Via Flaminia

INCIPIT
Parlare di Quintana a Foligno è come parlare di Palio a Siena o di Ceri a Gubbio. È toccare l’essenza stessa di una compagine sociale la cui urbanitas trova alimento e talvolta identità piena in una manifestazione, in un rito collettivo, profondamente coinvolgente, le cui componenti essenziali sono destrezza, abilità, competizione agonistica e devozione
(religiosa o al simbolo identitario di gruppo). Riti collettivi riscoperti e rivitalizzati tra medioevo ed età moderna le cui sicure radici è però facile immaginare affondino nell’ antichità più profonda.
Ritrovare quindi tra le morfologie urbane fossili di Foligno una maglia castramentale di una tipologia molto particolare, assai poco consueta, come quella che contempla di fatto due cardini massimi, Via Principalis e Via Quintana, intersecanti la Via Decumana, in un qualsiasi altro centro non avrebbe avuto la rilevanza e la carica emotiva ed evocativa che ha invece nella città che si riconosce ed identifica da secoli nella Giostra
della Quintana [......]
Ultimata per quanto possibile l’indagine topografica di contesto era necessario, per chiarire il rapporto tra Via Quintana e area della cattedrale, scendere a livello architettonico. In questo si è rivelato di determinante importanza il rilievo che il marchese Balduino Barnabò levò nel 1824 delle strutture murarie pertinenti ad edifici ecclesiali precedenti [...]rinvenuti durante gli scavi effettuati per la realizzazione
di colombari al livello della cripta, sia in corrispondenza della navata, che del transetto e dell’abside...

Il lavoro prende in considerazione un monumento apparentemente ai margini del panorama storico-architettonico, mettendone in evidenza, attraverso un’attenta riflessione storico-critica, le valenze insite e gli elementi di originalità che contribuiscono a delinearne un ruolo di maggior importanza nello scenario della Roma paleocristiana e altomedievale. Lo studio apporta alcuni elementi conoscitivi di novità rispetto al passato, inerenti soprattutto all'individuazione di nuove fasi costruttive, all'identificazione di una tipologia confessionale che risulta derivare in maniera più o meno diretta dall’esempio in esame, al riconoscimento del valore di alcuni restauri moderni e, per quanto la consistenza del dato archeologico non sia tale da confermare inequivocabilmente alcune delle ipotesi fatte, queste ultime si calano senza contrasti nel contesto storico-architettonico, trovando positivo riscontro nella letteratura di riferimento prodotta fino a oggi. L’individuazione di linee d’intervento è stata formulata nel rispetto della natura del monumento e non finalizzata alla sola conservazione materiale dello stesso, ma proponendo una sua integrazione nel contesto urbanistico, con il fine di facilitare la trasmissione del complesso di valori riconosciuti attraverso l’analisi storico-critica.

In the ancient times of Rome, the banks of the Tiber and the plains flanking its riverbed were chosen to build not only the most sumptuous public and profane buildings, but also the richest private residences and the most pleasant and delightful gardens, which formed such a decorous ornament to the Tiber itself that the learned Latin scholar Pliny the Elder, in celebrating this river (Naturalis historia, III, 54), did not hesitate to claim that he knew of no other waterway whose surface reflected a greater number of sumptuous villas...

The tabernacle of St. Andrew at Ponte Milvio, together with the unfinished Benediction Loggia in St. Peter’s (now lost), is one of the very rare surviving architectural works commissioned by Pius II in Rome.
Using iconographic evidence, the paper illustrates and clarifies the history of the monument which, in its current state, reflects the restoration carried out in 1869 by Federico De Arcangelis. It also confirms the results of the review of archival sources, in other words that the entire construction (statue and baldachin) was designed by one individual, the sculptor Paolo di Mariano:  the paper also contributes to the debate about the controversial Francesco del Borgo and his competence as a designer-architect.

The Umbrian Valley is characterized by two well-defined geographic areas: the southern part, from Spoleto to Foligno, and the northern part, from Foligno to the Tiber.  Interventions on the hydraulic system were carried out as far back as the founding of the Roman colony of Spoleto in 241 BC.
From the Libber coloniarum we learn information on the legal status of the divided and non-divided lands in the territory of the colony of Spoletium and on their origins from the respublica.  The territory attributable to the city of Spoletuium was divided according to a topographical procedure dictated by the need to lay an arterial road – the Flaminian Way – that crossed the middle of the Spoleto Valley, from Spoleto to the Topino Valley, as well as by the need to exploit the available territory as well as possible.  The area of the Springs of Clitunno, and the neighbouring shrine, described by Pliny, seems largely characterized by cadastral divisions.
The extension of the North Umbrian Valley is about 193 sq. km, and has an average width of 7 km.  Based on previous studies regarding the division of this area into two hundred-juger plots, one can hypostatise that an emporium once existed in the town of Mevania, and the reconstruction of two phases of a sacellum of the temple dedicated to Venus in the vicinity of Villa Fidelia near Spello.

The present study deals with the attempts of centuriation and land reclamation of the South Umbrian Valley from Spoletium to Trebiae, which followed over the course of time from the Latin colony of the III century. a.C., to the hydrogeological and land settlement of the Fonti del Clitunno-Marroggia basin, completed under the reign of Theodoric in the 6th century. A.D. Exceptional intervention for the period so much that we probably wanted to celebrate with the construction of the so-called Tempietto del Clitunno, just to crown the happy conclusion of the works. The hydraulic structure defined by Theodoric remains, broadly speaking, even today. But the failures of the Gothic war had to lead to a dramatic return to widespread hydrogeological degradation, so much so that already in the Lombard period sporadic recovery interventions are attested, as is emerging from the excavation of the site of Santa Maria di Pietrarossa coordinated by the University of Perugia (Prof. Donatella Scortecci).

Recensione del testo "La Via Flaminia e la gola del Furlo", pubblicato nel 2012 dall'archeologo Mario Luni;  il volume costituisce il primo numero di una collana dal titolo "I quaderni del Furlo", pensata e realizzata con lo scopo di offrire una approfondita conoscenza dell'entroterra e della costa delle Marche attraverso la pubblicazione di studi e ricerche condotte scientificamente; la raccolta si compone di svariate monografie che fanno riferimento a tre ambiti disciplinari diversi: geologico, biologico-naturalistico e storico-archeologico. Il testo in questione rientra tra le monografie ascrivibili al settore disciplinare storico-archeologico. La scelta di inaugurare la collana con un volume incentrato su questi temi non è casuale, ma funzionale alla riscoperta e alla divulgazione di tematiche per troppo tempo passate in secondo piano rispetto agli aspetti naturalistici e geologici.

Il sito umbro di S. Giovanni de Butris, ampiamente noto alla comunità scientifica, si rivela un ottimo punto di partenza per analizzare nel suo complesso l’uso pubblico dei ponti romani soprattutto nel momento in cui vennero meno le strutture amministrative dell’impero. Partendo dal dato materiale contestualizzato, un ponte dell’antico ramo della via Flaminia nei pressi dell’odierno centro di Acquasparta (TN), attraverso un’ampia analisi delle fonti del diritto, innestata in un completo quadro topografico capace di unire gli aspetti storici e quelli antropici del territorio, si è cercato di delineare le vicende del sito dalla tarda antichità fino all’arrivo dei Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme nel XIII sec., che impiantarono sul ponte e nelle sue vicinanze una loro commenda, i cui resti architettonici caratterizzano tuttora il paesaggio.

La via Flaminia nelle Marche: un inventario diacronico delle tecnologie applicate alla gestione di un territorio La ricerca contemporanea ha dedicato molto spazio allo studio della via Flaminia nel territorio marchigiano, permettendo non solo la raccolta di numerosi dati, ma anche l'interpretazione di vari aspetti connessi all'asse viario: una maggiore conoscenza delle realtà urbane presenti lungo il percorso, il ruolo di Augusto nella sua monumentalizzazione, l'origine delle cave per il materiale adoperato in fase di cantiere (solo per citarne alcuni). Questa importante mole di dati permette quindi di effettuare delle analisi più dettagliate in merito ai resti monumentali che di questo percorso ancora si conservano. Questi resti ci restituiscono delle informazioni importanti in merito all'evoluzione delle tecnologie applicate in antichità per la realizzazione delle strade e in particolare di quelle applicate per renderle più solide difronte alle problematiche proposte dal confronto con la natura: corsi d'acqua, frane, gole. Tale evoluzione tecnologica a volte è più evidente, come nel caso della costruzione di un ponte per attraversare un fiume, a volte è più celata e si nasconde dietro la costruzione di un chiavicotto o la correzione di una curvatura nel tracciato. Tale fenomeno segue un percorso diacronico, come nel caso del " ponte a tre archi " presso Pontericcioli, dove una frana (colamento lento) e la presenza dell'acqua hanno imposto nel tempo soluzioni sempre nuove e più complesse. Il contributo mira a quindi a individuare i più significativi di questi dettagli presenti lungo il percorso della Flaminia nelle Marche, ponendoli secondo una visione diacronica e tentando di individuarne le motivazioni intrinseche.

A book of drawings devoted to Italy in Cork’s university library is here assigned to Richard White (1800-1868), Viscount Berehaven and afterwards 2nd Earl of Bantry. A keen amateur draftsman with a sharp eye for scenic and architectural detail, the nobleman was also an indefatigable traveller, who visited the Italian peninsula in 1829, the year the album was very likely compiled. Some fifty-eight images appear on its pages, including rapid pencil sketches and more detailed drawings reworked with either pen-and-ink outlines or brush and brown wash. Landscape dominates the subject matter, but gardens are present too, alongside architecture and copies after specific works of art. The drawings document his destinations: Spoleto, Narni and Civita Castellana on the Flaminian Way, as well as Rome. Several of Pope Benedict XIV’s building projects in the Eternal City feature in the book, pointing to the Viscount’s curiosity about the pontiff’s role as a patron of architecture. Evidently Raphael’s Parnassus in the Stanza della Segnatura at the Vatican Palace caught White’s attention as well, for the album contains studies of figures from the Renaissance master’s celebrated fresco. When viewed collectively, then, the sketches reveal the plural interests of a little-studied Irish aristocrat travelling through Italy at the twilight of the Grand Tour.

Qualsiasi indagine territoriale si occupi della Valle umbra deve muovere dal ruolo della via Flaminia, per i significati che la strada ha ed ha avuto rispetto all’assetto insediativo, alla costruzione del paesaggio e al funzionamento rurale del territorio, rimarcando la “lunga durata” della via di fondazione romana in termini di strutturazione territoriale e insediativa.
L’interpretazione qui proposta, connessa alle finalità progettuali più volte richiamate, è centrata su un duplice ruolo costruttivo della Flaminia nei confronti del territorio vallivo, ruolo sinteticamente definito strada
matrice e strada paesaggio.
La definizione di strada matrice sintetizza la percezione di una straordinaria continuità e importanza nel rapporto strada-insediamenti, collinari e vallivi: la Flaminia è stata ed è tuttora il motore di un costante rinnovamento del ruolo territoriale dei centri abitati, grazie ad un sistema
di collegamenti che non è mai venuto meno, pur mutando più volte significato e funzioni infrastrutturali nel corso dei secoli. La lettura tende tuttavia a mettere a fuoco le trasformazioni recenti, formulando esplicitamente la domanda circa il ruolo contemporaneo della
Flaminia in rapporto ai potenziamenti recenti della “linea” e alla grande espansione insediativa di valle, esplicitando in particolare la necessità di riconsiderare il rapporto tra la strada e i centri storici che da questa sono inscindibili, ma che oggi dalla strada sembrano soprattutto doversi difendere.

Articolo di presentazione del volume: "La riscoperta della via Flaminia più vicina a Roma: storia, luoghi, personaggi". Atti dell’Incontro di Studio, Roma 22 giugno 2009 (Fors Clavigera, 1), a cura di F. Vistoli (Roma 2010). - - "Se è vero che tutte le strade portano a Roma, è altrettanto provato che l’imponente rete viaria romana, vero trait d’union tra la Città Eterna e i sempre più estesi territori dominati, sia stato il naturale vicolo della cultura latina, sia in età repubblicana che in quella imperiale". Così ha spiegato il sottosegretario al Ministero per il Beni e le Attività culturali Francesco Maria Giro introducendo il volume "La riscoperta della via Flaminia più vicina a Roma: storia, luoghi, personaggi" (Edizioni Nuova Cultura, 190 pagine, 40,00 euro), che riunisce i contributi di Francesco Laddaga, Maria Pia Partisani e Fabrizio Vistoli, esposti durante l’Incontro di studio tenutosi il 22 giugno del 2009 presso l’Auditorium dell’Ara Pacis.
Il libro costituisce uno straordinario viaggio attraverso il tratto suburbano della secolare arteria, tra ponte Milvio e il Casale di Malborghetto, costellato di monumenti e memorie storiche.

Determinante per la localizzazione e la conoscenza della consistenza del così detto sacello di Venere a Spello è stato l’intervento compiuto tra il 1995 ed il 1996, in occasione della ristrutturazione dell’attuale convento delle Suore Missionarie d’Egitto. La sorveglianza del cantiere ha permesso di ottenere un’importante conferma di quanto pubblicato nel 1996  sulle vicende del santuario e soprattutto sulla sua fase augustea, strettamente legata alle circostanze della centuriazione della colonia di Hispellum, ma non solo. Le estese indagini che in alcuni casi si sono potute spingere sino all’interno dei setti murari orizzontali e verticali del complesso, hanno permesso di individuare almeno tre fasi di vita del sacello, delle quali quella di età augustea è indubbiamente la più facilmente ricostruibile...[...]

Over the last decades scholars have investigated the deep changes in epigraphic habit in the 4th century, since the Tetrarchic period. Although economic and political difficulties affected for sure the Italian cities, they had nonetheless institutional, social and urbanistic continuity. Given this context, the author analyses the building inscriptions of Flaminia et Picenum. In total, they are only 6 documents: 2 concern bridges restorations and partage the scheme with the early imperial milestones, whereas 4 contain dedications to the sovereigns and appear as honorific
inscriptions. Then it is hypothesized that, so milestones, building inscriptions toowere used increasingly in the 4th century for paying homage to those, who held the power.