicommons) 47 LITERATURVERZEICHNIS acherer 1986 Willy acherer, ... mit seinem schweren Leid ... Jugendbekenntnis eines Südtirolers. Mit Geleitwort von Karl Felderer, Brixen 1986. a dorno/ FrenkeL-B runSwik /L eVinSon /Nevitt SanFord 1950/73 Theodor W. a dorno/Else FrenkeL-B runSwik / Daniel J. L eVinSon /R. Nevitt SanFord, The Authoritarian Personality, New York 1950. Unvollst. dt.: R. Nevitt SanFord/Theodor W. a dorno/Else FrenkeL-BrunSwik /Daniel J. LeVinSon, Die Messung antidemokratischer Züge in der Charakterstruktur, in: Theodor W. a dorno, Studien zum autoritären Charakter, hg. von Ludwig von Friedeburg, Frankfurt a. M. 1973. a LBrich 2014 Thomas a LBrich, Luftkrieg über der Alpenfestung 1943–1945. Der Gau Tirol-Vorarlberg und die Operationszone Alpenvorland, Innsbruck 2014. a Lexander /L echner /L eidLmair 1993 Helmut aLexander /Stefan Lechner /Adolf LeidLmair, Heimatlos. Die Umsiedlung der Südtiroler, Wien 1993. a LLBriTTon /m iTcham 2011 William T. a LLBriTTon /Samuel W. m iTcham Jr., SS-Oberst-Gruppenführer und Generaloberst der Waffen-SS Joseph (Sepp) Dietrich, in: Gerd R. u eBerSchär (Hg.), Hitlers militärische Elite. 68 Lebensläufe, Darmstadt 22011, S. 308–315. a Ly 1999 Götz a Ly, Theodor Schieder, Werner Conze oder Die Vorstufen der physischen Vernichtung, in: Winfried S chuLze /Otto Gerhard o exLe (Hg.), Deutsche Historiker im Nationalsozialismus (Fischer 14606: Die Zeit des Nationalsozialismus), Frankfurt a. M. 1999, S. 163–182. 48 Bach /B reuer 2010 Maurizio Bach /Stefan B reuer, Faschismus als Bewegung und Regime. Italien und Deutschland im Vergleich (Neue Bibliothek der Sozialwissenschaften), Wiesbaden 2010. BaiLey 1990 Kenneth D. BaiLey, Social Entropy Theory, New York 1990. Bajohr /wiLdT 2012 Frank Bajohr /Michael wiLdT (Hg.), Volksgemeinschaft. Neue Forschungen zur Gesellschaft des Nationalsozialismus, Frankfurt a. M. 2012. Bauer 2017 Kurt Bauer, Die dunklen Jahre. Politik und Alltag im nationalsozialistischen Österreich 1938 bis 1945, Frankfurt a. M. 2017. B erger /L ewin /S chmid/VaSSiLikou 2017 Sara B erger /Erwin L ewin /Sanela S chmid/Maria VaSSiLikou (Bearb.), Die Verfolgung und Ermordung der europäischen Juden durch das nationalsozialistische Deutschland 1933–1945. Bd. 14: Besetztes Südosteuropa und Italien, Berlin/Boston 2017. B erger waLdenegg 2003 Georg Christoph B erger waLdenegg, Hitler, Göring, Mussolini und der „Anschluß“ Österreichs an das Deutsche Reich, in: Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte 51 (2003), 2, S. 147–182. B onoLdi /o Bermair 2006 Andrea B onoLdi /Hannes o Bermair (Hg.), Tra Roma e Bolzano. Nazione e provincia nel ventennio fascista / Zwischen Rom und Bozen. Staat und Provinz im italienischen Faschismus, Bozen 2006. B ramweLL 2003 Anna B ramweLL, Blut und Boden, in: Etienne Fran çoiS /Hagen S chuLze (Hg.), Deutsche Erinnerungsorte, Bd. 3, München 2003, S. 380–391. B raun /L inzner /k hairi -Taraki 2017 Karl B raun /Felix L inzner /John k hairi -Taraki (Hg.), Avantgarden der Biopolitik. Jugendbewegung, Lebensreform und Strategien biologischer „Aufrüstung“ (Jugendbewegung und Jugendkulturen 13), Göttingen 2017. B roSzaT 2010 Martin B roSzaT, Nationalsozialistische Polenpolitik 1939–1945 (Schriftenreihe der Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte 2), Berlin/Boston 2010. B uddruS 2003 Michael B uddruS, Totale Erziehung für den totalen Krieg. Hitlerjugend und nationalsozialistische Jugendpolitik (Texte und Materialien zur Zeitgeschichte 13), 2 Teile, München 2003. caSagrande 2015 Thomas caSagrande, Südtiroler in der Waffen-SS. Vorbildliche Haltung, fanatische Überzeugung, Bozen 2015. caSagrande /S chVarc /S pannenBerger /Trașcă 2016 Thomas caSagrande /Michael S chVarc /Norbert S pannenBerger /Ottmar Trașcă , The „Volksdeutsche“. A case study from South Eastern Europe, in: Jochen B oehLer /Robert g erwarTh (eds), The Waffen-SS: A European History, Oxford 2016, S. 209–251. c iano 1971 Galeazzo c iano, Diario – volume primo: 1939–1940. Note a cura di Renzo Trionfera, Milano 1971. c Lark 2003 Christopher c Lark, Josef „Sepp“ Dietrich – Landsknecht im Dienste Hitlers, in: Ronald SmeLSer /Enrico Syring (Hg.), Die SS. Elite unter dem Totenkopf. 30 Lebensläufe, Paderborn 2003, S. 119–133. c onze /Frei /hayeS /zimmermann 2010 Eckart c onze /Norbert Frei /Peter hayeS /Moshe zimmermann, Das Amt und die Vergangenheit. Deutsche Diplomaten im Dritten Reich und in der Bundesrepublik, München 2010. c orni 2005 Gustavo c orni, Il sogno del “grande spazio”. Le politiche d’occupazione nell’Europa nazista, Roma/ Bari 2005. c orni 2014 Gustavo c orni, Le Opzioni nel contesto della guerra, in: Ulrike k indL /Patrick r ina u. a. (Hg.), Le Opzioni rilette / Die mitgelesenen Briefe, Bozen 2014, S. 27–31. c orni /g ieS 1994 Gustavo c orni /Horst g ieS, Blut und Boden. Rassenideologie und Agrarpolitik im Staat Hitlers, Idstein 1994. d e FeLice 1981 Renzo d e FeLice, Mussolini il duce. Bd. II: Lo stato totalitario 1936–1940 (Collana Biblioteca di cultura storica), Torino 1981. e gger 2018 Tobias e gger, Der „Völkische Kampfring Südtirols“ (VKS) als Organisation und seine Aktionsweise im mittleren Pustertal während der Optionszeit, unpublizierte Diplomarbeit, Universität Innsbruck 2018. e hrenreich 2007 Eric e hrenreich, The Nazi Ancestral Proof: Genealogy, Racial Science, and the Final Solution, Bloomington (Indiana) 2007. e iLenBerger 2018 Wolfram e iLenBerger, Zeit der Zauberer. Das große Jahrzehnt der Philosophie 1919–1929, Stuttgart 2018. e iSTerer /STeininger 1989 Klaus e iSTerer /Rolf STeininger (Hg.), Die Option. Südtirol zwischen Faschismus und Nationalsozialismus (Innsbrucker Forschungen zur Zeitgeschichte 5), Innsbruck 1989. e iTz /STöTzeL 2007 Thorsten e iTz /Georg STöTzeL, Wörterbuch der „Vergangenheitsbewältigung“. Die NS-Vergangenheit im öffentlichen Sprachgebrauch, Hildesheim 2007. e LSTe 1997 Alfred e LSTe, Kärntens braune Elite, Klagenfurt/ Wien 21997. F oppa 2003 Brigitte F oppa , Schreiben über Bleiben oder Gehen. Die Option in der Südtiroler Literatur 1945–2000, Trient 2003. e ngeLS 1975 Friedrich e ngeLS, Herrn Eugen Dührings Umwälzung der Wissenschaft (‚Anti-Dühring‘), in: Karl m arx /Josef e ngeLS, Werke (MEW), Bd. 20, Berlin 1975, S. 1–303. FreVerT 2001 Ute FreVerT, Die kasernierte Nation. Militärdienst und Zivilgesellschaft in Deutschland, München 2001. e SpoSiTo 2012 Anna e SpoSiTo, Stampa cattolica in Alto Adige tra fascismo e nazismo. La casa editrice Vogelweider-Athesia e il ruolo del canonico Gamper (1933–1939), Roma 2012. e SSner 2002 Cornelia e SSner, Die »Nürnberger Gesetze« oder Die Verwaltung des Rassenwahns 1933–1945, Paderborn 2002. FahLBuSch /haar 2010 Michael FahLBuSch /Ingo haar (Hg.), Völkische Wissenschaften und Politikberatung im 20. Jahrhundert. Expertise und »Neuordnung« Europas, Paderborn 2010. FahLBuSch /haar / pinwinkLer 2017 Michael FahLBuSch /Ingo haar /Alexander p inwinkLer (Hg.), Handbuch der völkischen Wissenschaften. Akteure, Netzwerke, Forschungsprogramme, 2. vollständig überarbeitete und erweiterte Auflage, 2 Bde., Berlin/Boston 22017. FieBrandT 2014 Maria FieBrandT, Auslese für die Siedlergesellschaft. Die Einbeziehung Volksdeutscher in die NS-Erbgesundheitspolitik im Kontext der Umsiedlungen 1939–1945 (Schriften des Hannah-ArendtInstituts für Totalitarismusforschung 55), Göttingen 2014. FiScher /L orenz 2015 Torben FiScher /Matthias N. L orenz (Hg.), Lexikon der »Vergangenheitsbewältigung« in Deutschland. Debatten- und Diskursgeschichte des Nationalsozialismus nach 1945 (Histoire 53), 3. erw. Auflage, Bielefeld 32015. FLaTScher /S eiTz 2018 Matthias FLaTScher /Sergej S eiTz, Destruktion der Souveränität. Das Verhältnis von Ordnung und Störung in Christoph Menkes Rechtsphilosophie, in: Andreas FiScher-L eScano/Hannah Franzki /Johan h orST (Hg.), Gegenrechte. Recht jenseits des Subjekts, Tübingen 2018, S. 165–185. FLuSSer 1998 Vilém FLuSSer, Kommunikologie, hg. von Stefan B oLLmann /Edith FLuSSer, Frankfurt a. M. 1998. gamper 1919 Michael gamper, Dem Mutigen gehört die Welt, in: Volksbote, 1. Jg., Nr. 4 vom 02.10.1919, S. 1–2. Gemeinde Kastelruth 1983 Gemeinde Kastelruth (Hg.), Gemeinde Kastelruth. Vergangenheit und Gegenwart. Ein Gemeindebuch zum 1000-Jahr-Jubiläum der Erstnennung der Orte Seis und Kastelruth, Kastelruth 21983. g enTiLe 2005 Emilio g enTiLe, Fascismo. Storia e interpretazione, Roma/Bari 2005. g erhardS 1988 Jürgen g erhardS, Die sozialen Bedingungen der Entstehung von Emotionen. Eine Modellskizze, in: Zeitschrift für Soziologie 17 (1988), 3, S. 187–220. h agen 2017 Nikolaus hagen, „Trachtenverbot für Juden“ und „Schutz heimischer Volkskultur“. Maßnahmen und Normen im Gau Tirol-Vorarlberg, in: Zeitgeschichte 44 (2017), 6, S. 386–401. h aLL 1997 Stuart h aLL, The Work of Representation, in: Ders. (Hg.), Representation. Cultural Representation and Signifying Practices, Los Angeles 1997, S. 16–61. h aniSch 1997 Ernst haniSch, Gau der guten Nerven. Die nationalsozialistische Herrschaft in Salzburg 1938–1945, Salzburg 1997. h arTmann 2011 Christian harTmann, Unternehmen Barbarossa. Der deutsche Krieg im Osten 1941–1945, München 2011. h arTungen /m iori /roSani 2006 Christoph von harTungen /Fabrizio m iori /Tiziano roSani (a cura di), Le lettere aperte. 1939–43: l’Alto Adige delle Opzioni. 2 Bde., Bozen 2006. h aSTingS 1981 Max haSTingS, Das Reich. Resistance and the march of the 2nd SS Panzer Division through France, June 1944, London 1981. g raF 2014 Alexander g raF, „Los von Rom“ und „Heim ins Reich“. Das deutschnationale Akademikermilieu an den cisleithanischen Hochschulen der Habsburgermonarchie 1859–1914 (Geschichte und Bildung 3), Münster 2014. h eer /naumann 1995 Hannes h eer /Klaus n aumann (Hg.), Vernichtungskrieg. Verbrechen der Wehrmacht 1941 bis 1944, Hamburg 21995. g riFFin 1993 Roger g riFFin, The Nature of Fascism, London/New York 1993. h einemann 2003 Isabel h einemann, Rasse, Siedlung, deutsches Blut. Das Rasse- und Siedlungshauptamt der SS und die rassenpolitische Neuordnung Europas, Göttingen 2003. g riFFin 2005 Roger g riFFin, Völkischer Nationalismus als Wegbereiter und Fortsetzer des Faschismus. Ein angelsächsischer Blick auf ein nicht nur deutsches Phänomen, in: Heiko k auFFmann /Helmut k eLLerS hohn /Jobst pauL (Hg.), Völkische Bande. Dekadenz und Wiedergeburt – Analysen rechter Ideologie, Münster 2005, S. 20–48. h eiSS 2009 Hans h eiSS, Grenzzonen im Herrschafts- und Regimewechsel: Südtirol 1939–1945, in: Mathias B eer / Dietrich B eyrau/Cornelia r auh (Hg.), Deutschsein als Grenzerfahrung. Minderheitenpolitik in Europa zwischen 1914 und 1950, Essen 2009, S. 323–350. g roTe 2007 Georg g roTe, South Tyrol in the 20th century: retaining ethnicity between nationalism and regionalism, in: Aileen p earSon -eVanS /Angela L eahy (eds), Intercultural Spaces. Language – Culture – Identity, New York 2007, S. 149–160. g rüTTner 2004 Michael g rüTTner, Biographisches Lexikon zur nationalsozialistischen Wissenschaftspolitik (Studien zur Wissenschafts- und Universitäts-Geschichte 6), Heidelberg 2004. h eiSS 2014 Hans h eiSS, Option 1939 in Südtirol – eine Epochenzäsur des 20. Jahrhunderts, in: Ulrike k indL / Patrick r ina u. a. (Hg.), Le Opzioni rilette / Die mitgelesenen Briefe, Bozen 2014, S. 15–25. h eTTegger /h oLL /L ahner 2008 Susanna h eTTegger /Hildemar h oLL /Irmgard L ahner, Universitätsbibliothek Salzburg ‚... gegen das Vergessen‘. Eine Ausstellung zur Bücherverbrennung in Salzburg am 30. April 1938, in: Mitteilungen der Vereinigung österreichischer Bibliothekarinnen & Bibliothekare 61 (2008), S. 101–105. h iLLeBrand 1996 Leo h iLLeBrand, Medienmacht und Volkstumspolitik. Michael Gamper und der Athesia-Verlag, Innsbruck/Wien 1996. h opSTer /j oSTing/n euhauS 2001 Norbert h opSTer /Petra joSTing/Joachim n euhauS, Kinder- und Jugendliteratur 1933–1945. Ein Handbuch. Bd. 1: Bibliographischer Teil mit Registern, Stuttgart/Weimar 2001. jacoBSen 1968 Hans-Adolf jacoBSen, Nationalsozialistische Außenpolitik 1933–1938, Frankfurt a. M. 1968. k aTer 2005 Michael H. k aTer, Hitler-Jugend, Darmstadt 2005. k erShaw 2011 Ian k erShaw, Volksgemeinschaft. Potenzial und Grenzen eines neuen Forschungskonzepts, in: Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte 59 (2011), 1, S. 1–17. k erShaw 2016 Ian k erShaw, Höllensturz. Europa 1914 bis 1949, München 2016. k erShaw 2018 Ian k erShaw, Der Hitlermythos. Führerkult und Volksmeinung, München 2018. k Lee 2005 Ernst k Lee, Das Personenlexikon zum Dritten Reich. Wer war was vor und nach 1945 (Fischer 16048: Die Zeit des Nationalsozialismus). Aktualisierte Ausgabe, Frankfurt am Main 2005. k Lemperer 1990 Victor k Lemperer, LTI. Notizbuch eines Philologen (1947), Leipzig 1990. k raaS 2004 Andreas kraaS, Lehrerlager 1932–1945. Politische Funktion und pädagogische Gestaltung, Kempten 2004. k rauS 1999 Carl k rauS, Zwischen den Zeiten. Malerei und Graphik in Tirol 1918–1945, Lana 1999. k rauS /o Bermair 2019 Carl k rauS /Hannes o Bermair (Hg.), Mythen der Diktaturen. Kunst in Faschismus und Nationalsozialismus / Miti delle dittature. Arte nel fascismo e nazionalsocialismo, Ausstellungskatalog (13.04.– 30.06.2019), Schloss Tirol 2019. 49 k ringS 2005 Stefan k ringS, Das Propagandaministerium. Joseph Goebbels und seine Spezialisten, in: Lutz hachmeiSTer /Michael k LoFT (Hg.), Das GoebbelsExperiment. Propaganda und Politik, München 2005, S. 29–48. kundnani 2012 Arun kundnani, Radicalization: the journey of a concept, in: Race & Class 54 (2012), 2, S. 3–25. L amprechT 2019 Alex L amprechT, Zwischen Seelsorge und Propaganda. Südtirols Kirche in der NS-Zeit, Bozen 2019. L echner 2005 Stefan L echner, Die Eroberung der Fremdstämmigen. Provinzfaschismus in Südtirol 1921–1926 (Veröffentlichungen des Südtiroler Landesarchivs 20), Innsbruck 2005. L ederer 1983 Gerda Lederer, Jugend und Autorität. Über den Einstellungswandel zum Autoritarismus in der Bundesrepublik Deutschland und den USA, Opladen 1983. L eniger 2006 Markus L eniger, Nationalsozialistische „Volkstumsarbeit“ und Umsiedlungspolitik 1933–1945. Von der Minderheitenbetreuung zur Siedlerauslese, Berlin 2006. L ieB 2007 Peter L ieB, Konventioneller Krieg oder NS-Weltanschauungskrieg? Kriegsführung und Partisanenbekämpfung in Frankreich 1943/44 (Quellen und Darstellungen zur Zeitgeschichte 69), München 2007. L iLL 1991 Rudolf L iLL (Hg.), Die Option der Südtiroler 1939. Beiträge eines Neustifter Symposions, Bozen 1991. 50 L ongerich 1989 Peter L ongerich, Die braunen Bataillone. Geschichte der SA, München 1989. L umanS 2003 Valdis O. L umanS, Werner Lorenz – Chef der „Volksdeutschen Mittelstelle“, in: Ronald SMELSER/ Enrico Syring (Hg.), Die SS. Elite unter dem Totenkopf. 30 Lebensläufe, Paderborn 2003, S. 332–345. L uTher 2004 Tammo L uTher, Volkstumspolitik des Deutschen Reiches 1933–1938. Die Auslanddeutschen im Spannungsfeld zwischen Traditionalisten und Nationalsozialisten, Stuttgart 2004. L uTT 2016 Alexander L uTT, Südtiroler Option – Archivbestände und ihre gestörte Überlieferung. Mit spezifischer Berücksichtigung des Bestandes der Amtlichen Deutschen Ein- und Rückwandererstelle im Staatsarchiv Bozen, Masterarbeit, Universität Wien 2016. m aaS 1948 Utz m aaS, „Als der Geist der Gemeinschaft eine Sprache fand“. Sprache im Nationalsozialismus. Versuch einer historischen Argumentationsanalyse, Opladen 1984. m eSquiTa /m arkuS 2004 Batja m eSquiTa /Hazel Rose m arkuS, Culture and Emotion. Models of Agency as sources of cultural variation in emotion, in: Anthony S. R. manSTead/ Nico Frijda/Agneta FiScher (eds), Feelings and Emotions, New York 2004, S. 341–359. m eSSner 1989 Reinhold m eSSner (Hg.), Die Option. 1939 stimmten 86% der Südtiroler für das Aufgeben der Heimat. Warum? Ein Lehrstück in Zeitgeschichte, München/ Zürich 1989. m iLeS 1999 Robert m iLeS, Rassismus. Einführung in die Geschichte und Theorie eines Begriffs, Hamburg 1999. m iTTermair 2000 Veronika m iTTermair, Bruchlose Karrieren? Zum Werdegang der Südtiroler Politikerschicht bis zur Stunde „Null“, in: Hans heiSS/Gustav pFeiFer (Hg.), Südtirol – Stunde Null? Kriegsende 1945–1946 (Veröffentlichungen des Südtiroler Landesarchivs 10), Innsbruck 2000, S. 169–202. m iTTermair 2002 Veronika m iTTermair, Von der Illegalität zur Macht. Soziale Merkmale des Völkischen Kampfringes Südtirols und der Arbeitsgemeinschaft der Optanten; in: Klaus e iSTerer (Hg.), Tirol zwischen Diktatur und Demokratie (1930–1950). Beiträge für Rolf Steininger zum 60. Geburtstag, Innsbruck/Wien/ München/Bozen 2002, S. 202–212. m ommSen 1999 Wolfgang J. m ommSen, Vom „Volkstumskampf“ zur nationalsozialistischen Vernichtungspolitik, in: Winfried S chuLze /Otto Gerhard o exLe (Hg.), Deutsche Historiker im Nationalsozialismus (Fischer 14606: Die Zeit des Nationalsozialismus), Frankfurt a. M. 1999, S. 183–214. m ühLenFeLd 2006 Daniel m ühLenFeLd, Vom Kommissariat zum Ministerium. Zur Gründungsgeschichte des Reichsministeriums für Volksaufklärung und Propaganda, in: Rüdiger hachTmann /Winfried S üSS (Hg.), Hitlers Kommissare. Sondergewalten in der nationalsozialistischen Diktatur (Beiträge zur Geschichte des Nationalsozialismus 22), Göttingen 2006, S. 72–92. m ühLhoFer 1940 Inge m ühLhoFer, Nur Ingeborg. Eine Jungmädelgeschichte (Zeltbücherei 89/90), Potsdam 1940. m ühLhoFer 1941 Inge m ühLhoFer, Als sie noch illegal waren (Die Mädelbücherei 25), Berlin 1941. m üLLer-d ohm 2011 Stefan m üLLer-d ohm, Adorno. Eine Biographie, Frankfurt a. M. 2011. n ageLe 1943 Fritz n ageLe, Mit der SS-Division „Totenkopf“ im Osten. Tagebuchblätter des SS-Untersturmführers Fritz Nagele 1941 und 1942. Hg. und eingeleitet von Hans Nagele, Bozen 1943. o BerkoFLer /g oLLer 1996 Gerhard o BerkoFLer /Peter g oLLer, Geschichte der Universität Innsbruck (1669–1945), Frankfurt a. M./ Wien 1996. o Berkrome 1993 Willi o Berkrome, Volksgeschichte. Methodische Innovation und völkische Ideologisierung in der deutschen Geschichtswissenschaft 1918–1945 (Kritische Studien zur Geschichtswissenschaft 101), Göttingen 1993. o Bermair 1990 Hannes o Bermair (Red.), Schwarzes Hemd, weiße Stutzen. Jugend im Faschismus (Distel. Kulturelemente Nr. 41), Bozen 1990. o eSTerreich 1998 Detlef o eSTerreich, Ein neues Maß zur Messung autoritärer Charaktermerkmale, in: Zeitschrift für Sozialpsychologie 25 (1998), S. 56–64. Opfergang und Bekenntnis 1940 Opfergang und Bekenntnis. Mit Texten von Erich Kofler, Hubert Mumelter, Carl Zangerle, Karl Felderer und Franz Sylvester Weber, [Bozen 1940]. paLLaVer /STeurer 2011 Günther paLLaVer /Leopold STeurer (Hg.), Deutsche! Hitler verkauft euch! Das Erbe von Option und Weltkrieg in Südtirol, Bozen 2011. paLLaVer /STeurer /VerdorFer 2019 Günther paLLaVer /Leopold STeurer /Martha VerdorFer (Hg.), Einmal Option und zurück. Die Folgen der Aus- und Rückwanderung für Südtirols Nachkriegsentwicklung, Bozen 2019. p FanzeLTer 2014 Eva p FanzeLTer, Option und Gedächtnis. Erinnerungsorte der Südtiroler Umsiedlung 1939. Unter Mitarbeit von Elisa Heinrich und Sabine Merler, Bozen 2014. p umBerger 2015 Klaus p umBerger, Worüber wir nicht geredet haben. Arisierung, Verdrängung, Widerstand. Ein Haus und die Geschichte zweier Familien, Innsbruck/Wien/Bozen 2015. S chmiechen -ackermann 2012 Detlef S chmiechen -ackermann (Hg.), ›Volksgemeinschaft‹: Mythos, wirkungsmächtige soziale Verheißung oder soziale Realität im ›Dritten Reich‹? Propaganda und Selbstmobilisierung im NS-Staat, Paderborn 2012. r auchegger-FiScher 2018 Claudia r auchegger-FiScher, „Sind wir eigentlich schuldig geworden?“ Lebensgeschichtliche Erzählungen von Tiroler Frauen der Bund-DeutscherMädel-Generation (Studien zu Geschichte und Politik 22), Innsbruck/Wien/Bozen 2018. S choLTySeck /STudT 2008 Joachim S choLTySeck /Christoph STudT (Hg.), Universitäten und Studenten im Dritten Reich (Schriftenreihe der Forschungsgemeinschaft 20. Juli 1944 e. V. 9), Berlin 2008. r eichardT 2009 Sven r eichardT, Faschistische Kampfbünde. Gewalt und Gemeinschaft im italienischen Squadrismus und in der deutschen SA, Köln/Weimar/Wien 22009. S chuLTe /L ieB /wegner 2014 Jan Erik S chuLTe /Peter L ieB /Bernd wegner (Hg.), Die Waffen-SS. Neue Forschungen, Paderborn 2014. r eTTeraTh 2017 Hans-Werner r eTTeraTh, Hans STeinacher, in: Michael FahLBuSch /Ingo haar /Alexander p inwinkLer (Hg.), Handbuch der völkischen Wissenschaften. Akteure, Netzwerke, Forschungsprogramme, Bd. 1, Berlin/Boston 2017, S. 788–804. S iemenS 2007 Daniel S iemenS, Von Marmorleibern und Maschinenmenschen. Neue Literatur zur Körpergeschichte in Deutschland zwischen 1900 und 1936, in: Archiv für Sozialgeschichte 47 (2007), S. 639–682. r izzoLLi 2007 Helmut r izzoLLi, Unsere Trachtenfibel. Leitfaden zum Tragen und Anfertigen unserer Tiroler Volkstrachten, Bozen 2007. rohrkamp 2010 René rohrkamp, »Weltanschaulich gefestigte Kämpfer«. Die Soldaten der Waffen-SS 1933–1945. Organisation – Personal – Sozialstrukturen, Paderborn 2010. römer 2017 Felix römer, Die narzisstische Volksgemeinschaft. Theodor Habichts Kampf 1914 bis 1944, Frankfurt a. M. 2017. röSSLer /S chLeiermacher /ToLLmien 1993 Mechthild röSSLer /Sabine S chLeiermacher /Cordula ToLLmien (Hg.), Der „Generalplan Ost“. Hauptlinien der nationalsozialistischen Planungs- und Vernichtungspolitik (Schriften der Hamburger Stiftung für Sozialgeschichte des 20. Jahrhunderts), Berlin 1993. ruck 1993 Michael ruck, Führerabsolutismus und polykratisches Herrschaftsgefüge. Verfassungsstrukturen des NS-Staates, in: Karl-Dietrich B racher /Manfred Funke /Hans-Adolf jacoBSen (Hg.), Deutschland 1933–1945. Neue Studien zur Politik und Zeitgeschichte (Bonner Schriften zur Politik und Zeitgeschichte 23), 2., ergänzte Auflage, Düsseldorf 2 1993, S. 32–56. S chieder 2010 Wolfgang S chieder, Der italienische Faschismus 1919–1945, München 2010. S oLderer 2000 Gottfried S oLderer (Hg.), Das 20. Jahrhundert in Südtirol. Bd. 2: Faschistenbeil und Hakenkreuz, 1920–1939, Bozen 2000. S pringenSchmid 1941 Karl S pringenSchmid, Ein Leben für Deutschland. Ansprache des Parteigenossen Karl Springenschmid am 11. Mai 1941 beim Appell der politischen Leiter vor Gauleiter Dr. Friedrich Rainer für den vor dem Feind gefallenen Parteigenossen Ingo Ruetz, Burghauptmann der Gauburg Hohenwerfen in Salzburg, Salzburg 1941. STahL 2014 Herbert STahL, Nur 30 Jahre. Priesterseminar Bensberg: ein stolzer Bau als „Balkon über der Rheinebene“ und seine Bewohner, in: Rheinisch Bergischer Kalender 2015, Bergisch Gladbach 2014, S. 78–84. STeininger 2017 Rolf STeininger (Hg.), Ein Leben für Südtirol. Kanonikus Michael Gamper und seine Zeit, Bozen 2017. STeurer 1980 Leopold STeurer, Südtirol zwischen Rom und Berlin 1919–1939, Wien/München/Zürich 1980. STeurer 1989 Leopold STeurer, Option und Umsiedlung in Südtirol: Hintergründe, Akteure, Verlauf, in: Reinhold m eSSner (Hg.), Die Option. 1939 stimmten 86% der Südtiroler für das Aufgeben der Heimat. Warum? Ein Lehrstück in Zeitgeschichte, München/Zürich 1989, S. 15–114. STeurer 2011 Leopold STeurer, „Grüße uns alle Kameraden mit Heil Hitler!“ Südtiroler Kriegsfreiwillige im Optionsgeschehen, in: Günther paLLaVer /Leopold STeurer (Hg.), Deutsche! Hitler verkauft euch! Das Erbe von Option und Weltkrieg in Südtirol, Bozen 2011, S. 51–109. SToppeL 2004 Manfred SToppeL, »Uns wächst eine herrliche Jugend heran!« Die Geschichte der Hitlerjugend in Vorarlberg von 1930–1945, Norderstedt 2004. STuhLpFarrer 1985 Karl STuhLpFarrer, Umsiedlung Südtirol 1939–1940, 2 Bde., Wien/München 1985. STumpF 2018 Marcus STumpF (Hg.), Praktische Archivkunde. Ein Leitfaden für Fachangestellte für Medienund Informationsdienste – Fachrichtung Archiv, Münster 42018. Sydnor 2000 Charles W. Sydnor, Soldaten des Todes. Die 3. SS-Division »Totenkopf« 1933–1945, Paderborn/ München/Wien/Zürich 2000. SywoTTek 1976 Jutta SywoTTek, Mobilmachung für den totalen Krieg. Die propagandistische Vorbereitung der deutschen Bevölkerung auf den Zweiten Weltkrieg, Opladen 1976. TheweLeiT 2015 Klaus TheweLeiT, Das Lachen der Täter: Breivik u. a. Psychogramm der Tötungslust, St. Pölten 2015. VerdorFer 1990 Martha VerdorFer, Zweierlei Faschismus. Alltagserfahrungen in Südtirol 1918–1945 (Österreichische Texte zur Gesellschaftskritik 47), Wien 1990. wiLLer /weigeL /j uSSen 2013 Stefan wiLLer /Sigrid weigeL /Bernhard j uSSen (Hg.), Erbe. Übertragungskonzepte zwischen Natur und Kultur, Berlin 2013. VogeL 1984 Detlef VogeL, Das Eingreifen Deutschlands auf dem Balkan, in: Detlef VogeL /Gerhard S chreiBer /Bernd STegemann (Hg.), Das Deutsche Reich und der Zweite Weltkrieg. Bd. 3: Der Mittelmeerraum und Südosteuropa. Von der »non belligeranza« Italiens bis zum Kriegseintritt der Vereinigten Staaten, Stuttgart 1984, S. 417–511. wiLLiamS 2005 Maurice wiLLiamS, Gau, Volk and Reich. Friedrich Rainer and the Paradox of Austrian National Socialism (Archiv für vaterländische Geschichte und Topographie 91), Klagenfurt 2005. VoLgger 1984 Friedl VoLgger, Mit Südtirol am Scheideweg. Erlebte Geschichte, Innsbruck 1984. weBer 2019 Claudia weBer, Der Pakt. Stalin, Hitler und die Geschichte einer mörderischen Allianz, München 2019. wedekind 2003 Michael wedekind, Nationalsozialistische Besatzungs- und Annexionspolitik in Norditalien 1943 bis 1945. Die Operationszonen „Alpenvorland“ und „Adriatisches Küstenland“ (Militärgeschichtliche Studien 38), München 2003. wedekind 2007 Michael wedekind, Die nationalsozialistische Volksgruppenorganisation in Südtirol (1933–1945), in: Giuseppe Ferrandi/Günther paLLaVer (Hg.), Die Region-Trentino-Südtirol im 20. Jahrhundert. Bd. 1: Politik und Institutionen, Trient 2007, S. 401–433. Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989 Tiroler Geschichtsverein Bozen (Hg.), Eine Geschichte Südtirols. Option – Heimat – Opzioni. Una storia dell’Alto Adige, Bozen 1989. wedekind 2009 Michael wedekind, Planung und Gewalt: Raumordnung und Bevölkerungsplanung im Kontext der Umsiedlung Südtirol, in: Geschichte und Region / Storia e regione 18 (2009) 2, S. 71–109. TiTTon 2007 Andreas TiTTon (Bearb.), Archiv VKS/AdO (Völkischer Kampfring Südtirol / Arbeitsgemeinschaft der Optanten für Deutschland). Südtiroler Landesarchiv, ungedr. Bestandsverzeichnis 2007. wedekind 2019 Michael wedekind, Die Besetzung der Vergangenheit. Archäologie, Frühgeschichte und NS-Herrschaftslegitimation im Alpen-Adria-Raum (1939–1945), Innsbruck/Wien/Bozen 2019. Turner 1998 Victor W. Turner, Liminalität und Communitas, in: Andréa B eLLiger /David J. k rieger (Hg.), Ritualtheorien. Ein einführendes Handbuch, Opladen 1998, S. 251–264. wegner 1997 Bernd wegner, Hitlers politische Soldaten: Die Waffen-SS 1933–1945, Paderborn 1997. u eBerSchär /weTTe 1991 Gerd R. u eBerSchär /Wolfram weTTe (Hg.), Der deutsche Überfall auf die Sowjetunion. »Unternehmen Barbarossa« 1941, Frankfurt a. M. 1991. winkLer 2016 Heinrich August winkLer, Geschichte des Westens. Die Zeit der Weltkriege 1914–1945, München 2016. weiSS 2010 Sheila Faith weiSS, The Nazi Symbiosis. Human Genetics and Politics in the Third Reich, Chicago 2010. wiLdT 2015 Michael wiLdT, Generation des Unbedingten. Das Führungskorps des Reichssicherheitshauptamtes, Hamburg 32015. 51 53 52 702504 Entwurf Nr. 1, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol Bozzetto n. 1, Museo provinciale di Castel Tirolo 55 54 702505 Entwurf Nr. 2, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tiroll Bozzetto n. 2, Museo provinciale di Castel Tirolo 57 56 702506 Entwurf Nr. 3, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol Bozzetto n. 3, Museo provinciale di Castel Tirolo 59 58 702507 Entwurf Nr. 4, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol Bozzetto n. 4, Museo provinciale di Castel Tirolo 61 60 702508 Entwurf Nr. 5, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol Bozzetto n. 5, Museo provinciale di Castel Tirolo 63 62 702509 Entwurf Nr. 6, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol Bozzetto n. 6, Museo provinciale di Castel Tirolo 65 64 702510 Entwurf Nr. 7, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol Bozzetto n. 7, Museo provinciale di Castel Tirolo 67 66 702511 Entwurf Nr. 8, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol Bozzetto n. 8, Museo provinciale di Castel Tirolo 69 68 702512 Entwurf Nr. 9, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol Bozzetto n. 9, Museo provinciale di Castel Tirolo 71 70 702564 Entwurf Nr. 10, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol Bozzetto n. 10, Museo provinciale di Castel Tirolo 73 72 702565 Entwurf Nr. 11, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol Bozzetto n. 11, Museo provinciale di Castel Tirolo 75 74 702566 Entwurf Nr. 12, Südtiroler Landesmuseum Schloss Tirol Bozzetto n. 12, Museo provinciale di Castel Tirolo “LA GRANDE GERMANIA CHIAMA!” La propaganda nazionalsocialista sulle Opzioni in Alto Adige e la socializzazione völkisch 76 La propaganda messa in moto alla svolta del 1939-40 con lo scopo di indurre la popolazione sudtirolese a optare in favore della Germania nazionalsocialista fu prevalentemente di tipo verbale. Si concretizzò in discorsi (semi) pubblici, suadenti dialoghi privati e volantini riempiti di slogan e motti incisivi, capaci di dispiegare una potente forza di persuasione. Entrarono in gioco anche elementi rituali quali marce, giuramenti di fedeltà e pratiche plebiscitarie. Si trattava di modelli propagandistici indirizzati a vasti gruppi di popolazione, già oggetto di ricerche in lavori precedenti a questo. Per contro, i materiali visibili per la prima volta in questa mostra tendono a dare maggiore enfasi ad aspetti visuali che finora sono stati piuttosto trascurati.* Gli artefatti in questione avevano come target preferenziale le élite giovanili che andavano formandosi nel Völkischer Kampfring Südtirols (VKS – Fronte patriottico sudtirolese) o negli ambienti che gravitavano intorno a esso. Josef Dorfmann, membro sudtirolese delle SS, fu uno degli attori decisivi in tale contesto ed è uno straordinario rappresentante e servo del totalitarismo völkisch. I disegni propagandistici sono di mano diversa, ma grazie alla regia d’insieme architettata da Dorfmann diventano un efficace corpo unico. Pur reclamizzando l’emigrazione compatta nel Reich germanico, i bozzetti evidenziano anche un paradossale piano di perseveranza, che non si lascia sciogliere prasseologicamente e che può essere compreso soltanto se inserito in un ambiente di emozioni antagonistiche. Il vero contesto d’utilizzo di tutto questo materiale era probabilmente effimero, tuttavia esso consente di contestualizzare in modo nuovo la propaganda sulle Opzioni e gli eventi e i quadri mentali che le caratterizzarono. Contribuisce a ciò anche la considerazione che tali artefatti, unitamente al loro destinatario ultimo, il futuro prefetto nazista di Bolzano Peter Hofer, si rivolgevano agli esponenti di punta del movimento nazionalsocialista sudtirolese. * Per il reperimento dei materiali ringrazio Alessandro Campaner, Harald Toniatti (entrambi di Bolzano), Christoph Haidacher (Innsbruck), Robert C. Balsam (Berlino). A Hans Heiss (Bressanone) e a Michael Wedekind (Brema) va un grazie particolare per l’attenta lettura e revisione critica di queste pagine. 77 PREPARAZIONE SPIRITUALE A HOHENWERFEN 78 Nel novembre 1940 – in piena guerra – alla fortezza di Ho‑ henwerfen, nella regione di Salisburgo, si svolse un “campo guide” per i membri sudtirolesi della Gioventù hitleriana, l’organizzazione giovanile e delle nuove leve del nazionalso‑ cialismo. Ubicata al centro della “Marca orientale” (Ostmark) annessa al Reich germanico nella primavera del 1938, Hohen‑ werfen era stata promossa a Gauschulungsburg, ossia a centro di formazione del Partito nazista nel marzo 1939.1 Il 5 marzo Friedrich Rainer, Gauleiter di Salisburgo, aveva inaugurato la struttura, vale a dire il centro di indottrinamento ricavato negli ambienti della poderosa fortezza‑castello, Ingo Ruetz, membro della NSDAP, il Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, era stato nominato suo primo responsabile.2 Qui si svolgevano corsi settimanali per responsabili di circolo e dell’addestramento locale, borgomastri, insegnanti e altre casse di risonanza di svariate formazioni e annesse associa‑ zioni di quadri dello Stato nazista. Da quando era stato deci‑ so che le Opzioni dei sudtirolesi avrebbero avuto luogo alla svolta del 1939-40, Hohenwerfen ospitò più volte anche parte‑ cipanti ai corsi provenienti dall’area a sud del Brennero, per interiorizzare le massime comportamentali della comunità di popolo tedesca e far pratica delle virtù nazionalsocialiste di cameratismo, ordine e obbedienza, disciplina e abnegazione.3 Bisognava costituire una “comunità di popolo”, che non era data in modo incondizionato, e lo spaccato offerto sul modo di procedere nella regione di Salisburgo è, oltre che raro, anche prasseologicamente eloquente riguardo alla creazione reazionaria di una comunità di destino fondata su lingua e cultura.4 Ethnos al posto di demos, l’idea di una comunità del 1 2 3 4 5 6 7 8 9 volere, posta al di sopra dello Stato, nel segno di “sangue” e “origine”, la quale veniva contrapposta a una appartenenza statale poco amata doveva apparire seducente proprio ai partecipanti sudtirolesi, che così pensavano di eliminare in buona parte, se non superare del tutto, l’ambiguità di essere Stato nazionale italiano e nazione culturale tedesca. Il corso di formazione per i sudtirolesi del novembre 1940 durò ben tre settimane: ottenute le prime istruzioni a Inns‑ bruck, i partecipanti, sia uomini che donne, furono accolti dal capitano della fortezza, Ruetz, e affidati alle due “guide del campo”, la Untergauführerin Inge Mühlhofer e il Bannführer Alf Schopper. Ruetz morì in guerra nel maggio 1941 e non tar‑ dò a essere pubblicamente acclamato come luminoso esem‑ pio di spirito nazionalsocialista da Karl Springenschmid, un nazista fanatico, responsabile nazionalsocialista del sistema scolastico di Salisburgo e principale artefice in quella città del rogo di libri avvenuto il 30 aprile 1938.5 Inge Mühlhofer era una dirigente del Bund Deutscher Mädel, il ramo femmi‑ nile della Gioventù hitleriana, sulle cui attività pubblicò due resoconti apologetici già nel 1940-41; a partire dal 1941 fu attiva nell’Obergau Tirol.6 I responsabili politici sudtirolesi del nazionalsocialismo erano organizzati nel VKS e nell’organismo succeduto‑ gli, la Arbeitsgemeinschaft der Optanten für Deutschland (AdO – Comunità di lavoro degli optanti per la Germania).7 Tra i documenti di VKS e AdO conservati nell’Archivio pro‑ vinciale di Bolzano8 si ritrovano anche memorie e sguardi retrospettivi non ufficiali; furono redatti da Mühlhofer e Schopper e, a quanto pare, consegnati ai partecipanti al corso al momento del congedo.9 Dal tono del resoconto traspare l’enfasi che caratterizzò e pervase la sollevazione nazionale dopo la vittoriosa campagna militare contro la Francia e du‑ rante la battaglia aerea sopra i cieli della Gran Bretagna, per Sulla struttura generale delle Gauschulungsburg, o centri di formazione del partito nazista, e sulla loro natura organizzativo‑amministrativa cfr. Kraas 2004. Sul Gau di Salisburgo cfr. l’esauriente HaniscH 1997. Sul Gauleiter Rainer cfr. Klee 2005, p. 477, così come in dettaglio Williams 2005. Sulla Gioventù hitleriana in generale cfr. Buddrus 2003, e Kater 2005. Sul luogo comune della “comunità di popolo” cfr. BajoHr/Wildt 2012; sul dibattito storiografico cfr. KersHaW 2011. springenscHmid 1941. Sul ruolo di Springenschmid nel “rogo dei libri” di Salisburgo, cfr. Hettegger/Holl/laHner 2008, p. 103. müHlHofer 1940; Id. 1941. Su Mühlhofer cfr. raucHegger-fiscHer 2018, p. 35, e Hopster/josting/neuHaus 2001, coll. 834‑835. Su VKS e AdO cfr. WedeKind 2007 e Id. 2009 (con ampia bibliografia) così come egger 2018. titton 2007. Il fondo d’archivio è rimasto per decenni nelle cantine della Casa della cultura Walther von der Vogelweide, una struttura realizzata per sviluppare un programma culturale restauratorio ed è stato ceduto all’Archivio provinciale di Bolzano solo nel 2005, dopo faticosi tentativi avviati dagli organi del Südtiroler Kulturinstitut. Lo studio di mittermair 2002 non ha quindi potuto tenere conto del materiale, che ha invece arricchito il più recente lavoro di egger 2018. Archivio provinciale di Bolzano, Fondo VKS/AdO, posizione 42, f. 4 [«HJ-Führerlager Südtirol» (Campo guide Gioventù hitleriana)]; trattandosi di copia dattiloscritta di matrici, bisogna mettere in conto una maggiore distribuzione originaria. lungo tempo incerta, che rappresentò la prima svolta nella guerra.10 Il verbale di Hohenwerfen, non datato ma senza dubbio redatto a fine novembre 1940, è rivolto ai «camerati» e alle «camerate», di cui non viene mai fatto il nome, del movimento nazionalsocialista sudtirolese, cioè agli uomini e donne di fiducia, ai responsabili territoriali e di circolo della AdO. Il testo recita, tra le altre cose: «Abbiamo alle spalle 21 giorni di lavoro insieme, giorni in cui ciascuno di noi è riuscito a mala pena a tirare il fiato! Nel suo coinvolgimento esteriore questo tempo è stato un evolvere dalla semplice sistemazione di Innsbruck11 alla compattezza e straordinaria potenza dell’esperienza della fortezza. Portatevi con voi nel rientrare in patria l’immagine della roccia torreggiante su cui svetta audace la nostra Hohenwerfen; portatevi con voi nei fatidici giorni del futuro, quando le montagne della vostra terra cominceranno a vacillare, la forza dell’immagine davan‑ ti alla quale tutte le mattine e tutte le sere sostavamo accanto alla bandiera, salutando gli aspri crinali e le cime dei monti coperti dalla neve autunnale.» Dopo aver invocato la «devo‑ zione tedesca», un sentimento völkisch pervaso di religiosità, il testo approda a queste parole: «Tornate duri e determinati ai vostri posti! E quando vengono giorni bui, che vogliono spez‑ zarvi, fate affiorare dalla nebbia ed emergere alla luce del sole la fortezza [Hohenwerfen, N.d.A.] su cui svettava la nostra bandiera, che ora è anche la vostra e risollevatevi confidando nel verbo del Führer: «la Germania è più grande di ogni pena individuale!». Inaugurazione della Gauschulungsburg Hohenwerfen, in data 5 marzo 1939, da parte del Gauleiter di Salisburgo Friedrich Rainer, circondato da funzionari nazionalsocialisti (Österreichische Nationalbibliothek Wien, OEGZ S 251/578) Con tali parole, tanto patetiche quanto metaforiche, si chia‑ mavano direttamente in causa le opzioni sulla cittadinanza, imposte dall’esterno e interiorizzate come ordine collettivo. Alla svolta del 1939‑40 la stragrande maggioranza dei sud‑ tirolesi e delle sudtirolesi si era espressa a favore dell’ac‑ quisizione della cittadinanza tedesca e di una migrazione compatta nel Reich nazionalsocialista, procurando tra l’altro 10 11 Sul particolare momento storico del 1940 cfr. KersHaW 2016, pp. 476 sgg. (trad. it., pp. 359 sgg.); WinKler 2016, pp. 907 sgg. È probabile che la fase iniziale dell’addestramento si sia svolta nel campo di Mühlau vicino Innsbruck, un semplice campo di baracche allestito per accogliere i migranti sudtirolesi. 79 a quest’ultimo, a guerra ormai iniziata, un tardivo successo in fatto di prestigio in politica estera.12 Per quanto si sia scavato a fondo nel ricostruire i procedimenti plebiscitari del trasferi‑ mento dei sudtirolesi, poco si sa sui più cogenti processi di co‑ municazione che hanno accompagnato il voto e che ne hanno determinato lo schiacciante esito in favore della Germania. Come si è giunti al punto che tanti abitanti di lingua tedesca e ladina della Provincia hanno compilato e firmato il modulo arancione con cui dichiaravano «formalmente e irrevocabil‑ mente di voler accettare di fare parte del Reich germanico e di trasferirsi» in esso? 13 Gli storici si sono frattanto accordati su una quota di adesione reale dell’84/86 per cento circa, un contingente impressionante, di poco inferiore a quel 90,7 per cento diffuso dal VKS all’inizio del 1940.14 Quel 90 per cento di persone disposte a emigrare, dato diffuso dal VKS subito al termine della consultazione ufficialmente conclusa il 31 dicembre 1939, alludeva peraltro in modo più che palese al risultato della consultazione nella Saar, documentato al 90,73 per cento, il cui esito era stato accolto anche in Alto Adige con giubilo nazionale e aveva alimentato nuove speranze di una revisione del confine del Brennero.15 «Heute die Saar – wir übers Jahr» (Oggi la Saar – domani noi) divenne una parola d’ordine nella regione di confine altoatesina16 – i successi spet‑ tacolari dell’aggressiva politica revanscista del nazionalsocia‑ lismo fecero apparire con sempre maggiore nitidezza lo Stato nazista come la forza capace anche di risolvere la questione sudtirolese in senso pangermanico.17 E ciò nonostante l’incon‑ trovertibile fatto che lo stesso Hitler, nel suo programmatico Mein Kampf, aveva rinunciato a rivendicazioni territoriali nei confronti dell’Italia e ancora nel 1938, nel contesto dell’allean‑ za dell’Asse, si era reso garante, almeno attraverso dichiarazio‑ ni ufficiali, del confine del Brennero verso l’alleato italiano.18 80 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 Tutto ciò non attenuò minimamente le speranze irrefrenabili della popolazione sudtirolese. Ancor più che dopo il referen‑ dum della Saar, l’importanza storica del momento fu avverti‑ ta dopo il cosiddetto “Anschluss” dell’Austria al “Terzo Reich” nel marzo‑aprile 1938.19 Dopo che Hitler ebbe fatto legittimare anche pubblicamente, mediante un voto fantoccio perfetta‑ mente inscenato sul piano propagandistico, l’inglobamento della “Marca orientale” (Ostmark) nel territorio dello Stato tedesco, la politica estera tedesca non sembrò più conoscere limiti nell’area dell’Europa centrale.20 Espressioni quali «un Reich», «un popolo» e «la grandezza della Germania» domi‑ navano il linguaggio di coloro che credevano nella grande Germania, i quali – contravvenendo alle norme dei trattati di pace di Versailles – vennero incoraggiati nelle loro visioni da grande Reich pangermanico sottese dall’ideologia völkisch. In particolare le élite intellettuali aderirono di buon grado a questo corso e fornirono le necessarie figure di legittimazione per il previsto nuovo ordine etnocentrico dell’Europa.21 A quanti la pensavano così l’intervento militare non sembrò che il naturale compimento di quanto da lungo tempo era stato immaginato e auspicato nell’ideologia della cultura nazionale. Come si spiega dunque lo straordinario consenso del Sud‑ tirolo per l’emigrazione e il conseguente implicito ricono‑ scimento dell’ordine sociale nazionalsocialista? Dopotutto si trattava di lasciare i territori abitati e fino ad allora consi‑ derati la propria terra e sembrava quasi che si fosse disposti ad accettare senza esitazioni tutte le imponderabilità di un trasferimento. Le ricerche finora effettuate hanno giustamen‑ te posto in evidenza il sovrapporsi, a tale riguardo, di piani diversi, che hanno favorito quel risultato così univoco.22 Da un lato, il processo di espatrio degli optanti o “Geher” era in certo qual modo fatale per via delle misure di italianizzazio‑ ne del regime fascista in vigore da oltre quindici anni.23 Non Fondamentale a riguardo stuHlpfarrer 1985; cfr. anche steurer 1980, pp. 362-390; Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989; eisterer/steininger 1989; lill 1991; alexander/lecHner/leidlmair 1993; WedeKind 2009; pallaver/steurer 2011; pallaver/steurer/verdorfer 2019 (con ricca bibliografia). Una ricostruzione sintetica è offerta da Heiss 2014. Il modulo è riprodotto in Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, p. 149. stuHlpfarrer 1985, vol. II, pp. 541 sgg.; steurer 1989; messner 1989; WedeKind 2009, p. 72; pallaver/steurer 2011, p. 20; Heiss 2014, p. 21. Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, p. 121. grote 2007, p. 151. Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, p. 121. stuHlpfarrer 1985, vol. I, pp. 21 sg. e 34 sgg. stuHlpfarrer 1985, vol. I, pp. 30 sgg.; WedeKind 2007, pp. 417 sg. Berger Waldenegg 2003. Efficacemente documentato nel manuale di faHlBuscH/Haar/pinWinKler 2017; cfr. anche oBerKrome 1993. pallaver/steurer 2011, pp. 159 sgg. A riguardo cfr. lecHner 2005; Bonoldi/oBermair 2006; solderer 2000, pp. 40 sgg. si intravvedeva la fine, o anche soltanto una mitigazione, dei tentativi di messa in minoranza, il che rafforzava la trauma‑ tica esperienza vissuta da tanti uomini e donne sudtirolesi al momento dell’annessione nel 1919‑20. Per contro, i toni degli italiani al potere si inasprirono a partire dalla metà degli anni Trenta, a seguito dei successi in politica interna ed estera del carismatico regime mussoliniano, che fra il 1935 e il 1939 toccò l’apice del consenso sociale.24 La disillusione sociale e la progressiva estromissione dalle promesse indubbiamente esistenti della “nuova Italia” rese‑ ro la minoranza di lingua tedesca e ladina particolarmente sensibile alle lusinghe della Germania nazionalsocialista.25 Pur non ignorando sostanzialmente il potenziale di violenza della dominazione nazista, la natura totalitaria della sua politica interna ed estera veniva tuttavia data tacitamente per scontata, e per più di un verso perfino approvata e ammirata. La scarsa pratica democratica della popolazione sudtirolese, la sua inclinazione per tanti versi autoritaria dovuta a secoli di imposizioni cattoliche e il suo orientamento di fondo paternalistico costituivano addirittura presupposti ideali per attivare su ampia base il mito della comunità di popo‑ lo.26 All’atteggiamento di superiorità culturale e alla scarsa dimestichezza con la democrazia si aggiunse, quale impor‑ tante esperienza pregressa e atteggiamento valoriale teso a rafforzare l’autoritarismo, la socializzazione italo-fascista nel sistema scolastico e nel tempo libero. A una disposizione di questo tipo, il luogo comune dei tedeschi di frontiera o dei tedeschi all’estero diveniva addirittura la forza motrice della mobilitazione. Come soddisfare al meglio esigenze antiemancipatorie se non con la scelta del “giusto” fascismo, il tedesco anziché l’italiano, il quale, essendo stato imposto, poteva essere rigettato?27 A tale proposito, l’idea di una co‑ munità di destino fondata su lingua e cultura poteva rifarsi a una lunga tradizione, affondando da ultimo le sue radici 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 nel nazionalismo völkisch dell’Ottocento postrivoluzionario.28 Con quest’ultimo simpatizzava ancora dopo la metà degli anni Trenta un influente esponente dell’opinione pubblica sudtirolese, il giornalista e sacerdote Michael Gamper.29 Costui intratteneva stretti rapporti con il Volksbund für das Deutschtum im Ausland (VDA – Lega popolare dei tedeschi all’estero), una organizzazione nazionalsocialista capeggiata dal pangermanista carinziano Hans Steinacher, dalla quale fece cofinanziare il suo programma di scuole per l’insegna‑ mento della lingua tedesca, le cosiddette Notschulen.30 Già in uno dei primi numeri del settimanale Volksbote, redatto ed edito da Gamper, il canonico si era piegato con zelo alla leggenda della pugnalata alle spalle, stando alla quale «un gruppo di ebrei e di socialdemocratici» avrebbe deciso le sorti degli infausti negoziati di pace di Parigi e «il popolo non p[oteva] che tacere mentre il giudeo p[oteva] decidere tutto».31 Nel 1927 il canonico dichiarò a Wilhelm Rohmeder, attivista völkisch ed esponente del Deutscher Schulverein, l’associazione delle scuole tedesche, che per lui «il partito nazionalsocialista non era né meglio né peggio di qualsiasi altro partito».32 Gam‑ per in un primo tempo aveva indubbiamente simpatizzato con l’antisemitismo e l’anticomunismo del movimento nazio‑ nalsocialista e condiviso le idee di ordine ed emarginazione di quest’ultimo. Ma quando, dopo il 1935, vennero sempre più chiaramente in primo piano gli orientamenti anticlericali del Reich germanico, voltò le spalle al nazionalsocialismo e – proprio nel contesto delle Opzioni – divenne uno dei prin‑ cipali esponenti del movimento sudtirolese di opposizione al nazismo.33 Tuttavia, che cosa fece sì che in figure come Gamper le fan‑ tasie di delega collettive si consolidassero a tal punto? Se torniamo a concentrarci sull’incontro a Hohenwerfen, ci imbattiamo in motivi ulteriori. Reca la data del 21 novembre 1941 un rapporto del “responsabile territoriale” Otto Weber, scHieder 2010, pp. 69 sgg.; de felice 1981. stuHlpfarrer 1985, vol. II, pp. 499 sg. Sul mito della comunità di popolo cfr. l’esaustivo scHmiecHen-acKermann 2012. Su tale zona d’ombra del presunto antifascismo sudtirolese cfr. verdorfer 1990, pp. 25 sgg. Cfr. lutHer 2004; più acuto faHlBuscH/Haar 2010. HilleBrand 1996, pp. 57 sgg.; esposito 2012. elste 1997, pp. 157 sg. Su Steinacher cfr. retteratH 2017. gamper 1919, p. 1. HilleBrand 1996, p. 60. HilleBrand 1996, pp. 59 sgg.; lamprecHt 2019, p. 249. Agiografico nell’impianto e lacunoso invece steininger 2017. 81 82 fondatore della Gioventù hitleriana delle SA del Vorarlberg e futuro responsabile del settore giovanile nel Gau Tirol‑Vorarl‑ berg.34 In quel documento, parlando di sé, dice di avere «con‑ tribuito» in maniera determinante «alla realizzazione di que‑ sto campo» e rammenta ai partecipanti che – nel momento in cui «hanno valicato il Brennero» – hanno «per la prima volta» potuto fare l’esperienza del «Reich germanico nazionalso‑ cialista» e indossare «la divisa bruna». Attraverso tale rito di iniziazione i sudtirolesi erano approdati «in una comunità in cui potete marciare apertamente e definirvi liberamente come gioventù del Führer». Proprio il fatto di indossare le brune uniformi paramilitari della Gioventù hitleriana, il cui aspetto intendeva ricordare le camice brune delle SA, preco‑ nizzava l’appartenenza alla nuova élite al potere ed era segno di uguaglianza e al contempo di asservimento a un program‑ ma radicale.35 Come simbolo politico d’immagine, questo gli aspiranti sudtirolesi dovevano averlo imparato già dai Fasci di combattimento della Provincia di Bolzano, la nuova uniforme color terra incarnava uno stile d’azione potente, che mirava a esibire invulnerabilità, efficacemente sottolineata dal modo di incedere e di farsi sentire.36 Weber, nei suoi discorsi, faceva abilmente leva sul narcisismo collettivo dei nuovi adepti, assegnando loro anche un compito onorevole:37 «Ora avete il compito di fare della gente nella vostra terra dei nazionalso‑ cialisti.» E a mo’ di monito aggiunse: «Se anche esteriormente si chiamano nazionalsocialisti e hanno riconosciuto il Führer con il loro ‘sì’, così facendo si sono per la verità [!] esterior‑ mente professati naz. soc., tuttavia la trasformazione interiore non si è ancora compiuta.» Queste parole rivelavano senz’al‑ tro l’esperienza fatta con i fiancheggiatori austriaci del movi‑ mento, un’adesione inizialmente sembrata totale, ma che con lo scoppio della guerra aveva cominciato a evidenziare sem‑ pre più sintomi di disincanto.38 Per scongiurare tale effetto, Weber invocò il quasi religioso, autosantificante potenziale di redenzione connesso all’ingresso nella comunità di popolo; 34 35 36 37 38 39 40 41 42 il processo di adesione dei migranti sudtirolesi andava inteso come passaggio decisivo alla contemporaneità con il Führer e a tale proposito «la guerra non» era «l’aspetto sostanziale e decisivo. Adolf Hitler non è in primo luogo il condottiero del popolo tedesco, ma è anzitutto politico e Führer del popolo tedesco.» L’enfasi posta sulla liminalità dell’esperienza di Hohenwerfen dà al contempo risalto al carattere definitivo e alla dimensione rituale dell’adesione al nazionalsocialismo degli optanti.39 Essi sperimentarono, per così dire, un rag‑ giungimento della maggiore età politica, inteso come una predestinazione etnica immaginata come spontanea, a cui nessuno poteva sottrarsi. Un “divenire popolo” nel segno della croce uncinata di questo tipo era stato ideato su ampia scala da intellettuali a tutti gli effetti, ingegneri del discorso, geografi, filosofi e studiosi di storia.40 Si pensi ad esempio all’eminente storico Theodor Schieder, che nel 1930 così definì lo sfaccettato concetto di popolo: «È il volto di un legame che sta al di sopra [dell’indi‑ viduo, N.d.A.], che questi sperimenta quotidianamente nella famiglia, nelle più diverse associazioni a cui aderisce, nelle organizzazioni della sua classe sociale e, in un contesto di vita rurale, forse ancora nella comunità di villaggio.»41 E, quasi pensasse alla situazione sudtirolese, aggiunse: «Soltanto là dove nella battaglia per i confini i beni che uniscono un po‑ polo quali lingua e costumi affiorano alla coscienza del singo‑ lo in quanto ciò che a lui si contrappone, la cultura nazionale straniera, […] il popolo è realtà.» Nelle formule, cariche di pathos, di popolo e comunità riecheggiava il pensiero di una bizzarra uguaglianza che non si reggeva più sugli ideali uni‑ versalistici della Rivoluzione francese o della Dichiarazione d’indipendenza americana, ma ricorreva invece in termini essenzialistici a un “sangue” comune.42 Tale uniformità ambi‑ valente, che si può definire anche in termini di egualitarismo repressivo, si reggeva su criteri di esclusione e annientamento Archivio provinciale di Bolzano, Fondo VKS/AdO, posizione 42, f. 11. Sulla carriera di Weber nel nazionalsocialismo cfr. stoppel 2004, pp. 16 sgg. Sul codice di abbigliamento ritualizzato delle SA cfr. longericH 1989. reicHardt 2009, pp. 133 sg. Sull’idea di un genuino narcisismo völkisch cfr. römer 2017. A riguardo fondamentale Bauer 2017, pp. 194 sgg. Sui riti di passaggio e la loro funzione di collante della comunità in un’ottica antropologica cfr. turner 1998. Il concetto di ingegnere è ripreso da eilenBerger 2018, pp. 282 sgg., che tuttavia lo utilizzava in un’accezione di progresso. Citato e commentato in mommsen 1999, p. 187. Sull’importante ruolo di Schieder negli “studi sull’Est” in veste di “precursore” della politica di sterminio nazista cfr. aly 1999, e faHlBuscH/Haar/pinWinKler 2017, pp. 714‑725. Cfr. oBerKrome 1993, pp. 171 sgg. degli altri. Una visione del mondo di questo tipo evidenziava tutti i classici attributi di una ideologia del rinnovamento basata su fede incondizionata nel salvatore, severi divieti di pluralismo e suggestione comunitaria totale. Gli studi sul fascismo hanno proposto per questo genere di disposizioni l’idea di una palingenesi ultranazionalistica, di una esperien‑ za di rinascita attraverso l’adesione totale a una guida idola‑ trata.43 A tale nucleo mitico del fascismo tedesco aveva ceduto anche la maggioranza degli uomini e donne sudtirolesi. Il fascismo italiano, nella misura in cui li aveva tormentati per anni e si era impadronito delle loro vite, li aveva letteralmente spinti nelle braccia del suo corrispettivo tedesco. Ma questo cammino lo avevano percorso anche da cittadini di uno Stato di cui non si sentivano parte a tutti gli effetti, che non erano mai riusciti a emanciparsi, o mai avevano voluto farlo, da un atteggiamento di obbedienza incondizionata all’autorità che gli era stato inculcato e che non si erano mai veramente scrol‑ lati di dosso lo «stato servile penetrato nella coscienza nazio‑ nale».44 L’autoritarismo era stato, per così dire, inculcato nelle loro condotte e direzioni di vita cognitive ancor prima che cominciassero a condividere le fantasie di risveglio del nazio‑ nalsocialismo, ritenuto il fascismo “giusto”, perché quello che parlava la loro lingua e si sposava con le loro disposizioni. Coeducazione nel nazionalsocialismo – la gioventù sudtirolese si esercita alla “comunità di popolo” in occasione di una gita di attivisti del VKS, 1939 circa (Archivio provinciale di Bolzano, Sammlung Tiroler Geschichtsverein, foto n. 1221) 83 43 44 45 griffin 1993, pp. 38 sgg.; Id. 2005. Cfr. anche gentile 2005, cap. 10. «Stato servile» è una felice espressione coniata da Friedrich Engels per dare conto, nel suo Anti-Dühring, del fallimento di tutti i tentativi di rivoluzione tedeschi nell’Ottocento; cfr. engels 1975, p. 171. Archivio provinciale di Bolzano, Fondo VKS/AdO, posizione 42, f. 11 (verso). LA PAROLA AL “VOLKSGRUPPENFÜHRER” PETER HOFER 84 Il 13 novembre 1940 anche l’esponente di punta del nazio‑ nalsocialismo sudtirolese, Peter Hofer, sfruttò l’occasione di rivolgersi ai partecipanti sudtirolesi del corso di formazione tenuto a Hohenwerfen.45 Le sue osservazioni meritano di essere riportate per intero, essendo Hofer il politico cui spettò svolgere un ruolo cruciale nell’affermazione e consolidamen‑ to del movimento nazionalsocialista in Alto Adige.46 Nato nel 1905 a San Michele, frazione di Castelrotto, dopo aver ereditato e ceduto il maso familiare, lavorò a Bolzano come sarto. Nel 1928 aderì al Katholische Jugendbund di Bolzano, l’organizzazione giovanile cattolica di cui fu nominato re‑ sponsabile nel 1931; fu altresì attivista del gruppo clandestino sudtirolese Nibelung, organizzazione giovanile di matrice tedesco‑nazionale, così come della Arbeitsgemeinschaft der volksdeutschen Jugend, la comunità di lavoro della gioventù tedesca in Sudtirolo, di cui era membro del comitato locale di Bolzano; nel 1931 fu arrestato dalla polizia italiana in quanto membro del Gau-Jugend-Rat, il consiglio giovanile del Gau. Dal 1933 al 1935 Hofer fu responsabile di circolo del VKS di Bolzano e il carisma dimostrato nel seguirne la linea politica gli valse, nel gennaio 1935 con il nome di battaglia “Hagen”, la promozione a responsabile provinciale del VKS, cui conferì una struttura fortemente gerarchica, secondo le direttive della NSDAP.47 Hofer ottenne l’onorificenza della Gioventù hitleriana. Dopo aver optato per la Germania nel 1939, nel febbraio 1940 fu nominato responsabile amministrativo della AdO, la Comunità di lavoro degli optanti per la Germania, 46 47 48 49 50 51 52 53 che l’amministrazione fascista aveva frattanto autorizzato ufficialmente a operare. L’ascesa della sua organizzazione fu l’esito di una competizione policratica: benché fosse sub‑ alterna alla coeva Amtliche deutsche Ein- und Rückwanderungsstelle (ADERSt – Ufficio generale germanico per l’immigrazione e il rimpatrio), a capo della quale si trovava a Bolzano l’Obersturmbannführer delle SS Wilhelm Luig, la AdO poté sottrarsi in parte al loro coordinamento per via della diretta intercessione del comandante supremo delle SS Heinrich Himmler.48 Hofer aveva conservato un certo diritto alla ge‑ stione organizzativa delle questioni sudtirolesi, anche perché sapeva assecondare in maniera incondizionata le misure razziste e neocolonialiste della politica demografica delle SS.49 Dopo l’aggressione tedesca alla Polonia Himmler era stato nominato Commissario del Reich per il rafforzamento dell’etnia germanica, e successivamente aveva avocato a sé anche le competenze sul Sudtirolo.50 Le sue direttive venivano trasmesse a Hofer, il quale peraltro ne condivideva appieno le radicali concezioni di etnopolitica, dal Gruppenführer delle SS Werner Lorenz, il responsabile della Volksdeutsche Mittelstelle (VoMi – Ufficio centrale per il rimpatrio dei tedeschi etnici), istituita nel 1937, e un tempo intermediario con il VKS.51 Con la centralizzazione dell’etnopolitica ad opera della VoMi, anche VKS e AdO erano venute a trovarsi sotto il diretto con‑ trollo delle SS, e Hofer, in qualità di “Volksgruppenführer”, era assurto al rango di massimo rappresentante delle mino‑ ranze tedesche all’estero fra gli esponenti riconosciuti o inse‑ diati dalla politica nazionalsocialista.52 In linea con tali criteri, già nel succitato verbale di Hohenwer‑ fen Hofer viene indicato come Volksgruppenführer.53 In questa sua funzione il 13 novembre rivolse queste parole alle guide giovanili sudirolesi: «Vorrei invitarvi a fare ciò che vi invitai già a fare in patria, fare il dovere che in patria ci attende. La tragicità della nostra terra la dobbiamo vedere nel più crudo Sulla sua biografia cfr. WedeKind 2003, pp. 133 sgg. Ibid., WedeKind 2007, p. 409, e mittermair 2000, pp. 175 sgg. WedeKind 2007, p. 423; WedeKind 2009, p. 73; fieBrandt 2014, pp. 557 sg. stuHlpfarrer 1985, vol. I, pp. 288 sgg.; WedeKind 2003, p. 136. stuHlpfarrer 1985, vol. I, pp. 237 sgg., in particolare p. 247; WedeKind 2003, p. 133. WedeKind 2003, p. 133; lumans 2003. Cfr. jacoBsen 1968, p. 245. Archivio provinciale di Bolzano, Fondo VKS/AdO, posizione 42, f. 11 (verso). dei modi, ma pensando alla Germania e alla grandezza del Reich. Vogliamo mettere al servizio del Reich tutta la nostra forza. Dobbiamo essere in grado di comprendere ciò che significa guidare la gioventù, servirla e proporle un modello tangibile di vita esemplare. Dobbiamo presentarci al nostro popolo e alla nostra gioventù come uomini cristallini. Verrà un tempo in cui auspichiamo di poterci presentare al nostro popolo e di poterlo educare, assistere e formare. Potremo allora dar prova [!] di come l’avevamo pensato negli anni 1926‑28. […] E continueremo a fare il nostro dovere là dove il Führer ci ha messi, e allo stesso modo in cui organizziamo la nostra gioventù, un giorno avremo il Reich. Se avrete coscienza della grandezza dei tempi e della responsabilità, riusciremo a superare questi momenti bui e servire per sem‑ pre il popolo tedesco.» Al di là degli ideologemi della «grandezza dei tempi» e all’aspirazione nazionalsocialista all’eternità, nelle argo‑ mentazioni di Hofer colpisce l’impiego ambivalente del concetto di «patria» o «nostra terra». Non è chiaro infatti se egli alludesse all’Alto Adige o alla Germania nazionalso‑ cialista. La mancanza di univocità rispecchiava il momento storico e va inquadrata nell’ambito delle strutture di potere del nazionalsocialismo, non chiaramente delimitabili, tese anzi a sovrapporsi, e volte a rivaleggiare anche riguardo alla problematica sudtirolese.54 Perciò le speranze riposte da Hofer nel “rimpatrio” tedesco della popolazione sudtirolese non riguardano uno spazio geografico stabilito una volta per tutte. Si avverte perfino un tentativo di barcamenarsi fra la posizione in favore di una emigrazione in massa degli optanti sudtirolesi, che era ormai sul punto di compiersi, e il loro tut‑ to sommato auspicato rimanere in una patria che bisognava mettere al sicuro mediante una “annessione”. All’epoca erano molto probabilmente di ostacolo a tale forma di resilienza etnopolitica considerazioni sulle alleanze, un’attenzione agli 54 55 56 57 58 59 60 61 62 “assi” fascisti;55 ma è vero anche che tali ostacoli potevano sembrare insuperabili solo temporaneamente, tenuto conto della certezza di vittoria militare dello Stato nazionalsociali‑ sta, i cui piani politici sull’Europa sembravano realizzarsi alla svolta del 1940‑41.56 Se si considera la Germania fascista una dittatura dinamica, la cui inclinazione alle azioni militari e il cui potenziale di adattamento geostrategico erano di gran lunga superiori rispetto a quelli del regime italiano, è difficile non riconoscere una certa plausibilità a simili aspettative.57 A partire dall’estate 1940 Peter Hofer non nascose le sue perplessità riguardo al trasferimento; nell’esito della consul‑ tazione popolare volle vedere soltanto un voto inequivocabile a favore dello Stato nazionalsocialista, non una disponibilità a lasciare la propria terra.58 Tale prospettiva revisionista ed espansionista avrebbe infatti trovato realizzazione a distanza di poco più di tre anni, con l’invasione tedesca dell’Italia, cominciata l’8 settembre 1943, e l’inserimento dell’Alto Adige nella Zona di operazioni delle Prealpi per la gioia degli am‑ bienti favorevoli ai nazisti.59 Nelle sue dichiarazioni del 1940 Hofer aveva elencato in modo efficace l’abc della dottrina völkisch ricorrendo a ele‑ menti retorici caratteristici dell’Agitprop nazionalsocialista.60 Inoltre aveva cercato di adattare il suo messaggio alla giovane età dei destinatari, dal momento che la struttura organiz‑ zativa del VKS e della AdO si distingueva giustappunto per l’impronta giovanile che avevano saputo darle.61 Tenuto conto di tutto ciò, i toni aggressivi di Hofer e dei suoi pari possono essere intesi anche come decisa presa di distanza rispetto alle tradizionali élite sudtirolesi, da tempo arroccate su posizioni di difesa, le quali erano organizzate nel Deutscher Verband e in ambienti antifascisti, talora anche cattolici.62 L’età media di queste persone era in genere di gran lunga superiore a quella dei giovani adepti sudtirolesi del nazionalsocialismo, e non si sbaglia a voler vedere in ciò anche lo schema di un conflitto Sulla struttura policratica dell’apparato nazista cfr. rucK 1993. WedeKind 2019, pp. 73 sg. Sul momento storico del 1940‑41 cfr. KersHaW 2018, pp. 195‑218 (trad. it., pp. 153‑169). Sul fecondo concetto di “dittatura dinamica” cfr. KersHaW 2018, pp. 401 sgg. (trad. it., pp. 303 sgg.). WedeKind 2003, p. 408. WedeKind 2003, pp. 70 sg. Sugli aspetti linguistici della propaganda nazionalsocialista cfr. maas 1984. oBermair 1990; mittermair 2002. pallaver/steurer 2011, pp. 168 sgg. 85 generazionale. Sebbene il rifiuto delle Opzioni – la posizione del “restare”, propugnata soltanto da una infima minoranza di sudtirolesi di lingua tedesca e ladina – non sia riducibile a una mera questione anagrafica, la propensione a migrare era tuttavia, almeno in parte, correlata alle classi di età. 86 «RITORNO NEL REICH!» La scelta a favore o contro il trasferimento in Germania anda‑ va fatta nel più breve tempo possibile. Gli accordi sul trasferi‑ mento, negoziati tra tedeschi e italiani a Berlino sotto la pre‑ sidenza di Himmler a partire dalla fine di giugno 1939, furono resi noti attraverso la stampa locale il 22 ottobre 1939 come «Direttive per il rimpatrio dei tedeschi del Reich ed emigra‑ zione dei tedeschi etnici dall’Alto Adige al Reich germanico» e il 31 dicembre 1939 fu indicato come l’ultimo giorno utile per manifestare la propria volontà attraverso un voto.63 I ter‑ mini di scadenza così ravvicinati accentuarono la drammati‑ cità di una “scelta”, dall’innegabile carattere coercitivo, che di fatto investiva tutta l’esistenza di una persona. Il trasferimen‑ to fisico delle persone disposte a emigrare doveva avvenire, durante e dopo la complessa definizione di tutte le questioni patrimoniali, negli anni 1940‑41 e concludersi al massimo entro il 1942.64 Ancora nell’aprile 1939, quando cominciarono a circolare le prime voci sul trasferimento, gli esponenti del VKS si erano opposti a tale progetto e avevano scritto alla Volksdeutsche Mittelstelle appellandosi all’«unità inscindibile di sangue e suolo» e, quindi, a uno dei «principi guida della concezione del mondo nazionalsocialista».65 Metabolizzato lo shock iniziale e tenuto conto della determinazione delle auto‑ rità del Reich germanico, le cerchie völkisch nel mese di luglio avevano cambiato parere in quattro e quattr’otto e si erano poste interamente al servizio della battaglia in favore delle Opzioni; ciò che ora importava al VKS era far sì che il “corpo del popolo” sudtirolese si pronunciasse in maniera schiac‑ ciante a favore del Reich, diventando così parte integrante di quella che la propaganda dello Stato nazionalsocialista aveva definito la «maggiore operazione di trasferimento della storia universale»66 e riuscendo con la propria compattezza 63 64 Die Volkswanderung der Deutschen [La migrazione dei tedeschi]: carta del Volksbund für das Deutschtum im Ausland, Berlin 1940 (firmata «Erik»), nel quadrante in basso a sinistra i “rimpatriati” sudtirolesi che fanno il saluto nazista (Archivio Leopold Steurer) 65 66 67 68 69 70 71 etnopolitica a impressionare la dirigenza nazionalsocialista.67 Il testimone dell’epoca Friedl Volgger, uno dei fondatori dell’organizzazione di resistenza Andreas-Hofer-Bund, che per via delle sue posizioni fu deportato nel marzo 1944 nel campo di concentramento di Dachau, tracciò nelle sue memorie, pubblicate nel 1984, un efficace quadro dell’atmosfera che allora regnava: «[…] chi non voleva tornare a casa nel Reich dal Führer, non tardò a essere stigmatizzato come traditore. Il VKS disponeva in provincia di una solida organizzazione, cui si ricorse in modo sistematico quando, nel mese di ottobre, partì la valanga propagandistica in favore del ’Ritorno a casa nel Reich’. […] Il battage per le Opzioni fu condotto nello stile caratteristico del ministro della Propaganda del Reich, il dottor Joseph Goebbels.»68 Volgger, ritornando ai fatti di quell’epoca alla fine del Nove‑ cento, ha reso una descrizione piuttosto precisa di quella che era la situazione. Negli ultimi mesi del 1939 si fece strada una drammaticità esasperata, che senza dubbio segnò una cesura epocale in Alto Adige.69 Lo dimostra chiaramente anche il rinvio pluridecennale della messa a tema del dramma delle Opzioni nella cultura della memoria della società sudtiro‑ lese del dopoguerra. La comunità di lingua tedesca e ladina fece una fatica incredibile ad ammettere la propria implica‑ zione in termini di fede nel “Führer” e simpatie per il nazi‑ smo – privilegiò un silenzio collettivo e batté sulla tesi dell’es‑ sere stata vittima prima che, a seguito di impegnativi dibattiti e soprattutto grazie alla pionieristica mostra di Bolzano Option – Heimat – Opzioni del 1989, venisse sollevata la questio‑ ne della propria corresponsabilità.70 Ma la concisa istantanea di Volgger contiene anche un rimando calzante all’istituzione cruciale della propaganda nazionalsocialista, il Reichsministerium für Volksaufklärung und Propaganda (RMVP), cioè ministe‑ ro del Reich per la Pubblica Istruzione e la Propaganda, retto da Goebbels.71 Non c’era luogo in cui i settori di propaganda, stuHlpfarrer 1985, vol. I, pp. 140 sgg. stuHlpfarrer 1985, vol. I, pp. 152 sg., vol. II, p. 426. volgger 1984, pp. 53 sg.; simile pfanzelter 2014, p. 27. È quanto annunciava una carta della propaganda nazionalsocialista riferendosi al cosiddetto “Warthegau” e alle operazioni di trasferimento nel territorio annesso intorno a Posen dopo la “campagna militare contro la Polonia”; cfr. Deutsches Bundesarchiv Koblenz, R 49 Bild-0705; la carta riporta anche i «Süd-Tiroler». Sul contesto complessivo cfr. Broszat 2010, pp. 85 sgg. Heiss 2014, p. 20. volgger 1984, p. 33. Conciso a tale proposito Heiss 2009, e Id. 2014, pp. 16 sg. steurer 1980; Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989; messner 1989; Heiss 2014, p. 16. Cfr. Krings 2005; müHlenfeld 2006. 87 88 politica e guerra fossero più strettamente intrecciati e organi‑ camente ideati come in questa istituzione del Reich con il suo apparato monumentale e le sue molteplici competenze. MATERIALE E PROVENIENZA trasfigurato liricamente l’“annessione” dell’Austria. La sua poesia März 1938 terminava con le seguenti strofe pervase di religiosità: Le composizioni pittoriche sudtirolesi che di seguito presen‑ teremo erano destinate al ministero della Propaganda per fungere probabilmente da modelli, come dimostrano le sigle RMVP o RMVuP, quasi onnipresenti sul retro dei disegni. In quanto materiale di “mobilitazione spirituale” – questo il compito essenziale ufficialmente assegnato al ministero72 – le immagini, nel caso fossero state diffuse o utilizzate in contesti concreti – erano soggette ad autorizzazione. Ma erano soprattutto parte di un clima di violenza diffuso a livello euro‑ peo, esistente nell’ambito delle Umvolkungen, o metamorfosi etniche, avviate con la guerra quali trasferimenti coatti di po‑ poli. Il nesso fra le Opzioni sudtirolesi e la politica demografi‑ ca radical-razzista del “Piano generale per l’Est” è stato finora colto ed evidenziato troppo poco.73 Una valutazione dei modi di agire sul piano regionale non può prescindere dall’inserire anche le migrazioni sudtirolesi del 1940‑41 nei piani di un nuovo ordine incentrato sulle politiche della razza delle élite nazionalsocialiste. Ma ciò equivarrebbe ad ammettere anche che la vicenda delle Opzioni non può essere ridotta a un evento, seppur determinante, della storia dell’Alto Adige, ma piuttosto che essa va implicitamente connessa con la vicenda delle espulsioni e degli stermini, in cui i sudtirolesi tedeschi da trasferire erano previsti sia come oggetti che come benefi‑ ciari. Il trasferimento dei sudtirolesi dipendeva quindi da un ordine di politiche demografiche, indubbiamente riferibile alla costruzione dello Stato nazionalsocialista fondato su una gerarchia di razze e, quindi, inquadrabile in un contesto violento di omogeneizzazione biopolitica.74 Ma come dare concretezza a simili connessioni? Alcune risposte a tale do‑ manda le può dare una collocazione descrittiva ed esplicativa dei bozzetti sudtirolesi sulle Opzioni. Nel 2019 il Museo storico‑culturale della Provincia di Bol‑ zano che ha sede a Castel Tirolo è riuscito ad acquistare in due tranche presso una libreria antiquaria del materiale di propaganda originale, mai visto prima, riguardante le Opzioni del Sudtirolo. Si tratta di 12 fogli raffiguranti boz‑ zetti eseguiti con tecniche miste, perlopiù a colori. I soggetti sono inequivocabili: le scene estremamente convenzionali, ancorché cariche di pathos, mostrano uomini, donne e bam‑ bini, perlopiù in costume sudtirolese, che davanti allo scena‑ rio dei monti patri (Sciliar e gruppo del Catinaccio) stanno compiendo una strana cerimonia d’addio e nel contempo, mediante il saluto tedesco con la mano destra sollevata, giurano «fedeltà alla Germania». La bandiera con la croce uncinata che si agita al vento ricorre a più riprese, in due casi è raffigurata invertita. Le rappresentazioni innegabilmente nazionalsocialiste illustrano in modo cerimonioso una certa lirica del tempo, in particolare la poesia apologetica Aufbruch di Karl Felderer (1895–1989), un autore sudtirolese che asso‑ ciava il metaforismo del geranio rosso sangue («brennende Lieb») alla disponibilità a emigrare: «Bald läuten die Glocken das Osterfest ein, / Und Auferstehung wird wieder sein. / Dann schauen wir dankbar zum Herrgott auf, / Verzagen nicht und bauen darauf, / Die Frauen, die Kinder, die Männer, / Denn heute steht Deutschland am Brenner.»76 72 73 74 75 «So reißet vom sonnigen Erker / Die letzte brennende Lieb; / Die Treue zu Deutschland war stärker, / Das Heiligste, was uns blieb. / Wir nehmen sie mit im Herzen, / Für and’re dereinst Symbol, / Sie stille des Heimweh’s Schmerzen: / Leb wohl, du mein Südtirol.»75 Felderer, noto soprattutto come autore del popolare Bozner Bergsteigerlied, il canto degli scalatori di Bolzano («Wohl ist die Welt so groß und weit…») del 1926, già nel 1938 aveva syWotteK 1976, p. 23. Sulle pianificazioni territoriali dei nazionalsocialisti in Europa orientale cfr. rössler/scHleiermacHer/tollmien 1993, e Heinemann 2003. corni 2014 accenna a un nesso con le Opzioni sudtirolesi. Incisivo a riguardo WedeKind 2009, pp. 78 sgg. Sulla biopolitica nazista cfr. Braun/linzner/KHairi-taraKi 2017. Opfergang und Bekenntnis 1940, p. 50 («Strappate dal bovindo assolato / L’ultimo fiammeggiante amor; / Più forte fu la fedeltà alla Germania, / Quanto di più sacro ci rimase. / Con noi la portiamo nel cuore, / Per altri un tempo simbolo, / Silenzioso dolor di nostalgia: / Addio, mio Sudtirolo»). La poesia fu diffusa anche in una versione a stampa, sotto la fotografia di una finestra contadina decorata da gerani; è riprodotta in Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, p. 164, e in Kraus/ oBermair 2019, p. 210. Sul testo cfr. foppa 2003, pp. 47 e 94, e pumBerger 2015, p. 175. Nel 1986 Felderer scrisse una “presentazione” al volume di memorie di Willy Acherer, un sudtirolese che era stato membro delle SS.77 Alla poesia sulle Opzioni di Felderer possiamo accostare altri testi letterari tendenziosi di autori sudtirolesi coevi, quali Erich Kofler, Hubert Mumelter, Carl Zangerle e Franz Sylvester Weber. Nel 1940 costoro avevano dato alle stampe, pagando il tipografo di tasca propria, un volume di poesie dall’inequivocabile titolo di Opfergang und Bekenntnis (Sacrificio e professione di fede) in cui, accanto a liriche sul tema di “sangue e suolo”, figura anche una specie di cronaca degli eventi volta a trasfigurare le dense vicende occorse fra il 29 giugno 1939 («Tag des Schicksals», cioè giorno del destino) e il primo gennaio 1940 («Das Volk ist gerettet», cioè il popolo è salvo) nell’ottica del VKS alla luce della scelta plebiscitaria sulle Opzioni.78 La rassegna annalistica rivela tutte le posizioni e motivazioni che in termini di psicologia sociale trasformarono gli attori del VKS in una «generazione dell’assolutamente necessario».79 Ecco allora che si parla del «messaggio del Reich faccia a faccia con il nemico di sempre» (cioè l’Italia), delle «armi di una ventennale lotta per la cultu‑ ra nazionale di un popolo», di «impegno völkisch» a emigrare nel Reich germanico, della «voce del sangue tedesco», del «sacrificio maggiore di un’eterna nostalgia» e di un «salvatag‑ gio» dovuto all’«adempimento del proprio dovere» – grazie all’esito schiacciante delle Opzioni, la «provvidenza» avrebbe «tenuto in serbo un futuro tedesco al fiero e meraviglioso 76 77 78 79 80 81 popolo del Sudtirolo».80 Proprio l’appello alla «provvidenza» tirava in ballo un termine caro al gergo nazionalsocialista, che in tal modo cercava di legittimare l’atteggiamento di fondo, affatto volontaristico, della politica nazionalsocialista con il rimando alla predestinazione, a una linea d’azione e di sviluppo preventivamente determinata.81 Nel contesto delle Opzioni la categoria messianica della predetermi‑ nazione era in tutta evidenza funzionale al superamento della palese aporia e irrazionalità di un mantenimento attraverso l’emigrazione, di una conservazione attraverso un abbandono. Essa consentiva agli attori la partecipazio‑ ne differenziata a un discorso sacrale di totalità völkisch e li sollevava psichicamente dal paradossale background della rinuncia collettiva alla propria terra, significato ultimo del trasferimento. È proprio questo insieme di motivi a imporsi nel materiale propagandistico della VKS. Niente avrebbe saputo illustrare meglio la dottrina della predestinazione del nazionalsocialismo dei bozzetti pubblicitari che incitavano i sudtirolesi a optare per la Germania. La seguente compila‑ zione descrive i contenuti delle immagini e consente di farsi un quadro generale delle altre notizie relative a esecutori e destinatari contenute nel materiale: Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, p. 123 («Presto suonano a festa le campane pasquali, / E sarà ancora Risurrezione. / Allora gli occhi leveremo grati al Signore, / Non disperano e in essa confidano, / Le donne, i bambini, gli uomini, / ché oggi al Brennero c’è la Germania.»). acHerer 1986; su Acherer, membro dell’unità scelta dei “Brandeburghesi”, cfr. casagrande 2015, pp. 110‑113. Opfergang und Bekenntnis 1940, pp. 39‑48. Mi rifaccio qui a Wildt 2015, che in tal modo definì in maniera incisiva il corpo di comando della Direzione generale per la sicurezza del Reich. Opfergang und Bekenntnis 1940, p. 48. A riguardo cfr. Klemperer 1990, pp. 144 sg. (trad. it., pp. 144 sg); cfr. anche maas 1984, p. 144. 89 N. INV. CASTEL TIROLO 702504 (bozzetto n. 1) 702505 (bozzetto n. 2) SOGGETTO Un soldato della Wehrmacht con il mitra in spalla e uno Schütze con il fucile a canna corta in spalla, entrambi sulla spalla destra, avanzano all’unisono verso sinistra, con sullo sfondo lo Sciliar e le due punte, Santner e Euringer, dietro le quali risplende un sole a forma di croce uncinata. Accanto la scritta «Für Führer und Vaterland!» (Per il Führer e la madrepatria!) Famiglia di sei membri, sorridente e intenta a salutare davanti al massiccio dello Sciliar, visto da nord, accanto a loro la bandiera nazionalsocialista che si muove al vento con disegnata sopra la croce uncinata, invertita, circondata dalle scritte FIRMA DELL’ESECUTORE DIMENSIONI RMVP 18950-VKS Al Landesführer del VKS Peter Hofer Müller (fra le gambe dello Schütze) 35×50 cm 702506 (bozzetto n. 3) 90 702507 (bozzetto n. 4) Quattro bandiere nazionalsocialiste del Reich che si muovono al vento davanti a un’aquila imperiale e alla parrocchiale di Bolzano 702508 (bozzetto n. 5) Sotto la scritta «Heim ins Reich!» (Ritorno nel Reich!) un uomo che regge tra le braccia un bimbo davanti a un vitigno, una brocca e un maso, lo sguardo rivolto a nord, direzione che indica con la mano, e dei fiori rossi (gerani), sullo sfondo un sole a forma di croce uncinata che sorge dietro la catena montuosa 702509 (bozzetto n. 6) In disparte, coppia di uomo e donna in costume con in braccio un bimbo piccolo e lo sguardo rivol‑ to al sole a forma di croce uncinata che sorge dietro il Catinaccio; davanti a loro sulla destra la scritta «Heim ins Reich!» (Ritorno nel Reich!) 702510 (bozzetto n. 7) Timbro tondo delle «Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler» / Autorizzato da Heiner Giovinetto (con cartella a zaino) e fanciulla, entrambi con lo sguardo rivolto a nord e intenti a compiere il saluto tedesco con la mano destra, davanti al Catinaccio e alle punte Santner e Euringer e alla scritta «Heim ins Reich!» (Ritorno nel Reich!) Consegnare PERSONALMENTE al Landesführer del VKS, signor Peter Hofer, tramite l’Obersturmbannführer delle SS Josef Dorfmann Lieblein (sul polpaccio del giovinetto) 35,5×24,8 cm Come inserto pubblicitario e giornale murale AdO [in celeste in basso a destra] Personalmente: Landesführer Peter Hofer VKS tramite l’Obersturmbannführer delle SS J. Dorfmann Consegnato personalmente tramite l’Obersturmbannführer delle SS J. Dorfmann Timbro tondo delle «Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler» / Autorizzato da Heiner RMVP 19475 N. Hürbel 35×50 cm 702511 (bozzetto n. 8) Bozzetto originale, giornale murale e banner Una giovane donna, con indosso un semplice abito estivo, davanti al gruppo del Catinaccio saluta con la mano destra la sua terra sotto la scritta «Heim ins Reich!» (Ritorno nel Reich!) per conoscenza Gunther Langes Bozner Tagblatt EDDY (sulla spalla sinistra della donna) 18,2×42,8 cm Bozzetto per banner pubblicitario e giornale murale AdO [in basso a sinistra in celeste] AdO [in celeste, sul margine inferiore destro] RMVP 19967-OZAV (a sinistra accanto alla figura) Timbro tondo delle «Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler» / Autorizzato da i.v. Herbert 35×50 cm Bozzetto originale per giornale murale e inserto Al signor Peter Hofer S. Michele/Castelrotto PERSONALMENTE tramite l’Obersturmbannführer delle SS J. Dorfmann 702512 (bozzetto n. 9) AdO [in celeste, sul margine inferiore destro] Ferrari – Bz (sulla seconda bandiera) 35×50 cm Timbro tondo delle «Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler» AdO [in celeste, sul margine inferiore destro] 34,5×24,5 cm 702564 (bozzetto n. 10) 702565 (bozzetto n. 11) Un braccio destro, sollevato nel saluto tedesco, che nel contempo spezza una catena stretta intorno al polso. Dietro di esso lo stemma della città di Mera‑ no (sullo stemma la rossa aquila tirolese siede sulle mura cittadine con le tre torri) 702566 (bozzetto n. 12) In disparte una donna che regge un neonato col braccio sinistro e con la destra sventola un faz‑ zoletto salutando lo Sciliar e le punte Santner ed Euringer (viste dunque da nord); ai suoi piedi una fanciulla, anch’essa in disparte. Scritte in rosso: «Der Führer ruft!» (Il Führer chiama!) e «Heim ins Reich!» (Ritorno nel Reich!) RMVuP “Heim ins Reich” / 18389-VKS Al signor Landesführer Peter Hofer, VKS RMVP 19301-OZAV A-S-I (preceduta da n.; sul margine inferiore sinistro) Timbro tondo delle «Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler» / Autorizzato da Heiner 29,2×20,5 cm Timbro tondo delle «Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler» / Heiner Giornale murale e annuncio AdO [in basso a destra in celeste] Personalmente! Al signor Peter Hofer (VKS), S. Michele/Castelrotto latore: Obersturmbannführer delle SS [sopra l’impiego cancellato] J. Dorfmann E. Müller (a sinistra all’altezza dell’anca del giovane appartenente alla Gioventù hitleriana) 42,5×32,5 cm Timbro tondo delle «Waffen-SS – Leibstan‑ darte Adolf Hitler» / [timbro con sigla illegi‑ bile] RMVuP Volantino / bozzetto di campo estivo giovani e Gioventù hitleriana Autorizzato da Heiner latore: Obersturmbannführer delle SS J. Dorfmann (in posizione centrale, in basso, fra le gambe dell’uomo) Giovane appartenente alla Gioventù hitleriana ritratto di profilo, intento a suonare una tromba da cui pende un gagliardetto nazionalsocialista su fondo rosso‑bianco, in primo piano lo stemma della città di Bolzano, in posizione mediana cinque tende chiare, sullo sfondo il gruppo del Catinaccio Scritta: «Sommer-Zeltlager / der Hitlerjugend» (Campo estivo della Gioventù hitleriana) Il sorgere di un sole a forma di croce uncinata (invertita), posto tra lo stemma della città di Bolza‑ no (a sinistra) e l’aquila imperiale (a destra), sotto la scritta «Deutsches Geschäft» (Compito tedesco) Personalmente al signor Peter Hofer, S. Michele/Castelrotto Sparer Timbro tondo delle «Waffen-SS – Leibstan‑ darte Adolf Hitler» / Autorizzato da Heiner RMVP – 18997-OZAV Da consegnare PERSONALMENTE al Landesführer del VKS signor Peter Hofer tramite l’Oberscharführer delle SS Josef Dorfmann S. Walch Timbro tondo delle «Waffen-SS – Leibstan‑ darte Adolf Hitler» / Autorizzato da Stofner RMVP 19873-OZAV VORENTWURF 2/III Come giornale murale / Bozzetto originale di E. Müller secondo un disegno di Luis Alton «Großdeutschland ruft!» (La grande Germania chiama!) e «Heim ins Reich!» (Ritorno nel Reich!) Un giovane, vestito grosso modo come un membro della Gioventù hitleriana, fa a pezzi con un martel‑ lo da fabbro una sbarra rosso‑bianca che segna il confine, alle sue spalle il massiccio del Catinaccio con un sole stilizzato a forma di croce uncinata e le scritte «Großdeutschland ruft!» (La grande Germania chiama!) e «Heim ins Reich!» (Ritorno nel Reich!) TESTO SUL RETRO (non firmato) 20,8×29,5 cm [senza annotazioni] Al signor Peter Hofer S. Michele/Castelrotto HG. (sopra l’attaccatura del braccio) Da consegnare personalmente!!! 34×25,5 cm Tramite l’Hauptsturmbannführer delle SS J. Dorfmann firmato: Heiner Klause (al di sotto della gonna della donna) 40×29,5 cm [tutto il retro coperto di colore grigio‑nero, senza annotazioni] 91 La provenienza lineare del materiale, di cui gli studi sulle Opzioni prima d’ora ignoravano completamente l’esistenza, non dà adito a dubbi circa la sua autenticità. Provenienti dal lascito di un sudtirolese appartenente alle SS morto nel 1944 per le ferite riportate in guerra, i bozzetti, che sono stati visionati in epoca recente, ma che sono rimasti sempre in possesso della famiglia del testatore, sono arrivati al Museo provinciale di Castel Tirolo nel 2019 attraverso il mercato an‑ tiquario locale. Dato il loro carattere di lascito, i disegni sono da considerarsi alla stregua di materiali d’archivio riguardan‑ ti la storia contemporanea.82 Il testatore del lascito era Josef Dorfmann; quasi tutti i bozzetti recano sul retro il suo nome, il che induce a ipotizzare che le annotazioni a inchiostro nero siano di suo pugno.83 92 Annotazioni sul retro del bozzetto n. 1 (Museo provinciale di Castel Tirolo, n. inv. 702504) 82 83 Sulla definizione dei materiali d’archivio cfr. stumpf 2018, pp. 57 sgg. Di suo pugno ci è giunta, a titolo di confronto, soltanto la firma apposta in calce al modulo delle Opzioni, un elemento a tutti gli effetti insufficiente per effettuare un confronto grafologico. JOSEF DORFMANN (1921–1944) Chi era l’Obersturmbannführer delle SS Josef Dorfmann? Informazioni utili sulla sua vita si trovano nel fondo Opzioni dell’Archivio di Stato di Bolzano, tra i fascicoli della Dienststelle Umsiedlung Südtirol (DUS – Ufficio per il trasferimento degli emigranti sudtirolesi) del Tiroler Landesarchiv di Innsbruck, così come nello schedario nominativo centrale della Deutsche Dienststelle (WASt) del Bundesarchiv Berlin. Gli uffici, tanto italiani che tedeschi, si caratterizzavano per un apparato amministrativo burocraticamente pletorico, i cui documenti e atti sono conservati in archivi sparsi un po’ dappertutto.84 Stando al materiale d’archivio esaminato, Dorfmann nacque il 7 aprile 1921 a Neustift/Novacella, vicino Bressanone, oggi parte del Comune di Varna. I suoi genitori erano l’omonimo Josef Dorfmann e Kreszens Huber; era residente a «Neustift n. 35»; altri dati riportati riguardano la «professione: studente», la «confessione religiosa: cattolico» e l’«appartenenza etnica: tedesco».85 Sugli anni di scuola non si trovano notizie (anche se è probabile che abbia frequen‑ tato la vicina scuola dell’abbazia di Novacella)86, ma la sua biografia assume forme più chiare a seguito della domanda da lui presentata il 7 dicembre 1939 per ottenere «l’autoriz‑ zazione a emigrare nel Reich germanico».87 Contestuale alla presentazione di tale domanda era – ai sensi dell’accordo italo‑tedesco del 23 giugno 1939 sulle Opzioni – la richiesta di «perdita della cittadinanza italiana e di congedo dagli obbli‑ ghi di leva così come la concessione della cittadinanza del Reich germanico». Nel modulo egli dichiarava altresì di non «essere a conoscenza del fatto che sussistessero dubbi circa la discendenza ariana sua e dei membri della sua famiglia». 84 85 86 87 88 89 90 Dorfmann corrispondeva con ciò in maniera idealtipica al profilo di quei giovani esaltati il cui entusiasmo per la guer‑ ra, riconducibile a convinzioni tedesco‑nazionali – subito dopo l’aggressione tedesca della Polonia del 1° settembre 1939 –, non tardò a farne dei volontari della Wehrmacht e delle SS.88 Si trattava di giovani uomini che nell’autunno‑ inverno 1939 o avevano già prestato il servizio di leva italiano o erano in attesa di essere chiamati e preferirono entrare nelle fila dell’esercito tedesco, dal momento che la «bussola politica delle loro azioni e battaglie» (Leopold Steurer) era orientata sulle visioni da grande potenza della Germania nazista. Lo slancio e l’eccesso di vitalità di questa generazio‑ ne, che ci teneva a smarcarsi da quella dei genitori entrati in società nell’Austria asburgica, erano permeati da modelli di pensiero imbevuti della lotta per la cultura nazionale e della comunità di popolo – i suoi obiettivi esistenziali erano pervasi dalle categorie völkisch della germanicità di frontiera e della cultura dei tedeschi etnici e, date le buie prospettive per il futuro in una terra diventata italiana, tendevano a puntare tutto sulla “carta tedesca” e a trasformare i propri rancori in radicalizzazione ideologica.89 Possiamo ipotizzare che anche in Dorfmann il rapporto di vicinanza psicologico‑mentale al nazionalsocialismo fos‑ se determinato in egual misura dai fattori di spinta della politica fascista di snazionalizzazione in Alto Adige e dai programmi ideologici del VKS, che trovarono espressione soprattutto nel Lied der Kriegsfreiwilligen, il canto dei volon‑ tari di guerra, divenuto popolare alla fine di novembre 1939. Si trattava dell’adattamento di un canto della Grande Guerra di Bertold Funke a una melodia di Gerhard Pallmann, un artefice della propaganda nazista; il testo era ora introdotto dalla strofa alludente all’Alto Adige e recitante: «Wir sind der Südmark Jungmannschaft».90 Tipica di questi canti è la vicinanza strutturale al movimento giovanile e delle Sulla funzione stabilizzante della burocrazia in tutti e due i fascismi cfr. BacH/Breuer 2010. Un elenco dei numerosi fondi d’archivio riguardanti le Opzioni sudtirolesi, di cui è pressoché impossibile avere un quadro d’insieme, si ritrova in lutt 2016. Tiroler Landesarchiv Innsbruck [d’ora innanzi TLA], Dienststelle Umsiedlung Südtirol (DUS), Stammbogen Josef Dorfmann (Kennnummer 303.405) [Modulo anagrafico di Josef Dorfmann (n. di matricola 303.405)]. Di seguito il fondo verrà indicato come DUS-Akte Josef Dorfmann [Fascicolo della DUS su Josef Dorfmann]. Nel “Fascicolo Opzioni” Dorfmann è chiamato «studente ginnasiale»: Archivio di Stato di Bolzano, Opzioni, Domanda di opzione Josef Dorfmann, fasc. n. 74632. Di seguito indicato come Fascicolo Opzioni Josef Dorfmann. TLA, DUS‑Akte Josef Dorfmann [Fascicolo della DUS su Josef Dorfmann]. steurer 2011, pp. 55 sgg. steurer 2011, p. 56. Sul concetto di radicalizzazione politica cfr. griffin 2005 e Kundnani 2012. «Siamo la squadra dei giovani della Marca meridionale». La notazione del canto è riprodotta in steurer 2011, p. 62, il quale approfondisce anche il discorso sulla sua funzionalizzazione negli ambienti delle reclute sudtirolesi della Wehrmacht e delle SS. 93 confraternite völkisch, di cui anche i giovani volontari sudti‑ rolesi condividevano il culto del corpo e gli ideali di bravura.91 Frontespizio del fascicolo di trasferimento di Josef Dorfmann con due foto tessera (Tiroler Landesarchiv, DUS 303.405) 94 91 92 93 94 95 Quando presentò domanda per l’ottenimento della cittadi‑ nanza tedesca, Dorfmann aveva appena compiuto diciotto anni, non aveva, quindi, ancora raggiunto la maggiore età che all’epoca, secondo il diritto tedesco, si conseguiva a ven‑ tuno anni. Il 3 gennaio 1940 fece domanda alla Prefettura di Bolzano, a capo della quale si trovava allora Giuseppe Mastromattei, un fascista della prima ora, di un passaporto valido due mesi per potersi trasferire nel Reich germanico.92 Essendo ancora minorenne, dovette allegare anche un con‑ senso scritto del padre (datato 2 gennaio 1940), suo tutore legale secondo il diritto italiano. L’iter della pratica ammini‑ strativa giunse a termine il 27 marzo 1940, come evidenziano il timbro in calce che indica Anno XVIII E. F. (Era Fascista), e il suo espatrio, di cui dà conto il timbro senza data che recita «Trasferitosi in Germania».93 Il raggiungimento della maggiore età non era richiesto per svolgere il servizio di leva: secondo il Wehrgesetz (legge sul servizio militare) varato il 21 maggio 1935 dal governo nazionalsocialista del Reich, in aperta violazione delle condizioni del trattato di pace che vietava i piani di riarmo, «ogni uomo tedesco […] di discen‑ denza ariana» era soggetto agli obblighi di leva al compimen‑ to dei diciotto anni.94 Il modulo anagrafico del fascicolo sul trasferimento di Dorfmann indica come termine auspicato dell’espatrio i mesi di marzo‑aprile 1940 e come luogo auspi‑ cato Innsbruck.95 Da quel documento apprendiamo anche che Dorfmann non possedeva né terreni né altri beni mobili. «Dare esami e continuare a studiare» è ciò che indicò come attività auspicata nel luogo di destinazione. La domanda venne presentata l’11 gennaio 1940 all’Ufficio di collocamento di Innsbruck, come evidenzia il timbro dell’ufficio. Reca la data del 20 febbraio 1940 l’iscrizione alla Lega studentesca del Gau (Gaustudentenbund), termine che indica senza dubbio Sul culto del corpo dei movimenti giovanili tedesco-nazionali cfr. la rassegna storiografica in siemens 2007. Archivio di Stato di Bolzano, Fascicolo Opzioni Josef Dorfmann. Su Mastromattei cfr. esposito 2012, pp. 47‑50. Archivio di Stato di Bolzano, Fascicolo Opzioni Josef Dorfmann. “Reichsgesetzblatt”, 1935, I, pp. 369-375; a riguardo cfr. frevert 2001, pp. 317 sgg. TLA, DUS‑Akte Josef Dorfmann [Fascicolo della DUS su Josef Dorfmann]. l’associazione nazionalsocialista degli studenti, istituita nel 1938 presso la “Deutsche Alpenuniversität” di Innsbruck.96 Qui come in altri atenei del Reich germanico, tale organiz‑ zazione militante, unitamente alla Lega dei docenti del Gau (Gaudozentenbund), era responsabile del controllo ideologico e del mantenimento dell’ordine fra gli studenti.97 Nulla sap‑ piamo del corso di studi scelto da Dorfmann, né se sia stato ammesso a seguire delle lezioni – nella migliore delle ipotesi avrebbe potuto cominciare nel semestre estivo.98 La sua pra‑ tica amministrativa di naturalizzazione fu esaminata dalla Abteilung Umsiedlung Südtirol/Abteilung IV, la ripartizione IV, competente per il trasferimento dei sudtirolesi, del Capita‑ nato regionale di Tirolo e Vorarlberg, in data 9‑11 marzo – sul modulo compare un timbro indicante che all’epoca il richie‑ dente viveva «ancora in Italia».99 A partire dal 5 giugno 1940 la presenza di Dorfmann è documentata nel campo di Mühlau, vicino Innsbruck, una sistemazione di fortuna per i migranti a cui non era stato ancora assegnato un alloggio. Quel giorno gli viene consegnato il certificato di naturalizzazione (Reichsangehörigkeit) convalidato a nome del Reich germanico dal governatore del Reich di Tirolo e Vorarlberg (e recante la firma del dottor Kneringer).100 Il giorno precedente l’ufficio di Bressanone della ADERSt aveva steso un «rapporto conclu‑ sivo» riguardante lo sblocco della partenza di Dorfmann, il 1° giugno, e il rilascio da parte del questore di Bolzano di un «passaporto speciale italiano», emesso a titolo provvisorio, necessario per recarsi oltre confine. Alla voce «osservazioni» sul documento si legge: «Volontario: punto di raccolta dell’e‑ sercito a Innsbruck».101 Viene così descritto il fondamentale passaggio di Dorfmann dalla vita civile a quella militare. Il 4 giugno, la vigilia del conferimento della cittadinanza tedesca, egli richiese il li‑ bretto di servizio a Innsbruck e il 7 passò la visita di leva nel locale comando del distretto militare.102 Il Foglio matricolare 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 militare reca sulla prima pagina il vistoso timbro rosso con la scritta «Rückgewanderter Südtiroler», cioè sudtirolese rimpa‑ triato, laddove nel linguaggio nazionalsocialista il “rimpatrio” indicava il “ritorno in patria dei tedeschi etnici” – gli altri dati riportati sul documento indicano che Dorfmann venne subi‑ to assegnato alle Waffen SS, il corpo al quale probabilmente lui stesso aveva chiesto di essere assegnato. Fece così parte della prima ondata di reclutamento di vo‑ lontari delle SS sudtirolesi che negli anni 1940‑41 e, quindi, nella fase iniziale della Seconda guerra mondiale aspirarono numerosi a essere ammessi nell’unità militare che si consi‑ derava l’élite e la punta di diamante dell’esercito tedesco.103 Il profilo sociale di tale contingente di volontari è stato indagato nel dettaglio e ampiamente ricostruito da Thomas Casagran‑ de.104 Lo storico tedesco è riuscito in particolare a dimostrare statisticamente che i giovani sudtirolesi, rispetto all’insieme degli abitanti della regione, erano sovrarappresentati nelle Waffen-SS.105 Casagrande ha altresì elaborato un profilo socio‑psicologico delle reclute che, almeno nella prima on‑ data, evidenziarono una mentalità da avventurieri tipica dei legami di solidarietà maschile, che ovviamente andava di pari passo con un maggiore potenziale di aggressività e una elevata disponibilità a uccidere.106 Membri sudtirolesi delle SS si macchiarono di crimini di guerra e fecero parte dei corpi di guardia di campi di sterminio quali Mauthausen e Auschwitz‑Birkenau. Naturalmente essi condividevano questo insieme di implica‑ zioni e abbacinamenti con altri “tedeschi etnici” (ad esempio i tedeschi dei Sudeti, gli svevi del Banato, gli alsaziani, i sassoni della Transilvania o i tedeschi della regione di Klai‑ pėda). Tutti costoro del resto erano tenuti d’occhio in modo particolare dal cosiddetto Ergänzungsamt (ufficio di comple‑ mento) presso l’Ufficio centrale delle SS, a capo del quale Sulla fascistizzazione dell’ateneo di Innsbruck a partire dal 1938 cfr. oBerKofler/goller 1996, pp. 315 sgg. grüttner 2004; scHoltysecK/studt 2008, pp. 115 sgg. J. Dorfmann non figura comunque tra le matricole dell’ateneo negli anni 1934-1946 (gentile comunicazione di Peter Goller, dell’Archivio dell’Università di Innsbruck). TLA, DUS‑Akte Josef Dorfmann [Fascicolo della DUS su Josef Dorfmann]. TLA, DUS‑Akte Josef Dorfmann [Fascicolo della DUS su Josef Dorfmann]. TLA, DUS‑Akte Josef Dorfmann [Fascicolo della DUS su Josef Dorfmann]. Bundesarchiv Berlin, Zentrale Personenkartei der Deutschen Dienststelle (WASt), Wehrmeldekarte Josef Dorfmann [Foglio matricolare di Josef Dorfmann]. Di seguito il fondo sarà indicato come WASt‑Suchkarte Josef Dorfmann [Foglio matricolare di Josef Dorfmann presso la WASt]. Sul profilo delle SS o Waffen-SS cfr. Wegner 1997; roHrKamp 2010; scHulte/lieB/Wegner 2014. casagrande 2015. casagrande 2015, pp. 32 sg., 172. casagrande 2015, pp. 133 sg. 95 c’era il Brigadeführer delle SS Gottlob Berger, molto attivo nel procurarsi accesso a questi gruppi di popolazione, tanto da inviare a Bolzano a questo scopo, alla svolta del 1939‑40, un incaricato speciale, l’Obersturmbannführer delle SS Walter Rehder.107 Le misure messe in atto ebbero grande successo: per il periodo relativo alla durata della guerra Casagrande è riuscito a individuare oltre 2.000 reclute sudtirolesi delle SS, a partire da quel primo drappello di cui faceva parte an‑ che Dorfmann.108 Tra questi volontari c’erano molti attivisti dell’ex movimento giovanile del VKS, quali ad esempio Willy Acherer, Walter Pernter e Otto Casagrande; pure i membri del primo gruppo dirigente del VKS, Karl Nicolussi‑Leck, Otto Robert Waldthaler, Michael Tutzer e Robert Helm, chie‑ sero in massa di essere ammessi nella Waffen-SS.109 96 Foglio matricolare militare di Josef Dorfmann del giugno 1940 con l’assegnazione alle Waffen-SS (Bundesarchiv Berlin, Zentrale Personenkartei der WASt [Schedario nominativo centrale della WASt]) Le dichiarazioni rese da questo gruppo di persone, soprattut‑ to i carteggi che ci sono giunti grazie alla censura postale fa‑ scista, evidenziano chiaramente che molti volontari sudtiro‑ lesi delle SS erano sostenuti da un senso di superiorità e dalla consapevolezza di appartenere come gruppo etnico a un’élite razziale e politica.110 Tra i fattori che in tutta evidenza attras‑ sero i giovani soldati ci fu l’andamento della guerra nell’Est Europa, dove Hitler cercò di attuare i suoi piani di un nuovo ordine europeo nel più radicale dei modi e, inizialmente, con grande successo dal punto di vista nazionalsocialista. I membri sudtirolesi delle Waffen-SS presero fin dal principio attivamente parte alla conquista del “nuovo spazio vitale”, uno spazio che nei progetti biopolitici delle SS era destinato anche al previsto “insediamento compatto” del proprio grup‑ po etnico.111 Una testimonianza finora passata inosservata riguardo all’abito mentale di questi soldati ci è giunta grazie alle annotazioni nel diario di Fritz Nagele, Untersturmführer delle SS della divisione “Totenkopf ” nato a Bolzano nel 1917.112 Nel giugno 1941 costui partecipò all’assalto tedesco all’Unione Sovietica e morì ai primi di luglio 1942, nell’area di Demjansk, per le profonde ferite riportate sul campo.113 Suo fratello, il funzionario del VKS Hans Nagele, fece stampare in proprio a Bolzano nell’agosto 1943 un piccolo numero di copie del diario di campo che gli era stato consegnato.114 Le annotazioni sono disseminate di modi di dire tipici del linguaggio del soldato semplice e di descrizioni volte a trasfigurare in ter‑ mini eroici la guerra di aggressione, in cui accanto ad appelli alla propria «ira bestiale» e al «furor teutonicus» si ritrovano espressioni smodate tipo «far fuori sparando» oppure «niente ci può sconvolgere». È il linguaggio di quel genere d’uomo fascistoide che Klaus Theweleit ha inquadrato, dal punto di vista storico e psicoanalitico, come l’autore di reati massima‑ mente funzionale al sistema e nel contempo soddisfatto sul piano emozionale.115 Nella prefazione al diario di Nagele ven‑ gono evocati i «violenti eventi bellici» che «fin dalla primavera 107 Casagrande/sChvarC/spannenberger/TrașCă 2016; steurer 2011, p. 76. 108 casagrande 2015, pp. 22 sgg. Tuttavia nel testo non viene fatto il nome di Dorfmann. 109 casagrande 2015, p. 25; steurer 2011, p. 59. 110 Stralci dei carteggi sono presentati e spiegati in steurer 2011, pp. 61 sgg.; sulle loro posture valoriali cfr. anche WedeKind 2009, p. 73. Altro materiale, tanto di civili che di militari, si trova nell’esaustiva documentazione di Hartungen/miori/rosani 2006. 111 steurer 2011, p. 59; sull’insieme dei piani tedeschi per l’Est cfr. corni 2005. 112 Sui luoghi di impiego e i numerosi crimini di guerra di tale divisione cfr. sydnor 2000. del 1940» avevano spinto l’optante Nagele «a congedarsi dalle sue amate montagne» e ad arruolarsi a Monaco come volon‑ tario nelle Waffen-SS.116 Motivazioni analoghe hanno probabilmente ispirato anche la scelta di Dorfmann. Nel suo caso tuttavia disponiamo sol‑ tanto di dati oggettivi di impiego al fronte. Il 10 giugno 1940 fu inquadrato nella divisione SS “Der Führer”, di stanza a Graz, nel rango iniziale di granatiere corazzato.117 Il 4° reggimento SS‑Panzergrenadier al comando dell’Oberführer o Brigadeführer SS Georg Keppler fu impiegato a partire dal maggio 1940 nei Paesi Bassi, in Belgio e in Francia, dove operò insie‑ me ad unità della “Leibstandarte Adolf Hitler” e “Totenkopf” delle SS. Dopodiché fu spedito nei Balcani e – come già la divisione di Fritz Nagele – mandato a combattere in Russia nel quadro dell’“Operazione Barbarossa”.118 È probabile che Dorfmann abbia preso parte a diverse operazioni militari, interrotte soltanto da periodi di ospedalizzazione e di licenza dal fronte. Il 6 febbraio 1941 il responsabile dell’Ufficio cen‑ trale VI della sede centrale di Bolzano della ADERSt (che si firmava Vollmer), in un documento indirizzato al Gauleiter e governatore del Reich / Umsiedlung Südtirol, espresse parere favorevole alla domanda di permesso presentata dal «soldato della Wehrmacht in licenza» Josef Dorfmann per potersi recare in Alto Adige e chiese nel contempo all’ufficio di Innsbruck di «occuparsi dei visti d’ingresso».119 È probabile che Dorfmann abbia passato in Alto Adige parte del tar‑ do inverno 1941, verosimilmente nel suo luogo di origine, Novacella. La notizia successiva reca la data del 17 ottobre 1941: quel giorno Dorfmann viene segnalato di ritorno dal «KH Al‑ penland delle SS».120 Il distretto militare SS‑Oberabschnitt Alpenland era dislocato a Salisburgo; KH dovrebbe stare per «Krankenhaus» ossia ospedale, il che indica un periodo di convalescenza dopo essersi ferito al fronte. È probabile che Dorfmann sia rimasto ferito durante la campagna dei Balcani, quando nell’aprile 1941 unità della Wehrmacht e delle SS insieme a reggimenti italiani, ungheresi e bulgari, avevano attaccato e travolto i Regni di Jugoslavia e Grecia,121 oppure durante la guerra tedesco‑sovietica che infuriava già alla fine di giugno e il cui carattere devastatore superò tutte le dimensioni conosciute prima di allora.122 Una nuova licenza reca la data del 2 dicembre 1942.123 Dopo essere rimasto nuo‑ vamente ferito («colpo perforante») ed essere stato costretto a rimettersi in sesto nel febbraio 1943 nell’«ospedale nelle retrovie di Ostrow» (vicino Cottbus?), il 15 marzo di quell’an‑ no Dorfmann fu trasferito al 1° reggimento Panzergrenadier della “Leibstandarte SS Adolf Hitler”.124 Gli appartenenti a quel reparto furono coinvolti più di altri in crimini di guerra e persecuzioni di ebrei, tanto sul fronte occidentale quanto su quello orientale. Dorfmann combatté con la sua unità nel settore sud delle operazioni antisovietiche, dove le unità mili‑ tari tedesche, dopo la disfatta di Stalingrado nella primavera 1943, diedero il via a una controffensiva su vasta scala e nella battaglia di Kharkov riportarono un’ultima parziale vittoria, ampiamente sbandierata dalla propaganda, sull’Armata ros‑ sa. Al comando dell’unità di Dorfmann c’era l’Oberst-Gruppenführer delle SS Josef Dietrich, un criminale di guerra con‑ dannato più volte dopo il 1945.125 Dorfmann fu ferito anche durante queste operazioni militari, come evidenzia un nuovo ricovero nell’ospedale nelle retrovie di Dresda a fine marzo 1943. Promosso frattanto Unterscharführer, nel maggio 1943 ottenne i gradi di Oberscharführer delle Waffen-SS all’interno della «SS-Panzerdivision Hitlerjugend, Begleitkompanie 12».126 Nella struttura gerarchica delle SS questo grado di servizio corrispondeva al rango di un maresciallo o di un sottufficiale con un’autorità di comando subordinata. Quan‑ to alla XII divisione delle SS “Hitlerjugend”, in cui c’erano almeno quindici sudtirolesi,127 si trattava invece, stando alle 116 nagele 1943, p. 5. 117 TLA, DUS-Akte Josef Dorfmann [Fascicolo della DUS su Josef Dorfmann]; Bundesarchiv Berlin, WASt-Suchkarte Josef Dorfmann [Foglio matricolare di Josef Dorfmann presso la WASt]. 118 Sull’unità in un’ottica di storia militare cfr. Hastings 1981. 119 TLA, DUS‑Akte Josef Dorfmann [Fascicolo della DUS su Josef Dorfmann]. 120 Bundesarchiv Berlin, WASt‑Suchkarte Josef Dorfmann [Foglio matricolare di Josef Dorfmann presso la WASt]. 121 Sulle vicende militari della campagna dei Balcani cfr. vogel 1984; sulle dimensioni da genocidio della medesima cfr. Berger/leWin/scHmid/vassiliKou 2017. 113 Sulla guerra di aggressione tedesca nell’Est cfr. ueBerscHär/Wette 1991, e Hartmann 2011. 122 A riguardo l’esaustivo Heer/naumann 1995. 114 nagele 1943. 123 Bundesarchiv Berlin, WASt‑Suchkarte Josef Dorfmann [Foglio matricolare di Josef Dorfmann presso la WASt]. 115 tHeWeleit 2015. 124 Bundesarchiv Berlin, WASt‑Suchkarte Josef Dorfmann [Foglio matricolare di Josef Dorfmann presso la WASt]. 125 Su Dietrich cfr. clarK 2003, e allBritton/mitcHam 2011. 126 Bundesarchiv Berlin, Zentrale Personenkartei B 563, D-953/355 Josef Dorfmann [Schedario nominativo centrale B 563, D-953/355 Josef Dorfmann]. D’ora in poi: Personenkartei Josef Dorfmann [Schedario nominativo Josef Dorfmann]. 127 casagrande 2015, p. 82. 97 valutazioni dello specialista di storia militare Peter Lieb, di uno dei corpi tedeschi maggiormente brutalizzati e indot‑ trinati sotto il profilo nazionalsocialista; caratteristiche che Lieb riconduce al mix particolarmente radicalizzato fatto di soldati più anziani ed esperti e di giovani e fanatizzati appar‑ tenenti alla Gioventù hitleriana, il quale sarebbe stato la base ideale per una guerra di sterminio ideologica combattuta inesorabilmente.128 Secondo una nuova annotazione del 5 maggio 1943 Dorf‑ mann, dopo un «colpo perforante alla coscia», ricevette in un primo tempo i primi soccorsi medici all’«ospedale delle SS a Charkow» e fu poi trasferito nuovamente a Dresda, dove fu colpito da un aneurisma.129 Stando a una comunicazione del responsabile dell’ospedale militare (firmata Mayerbrucker) del 29 luglio 1943 al capo borgomastro del capoluogo del Gau Innsbruck, Dorfmann si trovava nell’ospedale nelle retrovie di Marienallee a Dresda, dove si chiedeva gli fosse spedita la sua «Lohnsteuerkarte», il documento rilasciato dal Comune del lavoratore dipendente che serve per il calcolo dell’impo‑ sta sul reddito, «per la riscossione del suo soldo di guerra».130 Poco tempo dopo si ha notizia della sua presenza nell’ospe‑ dale nelle retrovie, molto probabilmente l’ex località di cura 98 Bärenfels nei Monti Metalliferi orientali, oggi una frazione della città sassone di Altenberg, che sorge a circa 30 km a sud di Dresda. È probabile che le condizioni di Dorfmann siano peggiorate visibilmente, tanto da richiederne il trasferimento – in data sconosciuta e logisticamente oneroso – nell’ospedale nelle retrovie di Bensberg. Qui, nell’ospedale militare di Bensberg,131 oggi un quartiere di Bergisch Gladbach nella regione di bassa montagna del Bergisches Land, Josef Dorfmann morì il 9 settembre 1944 a causa di una infezione batterica («cancrena gassosa») insorta a seguito delle gravi ferite riportate; la relazione medica sul‑ le cause della morte riportata sul Foglio matricolare recita: «Frantumazione della mano destra, estesa ferita delle parti molli [su] coscia sinistra, scroto e pene, cancrena gassosa.» Il defunto venne sepolto a «Bensberg, cimitero d’onore, tomba 22».132 La comunicazione riguardante morte e sepoltura fu confermata più volte negli anni successivi, prima che nel 1955 venisse riportata in un annesso schedario di tombe unita‑ mente all’annotazione che la sepoltura aveva avuto luogo il 12 settembre 1944, che il sindaco di Bensberg133 ne aveva ufficial‑ mente preso nota il 22 ottobre 1948134 e che la manutenzione della tomba era stata affidata alla Kriegsgräberfürsorge Wehrkreiskommando VI.135 Il fascicolo fu chiuso il 5 ottobre 1960.136 99 128 lieB 2007, pp. 158 sg.; cfr. anche casagrande 2015, p. 83. 129 Bundesarchiv Berlin, Personenkartei Josef Dorfmann [Schedario nominativo Josef Dorfmann]. 130 TLA, DUS‑Akte Josef Dorfmann [Fascicolo della DUS su Josef Dorfmann]. 131 L’ospedale militare era stato allestito nel 1944 nell’ex seminario cattolico ubicato sulla Emilienhöhe a Bensberg, oggi Kardinal‑Schulte‑Haus, sequestrato dalla Gestapo nel 1941; cfr. staHl 2014. 132 Bundesarchiv Berlin, Personenkartei Josef Dorfmann [Schedario nominativo Josef Dorfmann]. Il cimitero militare di Bensberg sorge oggi col nome di 133 134 135 136 “Kriegsgräberstätte Bergisch Gladbach-Bensberg” sul Bensberger Milchhornberg e ospita 225 tombe di soldati; la gestione del luogo è affidata al Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge e.V. Stando alle notizie reperibili online sulla banca dati delle tombe del Volksbund, i resti di Dorfmann sono tuttora sepolti nel cimitero, nella «tomba 201» (https://kriegsgraeberstaetten.volksbund.de/). Stiamo parlando verosimilmente di Jean Werheit, ex membro della Deutsche Zentrumspartei, il partito di Centro tedesco, che – dopo essere stato destituito in epoca nazionalsocialista dalle sue cariche pubbliche – fu sindaco di Bensberg dal 1946 al 1956. Ibid., Aktenzeichen II 686/11, lfd. n. 11. Il Wehrkreiskommando VI (comando del distretto militare VI) si trovava a Münster in Westfalia, i suoi documenti ufficiali sono conservati nella sezione Militärarchiv del Bundesarchiv di Friburgo in Brisgovia. Bundesarchiv Berlin, Personenkartei Josef Dorfmann [Schedario nominativo Josef Dorfmann]. Prima pagina del quotidiano sudtirolese Dolomiten del 6 marzo 1943, in cui si riportano trionfalistici comunicati di successi militari sul fronte orientale tedesco provenienti dal quartier generale del Führer (Biblioteca provinciale Dr. Friedrich Teßmann, Teßmanndigital) I DISEGNI: GENESI E ATTORI I dodici artefatti del lascito Dorfmann, sebbene non datati, ri‑ salgono a un preciso momento storico. Il loro “posto nel mon‑ do” è il breve lasso temporale immediatamente precedente alle Opzioni del 31 dicembre 1939. Un senso quelle immagini lo ebbero soltanto in quelle drammatiche settimane e mesi, in quanto materiale di propaganda finalizzato a rafforzare la disponibilità a emigrare. A metà luglio 1939 il VKS aveva cambiato opinione sposando una linea di nibelungica fedeltà e aveva approvato pienamente il trasferimento, dichiaran‑ dolo un dato di fatto ineludibile.137 Il 2 agosto fu ribadita a Heinrich Himmler la disponibilità al trasferimento del VKS e il comandante supremo delle SS rispose immediatamente, garantendo ai sudtirolesi un’area di insediamento “chiusa”. Per il gruppo dirigente del VKS tutta questa procedura co‑ stituiva pertanto anche l’opportunità, come ha giustamente fatto notare Karl Stuhlpfarrer, «di garantire le proprie posi‑ zioni di potere in un’area di insediamento di osservanza te‑ desca a condizioni nuove e migliori e di conseguire il proprio obiettivo, nazificare il Sudtirolo, se non nel Sudtirolo stesso, comunque nella nuova area di insediamento.»138 100 Con ciò furono fissate a grandi linee le condizioni di partenza per il futuro svolgimento del percorso. Quanto alle autori‑ tà fasciste italiane, in questa fase sanzionarono ogni attiva propaganda pro Opzioni, non lesinando nemmeno arresti di attivisti filotedeschi, come emerge da un preoccupato rappor‑ to sulla situazione dello Standartenführer delle SS Otto Bene, console generale del servizio estero a Milano e incaricato tedesco del trasferimento dei sudtirolesi, datato 18 agosto 1939.139 Successivamente gli eventi si susseguirono incalzanti: il patto tedesco‑sovietico di non aggressione del 23 agosto 1939, la cui segreta clausola aggiuntiva doveva essere il pre‑ supposto decisivo per l’assalto tedesco alla Polonia del 1° settembre 1939, accese in Alto Adige bizzarre speranze di una svolta: forse la regione sarebbe divenuta pegno della fedeltà dell’alleato italiano e si sarebbe rinunciato alle operazioni di trasferimento.140 A fronte di tutto ciò il VKS accentuò gli sforzi in vista di un “rimpatrio” possibilmente totale nel Reich ger‑ manico e avviò alla fine di settembre un’imponente operazio‑ ne di indottrinamento propagandistico per contribuire a far sì che la “volontà del Führer” si affermasse in tutta la regione.141 decisamente filofascista, pur continuando a dedicare grande ma non minacciosa attenzione ai fatti locali. Naturalmente, le misure messe in campo per una opzione a favore dell’Italia non furono in grado di influenzare minimamente il processo decisionale, dal momento che esse, come del resto anche il clero sudtirolese, tradizionalmente capace di orientare le opinioni e gli ambienti economici benestanti delle città mag‑ giori – entrambi questi schieramenti erano tendenzialmente contrari all’emigrazione – avevano smarrito gran parte della loro credibilità pubblica.143 La maggior parte dei disegni riportano sul retro l’indicazione del loro destinatario ultimo, il «Landesführer del VKS», ossia il capo regionale dell’organizzazione. La trasformazione del VKS nella AdO – come è già stato ricordato – risale soltanto al gennaio 1940, e anche questo dato ci aiuta nell’inqua‑ dramento temporale del materiale. Tale materiale ha visto la luce nel contesto della mobilitazione generale della po‑ polazione sudtirolese, forse a supporto delle innumerevoli assemblee, illegali agli occhi delle autorità italiane, che si svolsero in tutta la regione. All’epoca la struttura organizza‑ tiva del VKS era tanto capillare quanto efficiente e in grado di raggiungere senza problemi con le sue operazioni di pro‑ paganda il più piccolo casale. La cosa non passò inosservata agli occhi della polizia segreta fascista, come evidenziano i rapporti riservati sulle cosiddette feste popolari tedesche nell’ottobre 1939.142 Le autorità italiane cominciarono perfino a promuovere misure di contro‑propaganda, servendosi ad esempio del quotidiano ufficioso Dolomiten, che divulgava le tranquillizzanti prese di posizione del prefetto Mastromattei. Se si prescinde dal suo orientamento fondamentalmente cattolico ed espressione della Chiesa di Stato, che lo poneva per così dire al riparo, il quotidiano di lingua tedesca Dolomiten, da quando aveva potuto riprendere la pubblicazione alla fine del 1926, era diventato un organo di comunicazione Il rapporto di un delatore, indirizzato al sindaco fascista di Merano, Raffaele Casati, in data 14 novembre 1939 constatava: «Continua la propaganda a favore dell’esodo di massa.»144 Il 21 novembre il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano annotò nel suo diario che in Alto Adige le cose stavano prendendo una piega estremamente infausta dal punto di vista italiano e che c’era da temere un «vero e proprio plebiscito» dei «tedeschi» e, quindi, una notevole figuraccia in politica estera.145 Stando a un rapporto riservato per il ministero degli Interni a Roma del 21 dicembre, nella Provincia di Bolzano la «propaganda nazista», anche grazie agli sforzi degli uffici tedeschi diretti da Wilhelm Luig, agiva con grandissima efficacia e somigliava nella sua forza di persuasione ai metodi cecoslovacchi (ter‑ mine che indicava anzitutto la cosiddetta crisi dei Sudeti o, meglio, la sua mirata escalation voluta dal nazismo).146 Né da parte tedesca né da parte italiana si faceva tuttavia rife‑ rimento, in questo e altri rapporti sulla situazione e sugli stati d’animo, al materiale di propaganda visivo del VKS, il che ci induce a pensare che i bozzetti siano rimasti sotto chiave e non siano approdati a un impiego concreto. Ciò risulta plau‑ sibile anche tenuto conto che i severi controlli italiani, pur non impedendo in via di principio la diffusione del materiale, accrescevano tuttavia il rischio che correva la “propaganda 137 A riguardo l’esaustivo stuHlpfarrer 1985, vol. I, pp. 184 sgg. 143 stuHlpfarrer 1985, vol. I, pp. 190 sgg. 138 Ibid., p. 185. 144 Hartungen/miori/rosani 2006, vol. II, p. 66. 139 Ibid., p. 187. Su Otto Bene, in particolare sul suo ruolo attivo nelle deportazioni di ebrei a partire dal maggio 1940 nei Paesi Bassi occupati, cfr. conze/frei/Hayes/ zimmermann 2010, p. 240. 140 stuHlpfarrer 1985, vol. I, pp. 187 sg. Sul patto Hitler‑Stalin cfr. da ultimo WeBer 2019. 141 stuHlpfarrer 1985, vol. I, pp. 188 sg. 142 Hartungen/miori/rosani 2006, vol. I, pp. 240 sg., danno conto di una “festa popolare” di questo tipo, svoltasi il 1° ottobre 1939 a Castel Fragsburg vicino Merano con partecipanti giunti dalla Val Passiria e dalla Val Venosta, dalla Val d’Ultimo, da Lana e dalla zona di Bolzano. straniera” tedesca di essere severamente punita. Inoltre, per via del delinearsi di una crescente disponibilità all’emigra‑ zione in massa, vennero a mancare sempre più chiaramente i motivi che spingevano a intensificare ulteriormente la propa‑ ganda per le Opzioni. Ma forse, più semplicemente, furono le condizioni materiali della loro genesi a far sì che i bozzetti, in quanto per così dire apologetici esercizi grafici, finissero in un cassetto e riaffioras‑ sero solo a distanza di ottanta anni. A giudicare dai motivi do‑ minanti di gruppi montuosi (bozzetti nn. 1‑3, 5‑8, 12) o di am‑ bienti in cui montare le tende di un campo (bozzetto n. 9), i disegni riflettono le esperienze di un campo estivo o autunna‑ le del VKS o della Gioventù hitleriana e sono stati realizzati o durante o immediatamente dopo i corsi che lì si sono tenuti. Corsi di formazione di questo tipo, simili a quello svoltosi a Hohenwerfen, si tennero numerosi anche in Alto Adige dopo l’accordo italo‑tedesco sulle opzioni e furono dichiarati cam‑ pi guida della Gioventù hitleriana, campi di addestramento per responsabili di gruppi locali o per la sezione femminile delle giovani della AdO.147 L’immagine n. 9 del corpus mostra un «campo estivo della Gioventù hitleriana» con sullo sfondo il gruppo del Catinaccio – un’annotazione sul retro del foglio definisce l’immagine un «Entwurf [für] Sommerzeltlager, Jungvolk und HJ», vale a dire uno schizzo per un campo esti‑ vo di giovani maschi e della Gioventù hitleriana. Il soggetto al centro del bozzetto, un giovinetto («Pimpf») della Gioventù hitleriana o di altra organizzazione giovanile, è perfettamente in linea con le messinscene ufficiali del Reich germanico, an‑ che se in questo caso lo stemma della città di Bolzano, in po‑ sizione centrale, gli conferisce una connotazione territoriale. La direzione dello sguardo corrisponde grosso modo a quella che si ha ammirando il Catinaccio dall’altipiano del Salto. 145 ciano 1971, pp. 189 sg.; il passo è citato in stuHlpfarrer 1985, vol. I, p. 197, e Hartungen/miori/rosani 2006, vol. II, p. 83. 146 Hartungen/miori/rosani 2006, vol. II, p. 128. 147 Cfr. Archivio provinciale di Bolzano, Fondo VKS/AdO, posizioni 42 e 68 (con esempi derivanti dalla Val Gardena e dal maso Reichrieglerhof sul Guncina sopra Bolzano‑Gries degli anni 1940‑42). 101 106 programma della NSDAP concepito nel 1920.155 Dopo l’“An‑ schluss” dell’Austria le autorità nazionalsocialiste vietarono tuttavia alla stampa di continuare a usare concetti quali «volksdeutsch» (di tedesco etnico) e «großdeutsch» (di grande Germania), evidentemente per celare all’opinione pubblica ulteriori latenti aspirazioni territoriali. Soltanto a partire dal‑ la metà di maggio 1939, il che coincide con le formule ufficiali del materiale sudtirolese, i termini “grande Reich” e “grande Germania” usati come sinonimi per indicare il Reich germa‑ nico e il Terzo Reich vennero nuovamente legittimati dall’alto e imposti con forza.156«Forse hai saputo che i nostri ragazzi devono già votare. I nostri di Laion sono stati particolarmente audaci, hanno marciato per il paese cantando e portando una bandiera con la croce uncinata», scriveva il 19 ottobre 1939 una donna di Chiusa, tale Lisl, a Leo Neumann, residente a Monaco.157 La notizia intercettata dalla censura postale fa‑ scista illustra il tenore psicogeografico dei bozzetti. In essi lo slancio, dettato dalle circostanze, di “andare”, è contrapposto all’immutabile staticità delle montagne, inserendo così un sottotesto carico di tensione nelle immagini. In una sorta di caparbietà non suscettibile di riduzione ulteriore, colgono così le fortissime ambivalenze e imponderabilità dell’opzio‑ ne – all’etnicizzazione della natura vista come una patria immutabile si contrappongono i gesti ostentati dell’addio e dell’adesione al nazionalsocialismo. I paesaggi montani dello Sciliar fiancheggiato dalle due torri Euringer e Santner così come il caratteristico gruppo del Catinaccio si snodano lungo tutto il corpus di immagini assumendo la valenza di impoten‑ ti motivi di resilienza, tanto più che le montagne difficilmente potevano andarsene insieme agli uomini. Illustrano piuttosto un kitsch naturale, impregnato di ideologia della razza e cari‑ cato di darwinismo sociale, che era il fondamento spirituale dell’ideologia di sangue e suolo.158 Nei bozzetti sudtirolesi è soprattutto il “sangue” a parlare, meno il “suolo”, che si era dichiarato di essere disposti ad abbandonare. Per spiegare questo significativo iato all’interno del discorso razziale, tralasciamo per un momento la banalità dei conte‑ nuti della propaganda ed esaminiamo i bozzetti in cerca di punti di vista culturalistici. Seguendo ad esempio il modello di comunicazione di Stuart Hall, i media sono decodificabili in base al loro contenuto semantico dominante e recessivo.159 In questo senso, la battaglia semantica è sempre anche una battaglia per il discorso e la sovranità interpretativa, tenendo però a mente che i significati non possono essere mai stabiliti o determinati interamente dal mittente. Anche il materiale sudtirolese è l’esito di una politica semantica, la cui interpre‑ tazione frutto di un negoziato riconosce anzitutto la legittimi‑ tà della definizione egemonica, promuove cioè il trasferimen‑ to collettivo secondo principi völkisch. Su un piano limitato, tuttavia, vengono disposti anche propri sistemi semantici, che eludono in parte i significati primari. L’evidente paradosso del trasferimento dei sudtirolesi era dato dal fatto che in fondo esso contraddiceva l’imperativo völkisch dell’“attaccamento alla terra”. Le Opzioni eviden‑ ziarono addirittura l’impossibilità di un agire autarchico nel quadro di un’idea di fondo di chiusura nazionale, divenuta una idea-forza capace di guidare le azioni. Il processo può quindi essere descritto attraverso concetti sociologici di entro‑ pia sociale.160 In quest’ottica l’orientamento totalitario punta a un unico obiettivo, in questo caso allo Stato völkisch, esito di una radicale riduzione di informazioni alternative, e dunque espressione di una – imputabile in parte a sé stessi – perdita di informazione. Il paradosso affiora nell’ambivalente struttu‑ ra profonda dei bozzetti: se la cornice delle montagne funge da elemento del perseverare e del rimanere, l’addio o il gesto di saluto e la mano indicante ritualizzati delle persone ritratte sono elementi della disponibilità a emigrare motivata in ter‑ mini völkisch. I bozzetti del VKS erano stati inconsciamente ideati come immagini a doppio legame e probabilmente per 155 eitz/stötzel 2007, pp. 278 sg. 156 eitz/stötzel 2007, p. 280. 157 Citato e commentato in steurer 2011, pp. 66-67. – Leo Neumann, di Brunico, era figlio di un mercante di libri della Transilvania. Membro di un gruppo studentesco brissinese (nome in codice “Walther”), fu espulso dall’Italia nel 1935 e da allora lavorò presso l’editore Langen Müller di Monaco di Baviera, fungendo da intermediario dei sudtirolesi (gentile comunicazione di Michael Wedekind). 158 Su tale elemento cruciale dell’ideologia nazista cfr. corni/gies 1994, e BramWell 2003. 159 Hall 1997. 160 A riguardo fondamentale Bailey 1990. questo motivo giudicati praticamente inservibili senza retori‑ ca per la prassi nazionalsocialista. Com’era possibile del resto nel 1939–40 far sventolare una bandiera con la croce uncinata sopra Bolzano e chiedere al tempo stesso un trasferimento in massa della popolazione? Tale bipolarismo trova in certo qual modo una soluzione solo se dietro la propagandata disponibilità a emigrare resta celata la speranza che una Germania nazista vittoriosa un giorno, anche in segno di riconoscimento della devozione völkisch degli optanti sudtiro‑ lesi, avrebbe “riportato a casa” la regione – a rientro avvenuto si sarebbero viste le bandiere sventolare sopra la regione “liberata”. Tuttavia, neanche gli suadenti slogan che accompagnavano le immagini riuscirono a eliminare del tutto l’intrinseca con‑ traddittorietà delle scene ritratte. I riferimenti contraddittori di «Ritorno nel Reich!» e degli elementi dello spazio geogra‑ fico tesi a contraddire tale ordine (monti chiaramente ricono‑ scibili, stemmi cittadini di Merano e Bolzano) sono l’esito di una sociologia delle emozioni antagonista.161 Nel 1939‑40 non era più possibile sciogliere questo contrasto fra desiderio e re‑ altà, ed esso anticipò simbolicamente l’occupazione dell’Alto Adige da parte della Wehrmacht dopo l’8 settembre 1943.162 Segnali linguistici tratti dall’atlante del grande Reich ger‑ manico funsero sostanzialmente da model of agency di un discorso nazionalsocialista sulle migrazioni fuori controllo.163 La normalizzazione semantica era la spina dorsale delle co‑ struzioni identitarie sociali dello Stato razzista e völkisch – nei bozzetti sudtirolesi è evidenziata da un abbigliamento uniformato e da universi familiari stereotipati. Tali aspetti saltano all’occhio in modo particolare nella coppia in costume (bozzetto n. 6) che con il suo evidenziatore etnico dell’abito si rifà anche a una genealogia di origine völkisch e a una autenticità inscenata. Il motivo folcloristico del costume, culturalmente conservatore, era un elemento chiave dei discorsi cruciali su partecipazione e possesso del nazionalso‑ cialismo. Esso, proprio nell’area tirolese, lo sfruttò appieno per delimitare l’identità tedesco‑tirolese e appropriarsene facendo leva sull’esclusione.164 Ma la trasformazione delle disposizioni politiche è entrata anche nella mitologia naturale fortemente emozionalizzata delle immagini. Lo si capisce osservando il ripetuto uso che viene fatto di una risorsa di potere, quale la svastica, con‑ cepita come sole che sta sorgendo (bozzetti nn. 1, 3, 5‑6). Al culto fascista del sole la propaganda aveva fatto ricorso già in occasione dell’annessione dell’Austria.165 In questo motivo di redenzione nazionale prese corpo il topos della “nuova epo‑ ca”, che insieme alla natura prometteva di trasformare anche l’intero ordine politico‑sociale. Usato come idea di trasmis‑ sione fra natura e società, il sole del nazionalsocialismo che splende sopra le Dolomiti simboleggia la fascistizzazione della storia naturale e la naturalizzazione della politica völkisch.166 Archeologi autodidatti come l’ingegnere tecnico Ge‑ org Innerebner, originario di Bolzano, dal 1940 collaboratore dell’Ahnenerbe delle SS per il gruppo di lavoro sudtirolese su storia e geografia, fornirono a questo riguardo interpretazioni mitologizzanti, che ricondussero a “fortificazioni” e “punti al centro del sole” in cui sorgevano insediamenti umani di epo‑ ca preistorica e protostorica.167 La dimensione apparentemente naturale del nazionalismo völkisch univa slancio corporeo, giovinezza, sole e biologia in un inestricabile compositum mixtum del “sano”, cui insufflava forza normativa. I processi delle Opzioni sudtirolesi erano inseriti in una selezione biologica, che viene alla luce nella prassi della dimostrazione di essere ariani dell’Ahnenpass, il certificato genealogico. Questo ambito finora trascurato della storia contemporanea sudtirolese discende in linea diretta 161 Una formulazione teorica della teoria delle emozioni sociali si trova in gerHards 1988, e in mesquita/marKus 2004. 162 A riguardo cfr. WedeKind 2003. 163 Indagato in modo esemplare dalla critica linguistica antifascista di Klemperer 1990, e maas 1984; cfr. anche leniger 2006 e fiscHer/lorenz 2015, pp. 32 sgg. 164 A riguardo cfr. Hagen 2017. L’ideologia völkisch del discorso pubblico in costume non è mai venuta meno in Alto Adige, come dimostra l’esaustivo volume di rizzolli 2007 con il suo sottotesto normativo di esclusione («Guida per indossare e confezionare i nostri [!] costumi popolari tirolesi»). 165 Il manifesto è riprodotto in Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989, p. 123. 166 Sulla logica sociale di tali concetti di trasmissione cfr. Willer/Weigel/jussen 2013. 167 Su Innerebner, nel 1949 primo presidente del Landesverband für Heimatpflege in Südtirol e membro onorario del Südtiroler Künstlerbund, cfr. WedeKind 2019, pp. 62, 80. 107 Sopra: bozzetto n. 6 con la coppia sudtirolese in costume (firmato «A-S-I»); sotto: dalla carta del Volksbund für das Deutschtum im Ausland, Berlin 1940 (particolare) A sinistra: l’aquila imperiale con davanti svettanti bandiere con la croce uncinata, accanto la chiesa parrocchiale di Bolzano, bozzetto n. 4 (firmato «Ferrari – Bz»); a destra: aquila imperiale, denazificata dopo 1945, sovrastante l’ingresso principale del trasmettitore Dobl in Stiria (Wikicommons) 108 dal modo di concepire l’eredità dello Stato nazionalsocialista, una concezione mirante all’emarginazione (e all’annienta‑ mento), che nazionalizzava e al tempo stesso biologizzava la tradizione völkisch. Sui bozzetti sudtirolesi si vedono quindi solo persone aerodinamiche. Sono soggetti giuridici del Nuovo Ordine dello Stato völkisch. Il loro apporto al Reich germanico era stato preventivamente futurizzato per la struttura di potere a cui si mirava e per la prassi totalitaria dell’Europa dominata dal nazionalsocialismo. Alla base del trasferimento dei sudtirolesi c’era una preparazione genetica, che si reggeva su idee di superiorità razziale e includeva sem‑ pre anche la discriminazione dell’Altro giudicato inferiore. Il razzismo è sempre anche un processo di decostruzione di significati.168 Pur essendo la sua arbitrarietà evidente, tuttavia essa era funzionale allo Stato totalitario e rappresentava un presupposto indispensabile all’accoppiamento nazionale dei suoi membri e profittatori. La “comunità di sangue del popolo tedesco”, pensata in termini psico‑biologici, in cui si inserivano gli optanti sudtirolesi era immaginata come una comunità essenzialistica di persone con connaturati tratti in comune. Il rovescio della medaglia di questa prassi era l’e‑ sclusione dell’Altro, culminata nello sterminio.169 A Bolzano un apposito studio genealogico, diretto da uno specialista di genealogie, Franz Sylvester Weber, rilasciò durante il pe‑ riodo delle Opzioni e della guerra innumerevoli certificati e documenti genealogici per accertare l’idoneità «di sangue» degli emigranti attraverso indagini che, pur non essendo capillari, avevano una dimensione più ampia di un’indagine a campione.170 Ma il principale presupposto per far parte della comunità di popolo era il fatto di presentare i caratteri della personalità autoritaria. Chi approvava l’etnocentrismo e l’antisemitismo senza riserve, ossia in modo conformista, si identificava anche con i totalitari detentori del potere e le loro mire politiche espansionistiche, e ciò tanto più in quanto alla base di tale identificazione – come nel caso sudtirolese – c’erano motivi più profondi di delusione e aspettative di redenzione nazionale.171 109 168 miles 1999, p. 9. 170 Sul ruolo di Weber e del suo “studio genealogico” cfr. WedeKind 2003, p. 231; sull’ideologia della genealogia nazionalsocialista cfr. Weiss 2010. 169 A riguardo cfr. essner 2002, ed eHrenreicH 2007. 171 I caratteri della personalità antidemocratico‑autoritaria sono stati indagati in maniera innovativa da adorno/frenKel-BrunsWiK/levinson/sanford 1950/73, i quali hanno ideato la “scala F” per tracciare il profilo fascista degli individui (a riguardo cfr. müller-doHm 2011, pp. 439 sgg.); per attualizzazioni cfr. lederer 1983, e oesterreicH 1998. IL DESTINATARIO 110 Come già detto, i dodici bozzetti propagandistici sulle Op‑ zioni sudtirolesi hanno in tutta evidenza visto la luce nella seconda metà o verso la fine del 1939, forse all’interno di un campo di addestramento giovanile del VKS o della Gioventù hitleriana. Non sembra siano mai stati concretamente impie‑ gati, ragion per cui evidenziano scarse tracce di utilizzo. Ad eccezione dei bozzetti numero 10 e 12, gli artefatti evidenziano sul retro annotazioni relative al latore e timbri che a volte figurano anche sul lato anteriore del foglio, in particolare un timbro circolare della «Waffen-SS – Leibstandarte Adolf Hitler». Un qualche problema cronologico solleva, almeno a prima vista, l’assenza di una intrinseca struttura unitaria dei dati, tuttavia, ammettendo che le annotazioni siano state apportate in un secondo tempo, le contraddizioni si risolvo‑ no da sé. L’unico mittente risulta Josef Dorfmann, che firma quasi sempre come Obersturmbannführer delle SS.172 I disegni dovevano essere consegnati «di persona» al «responsabile provinciale del VKS Peter Hofer» e precisamente al suo domi‑ cilio di San Michele di Castelrotto.173 Sul retro di diversi fogli figura tuttavia anche la sigla AdO, il che ci porta a supporre che le annotazioni sul retro siano state apposte solo dopo gennaio‑febbraio 1940 (quando il VKS era ormai diventato AdO). Si può tranquillamente ipotizzare che Dorfmann abbia continuato a riferirsi all’AdO usando la sigla VKS anche in un secondo tempo e che, almeno in parte, abbia mantenuto la vecchia definizione per lui usuale. Per contro, una delle annotazioni in forma protocollare, l’indicazione «z. Kts. Gunther Langes Bozner Tagblatt» (per conoscenza Gunther Langes Bozner Tagblatt), che figura sul bozzetto n. 8, obbliga a immaginare un’altra cronologia. Il quotidiano nazionalsocialista Bozner Tagblatt cominciò a uscire solo dopo l’occupazione tedesca dell’Alto Adige e la creazione da parte dei nazisti della Zona d’operazioni delle Prealpi, a partire dunque dal 13 settembre 1943 sotto la direzione del caporedat‑ tore «Gunther Langes». «inserto (pubblicitario)» o «annuncio» (nel Bozner Tagblatt?). Tutto ciò non ebbe luogo, ed è estremamente dubbio se non improbabile, che il prefetto e Volksgruppenführer Hofer abbia mai visto il materiale. Tali circostanze suggeriscono che Josef Dorfmann, all’epoca del suo ricovero all’ospedale militare di Bensberg‑Bergisch Gladbach (dal quale non si riprese e dove nel settembre 1944 morì a seguito delle ferite riportate), abbia in qualche modo destinato i disegni che aveva con sé a Peter Hofer. In seguito al passaggio dell’amministrazione altoatesina alle autorità nazionalsocialiste il 21 settembre 1943, Hofer era stato pro‑ mosso prefetto commissariale della Provincia di Bolzano, ma durante un giro di ispezione attraverso Bolzano perse la vita il 2 dicembre 1943 in occasione di un raid aereo alle‑ ato.174 Nell’ottobre 1943, infine, la AdO era stata ribattezzata Deutsche Volksgruppe Südtirol.175 Premesso che Dorfmann, quand’era ricoverato nell’ospedale militare, disponesse di informazioni attualizzate, la cronologia degli eventi o il nuo‑ vo inquadramento di Peter Hofer restringono la programma‑ ta consegna del materiale a quest’ultimo all’autunno 1943. Non contribuiscono ad affinare ulteriormente la cronologia altre annotazioni sul retro dei fogli, ad esempio il nome del pittore di Innsbruck Luis Alton (bozzetto n. 1).176 Certo, nel 1939 questi aveva partecipato alla Künstlerhaus di Vienna alla mostra Berge und Menschen der Ostmark, voluta dal regime, così come dal 1940 al 1944 alle esposizioni del Gau a Inns‑ bruck. Neppure la menzione, ricorrente più volte sul retro dei fogli, del nome del ministero del Reich per la Pubblica Istruzione del popolo e la Propaganda (Reichsministerium für Volksaufklärung und Propaganda, indicato con le sigle RMVP o RMVuP), concorre all’inquadramento temporale, ma svela comunque il retroscena legittimante o il contesto d’impiego previsto per il materiale. Doveva essere usato come «gior‑ nale murale» o «dazebao» e «banner (pubblicitario)», come «Serriamo le fila, la battaglia continua» – questo è quanto i «camerati del gruppo etnico tedesco» dichiararono con enfa‑ si nel necrologio ufficiale, pubblicato il 4 dicembre 1943 nel Bozner Tagblatt. I disegni a lui indirizzati finirono invece di‑ rettamente in mano ai familiari brissinesi di Josef Dorfmann, fino a quando nel 2019 – ottanta anni dopo essere stati realizza‑ ti – non sono riemersi per raccontare una parte di quella storia di seduzione a cui anche i sudtirolesi cedettero di buon grado. 172 Il grado indicato varia soltanto una volta, con l’indicazione di «Hauptsturmbannführer delle SS» (11). Tuttavia, secondo il Foglio matricolare, Dorfmann non era 173 174 175 176 riuscito ad andare oltre il grado di Oberscharführer, per cui o la promozione era avvenuta mentre si trovava nell’ospedale militare o il suo grado nelle SS è stato innalzato per errore (il che contrasterebbe con la tesi delle annotazioni sul retro stilate di suo pugno). È probabile che si tratti del maso Malsinerhof a San Michele di Castelrotto, cfr. Comune di Castelrotto 1983, p. 216. Per queste informazioni ringrazio Peter Fulterer (Bolzano). Sugli eventi della guerra aerea in Alto Adige, cfr. l’esaustivo alBricH 2014. WedeKind 2003, p. 143. Su Alton cfr. Kraus 1999, p. 244. Necrologio ufficiale per Peter Hofer uscito sul quotidiano nazionalsocialista Bozner Tagblatt il 4 dicembre 1943 (Wikicommons) 111 BIBLIOGRAFIA acherer 1986 Willy acherer, ... mit seinem schweren Leid ... Jugendbekenntnis eines Südtirolers, con prefazione di Karl Felderer, Brixen 1986. adorno/FrenkeL-BrunSwik/LeVinSon/SanFord 1950/73 Theodor W. adorno/Else FrenkeL-BrunSwik/Daniel J. LeVinSon/R. Nevitt SanFord, The Authoritarian Personality, New York 1950. Trad. ted. parziale, R. Nevitt SanFord, Theodor W. adorno, Else FrenkeL-BrunSwik, Daniel J. LeVinSon, Die Messung antidemokratischer Züge in der Charakterstruktur, in Theodor W. adorno, Studien zum autoritären Charakter, a cura di Ludwig von Friedeburg, Frankfurt am Main 1973. aLBrich 2014 Thomas aLBrich, Luftkrieg über der Alpenfestung 1943-1945. Der Gau Tirol-Vorarlberg und die Operationszone Alpenvorland, Innsbruck 2014. aLexander/Lechner/LeidLmair 1993 Helmut aLexander/Stefan Lechner/Adolf LeidLmair, Heimatlos. Die Umsiedlung der Südtiroler, Wien 1993. aLLBriTTon/miTcham 2011 William T. aLLBriTTon/Samuel W. miTcham Jr., SS-Oberst-Gruppenführer und Generaloberst der Waffen-SS Joseph (Sepp) Dietrich, in Gerd R. ueBerSchär (a cura di), Hitlers militärische Elite. 68 Lebensläufe, Darmstadt 20112, pp. 308-315. aLy 1999 Götz aLy, Theodor Schieder, Werner Conze oder Die Vorstufen der physischen Vernichtung, in Winfried SchuLze/Otto Gerhard oexLe (a cura di), Deutsche Historiker im Nationalsozialismus (Fischer 14606: Die Zeit des Nationalsozialismus), Frankfurt am Main 1999, pp. 163-182. 112 Bach/Breuer 2010 Maurizio Bach/Stefan Breuer, Faschismus als Bewegung und Regime. Italien und Deutschland im Vergleich (Neue Bibliothek der Sozialwissenschaften), Wiesbaden 2010. BaiLey 1990 Kenneth D. BaiLey, Social Entropy Theory, New York 1990. Bajohr/wiLdT 2012 Frank Bajohr/Michael wiLdT (a cura di), Volksgemeinschaft. Neue Forschungen zur Gesellschaft des Nationalsozialismus, Frankfurt am Main 2012. Bauer 2017 Kurt Bauer, Die dunklen Jahre. Politik und Alltag im nationalsozialistischen Österreich 1938 bis 1945, Frankfurt am Main 2017. Berger/Lewin/Schmid/VaSSiLikou 2017 Sara Berger/Erwin Lewin/Sanela Schmid/Maria VaSSiLikou (a cura di), Die Verfolgung und Ermordung der europäischen Juden durch das nationalsozialistische Deutschland 1933–1945, vol. XIV: Besetztes Südosteuropa und Italien, Berlin-Boston 2017. Berger waLdenegg 2003 Georg Christoph Berger waLdenegg, Hitler, Göring, Mussolini und der „Anschluß“ Österreichs an das Deutsche Reich, in “Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte”, LI (2003), n. 2, pp. 147-182. BonoLdi/oBermair 2006 Andrea BonoLdi/Hannes oBermair (a cura di), Tra Roma e Bolzano. Nazione e provincia nel ventennio fascista / Zwischen Rom und Bozen. Staat und Provinz im italienischen Faschismus, Bolzano 2006. BramweLL 2003 Anna BramweLL, Blut und Boden, in Etienne FrançoiS/ Hagen SchuLze (a cura di), Deutsche Erinnerungsorte, vol. III, München 2003, pp. 380-391. Braun/Linzner/khairi-Taraki 2017 Karl Braun/Felix Linzner/John khairi-Taraki (a cura di), Avantgarden der Biopolitik. Jugendbewegung, Lebensreform und Strategien biologischer «Aufrüstung» (Jugendbewegung und Jugendkulturen 13), Göttingen 2017. BroSzaT 2010 Martin BroSzaT, Nationalsozialistische Polenpolitik 1939-1945 (Schriftenreihe der Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte 2), Berlin-Boston 2010. BuddruS 2003 Michael BuddruS, Totale Erziehung für den totalen Krieg. Hitlerjugend und nationalsozialistische Jugendpolitik (Texte und Materialien zur Zeitgeschichte 13), parte II, München 2003. caSagrande 2015 Thomas caSagrande, Südtiroler in der Waffen-SS. Vorbildliche Haltung, fanatische Überzeugung, Bozen 2015. caSagrande/SchVarc/SpannenBerger/Trașcă 2016 Thomas caSagrande/Michael SchVarc/Norbert SpannenBerger/Ottmar Trașcă, The “Volksdeutsche”. A case study from South Eastern Europe, in Jochen BoehLer/Robert gerwarTh (a cura di), The Waffen-SS: A European History, Oxford 2016, pp. 209-251. ciano 1971 Galeazzo ciano, Diario – volume primo: 1939-1940, note a cura di Renzo Trionfera, Milano 1971. cLark 2003 Christopher cLark, Josef «Sepp» Dietrich – Landsknecht im Dienste Hitlers, in Ronald SmeLSer/Enrico Syring (a cura di), Die SS. Elite unter dem Totenkopf. 30 Lebensläufe, Paderborn 2003, pp. 119-133. Comune di Castelrotto 1983 Comune di Castelrotto (a cura di), Gemeinde Kastelruth. Vergangenheit und Gegenwart. Ein Gemeindebuch zum 1000-Jahr-Jubiläum der Erstnennung der Orte Seis und Kastelruth, Kastelruth 19832. conze/Frei/hayeS/zimmermann 2010 Eckart conze/Norbert Frei/Peter hayeS/Moshe zimmermann, Das Amt und die Vergangenheit. Deutsche Diplomaten im Dritten Reich und in der Bundesrepublik, München 2010. corni 2005 Gustavo corni, Il sogno del “grande spazio”. Le politiche d’occupazione nell’Europa nazista, Roma-Bari 2005. corni 2014 Gustavo corni, Le Opzioni nel contesto della guerra, in Ulrike kindL/Patrick rina (a cura di), Le Opzioni rilette / Die mitgelesenen Briefe, Bolzano 2014, pp. 27-31. corni/gieS 1994 Gustavo corni/Horst gieS, Blut und Boden. Rassenideologie und Agrarpolitik im Staat Hitlers, Idstein 1994. de FeLice 1981 Renzo de FeLice, Mussolini il duce, vol. II: Lo stato totalitario 1936-1940 (Collana Biblioteca di cultura storica), Torino 1981. egger 2018 Tobias egger, Der „Völkische Kampfring Südtirols“ (VKS) als Organisation und seine Aktionsweise im mittleren Pustertal während der Optionszeit, tesi di laurea, Universität Innsbruck 2018. ehrenreich 2007 Eric ehrenreich, The Nazi Ancestral Proof: Genealogy, Racial Science, and the Final Solution, Bloomington (Indiana) 2007. eiLenBerger 2018 Wolfram eiLenBerger, Zeit der Zauberer. Das große Jahrzehnt der Philosophie 1919–1929, Stuttgart 2018. eiSTerer/STeininger 1989 Klaus eiSTerer/Rolf STeininger (a cura di), Die Option. Südtirol zwischen Faschismus und Nationalsozialismus (Innsbrucker Forschungen zur Zeitgeschichte 5), Innsbruck 1989. eiTz/STöTzeL 2007 Thorsten eiTz/Georg STöTzeL, Wörterbuch der „Vergangenheitsbewältigung“. Die NS-Vergangenheit im öffentlichen Sprachgebrauch, Hildesheim 2007. eLSTe 1997 Alfred eLSTe, Kärntens braune Elite, Klagenfurt-Wien 19972. engeLS 1975 Friedrich engeLS, Herrn Eugen Dührings Umwälzung der Wissenschaft (‚Anti-Dühring‘), in Karl marx/ Josef engeLS, Werke (MEW), vol. XX, Berlin 1975, pp. 1-303 (trad.it., Anti-Dühring, introduzione di Valentino Gerratana, Roma 19853). eSpoSiTo 2012 Anna eSpoSiTo, Stampa cattolica in Alto Adige tra fascismo e nazismo. La casa editrice VogelweiderAthesia e il ruolo del canonico Gamper (1933-1939), Roma 2012. Foppa 2003 Brigitte Foppa, Schreiben über Bleiben oder Gehen. Die Option in der Südtiroler Literatur 1945–2000, Trento 2003. haLL 1997 Stuart haLL, The Work of Representation, in Id. (a cura di), Representation. Cultural Representation and Signifying Practices, Los Angeles 1997, pp. 16-61. FreVerT 2001 Ute FreVerT, Die kasernierte Nation. Militärdienst und Zivilgesellschaft in Deutschland, München 2001. haniSch 1997 Ernst haniSch, Gau der guten Nerven. Die nationalsozialistische Herrschaft in Salzburg 1938–1945, Salzburg 1997. gamper 1919 Michael gamper, Dem Mutigen gehört die Welt, in “Volksbote”, I, n. 4, 2 ottobre 1919, pp. 1-2. genTiLe 2005 Emilio genTiLe, Fascismo. Storia e interpretazione, Roma-Bari 2005. eSSner 2002 Cornelia eSSner, Die »Nürnberger Gesetze« oder Die Verwaltung des Rassenwahns 1933–1945, Paderborn 2002. gerhardS 1988 Jürgen gerhardS, Die sozialen Bedingungen der Entstehung von Emotionen. Eine Modellskizze, in “Zeitschrift für Soziologie”, XVII (1988), pp. 187-220. FahLBuSch/haar 2010 Michael FahLBuSch/Ingo haar (a cura di), Völkische Wissenschaften und Politikberatung im 20. Jahrhundert. Expertise und »Neuordnung« Europas, Paderborn 2010. graF 2014 Alexander graF, „Los von Rom“ und „Heim ins Reich“. Das deutschnationale Akademikermilieu an den cisleithanischen Hochschulen der Habsburgermonarchie 1859–1914 (Geschichte und Bildung 3), Münster 2014. FahLBuSch/haar/pinwinkLer 2017 Michael FahLBuSch/Ingo haar/Alexander pinwinkLer (a cura di), Handbuch der völkischen Wissenschaften. Akteure, Netzwerke, Forschungsprogramme, seconda ed. riveduta e ampliata, 2 voll., BerlinBoston 20172. griFFin 1993 Roger griFFin, The Nature of Fascism, LondonNew York 1993. FieBrandT 2014 Maria FieBrandT, Auslese für die Siedlergesellschaft. Die Einbeziehung Volksdeutscher in die NS-Erbgesundheitspolitik im Kontext der Umsiedlungen 1939–1945 (Schriften des Hannah-Arendt-Instituts für Totalitarismusforschung 55), Göttingen 2014. griFFin 2005 Roger griFFin, Völkischer Nationalismus als Wegbereiter und Fortsetzer des Faschismus. Ein angelsächsischer Blick auf ein nicht nur deutsches Phänomen, in Heiko kauFFmann/Helmut keLLerShohn/Jobst pauL (a cura di), Völkische Bande. Dekadenz und Wiedergeburt – Analysen rechter Ideologie, Münster 2005, pp. 20-48. FiScher/Lorenz 2015 Torben FiScher/Matthias N. Lorenz (a cura di), Lexikon der »Vergangenheitsbewältigung« in Deutschland. Debatten- und Diskursgeschichte des Nationalsozialismus nach 1945 (Histoire 3), terza ed. ampliata, Bielefeld 20153. groTe 2007 Georg groTe, South Tyrol in the 20th century: retaining ethnicity between nationalism and regionalism, in Aileen pearSon-eVanS/Angela Leahy (a cura di), Intercultural Spaces. Language, Culture, Identity, New York 2007, pp. 149-160. FLaTScher/SeiTz 2018 Matthias FLaTScher/Sergej SeiTz, Destruktion der Souveränität. Das Verhältnis von Ordnung und Störung in Christoph Menkes Rechtsphilosophie, in Andreas FiScher-LeScano/Hannah Franzki/Johan horST (a cura di), Gegenrechte. Recht jenseits des Subjekts, Tübingen 2018, pp. 165-185. grüTTner 2004 Michael grüTTner, Biographisches Lexikon zur nationalsozialistischen Wissenschaftspolitik (Studien zur Wissenschafts- und Universitäts-Geschichte 6), Heidelberg 2004. FLuSSer 1998 Vilém FLuSSer, Kommunikologie, a cura di Stefan Bollmann ed Edith Flusser, Frankfurt am Main 1998. hagen 2017 Nikolaus hagen, „Trachtenverbot für Juden“ und „Schutz heimischer Volkskultur“. Maßnahmen und Normen im Gau Tirol-Vorarlberg, in “Zeitgeschichte”, XLIV (2017), n. 6, pp. 386-401. harTmann 2011 Christian harTmann, Unternehmen Barbarossa. Der deutsche Krieg im Osten 1941–1945, München 2011. hopSTer/joSTing/neuhauS 2001 Norbert hopSTer/Petra joSTing/Joachim neuhauS, Kinder- und Jugendliteratur 1933–1945. Ein Handbuch, vol. I: Bibliographischer Teil mit Registern, Stuttgart-Weimar 2001. jacoBSen 1968 Hans-Adolf jacoBSen, Nationalsozialistische Außenpolitik 1933–1938, Frankfurt am Main 1968. kaTer 2005 Michael H. kaTer, Hitler-Jugend, Darmstadt 2005. harTungen/miori/roSani 2006 Christoph von harTungen/Fabrizio miori/Tiziano roSani (a cura di), Le lettere aperte. 1939-43: l’Alto Adige delle Opzioni, 2 voll., Bolzano 2006. kerShaw 2011 Ian kerShaw, Volksgemeinschaft. Potenzial und Grenzen eines neuen Forschungskonzepts, in “Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte”, LIX (2011), n. 1, pp. 1-17. haSTingS 1981 Max haSTingS, Das Reich. Resistance and the march of the 2nd SS Panzer Division through France, June 1944, London 1981. kerShaw 2016 Ian kerShaw, Höllensturz. Europa 1914 bis 1949, trad. ted., München 2016 (trad. it., All’inferno e ritorno. Europa 1914-1949, Roma-Bari 2016). heer/naumann 1995 Hannes heer/Klaus naumann (a cura di), Vernichtungskrieg. Verbrechen der Wehrmacht 1941 bis 1944, Hamburg 19952. kerShaw 2018 Ian kerShaw, Der Hitlermythos. Führerkult und Volksmeinung, trad. ted., München 2018 (trad. it., Il “mito di Hitler”. Immagine e realtà nel Terzo Reich, Torino 1998). heinemann 2003 Isabel heinemann, Rasse, Siedlung, deutsches Blut. Das Rasse- und Siedlungshauptamt der SS und die rassenpolitische Neuordnung Europas, Göttingen 2003. heiSS 2009 Hans heiSS, Grenzzonen im Herrschafts- und Regimewechsel: Südtirol 1939–1945, in Mathias Beer/Dietrich Beyrau/Cornelia rauh (a cura di), Deutschsein als Grenzerfahrung. Minderheitenpolitik in Europa zwischen 1914 und 1950, Essen 2009, pp. 323-350. heiSS 2014 Hans heiSS, Option 1939 in Südtirol – eine Epochenzäsur des 20. Jahrhunderts, in Ulrike kindL/Patrick rina u. a. (a cura di), Le Opzioni rilette / Die mitgelesenen Briefe, Bolzano 2014, pp. 15-25. heTTegger/hoLL/Lahner 2008 Susanna heTTegger/Hildemar hoLL/Irmgard Lahner, Universitätsbibliothek Salzburg ‚… gegen das Vergessen‘. Eine Ausstellung zur Bücherverbrennung in Salzburg am 30. April 1938, in “Mitteilungen der Vereinigung österreichischer Bibliothekarinnen und Bibliothekare”, LXI (2008), pp. 101-105. hiLLeBrand 1996 Leo hiLLeBrand, Medienmacht und Volkstumspolitik. Michael Gamper und der Athesia-Verlag, InnsbruckWien 1996. kLee 2005 Ernst kLee, Das Personenlexikon zum Dritten Reich. Wer war was vor und nach 1945 (Fischer 16048: Die Zeit des Nationalsozialismus), nuova edizione, Frankfurt am Main 2005. kLemperer 1990 Victor kLemperer, LTI. Notizbuch eines Philologen (1947), Leipzig 1990 (trad. it., LTI. La lingua del Terzo Reich. Taccuino di un filologo, Firenze 1998). kraaS 2004 Andreas kraaS, Lehrerlager 1932–1945. Politische Funktion und pädagogische Gestaltung, Kempten 2004. krauS 1999 Carl krauS, Zwischen den Zeiten, Malerei und Graphik in Tirol 1918–1945, Lana 1999. krauS/oBermair 2019 Carl krauS/Hannes oBermair (a cura di), Mythen der Diktaturen. Kunst in Faschismus und Nationalsozialismus / Miti delle dittature. Arte nel fascismo e nazionalsocialismo, catalogo della mostra (13.04 - 30.06.2019), Castel Tirolo 2019. kringS 2005 Stefan kringS, Das Propagandaministerium. Joseph Goebbels und seine Spezialisten, in Lutz hachmeiSTer/Michael kLoFT (a cura di), Das Goebbels-Experiment. Propaganda und Politik, München 2005, pp. 29-48. 113 kundnani 2012 Arun kundnani, Radicalization: the Journey of a Concept, in “Race & Class”, LIV (2012), n. 2, pp. 3-25. LamprechT 2019 Alex LamprechT, Zwischen Seelsorge und Propaganda. Südtirols Kirche in der NS-Zeit, Bozen 2019. Lechner 2005 Stefan Lechner, Die Eroberung der Fremdstämmigen. Provinzfaschismus in Südtirol 1921–1926 (Veröffentlichungen des Südtiroler Landesarchivs 20), Innsbruck 2005. Lederer 1983 Gerda Lederer, Jugend und Autorität. Über den Einstellungswandel zum Autoritarismus in der Bundesrepublik Deutschland und den USA, Opladen 1983. Leniger 2006 Markus Leniger, Nationalsozialistische „Volkstumsarbeit“ und Umsiedlungspolitik 1933–1945. Von der Minderheitenbetreuung zur Siedlerauslese, Berlin 2006. LieB 2007 Peter LieB, Konventioneller Krieg oder NS-Weltanschauungskrieg? Kriegsführung und Partisanenbekämpfung in Frankreich 1943/44 (Quellen und Darstellungen zur Zeitgeschichte 69), München 2007. LiLL 1991 Rudolf LiLL (a cura di), Die Option der Südtiroler 1939. Beiträge eines Neustifter Symposions, Bozen 1991. Longerich 1989 Peter Longerich, Die braunen Bataillone. Geschichte der SA, München 1989. 114 LumanS 2003 Valdis O. LumanS, Werner Lorenz – Chef der „Volksdeutschen Mittelstelle“, in Ronald SmeLSer/Enrico Syring (a cura di), Die SS. Elite unter dem Totenkopf. 30 Lebensläufe, Paderborn 2003, pp. 332-345. LuTher 2004 Tammo LuTher, Volkstumspolitik des Deutschen Reiches 1933–1938. Die Auslanddeutschen im Spannungsfeld zwischen Traditionalisten und Nationalsozialisten, Stuttgart 2004. LuTT 2016 Alexander LuTT, Südtiroler Option – Archivbestände und ihre gestörte Überlieferung. Mit spezifischer Berücksichtigung des Bestandes der Amtlichen Deutschen Ein- und Rückwandererstelle im Staatsarchiv Bozen, tesi di master, Universität Wien, 2016. maaS 1984 Utz maaS, „Als der Geist der Gemeinschaft eine Sprache fand“. Sprache im Nationalsozialismus. Versuch einer historischen Argumentationsanalyse, Opladen 1984. meSquiTa/markuS 2004 Batja meSquiTa/Hazel Rose markuS, Culture and Emotion. Models of Agency as sources of cultural variation in emotion, in Anthony S. R. manSTead/ Nico Frijda/Agneta FiScher (a cura di), Feelings and Emotions, New York 2004, pp. 341-359. meSSner 1989 Reinhold meSSner (a cura di), Die Option. 1939 stimmten 86% der Südtiroler für das Aufgeben der Heimat. Warum? Ein Lehrstück in Zeitgeschichte, München-Zürich 1989. miLeS 1999 Robert miLeS, Rassismus. Einführung in die Geschichte und Theorie eines Begriffs, Hamburg 1999. miTTermair 2000 Veronika miTTermair, Bruchlose Karrieren? Zum Werdegang der Südtiroler Politikerschicht bis zur Stunde „Null“, in Hans heiSS/Gustav pFeiFFer (a cura di), Südtirol – Stunde Null? Kriegsende 1945–1946 (Veröffentlichungen des Südtiroler Landesarchivs 10), Innsbruck 2000, pp. 169-202. miTTermair 2002 Veronika miTTermair, Von der Illegalität zur Macht. Soziale Merkmale des Völkischen Kampfringes Südtirols und der Arbeitsgemeinschaft der Optanten, in Klaus eiSTerer (a cura di), Tirol zwischen Diktatur und Demokratie (1930–1950). Beiträge für Rolf Steininger zum 60. Geburtstag, Innsbruck-WienMünchen-Bozen 2002, pp. 202-212. mommSen 1999 Wolfgang J. mommSen, Vom „Volkstumskampf“ zur nationalsozialistischen Vernichtungspolitik, in Winfried SchuLze/Otto Gerhard oexLe (a cura di), Deutsche Historiker im Nationalsozialismus (Fischer 14606: Die Zeit des Nationalsozialismus), Frankfurt am Main 1999, pp. 183-214. mühLenFeLd 2006 Daniel mühLenFeLd, Vom Kommissariat zum Ministerium. Zur Gründungsgeschichte des Reichsministeriums für Volksaufklärung und Propaganda, in Rüdiger hachTmann/Winfried SüSS (a cura di), Hitlers Kommissare. Sondergewalten in der nationalsozialistischen Diktatur (Beiträge zur Geschichte des Nationalsozialismus 22), Göttingen 2006, pp. 72-92. mühLhoFer 1940 Inge mühLhoFer, Nur Ingeborg. Eine Jungmädelgeschichte (Zeltbücherei 89/90), Potsdam 1940. mühLhoFer 1941 Inge mühLhoFer, Als sie noch illegal waren (Die Mädelbücherei 25), Berlin 1941. müLLer-dohm 2011 Stefan müLLer-dohm, Adorno. Eine Biographie, Frankfurt am Main 2011. nageLe 1943 Fritz nageLe, Mit der SS-Division „Totenkopf“ im Osten. Tagebuchblätter des SS-Untersturmführers Fritz Nagele 1941 und 1942, a cura e introduzione di Hans Nagele, Bozen 1943. oBerkoFLer/goLLer 1996 Gerhard oBerkoFLer/Peter goLLer, Geschichte der Universität Innsbruck (1669–1945), Frankfurt am Main-Wien 1996. oBerkrome 1993 Willi oBerkrome, Volksgeschichte. Methodische Innovation und völkische Ideologisierung in der deutschen Geschichtswissenschaft 1918–1945 (Kritische Studien zur Geschichtswissenschaft 101), Göttingen 1993. oBermair 1990 Hannes oBermair (red.), Schwarzes Hemd, weiße Stutzen. Jugend im Faschismus (Distel. Kulturelemente n. 41), Bozen 1990. oeSTerreich 1998 Detlef oeSTerreich, Ein neues Maß zur Messung autoritärer Charaktermerkmale, in “Zeitschrift für Sozialpsychologie”, XXV (1998), pp. 56-64. Opfergang und Bekenntnis 1940 Opfergang und Bekenntnis, testi di Erich Kofler, Hubert Mumelter, Carl Zangerle, Karl Felderer e Franz Sylvester Weber, s.l., s.d. (Bozen 1940). paLLaVer/STeurer 2011 Günther paLLaVer/Leopold STeurer (a cura di), Deutsche! Hitler verkauft euch! Das Erbe von Option und Weltkrieg in Südtirol, Bozen 2011. paLLaVer/STeurer/VerdorFer 2019 Günther paLLaVer/Leopold STeurer/Martha VerdorFer (a cura di), Einmal Option und zurück. Die Folgen der Aus- und Rückwanderung für Südtirols Nachkriegsentwicklung, Bozen 2019. pFanzeLTer 2014 Eva pFanzeLTer, Option und Gedächtnis. Erinnerungsorte der Südtiroler Umsiedlung 1939, con la collaborazione di Elisa Heinrich e Sabine Merler, Bozen 2014. pumBerger 2015 Klaus pumBerger, Worüber wir nicht geredet haben. Arisierung, Verdrängung, Widerstand. Ein Haus und die Geschichte zweier Familien, Innsbruck-WienBozen 2015. rauchegger-FiScher 2018 Claudia rauchegger-FiScher, „Sind wir eigentlich schuldig geworden?“ Lebensgeschichtliche Erzählungen von Tiroler Frauen der Bund-Deutscher-MädelGeneration (Studien zu Geschichte und Politik 22), Innsbruck-Wien-Bozen 2018. reichardT 2009 Sven reichardT, Faschistische Kampfbünde. Gewalt und Gemeinschaft im italienischen Squadrismus und in der deutschen SA, Köln-Weimar-Wien 20092. reTTeraTh 2017 Hans-Werner reTTeraTh, Hans Steinacher, in Michael FahLBuSch/Ingo haar/Alexander pinwinkLer (a cura di), Handbuch der völkischen Wissenschaften. Akteure, Netzwerke, Forschungsprogramme, vol. I, Berlin-Boston 2017, pp. 788-804. rizzoLLi 2007 Helmut rizzoLLi, Unsere Trachtenfibel. Leitfaden zum Tragen und Anfertigen unserer Tiroler Volkstrachten, Bozen 2007. rohrkamp 2010 René rohrkamp, »Weltanschaulich gefestigte Kämpfer«. Die Soldaten der Waffen-SS 1933–1945. Organisation – Personal – Sozialstrukturen, Paderborn 2010. römer 2017 Felix römer, Die narzisstische Volksgemeinschaft. Theodor Habichts Kampf 1914 bis 1944, Frankfurt am Main 2017. röSSLer/SchLeiermacher/ToLLmien 1993 Mechthild röSSLer/Sabine SchLeiermacher/Cordula ToLLmien (a cura di), Der „Generalplan Ost“. Hauptlinien der nationalsozialistischen Planungs- und Vernichtungspolitik (Schriften der Hamburger Stiftung für Sozialgeschichte des 20. Jahrhunderts), Berlin 1993. ruck 1993 Michael ruck, Führerabsolutismus und polykratisches Herrschaftsgefüge. Verfassungsstrukturen des NS-Staates, in Karl-Dietrich Bracher/Manfred Funke/Hans-Adolf jacoBSen (a cura di), Deutschland 1933–1945. Neue Studien zur Politik und Zeitgeschichte (Bonner Schriften zur Politik und Zeitgeschichte 23), seconda ed. ampliata, Düsseldorf 19932, pp. 32-56. Schieder 2010 Wolfgang Schieder, Der italienische Faschismus 1919–1945, München 2010. Schmiechen-ackermann 2012 Detlef Schmiechen-ackermann (a cura di), ›Volksgemeinschaft‹: Mythos, wirkungsmächtige soziale Verheißung oder soziale Realität im ›Dritten Reich‹? Propaganda und Selbstmobilisierung im NS-Staat, Paderborn 2012. SchoLTySeck/STudT 2008 Joachim SchoLTySeck/Christoph STudT (a cura di), Universitäten und Studenten im Dritten Reich (Schriftenreihe der Forschungsgemeinschaft 20. Juli 1944 e. V., vol. IX), Berlin 2008. SchuLTe/LieB/wegner 2014 Jan Erik SchuLTe/Peter LieB/Bernd wegner (a cura di), Die Waffen-SS. Neue Forschungen, Paderborn 2014. SiemenS 2007 Daniel SiemenS, Von Marmorleibern und Maschinenmenschen. Neue Literatur zur Körpergeschichte in Deutschland zwischen 1900 und 1936, in “Archiv für Sozialgeschichte”, XLVII (2007), pp. 639-682. SoLderer 2000 Gottfried SoLderer (a cura di), Das 20. Jahrhundert in Südtirol, vol. II: Faschistenbeil und Hakenkreuz, 1920–1939, Bozen 2000. SpringenSchmid 1941 Karl SpringenSchmid, Ein Leben für Deutschland. Ansprache des Parteigenossen Karl Springenschmid am 11. Mai 1941 beim Appell der politischen Leiter vor Gauleiter Dr. Friedrich Rainer für den vor dem Feind gefallenen Parteigenossen Ingo Ruetz, Burghauptmann der Gauburg Hohenwerfen in Salzburg, Salzburg 1941. STahL 2014 Herbert STahL, Nur 30 Jahre. Priesterseminar Bensberg: ein stolzer Bau als „Balkon über der Rheinebene” und seine Bewohner, in Rheinisch Bergischer Kalender 2015, Bergisch Gladbach 2014, pp. 78-84. STeininger 2017 Rolf STeininger (a cura di), Ein Leben für Südtirol. Kanonikus Michael Gamper und seine Zeit, Bozen 2017. STeurer 1980 Leopold STeurer, Südtirol zwischen Rom und Berlin 1919–1939, Wien-München-Zürich 1980. STeurer 1989 Leopold STeurer, Option und Umsiedlung in Südtirol: Hintergründe, Akteure, Verlauf, in Reinhold meSSner (a cura di), Die Option. 1939 stimmten 86% der Südtiroler für das Aufgeben der Heimat. Warum? Ein Lehrstück in Zeitgeschichte, München-Zürich 1989, pp. 15-114. STeurer 2011 Leopold STeurer, „Grüße uns alle Kameraden mit Heil Hitler!“ Südtiroler Kriegsfreiwillige im Optionsgeschehen, in Günther paLLaVer/Leopold STeurer (a cura di), Deutsche! Hitler verkauft euch! Das Erbe von Option und Weltkrieg in Südtirol, Bozen 2011, pp. 51-109. SToppeL 2004 Manfred SToppeL, »Uns wächst eine herrliche Jugend heran!« Die Geschichte der Hitlerjugend in Vorarlberg von 1930–1945, Norderstedt 2004. STuhLpFarrer 1985 Karl STuhLpFarrer, Umsiedlung Südtirol 1939–1940, 2 voll., Wien-München 1985. STumpF 2018 Marcus STumpF (a cura di), Praktische Archivkunde. Ein Leitfaden für Fachangestellte für Medien- und Informationsdienste – Fachrichtung Archiv, Münster 20184. Sydnor 2000 Charles W. Sydnor, Soldaten des Todes. Die 3. SS-Division »Totenkopf« 1933–1945, PaderbornMünchen-Wien-Zürich 2000. SywoTTek 1976 Jutta SywoTTek, Mobilmachung für den totalen Krieg. Die propagandistische Vorbereitung der deutschen Bevölkerung auf den Zweiten Weltkrieg, Opladen 1976. TheweLeiT 2015 Klaus TheweLeiT, Das Lachen der Täter: Breivik u. a. Psychogramm der Tötungslust, St. Pölten 2015. Tiroler Geschichtsverein Bozen 1989 Tiroler Geschichtsverein Bozen (a cura di), Eine Geschichte Südtirols. Option – Heimat – Opzioni. Una storia dell’Alto Adige, Bolzano 1989. TiTTon 2007 Andreas TiTTon (a cura di), Archiv VKS/AdO (Völkischer Kampfring Südtirol / Arbeitsgemeinschaft der Optanten für Deutschland). Südtiroler Landesarchiv, inventario dattiloscritto, 2007. Turner 1998 Victor W. Turner, Liminalität und Communitas, in Andréa BeLLiger/David J. krieger (a cura di), Ritualtheorien. Ein einführendes Handbuch, Opladen 1998, pp. 251-264. ueBerSchär/weTTe 1991 Gerd R. ueBerSchär/Wolfram weTTe (a cura di), Der deutsche Überfall auf die Sowjetunion. »Unternehmen Barbarossa« 1941, Frankfurt am Main 1991. VerdorFer 1990 Martha VerdorFer, Zweierlei Faschismus. Alltagserfahrungen in Südtirol 1918–1945 (Österreichische Texte zur Gesellschaftskritik 47), Wien 1990. VogeL 1984 Detlef VogeL, Das Eingreifen Deutschlands auf dem Balkan, in Detlef VogeL/Gerhard SchreiBer/Bernd STegemann (a cura di), Das Deutsche Reich und der Zweite Weltkrieg, vol. III: Der Mittelmeerraum und Südosteuropa. Von der »non belligeranza« Italiens bis zum Kriegseintritt der Vereinigten Staaten, Stuttgart 1984, pp. 417-511. VoLgger 1984 Friedl VoLgger, Mit Südtirol am Scheideweg. Erlebte Geschichte, Innsbruck 1984. weBer 2019 Claudia weBer, Der Pakt. Stalin, Hitler und die Geschichte einer mörderischen Allianz, München 2019. wiLLer/weigeL/juSSen 2013 Stefan wiLLer/Sigrid weigeL/Bernhard juSSen (a cura di), Erbe. Übertragungskonzepte zwischen Natur und Kultur, Berlin 2013. wiLLiamS 2005 Maurice wiLLiamS, Gau, Volk and Reich. Friedrich Rainer and the Paradox of Austrian National Socialism (Archiv für vaterländische Geschichte und Topographie 91), Klagenfurt 2005. winkLer 2016 Heinrich August winkLer, Geschichte des Westens. Die Zeit der Weltkriege 1914–1945, München 2016. wedekind 2003 Michael wedekind, Nationalsozialistische Besatzungs- und Annexionspolitik in Norditalien 1943 bis 1945. Die Operationszonen „Alpenvorland“ und „Adriatisches Küstenland“ (Militärgeschichtliche Studien 38), München 2003. wedekind 2007 Michael wedekind, All’ombra del Reich: il nazionalsocialismo sudtirolese da opposizione giovanile all’allineamento di un popolo (1933-1945), in Giuseppe Ferrandi/Günther paLLaVer (a cura di), La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol nel XX secolo, vol. I: Politica e istituzioni, Trento 2007, pp. 401-433. wedekind 2009 Michael wedekind, Planung und Gewalt: Raumordnung und Bevölkerungsplanung im Kontext der Umsiedlung Südtirol, in “Geschichte und Region / Storia e regione”, XVIII (2009), n. 2, pp. 71-109. wedekind 2019 Michael wedekind, Die Besetzung der Vergangenheit. Archäologie, Frühgeschichte und NS-Herrschaftslegitimation im Alpen-Adria-Raum (1939– 1945), Innsbruck-Wien-Bozen 2019. wegner 1997 Bernd wegner, Hitlers politische Soldaten: Die Waffen-SS 1933–1945, Paderborn 1997. weiSS 2010 Sheila Faith weiSS, The Nazi Symbiosis. Human Genetics and Politics in the Third Reich, Chicago 2010. wiLdT 2015 Michael wiLdT, Generation des Unbedingten. Das Führungskorps des Reichssicherheitshauptamtes, Hamburg 20153. 115 „GROSSDEUTSCHLAND RUFT!“ Südtiroler NS-Optionspropaganda und völkische Sozialisation “LA GRANDE GERMANIA CHIAMA!” La propaganda nazionalsocialista sulle Opzioni in Alto Adige e la socializzazione völkisch Katalog zur Ausstellung Katalogredaktion / Redazione del catalogo Südtiroler Landesmuseum für Kultur- und Landesgeschichte Schloss Tirol 18. September – 22. November 2020 Leo Andergassen, Dorothea von Miller Italienische Redaktion / Redazione italiana Catalogo della mostra Sara Di Gesaro Museo storico-culturale della Provincia di Bolzano Castel Tirolo 18 settembre – 22 novembre 2020 Übersetzungen / Traduzioni Verantwortlicher Direktor / Direttore responsabile Leo Andergassen Verfasser und Ausstellungskurator / Autore dei testi e responsabile del concetto espositivo Hannes Obermair Künstlerische Position / Posizione artistica Andrea Michler Ausstellungsaufbau / Allestimento espositivo Emil Wassler, Walter Hofer, Joachim Fundneider Druck / Stampa KARO DRUCK KG l SAS I-39057 Frangart-o / Pillhof 25 Eppan / Appiano Riccardo Giacconi ISBN 978-88-95523-35-4 Ausstellungsassistenz und Organisation / Assistenza e organizzazione Dorothea von Miller Katalog- und Ausstellungsgestaltung / Grafica e progetto espositivo 116 Lupo Burtscher (Angelika Burtscher, Daniele Lupo, Victoria Preuer) © 2020 Schloss Tirol / Castel Tirolo Alle Rechte vorbehalten. Kein Teil des Werks darf in irgendeiner Form (Druck, Fotokopie, Mikrofilm oder in einem anderen Verfahren) ohne schriftliche Genehmigung reproduziert oder unter Verwendung elektronischer Systeme verarbeitet, vervielfältigt oder verbreitet werden. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione e la diffusione, anche parziale, con qualsiasi mezzo (stampa, fotocopia, microfilm o altro) o tramite sistemi elettronici senza un’autorizzazione scritta della casa editrice.