- Piero Rovigatti, civil engineer, PhD in Urban and Regional Planning, is Associate Professor in Urban an Territorial P... morePiero Rovigatti, civil engineer, PhD in Urban and Regional Planning, is Associate Professor in Urban an Territorial Planning, ICAR 21, at Department of Architecture, the University of Chieti-Pescara. Since 1996 until 2016 he was a researcher and teacher in the Department of Architecture (Architecture and Urbanism section). In 2014 he obtained the National Scientific Qualification for the second level (associate professor) in the scientific sector 8F / 1 - Urban design and planning-.His favourite study topics, by means of which he participated to many national (PRIN, CNR, MIUR) and international researches, regarding the revitalization and urban security in low level development local contextsedit
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Research Interests: Art and Urbanistica
Pensare al riuso dei beni confiscati come occasione e strumento di rigenerazione delle periferie e delle aree marginali interne in Abruzzo è l'ipotesi su cui da alcuni tempi lavora un piccolo gruppo di ricerca-azione del Dipartimento di... more
Pensare al riuso dei beni confiscati come occasione e strumento di rigenerazione delle periferie e delle aree marginali interne in Abruzzo è l'ipotesi su cui da alcuni tempi lavora un piccolo gruppo di ricerca-azione del Dipartimento di Architettura di Pescara, diretto dall'autore del presente saggio, che opera attraverso la realizzazione, in particolare, di esperienze didattiche, di public engagement e terza missione, in forte contatto con il mondo dell'associazionismo civico, orientate alla sensibilizzazione e al coinvolgimento operativo delle comunità locali e pubbliche amministrazioni. Tale ipotesi è stata, in particolare, anche il punto di partenza di un workshop svolto nel mese di settembre 2020 composto da lezioni di esperti, indagini sul campo, cammini critici e produzione di mappature collettive dei beni, redazione di report di monitoraggio civico sul loro stato d'uso, rassegne di pratiche virtuose di riutilizzo. In questo testo, gli autori riprendono alcuni risultati prodotti dal workshop, dando anche conto di alcune attività di ricerca, didattiche e di terza missione, prodotte all'interno di una linea d'azione che pur con palesi discontinuità continua e si sviluppa da diversi anni, nel DdA di Pescara, aggiornandole alle condizioni attuali. Sulla base di tali esperienze, la conclusione dell'intervento prova a suggerire ulteriori prospettive di ricerca-azione come campi convergenti di interesse per amministrazioni locali, istituzioni scolastiche e universitarie, associazioni del terzo settore e cittadini attivi. L'ipotesi è ancora quella di pensare al riuso dei beni confiscati come leva di processi partecipati di riterritorializzazione e rigenerazione di contesti marginali e di disuguaglianza, oggi quanto mai urgenti, nella ripresa dei territori e delle attività dopo la crisi pandemica da COVID19. Parole chiave: Rigenerazione urbana, aree fragili, periferie funzionali, beni confiscati, monitoraggio civico, patti di collaborazione.
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As part of the curriculum of the courses "Materials and Design of Building Elements" and "Urban Planning I", first-year students of the undergraduate programme in Architecture of the Department of... more
As part of the curriculum of the courses "Materials and Design of Building Elements" and "Urban Planning I", first-year students of the undergraduate programme in Architecture of the Department of Architecture of Pescara, together with undergraduate students from the "Design and Construction" undergraduate laboratory, were involved in an experimental design and construction activity. The project was based on the innovative use of digital design and fabrication techniques and sustainable materials for the design and construction of small buildings, the "Clouds", whose social aims respond to the post-pandemic condition. The laboratory's experimentation and research activity, coordinated by professors Daniela Ladiana and Piero Rovigatti of the Department of Architecture in Pescara, and visiting professor Camilo Cifuentes of La Salle University in Bogotà, focused on designing structures to support cultural activities in schools or educational spaces in neighbourhoods characterised by high dropout rates and educational poverty.The small buildings proposed in the final elaborations of the courses respond to the requirements of lightness, ease of construction and reversibility to facilitate self-construction by school communities. The work focused not only the content but also on teaching methods, implemented through a process of comparison and collaboration among students from different courses and levels. A further phase of work, for the construction of models and verification of the technical and economic feasibility of the project, involved local companies. Keywords: Schools, educational poverty, culture-based urban regeneration, low-cost functional upgrading, digital design and fabrication, teaching based on digital and real models.
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Il tema delle disuguaglianze urbane è stato a lungo rimosso, in Italia, nel dibattito attorno al malessere delle città, curiosamente proprio in coincidenza della loro maggiore ricrescita, negli ultimi decenni, per effetto di molte cause,... more
Il tema delle disuguaglianze urbane è stato a lungo rimosso, in Italia, nel dibattito attorno al malessere delle città, curiosamente proprio in coincidenza della loro maggiore ricrescita, negli ultimi decenni, per effetto di molte cause, attestata da numerosi osservatori, nazionali e internazionali. Solo da pochi anni, in Italia, alcuni autori hanno ripreso a leggere la crisi delle città e il crescente malessere delle periferie rimettendo al centro delle loro analisi la questione delle disuguaglianze, sociali, economiche, ma anche di accesso ai beni comuni urbani. Ciò ha prodotto e continua a produrre la sperimentazione di nuovi metodi di indagine, e di misure appropriate di tali divari, che possono essere oggi poste alla base di nuove policies urbane; in particolare anche rispetto alle nuove condizioni prodotte dalla crisi pandemica, che ha anch'essa contributo ad aggravare il divario tra le aree del malessere urbano e i contesti territoriali e urbani di maggior benessere. Ques...
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Le risorse messe a disposizione dal governo sono inadeguate e i tempi mal programmati, tuttavia i "patti educativi di comunità" possono essere un campo di ricerca e di sperimentazione importante, come già dimostrano alcune esperienze. Non... more
Le risorse messe a disposizione dal governo sono inadeguate e i tempi mal programmati, tuttavia i "patti educativi di comunità" possono essere un campo di ricerca e di sperimentazione importante, come già dimostrano alcune esperienze. Non si tratta solo di promuovere e rafforzare la collaborazione tra scuola e "comunità educante", ma di favorire la cura nei territori dei beni comuni
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The urban regeneration of suburbs-places of inequality, even before geographical and social suburbs-must go hand in hand with the identification, description and measurement of these inequalities, and in particular those that concern the... more
The urban regeneration of suburbs-places of inequality, even before geographical and social suburbs-must go hand in hand with the identification, description and measurement of these inequalities, and in particular those that concern the supply and access to urban commons-schools, parks, public libraries, health facilities, childcare facilities, public spaces and services-intended, as well as essential elements of welfare, as places and structures linked to the exercise of fundamental citizenship rights (Rodotà 2015). A good urban regeneration process arises first of all through shared investigation paths, in terms of data, descriptions, graphic representations. Secondly, it can and must be addressed to the care and enhancement of urban common goods-schools, public spaces, parks and green areas, libraries and other places of culture and social relations-promoting their full access and maximum use, in particular for those aimed and addressed to children and adolescents, with direct, simple, effective, and shared actions. Urban regeneration, understood as a set of actions of different nature and sector of intervention, well calibrated to each other, capable of revitalizing in a general sense territories marked by inequalities, so that it assumes real effectiveness, contributing to the effective reduction of these inequalities, it must put together innovative practices of administrative gover-nance, and active citizenship, within new logics of horizontal subsidiarity, moreover increasingly favored, today, in Italy, by recent legislative and administrative innovations. These practices must open up more space for direct, informed participation of the inhabitants and grassroots associations, for shared care and active custody of these goods. The contribution tries to develop these hypotheses starting from the experiences carried out by the author around the urban realities of the southern 'periphery' of Pescara.
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ABSTRACT Una riforma amministrativa realizzata in pochi mesi, che ha portato a ridurre a 61 il nu-mero delle municipalità e degli enti locali, organizzato fino ad allora, come eredità del passato regime comunista, in un farraginoso... more
ABSTRACT
Una riforma amministrativa realizzata in pochi mesi, che ha portato a ridurre a 61 il nu-mero delle municipalità e degli enti locali, organizzato fino ad allora, come eredità del passato regime comunista, in un farraginoso sistema di centri principali (qitate), centri di villaggi, e villaggi (fhastra), sopravvissuto fino ai giorni attuali, dopo vent’anni di tran-sizione. La recentissima riforma della giustizia, quasi imposta dalle organizzazioni euro-pee e internazionali verso le quali l'Albania da tempo anela di aderire. Appresso a queste, la riforma della legge quadro urbanistica, e l’avvio di un processo di pianificazione che tocca tutte le scale di intervento, a partire dagli strumenti di valenza nazionale – un nuovo Piano Urbanistico Nazionale, un Piano Nazionale per le aree costiere, un Piano di Settore per l’unica, grande area metropolitana del Paese, la conurbazione tra Tirana e Durazzo. Il tutto in contemporanea all’avvio del processo di formazione – sulla carta rapidissimo, in tutto 18 settimane – per la formazione dei primi 26 Piani Urbanistici generali delle 61 municipalità riformate, naturalmente quelle più importanti, con Tira-na, Scutari, Durazzo, Valona, dove vive la quota più consistente di popolazione rimasta in patria, circa 3 milioni di residenti. Tutto ciò, anche a processo ormai largamente avviato ha il sapore di una scommessa, anche politica, legata alle scadenze elettorali nazionali, che hanno visto recentemente il governo in carica presentarsi davanti al giudizio degli elettori, anche rispetto ai temi del governo del territorio, per la tanto agognata entrata in Europa. Certo, con i caratteri di un’esperienza reale, in corso, che merita tutto il rispetto e la considerazione, per essere indagata e valutata anche nei suoi molti punti di forza, ma anche di debolezza, e nelle opportunità e nei rischi che sembra preservare. Con un occhio al ruolo che la cooperazione italiana, anche in campo universitario, potrebbe ancora giocare, a sostegno e sussidio di un paese vicino ed amico.
Topics: transizioni fragili/piani, progetti e vicende della transizione nei paesi balcanici
Una riforma amministrativa realizzata in pochi mesi, che ha portato a ridurre a 61 il nu-mero delle municipalità e degli enti locali, organizzato fino ad allora, come eredità del passato regime comunista, in un farraginoso sistema di centri principali (qitate), centri di villaggi, e villaggi (fhastra), sopravvissuto fino ai giorni attuali, dopo vent’anni di tran-sizione. La recentissima riforma della giustizia, quasi imposta dalle organizzazioni euro-pee e internazionali verso le quali l'Albania da tempo anela di aderire. Appresso a queste, la riforma della legge quadro urbanistica, e l’avvio di un processo di pianificazione che tocca tutte le scale di intervento, a partire dagli strumenti di valenza nazionale – un nuovo Piano Urbanistico Nazionale, un Piano Nazionale per le aree costiere, un Piano di Settore per l’unica, grande area metropolitana del Paese, la conurbazione tra Tirana e Durazzo. Il tutto in contemporanea all’avvio del processo di formazione – sulla carta rapidissimo, in tutto 18 settimane – per la formazione dei primi 26 Piani Urbanistici generali delle 61 municipalità riformate, naturalmente quelle più importanti, con Tira-na, Scutari, Durazzo, Valona, dove vive la quota più consistente di popolazione rimasta in patria, circa 3 milioni di residenti. Tutto ciò, anche a processo ormai largamente avviato ha il sapore di una scommessa, anche politica, legata alle scadenze elettorali nazionali, che hanno visto recentemente il governo in carica presentarsi davanti al giudizio degli elettori, anche rispetto ai temi del governo del territorio, per la tanto agognata entrata in Europa. Certo, con i caratteri di un’esperienza reale, in corso, che merita tutto il rispetto e la considerazione, per essere indagata e valutata anche nei suoi molti punti di forza, ma anche di debolezza, e nelle opportunità e nei rischi che sembra preservare. Con un occhio al ruolo che la cooperazione italiana, anche in campo universitario, potrebbe ancora giocare, a sostegno e sussidio di un paese vicino ed amico.
Topics: transizioni fragili/piani, progetti e vicende della transizione nei paesi balcanici
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L’Osservatorio Beni Comuni dei Castelli Romani, strumento di partecipazione e cittadinanza attiva per la cura e il progetto dei paesaggi dei Colli Albani Piero Rovigatti, Daniela Bisceglia Operare per la cura e la “valorizzazione” del... more
L’Osservatorio Beni Comuni dei Castelli Romani, strumento di partecipazione e cittadinanza attiva per la cura e il progetto dei paesaggi dei Colli Albani
Piero Rovigatti, Daniela Bisceglia
Operare per la cura e la “valorizzazione” del patrimonio culturale e ambientale dei luoghi è da sempre uno degli obiettivi principali dell'azione pubblica, e in particolare delle pubbliche amministrazioni a questo compito deputate come emanazione diretta dello Stato, come le Soprintendente, fino agli Enti Locali. Questo compito appare sempre più gravoso, soprattutto negli anni della crisi del welfare urbano e del sostanziale fallimento delle politiche pubbliche per le città (P. Berdini,2014), tanto che oggi appare sempre più necessario accompagnare alla claudicante azione pubblica nuove forme di intervento, non necessariamente riconducibili al solo settore privato. La novità di questi ultimi anni, anche in Italia, sta peraltro proprio nel ruolo crescente che anche da parte statale viene ad essere riconosciuto al cosiddetto terzo settore - quell'insieme vario ed eterogeneo di associazioni di base, gruppi di cittadini, portatori di interessi e diritti comuni – proprio nella gestione del patrimonio. In tale passaggio, diventa centrale riconoscere al patrimonio culturale e ambientale, prima ancora che un’utilità di tipo economico – evidentemente legata alla cosiddetta “valorizzazione”, e allo “sviluppo del turismo”, naturalmente “culturale e ambientale”, o “sostenibile”, spesso tutta da dimostrare, l’essere parte importante, addirittura costituente di un sistema più vasto, quello dei beni comuni. Una definizione, e un passaggio, che riconosce ad essi la qualità fondamentale di essere “funzionali all’esercizio di diritti fondamentali e al libero sviluppo della personalità”, e, in quanto tali, oggetto di politiche portino alla loro salvaguardia, “sottraendoli alla logica distruttiva del breve periodo, proiettando la loro tutela nel mondo più lontano, abitato dalle generazioni future” (S. Rodotà, 2011).
In: Urbanistica Informazioni, special issue, IX Giornata Sudio INU, INFRASTRUTTURE BLU E VERDI, RETI VIRTUALI, CULTURALI E SOCIALI, N. 261 S.I. Settembre Ottobre 2015, ISSN 0392-5005
pp. 74-78
KEYWORD
Beni comuni, paesaggio, cittadinanza attiva, open data, open government, collaborative mapping, crowsmapping, Castelli Romani, Colli Albani
Piero Rovigatti, Daniela Bisceglia
Operare per la cura e la “valorizzazione” del patrimonio culturale e ambientale dei luoghi è da sempre uno degli obiettivi principali dell'azione pubblica, e in particolare delle pubbliche amministrazioni a questo compito deputate come emanazione diretta dello Stato, come le Soprintendente, fino agli Enti Locali. Questo compito appare sempre più gravoso, soprattutto negli anni della crisi del welfare urbano e del sostanziale fallimento delle politiche pubbliche per le città (P. Berdini,2014), tanto che oggi appare sempre più necessario accompagnare alla claudicante azione pubblica nuove forme di intervento, non necessariamente riconducibili al solo settore privato. La novità di questi ultimi anni, anche in Italia, sta peraltro proprio nel ruolo crescente che anche da parte statale viene ad essere riconosciuto al cosiddetto terzo settore - quell'insieme vario ed eterogeneo di associazioni di base, gruppi di cittadini, portatori di interessi e diritti comuni – proprio nella gestione del patrimonio. In tale passaggio, diventa centrale riconoscere al patrimonio culturale e ambientale, prima ancora che un’utilità di tipo economico – evidentemente legata alla cosiddetta “valorizzazione”, e allo “sviluppo del turismo”, naturalmente “culturale e ambientale”, o “sostenibile”, spesso tutta da dimostrare, l’essere parte importante, addirittura costituente di un sistema più vasto, quello dei beni comuni. Una definizione, e un passaggio, che riconosce ad essi la qualità fondamentale di essere “funzionali all’esercizio di diritti fondamentali e al libero sviluppo della personalità”, e, in quanto tali, oggetto di politiche portino alla loro salvaguardia, “sottraendoli alla logica distruttiva del breve periodo, proiettando la loro tutela nel mondo più lontano, abitato dalle generazioni future” (S. Rodotà, 2011).
In: Urbanistica Informazioni, special issue, IX Giornata Sudio INU, INFRASTRUTTURE BLU E VERDI, RETI VIRTUALI, CULTURALI E SOCIALI, N. 261 S.I. Settembre Ottobre 2015, ISSN 0392-5005
pp. 74-78
KEYWORD
Beni comuni, paesaggio, cittadinanza attiva, open data, open government, collaborative mapping, crowsmapping, Castelli Romani, Colli Albani
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Abstract Questo contributo esamina il senso e il ruolo della partecipazione come strumento e fine dei processi di pianificazione, progetto e gestione urbana della città di Pescara. Più in particolare assume e sottopone a valutazione... more
Abstract
Questo contributo esamina il senso e il ruolo della partecipazione come strumento e fine dei processi di pianificazione, progetto e gestione urbana della città di Pescara.
Più in particolare assume e sottopone a valutazione alcune delle principali e recenti esperienze di progetto urbano svolte all’interno della città, e in particolare nella stagione dei Programmi Urbani Complessi (PRU, PRUSST, Accordi di Programma) alla luce dello spazio e del ruolo assegnato alla partecipazione dei cittadini – abitanti, in primo luogo, dei quartieri interessati, ma anche il complesso sistema dei portatori di interesse locale - nella formazione, nell’approvazione e nell’attuazione di tali progetti.
L’ipotesi che fa da sfondo alla ricerca è che lo strumento della partecipazione – strumento, ma anche fine esso stesso della pianificazione e della progettazione urbana e urbanistica – possa, anche attraverso l’esame di tali vicende, trovare nuova attenzione e interesse sia da parte dei decisori pubblici, sia da parte dei soggetti – cittadini, associazioni, gruppi, portatori di interessi, diritti, o bisogni collettivi - cui la partecipazione dovrebbe essere primariamente indirizzata, divenendo parte essenziale di una forse inedita strategia e di un nuovo stile di governo pubblico della città. Si propone, dunque, che lo strumento della partecipazione sia da subito considerato come una delle idee chiave dell’idea di città proposta nel programma di Convenzione iniziale tra Comune e Dipartimento.
La ricerca prende in esame anche alcune delle principali occasioni di conflitto urbano che hanno caratterizzato le vicende urbanistiche e amministrative della città, verificando il ruolo e la funzione che eventuali strumenti e procedure partecipate hanno svolto, o avrebbero potuto svolgere, nella soluzione dialogica e consensuale di tali conflitti, nella valutazione ex ante ed ex post delle proposte avanzate e delle scelte localizzative.
A conclusione del rapporto, viene anche illustrato il progetto, ormai in avanzato stato di realizzazione e sperimentazione, di un Osservatorio della Partecipazione e della Cittadinanza Attiva, inteso come strumento di comunicazione e supporto ai processi partecipativi in corso, attesi, o auspicati per la città e il territorio metropolitano di Pescara.
Questo contributo esamina il senso e il ruolo della partecipazione come strumento e fine dei processi di pianificazione, progetto e gestione urbana della città di Pescara.
Più in particolare assume e sottopone a valutazione alcune delle principali e recenti esperienze di progetto urbano svolte all’interno della città, e in particolare nella stagione dei Programmi Urbani Complessi (PRU, PRUSST, Accordi di Programma) alla luce dello spazio e del ruolo assegnato alla partecipazione dei cittadini – abitanti, in primo luogo, dei quartieri interessati, ma anche il complesso sistema dei portatori di interesse locale - nella formazione, nell’approvazione e nell’attuazione di tali progetti.
L’ipotesi che fa da sfondo alla ricerca è che lo strumento della partecipazione – strumento, ma anche fine esso stesso della pianificazione e della progettazione urbana e urbanistica – possa, anche attraverso l’esame di tali vicende, trovare nuova attenzione e interesse sia da parte dei decisori pubblici, sia da parte dei soggetti – cittadini, associazioni, gruppi, portatori di interessi, diritti, o bisogni collettivi - cui la partecipazione dovrebbe essere primariamente indirizzata, divenendo parte essenziale di una forse inedita strategia e di un nuovo stile di governo pubblico della città. Si propone, dunque, che lo strumento della partecipazione sia da subito considerato come una delle idee chiave dell’idea di città proposta nel programma di Convenzione iniziale tra Comune e Dipartimento.
La ricerca prende in esame anche alcune delle principali occasioni di conflitto urbano che hanno caratterizzato le vicende urbanistiche e amministrative della città, verificando il ruolo e la funzione che eventuali strumenti e procedure partecipate hanno svolto, o avrebbero potuto svolgere, nella soluzione dialogica e consensuale di tali conflitti, nella valutazione ex ante ed ex post delle proposte avanzate e delle scelte localizzative.
A conclusione del rapporto, viene anche illustrato il progetto, ormai in avanzato stato di realizzazione e sperimentazione, di un Osservatorio della Partecipazione e della Cittadinanza Attiva, inteso come strumento di comunicazione e supporto ai processi partecipativi in corso, attesi, o auspicati per la città e il territorio metropolitano di Pescara.
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The territorial risk management has entered for several years in the Italian local administrative practices, starting, at least from the events of the emergency and of the after earthquake, from the 90s onwards (earthquake in Umbria and... more
The territorial risk management has entered for several years in the Italian local administrative practices, starting, at least from the events of the emergency and of the after earthquake, from the 90s onwards (earthquake in Umbria and Marche of 1997 and later ones).
Despite many and recent difficulties and delays, ordinary tools of planning, though with different degrees of focus and cogency, have for some time begun to take on the theme of territorial risk mitigation as scope of their action, often also in the integrated sense, that is as an integral sum of its seismic hydrogeological components, by floods, health and hygiene, at least according to the classification of the Italian Civil Protection. This has occurred, or is occurring, both in the definition of the analytical apparatus of such instruments and in those forward-programmatic and prescriptive of change of government, and often, correctly, within the instruments dedicated to single out the structural component of such plans....
The effort to do, then, appears to follow up on this finding, difficult to contest, converging on the fact that from the awareness itself of the risk and from the construction and equipment, also in the shared and participated form, of new equipments and tools for risk control and management is possible to detect an unusual condition of strength of the local systems. ... Within this mission, a key role could be certainly played by the Universities and by the world of research, beginning from the units and the locations that have played a role in the formation of the instruments of reconstruction6, by opening the development and implementation also testing new communication and participatory systems, perhaps field where -with few exceptions- the experience in Abruzzo has presented so far minor innovation aspects.
Despite many and recent difficulties and delays, ordinary tools of planning, though with different degrees of focus and cogency, have for some time begun to take on the theme of territorial risk mitigation as scope of their action, often also in the integrated sense, that is as an integral sum of its seismic hydrogeological components, by floods, health and hygiene, at least according to the classification of the Italian Civil Protection. This has occurred, or is occurring, both in the definition of the analytical apparatus of such instruments and in those forward-programmatic and prescriptive of change of government, and often, correctly, within the instruments dedicated to single out the structural component of such plans....
The effort to do, then, appears to follow up on this finding, difficult to contest, converging on the fact that from the awareness itself of the risk and from the construction and equipment, also in the shared and participated form, of new equipments and tools for risk control and management is possible to detect an unusual condition of strength of the local systems. ... Within this mission, a key role could be certainly played by the Universities and by the world of research, beginning from the units and the locations that have played a role in the formation of the instruments of reconstruction6, by opening the development and implementation also testing new communication and participatory systems, perhaps field where -with few exceptions- the experience in Abruzzo has presented so far minor innovation aspects.
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La gestione del rischio territoriale è entrata da alcuni anni in alcune pratiche urbanistiche italiane, in relazione alla sempre maggiore considerazione data al tema a partire dalle vicende dell’emergenza e del post terremoto, almeno... more
La gestione del rischio territoriale è entrata da alcuni anni in alcune pratiche urbanistiche italiane, in relazione alla sempre maggiore considerazione data al tema a partire dalle vicende dell’emergenza e del post terremoto, almeno dagli anni ’90 in poi (terremoto di Umbria e Marche del 1997 e successivi).
Pur con difficoltà e ritardi sono oggi numerosi i piani urbanistici che, a differenti scale, assumono e trattano il tema del rischio territoriale, spesso anche nella sua accezione integrata – come somma integrale delle sue componenti sismiche, idrogeologiche, da alluvioni, igienico sanitario, ecc. stando almeno alla classificazione della Protezione Civile italiana - sia nelle operazioni di analisi, sia negli strumenti di governo delle trasformazioni - spesso a partire dagli strumenti dedicati a definire la parte strutturale di tali piani.
Molto spesso, l’analisi e la presa in considerazione delle condizioni di rischio territoriale costituiscono, in tali piani, la base di partenza per definire una radicale revisione delle precedenti previsioni di sviluppo urbano. Si può fare di più, provando a pensare come la mitigazione del rischio sia del tutto funzionale al ripensamento di nuovi modi di sviluppo urbano – o di post sviluppo – che mettano al primo posto il contenimento del consumo di suolo agricolo, assieme ad azioni di recupero e densificazione mirata dei tessuti esistenti, secondo modalità costruttive e tipologiche meno insostenibili di quelle fino ad oggi praticate.
Prima ancora di ciò, occorre dedicare attenzione alle modalità di comunicazione e di gestione partecipata del rischio territoriale, cogliendo anche le occasioni che oggi vengono offerte dalle nuove tecnologie e dai nuovi apparati comunicativi, sempre più aperti e interattivi.
Pur con difficoltà e ritardi sono oggi numerosi i piani urbanistici che, a differenti scale, assumono e trattano il tema del rischio territoriale, spesso anche nella sua accezione integrata – come somma integrale delle sue componenti sismiche, idrogeologiche, da alluvioni, igienico sanitario, ecc. stando almeno alla classificazione della Protezione Civile italiana - sia nelle operazioni di analisi, sia negli strumenti di governo delle trasformazioni - spesso a partire dagli strumenti dedicati a definire la parte strutturale di tali piani.
Molto spesso, l’analisi e la presa in considerazione delle condizioni di rischio territoriale costituiscono, in tali piani, la base di partenza per definire una radicale revisione delle precedenti previsioni di sviluppo urbano. Si può fare di più, provando a pensare come la mitigazione del rischio sia del tutto funzionale al ripensamento di nuovi modi di sviluppo urbano – o di post sviluppo – che mettano al primo posto il contenimento del consumo di suolo agricolo, assieme ad azioni di recupero e densificazione mirata dei tessuti esistenti, secondo modalità costruttive e tipologiche meno insostenibili di quelle fino ad oggi praticate.
Prima ancora di ciò, occorre dedicare attenzione alle modalità di comunicazione e di gestione partecipata del rischio territoriale, cogliendo anche le occasioni che oggi vengono offerte dalle nuove tecnologie e dai nuovi apparati comunicativi, sempre più aperti e interattivi.
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Questa piccola pubblicazione raccoglie i materiali preparatori e i prodotti del workshop “Progettare ... Libera!” - ideato e organizzato dal Dipartimento di Architettura di Pescara assieme all’Amministrazione Locale e ad alcune... more
Questa piccola pubblicazione raccoglie i materiali preparatori e i prodotti del workshop “Progettare ... Libera!” - ideato e organizzato dal Dipartimento di Architettura di Pescara assieme all’Amministrazione Locale e ad alcune Università italiane e straniere - nella cittadina abruzzese di Scurcola Marsicana nel mese di luglio 2013, nell’intento di orientare una strategia di recupero e di progetto d’uso di alcune proprietà confiscate alla criminalità organizzata, in conformità alle norme che regolano la gestione dei beni confiscati (utilità sociale, L.109/1996), e coerente con la straordinaria qualità ambientale e paesaggistica del territorio in cui è contenuto.
Oltre ai progetti e alle proposte maturate durante il Workshop, questo libro raccoglie anche i contributi dei docenti che hanno arricchito, con la loro presenza, l’intera esperienza didattica. Integrano infatti la raccolta di idee e i primi risultati prodotti nelle attività didattiche iniziali del corso di Fondamenti di Urbanistica (P. Rovigatti, a.a. 2012-2013), anche alcuni saggi, attorno al tema del bene comune (E. Granata, G. Barbieri) e al senso che la legalità acquista, e può acquistare nelle pratiche di governo e nei comportamenti delle persone (C. Berti, M. Tancredi).
Questo libro segna dunque l’inizio di un percorso, o meglio, sottolinea la continuazione di quello già avviato dai coraggiosi amministratori di Scurcola Marsicana, assieme ai tanti volontari delle associazioni locali e di Libera, che ogni anno organizzano campi di lavoro sui temi della legalità e della cittadinanza attiva, tenuti assieme da un’idea condivisa di bene comune, che attende ora nuovo impegno e volontà di azione da parte di quanti, ancora, vorranno aggiungersi nelle direzione intrapresa.
Restituire, presto e bene, alla comunità e alle persone, luoghi e paesaggi compromessi, attraverso atti di libertà, legalità e passione civile: é questo, in definitiva, il senso e la missione di questo testo, evocato dal titolo, Progettare ... Libera!. Anche se c’è, naturalmente, ancora molto da fare.
Ma su questo c’è già l’impegno di tutti coloro hanno contributo alla realizzazione di questa esperienza, assieme alla promessa di un impegno costante affinché anche dall’Università pubblica non venga mai meno, anche su questi temi, il contributo di idee, ricerca e supporto alle comunità e alle istituzioni locali.
Oltre ai progetti e alle proposte maturate durante il Workshop, questo libro raccoglie anche i contributi dei docenti che hanno arricchito, con la loro presenza, l’intera esperienza didattica. Integrano infatti la raccolta di idee e i primi risultati prodotti nelle attività didattiche iniziali del corso di Fondamenti di Urbanistica (P. Rovigatti, a.a. 2012-2013), anche alcuni saggi, attorno al tema del bene comune (E. Granata, G. Barbieri) e al senso che la legalità acquista, e può acquistare nelle pratiche di governo e nei comportamenti delle persone (C. Berti, M. Tancredi).
Questo libro segna dunque l’inizio di un percorso, o meglio, sottolinea la continuazione di quello già avviato dai coraggiosi amministratori di Scurcola Marsicana, assieme ai tanti volontari delle associazioni locali e di Libera, che ogni anno organizzano campi di lavoro sui temi della legalità e della cittadinanza attiva, tenuti assieme da un’idea condivisa di bene comune, che attende ora nuovo impegno e volontà di azione da parte di quanti, ancora, vorranno aggiungersi nelle direzione intrapresa.
Restituire, presto e bene, alla comunità e alle persone, luoghi e paesaggi compromessi, attraverso atti di libertà, legalità e passione civile: é questo, in definitiva, il senso e la missione di questo testo, evocato dal titolo, Progettare ... Libera!. Anche se c’è, naturalmente, ancora molto da fare.
Ma su questo c’è già l’impegno di tutti coloro hanno contributo alla realizzazione di questa esperienza, assieme alla promessa di un impegno costante affinché anche dall’Università pubblica non venga mai meno, anche su questi temi, il contributo di idee, ricerca e supporto alle comunità e alle istituzioni locali.
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This volume collects the images, preparatory studies and projects products around the activities of the International Competition for the revitalization of the square in Durres Liria, promoted by INARCH and the Forum of Adriatic and... more
This volume collects the images, preparatory studies and projects products around the activities of the International Competition for the revitalization of the square in Durres Liria, promoted by INARCH and the Forum of Adriatic and Ionian, sponsored by the Town Council of the city between July 2, 2008 and January 28, 2009 under the rule of the new Plan Urban Integrated central area, which was approved in October 2007. The competition, organized in two phases, first seen in a wide international participation (36 project participants) in the second, the development of five finalists through participatory activities and workshops, which led to the selection of the winning project, currently being running. But the competition as a whole, was also an opportunity to gather around the theme of public space and, more generally, the recovery and urban regeneration, in Durres in Albania, after many years of neglect and indifference, a vast area of experts, already working on site: archaeologists, urban planners, architects, engineers of public administration. Proving that even in turbulent Albania’s transition to a market economy and uncontrolled building development you can try to think quality and urban livability as shared core values of a new urban season (P.R.).
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Questo quaderno raccoglie i materiali, gli studi e i progetti realizzati in collaborazione tra il Comune di Anversa degli Abruzzi, la Riserva Regionale delle Gole del Sagittario, il WWF Abruzzo e un piccolo gruppo di ricercatori del... more
Questo quaderno raccoglie i materiali, gli studi e i progetti realizzati in collaborazione tra il Comune di Anversa degli Abruzzi, la Riserva Regionale delle Gole del Sagittario, il WWF Abruzzo e un piccolo gruppo di ricercatori del Dipartimento Ambiente, Reti e Territorio (ora Dipartimento di Architettura, sezione Architettura e Urbanistica) a partire dal 2006, l’anno in cui si è dato avvio - come relazione interistituzionale tra amministrazioni e Università pubblica - alla formazione del Piano di Recupero di una piccola parte, marginale ma strategica, del Centro storico di Anversa degli Abruzzi.
Alla formazione di questo Piano, si sono accompagnate, grazie anche e soprattutto all’attivismo sensibile dei partner locali, un discreto elenco di attività e di iniziative, a partire da alcune esperienze didattiche, svolte con una certa costanza da alcuni corsi della (ex) facoltà di Pescara, e sfociate anche in alcune tesi di laurea.
Se non sono ancora un bell’elenco di best pratices, quelle che da alcuni anni si vanno costruendo attorno all’esile ma vitale fiume del Sagittario, nel cuore dell’Abruzzo dei Parchi e delle Riserve - giudizio che lasciamo ad un commento esterno - certo qualcosa di inedito e di incoraggiante è successo, ad Anversa degli Abruzzi, in questi anni.
Da questo punto di vista Anversa degli Abruzzi sembra indicare una strada, non inedita in Italia e in Europa : quella della rinuncia al consumo di suolo produttivo e naturale a vantaggio di improbabili nuove edificazioni “turistiche”, e dello sviluppo dissennato di apparati energetici (per quanto rinnovabili), a vantaggio, invece, del recupero del patrimonio residenziale storico, dello sviluppo di nuove forme di residenzialità (ecovillaggio, cohousing), di forme inedite e specializzate di turismo e di presenza antropica nelle aree protette.
E’ una strada di ricerca e di sperimentazione, difficile e non esente da rischi e da prospettive di insuccesso, su cui può essere utile e rilevante il contributo dell’Università Pubblica assieme a quello delle associazioni di difesa e valorizzazione dei Beni Comuni, in una logica che non può che essere di grande partecipazione e apertura al contributo di tutti. E nella speranza che un sempre maggiore e partecipe coinvolgimento degli attori locali - abitanti, portatori di interesse, visitatori e turisti - porti presto a ulteriori azioni di progresso ecologico di questo complesso territorio, a vantaggio di chi vive e lavora nell’Abruzzo protetto, nel rispetto delle sue straordinarie qualità ambientali e culturali
P. Rovigatti, 16 agosto 2014
Piano di Recupero per l’Aia delle Piagge
Il piano è stato approvato nel 2012,
Gruppo di progettazione:
Prof. Piero Rovigatti, (responsabile scientifico), DART, Dipartimento Ambiente, Reti e Territorio, Università di Chieti-Pescara
Prof. Stefano Civitarese,
Dipartimento Scienze Giuridiche, Università di Chieti-Pescara
Prof. Pierpaolo Palka, PRICOS, Università di Chieti-Pescara
Hanno inoltre lavorato allo studio i seguenti esperti:
Arch. Taulant Dano,
Arch. Junior Valentina Leardi,
Arch. Anthony Padula
Arch. Mirko Solazzo,
Arch. Maria Di Fino,
Augusto De Sanctis.
Hanno inoltre collaborato alle attività di ricerca iniziali Luciano Di Falco, Antonio Fini, Ilaria Sferrella, Giulia Zaccari
Editing e impaginazione:
Piero Rovigatti, Marco Corsi
Alla formazione di questo Piano, si sono accompagnate, grazie anche e soprattutto all’attivismo sensibile dei partner locali, un discreto elenco di attività e di iniziative, a partire da alcune esperienze didattiche, svolte con una certa costanza da alcuni corsi della (ex) facoltà di Pescara, e sfociate anche in alcune tesi di laurea.
Se non sono ancora un bell’elenco di best pratices, quelle che da alcuni anni si vanno costruendo attorno all’esile ma vitale fiume del Sagittario, nel cuore dell’Abruzzo dei Parchi e delle Riserve - giudizio che lasciamo ad un commento esterno - certo qualcosa di inedito e di incoraggiante è successo, ad Anversa degli Abruzzi, in questi anni.
Da questo punto di vista Anversa degli Abruzzi sembra indicare una strada, non inedita in Italia e in Europa : quella della rinuncia al consumo di suolo produttivo e naturale a vantaggio di improbabili nuove edificazioni “turistiche”, e dello sviluppo dissennato di apparati energetici (per quanto rinnovabili), a vantaggio, invece, del recupero del patrimonio residenziale storico, dello sviluppo di nuove forme di residenzialità (ecovillaggio, cohousing), di forme inedite e specializzate di turismo e di presenza antropica nelle aree protette.
E’ una strada di ricerca e di sperimentazione, difficile e non esente da rischi e da prospettive di insuccesso, su cui può essere utile e rilevante il contributo dell’Università Pubblica assieme a quello delle associazioni di difesa e valorizzazione dei Beni Comuni, in una logica che non può che essere di grande partecipazione e apertura al contributo di tutti. E nella speranza che un sempre maggiore e partecipe coinvolgimento degli attori locali - abitanti, portatori di interesse, visitatori e turisti - porti presto a ulteriori azioni di progresso ecologico di questo complesso territorio, a vantaggio di chi vive e lavora nell’Abruzzo protetto, nel rispetto delle sue straordinarie qualità ambientali e culturali
P. Rovigatti, 16 agosto 2014
Piano di Recupero per l’Aia delle Piagge
Il piano è stato approvato nel 2012,
Gruppo di progettazione:
Prof. Piero Rovigatti, (responsabile scientifico), DART, Dipartimento Ambiente, Reti e Territorio, Università di Chieti-Pescara
Prof. Stefano Civitarese,
Dipartimento Scienze Giuridiche, Università di Chieti-Pescara
Prof. Pierpaolo Palka, PRICOS, Università di Chieti-Pescara
Hanno inoltre lavorato allo studio i seguenti esperti:
Arch. Taulant Dano,
Arch. Junior Valentina Leardi,
Arch. Anthony Padula
Arch. Mirko Solazzo,
Arch. Maria Di Fino,
Augusto De Sanctis.
Hanno inoltre collaborato alle attività di ricerca iniziali Luciano Di Falco, Antonio Fini, Ilaria Sferrella, Giulia Zaccari
Editing e impaginazione:
Piero Rovigatti, Marco Corsi
Research Interests:
P. Rovigatti Le Casette sulle Mura. Storie di paesaggio, beni comuni, “riqualificazione” urbana, nella sperduta provincia romana, ARACNE Editore, Roma, 2016 Una storia che parte da lontano, dal primo dopoguerra, nell’anno di costruzione... more
P. Rovigatti
Le Casette sulle Mura. Storie di paesaggio, beni comuni, “riqualificazione” urbana, nella sperduta provincia romana, ARACNE Editore, Roma, 2016
Una storia che parte da lontano, dal primo dopoguerra, nell’anno di costruzione (1946) di un piccolo quartiere di edilizia popolare a ridosso di uno dei complessi archeologici monumentali più importanti dei Castelli Romani, sulle vestigia delle “mura latine” del V secolo e di una strada romana ancora per buona parte intatta, quella che percorreva Cicerone per viaggiare dai suoi possedimenti lanuvini fino alla sua villa sul Tirreno, nel pressi della foce dell’Astura. Una storia densa di omissioni, ritardi, errori urbanistici e procedurali, che non riesce a dare risposte concrete ai problemi abitativi e sociali del popolo che abita da quasi settant’anni
il quartiere delle Casette – nomignolo dispregiativo come quello assegnato ai suoi abitanti, i “Casettari” – che descrive senza sconti e retoriche la condizione
delle case e degli spazi pubblici, la condizione sociale ed economica di chi, tuttavia, soprattutto per iniziativa e organizzazione proprie, mantiene ancora abitabile il luogo in cui è costretto a vivere. Un PRG e un Piano Particolareggiato esecutivo redatto dopo decenni di attese e di promesse che considera un’area
ad altissimo rischio archeologico e di grande esposizione paesaggistica come una qualsiasi area di periferia; un Piano attuativo che dispone la demolizione del vecchio quartiere, triplicandone le volumetrie, a pochi passi dal santuario della Madonna delle Grazie, venerato luogo di culto della comunità locale. In una cittadina
ormai abituata a delegare ogni decisione in materia di territorio e di paesaggio, forse c’è ancora tempo per esaminare gli aspetti urbanistici, edilizi, economici e sociali di questa complessa vicenda, per trasformarla in un’occasione per costruire nuove forme di cittadinanza attiva e responsabile attorno a una nuova visione comune di tutela e progresso ecologico del territorio.
Le Casette sulle Mura. Storie di paesaggio, beni comuni, “riqualificazione” urbana, nella sperduta provincia romana, ARACNE Editore, Roma, 2016
Una storia che parte da lontano, dal primo dopoguerra, nell’anno di costruzione (1946) di un piccolo quartiere di edilizia popolare a ridosso di uno dei complessi archeologici monumentali più importanti dei Castelli Romani, sulle vestigia delle “mura latine” del V secolo e di una strada romana ancora per buona parte intatta, quella che percorreva Cicerone per viaggiare dai suoi possedimenti lanuvini fino alla sua villa sul Tirreno, nel pressi della foce dell’Astura. Una storia densa di omissioni, ritardi, errori urbanistici e procedurali, che non riesce a dare risposte concrete ai problemi abitativi e sociali del popolo che abita da quasi settant’anni
il quartiere delle Casette – nomignolo dispregiativo come quello assegnato ai suoi abitanti, i “Casettari” – che descrive senza sconti e retoriche la condizione
delle case e degli spazi pubblici, la condizione sociale ed economica di chi, tuttavia, soprattutto per iniziativa e organizzazione proprie, mantiene ancora abitabile il luogo in cui è costretto a vivere. Un PRG e un Piano Particolareggiato esecutivo redatto dopo decenni di attese e di promesse che considera un’area
ad altissimo rischio archeologico e di grande esposizione paesaggistica come una qualsiasi area di periferia; un Piano attuativo che dispone la demolizione del vecchio quartiere, triplicandone le volumetrie, a pochi passi dal santuario della Madonna delle Grazie, venerato luogo di culto della comunità locale. In una cittadina
ormai abituata a delegare ogni decisione in materia di territorio e di paesaggio, forse c’è ancora tempo per esaminare gli aspetti urbanistici, edilizi, economici e sociali di questa complessa vicenda, per trasformarla in un’occasione per costruire nuove forme di cittadinanza attiva e responsabile attorno a una nuova visione comune di tutela e progresso ecologico del territorio.
Research Interests:
A. De Sanctis, P. Rovigatti, Progettare nella natura, progettare per la natura. Idee e progetti sostenibili a servizio delle aree protette e di chi le abita. Materiali del workshop di progettazione integrata “Progetti oggetti itinerari... more
A. De Sanctis, P. Rovigatti, Progettare nella natura, progettare per la natura. Idee e progetti sostenibili a servizio delle aree protette e di chi le abita. Materiali del workshop di progettazione integrata “Progetti
oggetti itinerari di sostenibilità” Pescara, Facoltà di Architettura, gennaio – febbraio 2007, Ed. Pachamama, WWF, Teramo, 2007.
Questo volume è forse qualcosa di più del catalogo dei progetti di un workshop che pure riteniamo signifi cativi
e utili, per le fi nalità iniziali che avevamo assunto e per i risultati che aspettavamo, rivelatisi in gran parte
superiori alle nostre stesse attese. Di questo diremo avanti. Guardando nel complesso l’esperienza svolta, ci
viene da pensare che questo testo rappresenti anche l’invito ad una ricerca che forse sarà opportuno fare e che
in gran parte è cominciata proprio attraverso questa esperienza.
Guardare alla “progettazione e alla realizzazione di attrezzature e di oggetti di uso pubblico a basso o nullo
impatto ambientale, a servizio dei Parchi e delle aree protette della regione Abruzzo, per migliorarne l’accesso,
la fruizione e le attività di gestione interna, e favorirne la reintegrazione e la piena aderenza ai contesti sociali
e territoriali di appartenenza, superandone la separazione attuale” (questo era l’assunto iniziale del nostro
programma, come si evince dal Bando del Concorso) non poteva infatti che comportare una serie di conseguenze,
sia sul nostro modo di pensare il progetto che sul modo di sviluppare il percorso didattico. La prima di queste era
quella di avviare la selezione di casi, di progetti di riferimento e d’esperienze in linea col nostro programma. E’
un’attività che, in effetti, assomiglia molto più ad una ricerca sperimentale, che non a quella di un laboratorio
- per quanto pure sperimentale - di progettazione.
Alla descrizione di queste conseguenze, è pure opportuno associare la descrizione di alcune paure che fi n
dall’inizio hanno accompagnato i nostri sforzi, e che molto avevano a che fare con l’ambizione del progetto
– non solo progettare ma puntare alla realizzazione dei prototipi ideati nel workshop – e con i suoi possibili esiti
modesti o limitati.
Progettare oggetti d’uso pubblico a servizio dei parchi poteva voler dire diverse cose, molte delle quali già dette,
col rischio di rinverdire nella facile retorica ambientaleggiante oggetti noti, tristemente classifi cabili nell’ambito
dell’oggettistica dell’arredo, non più urbano ma naturale. Il rischio di reinventare sedie, lampioni e panchine
o tutto il terribile armamentario dell’arredo urbano che spesso ingombra i nostri centri storici rendendo felici
molto più i produttori industriali di tali oggetti (e qualche amministratore compiacente) che non i fruitori di
questi spazi, magari secondo una nuova, supposta, estetica ecologista, era dunque ben presente in tutti noi, ed
è stata la prima cosa che abbiamo cercato in tutti i modi di evitare.
In soccorso c’è venuta la particolare condizione in cui abbiamo provato ad applicare il nostro tentativo di ricerca;
un contesto in carne ed ossa, denso di problemi e di questioni irrisolte, la fertilità di un incontro tra saperi,
pratiche e competenze diverse (dietro a questa introduzione e al progetto di questa iniziativa c’è da una parte
un ambientalista, dall’altra un ingegnere che cerca di occuparsi di territorio e di città) e anche la scoperta che
molto si sta già facendo, in campi e situazioni diverse, in merito ai temi di questo workshop.
Provare a ragionare attorno alle domande, ai desideri e ai bisogni di chi vive nei parchi, a chi li frequenta e anche
a chi li gestisce in prima persona ha fatto emergere una pluralità di temi che forse avrebbero meritato d’essere materia per molto più di un solo workshop, sia pure anticipato dall’inedita esperienza di un web workshop.
Da tali ragionamenti sono nati i tre temi che abbiamo individuato fi n nel bando iniziale:
1. progettazione di oggetti per la valorizzazione del percorsi interni all’Oasi e per il collegamento tra il giardino
botanico e il borgo antico di Anversa degli Abruzzi;
2. progettazione di oggetti destinati alla conservazione della fl ora e della fauna;
3. realizzazione di un oggetto-souvenir del Giardino Botanico dell’Oasi.
Questi temi sono poi stati motivo di prima pratica attraverso la partecipazione interattiva alla prima fase del
laboratorio, quella svolta attraverso il sito del concorso. Poco dopo sono divenuti occasione di attività, più
tradizionale, nei sei giorni di didattica frontale (lezioni, discussioni collettive, visite sul campo, lavoro in aula)
con cui abbiamo concluso l’esperienza.
Il contenuto di questo libro riassume, per brevi capitoli, con molte immagini, come compete ad un catalogo di
progetti, i diversi momenti di questo lavoro, senza voler essere esaustivo della ricerca avviata.
oggetti itinerari di sostenibilità” Pescara, Facoltà di Architettura, gennaio – febbraio 2007, Ed. Pachamama, WWF, Teramo, 2007.
Questo volume è forse qualcosa di più del catalogo dei progetti di un workshop che pure riteniamo signifi cativi
e utili, per le fi nalità iniziali che avevamo assunto e per i risultati che aspettavamo, rivelatisi in gran parte
superiori alle nostre stesse attese. Di questo diremo avanti. Guardando nel complesso l’esperienza svolta, ci
viene da pensare che questo testo rappresenti anche l’invito ad una ricerca che forse sarà opportuno fare e che
in gran parte è cominciata proprio attraverso questa esperienza.
Guardare alla “progettazione e alla realizzazione di attrezzature e di oggetti di uso pubblico a basso o nullo
impatto ambientale, a servizio dei Parchi e delle aree protette della regione Abruzzo, per migliorarne l’accesso,
la fruizione e le attività di gestione interna, e favorirne la reintegrazione e la piena aderenza ai contesti sociali
e territoriali di appartenenza, superandone la separazione attuale” (questo era l’assunto iniziale del nostro
programma, come si evince dal Bando del Concorso) non poteva infatti che comportare una serie di conseguenze,
sia sul nostro modo di pensare il progetto che sul modo di sviluppare il percorso didattico. La prima di queste era
quella di avviare la selezione di casi, di progetti di riferimento e d’esperienze in linea col nostro programma. E’
un’attività che, in effetti, assomiglia molto più ad una ricerca sperimentale, che non a quella di un laboratorio
- per quanto pure sperimentale - di progettazione.
Alla descrizione di queste conseguenze, è pure opportuno associare la descrizione di alcune paure che fi n
dall’inizio hanno accompagnato i nostri sforzi, e che molto avevano a che fare con l’ambizione del progetto
– non solo progettare ma puntare alla realizzazione dei prototipi ideati nel workshop – e con i suoi possibili esiti
modesti o limitati.
Progettare oggetti d’uso pubblico a servizio dei parchi poteva voler dire diverse cose, molte delle quali già dette,
col rischio di rinverdire nella facile retorica ambientaleggiante oggetti noti, tristemente classifi cabili nell’ambito
dell’oggettistica dell’arredo, non più urbano ma naturale. Il rischio di reinventare sedie, lampioni e panchine
o tutto il terribile armamentario dell’arredo urbano che spesso ingombra i nostri centri storici rendendo felici
molto più i produttori industriali di tali oggetti (e qualche amministratore compiacente) che non i fruitori di
questi spazi, magari secondo una nuova, supposta, estetica ecologista, era dunque ben presente in tutti noi, ed
è stata la prima cosa che abbiamo cercato in tutti i modi di evitare.
In soccorso c’è venuta la particolare condizione in cui abbiamo provato ad applicare il nostro tentativo di ricerca;
un contesto in carne ed ossa, denso di problemi e di questioni irrisolte, la fertilità di un incontro tra saperi,
pratiche e competenze diverse (dietro a questa introduzione e al progetto di questa iniziativa c’è da una parte
un ambientalista, dall’altra un ingegnere che cerca di occuparsi di territorio e di città) e anche la scoperta che
molto si sta già facendo, in campi e situazioni diverse, in merito ai temi di questo workshop.
Provare a ragionare attorno alle domande, ai desideri e ai bisogni di chi vive nei parchi, a chi li frequenta e anche
a chi li gestisce in prima persona ha fatto emergere una pluralità di temi che forse avrebbero meritato d’essere materia per molto più di un solo workshop, sia pure anticipato dall’inedita esperienza di un web workshop.
Da tali ragionamenti sono nati i tre temi che abbiamo individuato fi n nel bando iniziale:
1. progettazione di oggetti per la valorizzazione del percorsi interni all’Oasi e per il collegamento tra il giardino
botanico e il borgo antico di Anversa degli Abruzzi;
2. progettazione di oggetti destinati alla conservazione della fl ora e della fauna;
3. realizzazione di un oggetto-souvenir del Giardino Botanico dell’Oasi.
Questi temi sono poi stati motivo di prima pratica attraverso la partecipazione interattiva alla prima fase del
laboratorio, quella svolta attraverso il sito del concorso. Poco dopo sono divenuti occasione di attività, più
tradizionale, nei sei giorni di didattica frontale (lezioni, discussioni collettive, visite sul campo, lavoro in aula)
con cui abbiamo concluso l’esperienza.
Il contenuto di questo libro riassume, per brevi capitoli, con molte immagini, come compete ad un catalogo di
progetti, i diversi momenti di questo lavoro, senza voler essere esaustivo della ricerca avviata.
Research Interests:
Italia e Cile, pur così distanti in senso geografico, hanno vissuto in anni recenti esperienze per molti aspetti comuni. In Italia, il terremoto dell’Aquila e dell’Abruzzo interno del 6 aprile 2009 ha interessato non solo il capoluogo, ma... more
Italia e Cile, pur così distanti in senso geografico, hanno vissuto in anni recenti esperienze per molti aspetti comuni.
In Italia, il terremoto dell’Aquila e dell’Abruzzo interno del 6 aprile 2009 ha interessato non solo il capoluogo, ma anche piccoli comuni densi di valori storici e culturali.
In Cile, il terremoto-tsunami del 27 febbraio 2010 ha colpito una vasta zona centrale, la più popolosa del paese.
A tali catastrofi, causa di danni ingenti alle popolazioni e alle cose, hanno fatto seguito sforzi generosi – tanto dei governi centrali e locali che
delle comunità – indirizzati alla ricostruzione in primo luogo delle abitazioni, nel tentativo di dare pronta soluzione al problema dei senza casa.
All’interno di processi di ricostruzione, ancora in corso, e che presentano vistose differenze di contesto e di capacità di risposta all’emergenza, è evidente tuttavia la necessità e l’opportunità di considerare la ricostruzione post terremoto come occasione per innalzare le condizioni di sicurezza
delle persone, delle attività e delle cose e per avviare processi di rivitalizzazione di contesti socio-economici già gravati, in particolare nel caso abruzzese, da vistosi processi di degrado e abbandono.
Pianificare la sicurezza delle persone e delle cose, mitigando la vulnerabilità degli edifici e dei sistemi urbani e territoriali, favorire la rivitalizzazione socio-economica degli insediamenti colpiti dalla catastrofe costituiscono dunque la base comune di riferimento su cui caratterizzare l’attività, motivo di una recente missione in Cile avviata in cooperazione tra il Dipartimento di Architettura dell’Università di Chieti - Pescara, la Pontificia Universidad Católica de Chile e il Ministerio de Vivienda y Urbanismo de Chile, di cui documenta questo instant book.
Questo libro rende visibili e confrontabili i primi risultati di una collaborazione, sfociata nell’organizzazione di due workshop, a Santiago del Cile, a Pescara, nel 2013,che ora attende solo di essere rafforzata attraverso nuovi progetti e programmi di ricerca comuni.
Testi e contributi conoscitivi di:
Carlo Pozzi, Dipartimento di Architettura di Pescara
Piero Rovigatti, Dipartimento di Architettura di Pescara
Enrico Spacone, Dipartimento di Ingegneria e Geologia di Pescara
Paola Branciaroli, architetto, dottore di ricerca in Architettura
Enrico Ciccozzi, architetto, dottore di ricerca in Urbanistica
Giovanni De Benedittis, architetto
Monia Perrone, architetto, PHD, Dipartimento di Ingegneria di Pescara
Lina Calandra, Università dell’Aquila
Alessio Di Giulio, Centro di educazione ambientale di Fontecchio
Costanza Quintana, Pontificia Universidad Católica de Chile
Paula Ramorino Guzmán, Pontificia Universidad Católica de Chile
Antonia Chamy Scarella, Ministerio de Vivienda y Urbanismo de Chile
Pablo Ivelic Zulueta, Ministerio de Vivienda y Urbanismo de Chile
In Italia, il terremoto dell’Aquila e dell’Abruzzo interno del 6 aprile 2009 ha interessato non solo il capoluogo, ma anche piccoli comuni densi di valori storici e culturali.
In Cile, il terremoto-tsunami del 27 febbraio 2010 ha colpito una vasta zona centrale, la più popolosa del paese.
A tali catastrofi, causa di danni ingenti alle popolazioni e alle cose, hanno fatto seguito sforzi generosi – tanto dei governi centrali e locali che
delle comunità – indirizzati alla ricostruzione in primo luogo delle abitazioni, nel tentativo di dare pronta soluzione al problema dei senza casa.
All’interno di processi di ricostruzione, ancora in corso, e che presentano vistose differenze di contesto e di capacità di risposta all’emergenza, è evidente tuttavia la necessità e l’opportunità di considerare la ricostruzione post terremoto come occasione per innalzare le condizioni di sicurezza
delle persone, delle attività e delle cose e per avviare processi di rivitalizzazione di contesti socio-economici già gravati, in particolare nel caso abruzzese, da vistosi processi di degrado e abbandono.
Pianificare la sicurezza delle persone e delle cose, mitigando la vulnerabilità degli edifici e dei sistemi urbani e territoriali, favorire la rivitalizzazione socio-economica degli insediamenti colpiti dalla catastrofe costituiscono dunque la base comune di riferimento su cui caratterizzare l’attività, motivo di una recente missione in Cile avviata in cooperazione tra il Dipartimento di Architettura dell’Università di Chieti - Pescara, la Pontificia Universidad Católica de Chile e il Ministerio de Vivienda y Urbanismo de Chile, di cui documenta questo instant book.
Questo libro rende visibili e confrontabili i primi risultati di una collaborazione, sfociata nell’organizzazione di due workshop, a Santiago del Cile, a Pescara, nel 2013,che ora attende solo di essere rafforzata attraverso nuovi progetti e programmi di ricerca comuni.
Testi e contributi conoscitivi di:
Carlo Pozzi, Dipartimento di Architettura di Pescara
Piero Rovigatti, Dipartimento di Architettura di Pescara
Enrico Spacone, Dipartimento di Ingegneria e Geologia di Pescara
Paola Branciaroli, architetto, dottore di ricerca in Architettura
Enrico Ciccozzi, architetto, dottore di ricerca in Urbanistica
Giovanni De Benedittis, architetto
Monia Perrone, architetto, PHD, Dipartimento di Ingegneria di Pescara
Lina Calandra, Università dell’Aquila
Alessio Di Giulio, Centro di educazione ambientale di Fontecchio
Costanza Quintana, Pontificia Universidad Católica de Chile
Paula Ramorino Guzmán, Pontificia Universidad Católica de Chile
Antonia Chamy Scarella, Ministerio de Vivienda y Urbanismo de Chile
Pablo Ivelic Zulueta, Ministerio de Vivienda y Urbanismo de Chile
Research Interests:
Gli spazi dell'accoglienza e dell'incontro dell'Università pubblica, dopo COVID 19/The Public University's hospitalities and meeting spaces, after COVID 19 Concorso internazionale di idee per studenti di architettura, ingegneria e design... more
Gli spazi dell'accoglienza e dell'incontro dell'Università pubblica, dopo COVID 19/The Public University's hospitalities and meeting spaces, after COVID 19 Concorso internazionale di idee per studenti di architettura, ingegneria e design per la rigenerazione e rifunzionalizzazione degli spazi aperti a servizio delle mense e delle residenze universitarie dell'ADSU di Chieti e Pescara International competition of ideas for students of architecture, engineering and design for the regeneration and re-functionalization of open spaces serving the canteens and university residences of ADSU in Chieti and Pescara INSIDE/OUTSIDE! The Public University's hospitalities and meeting spaces, after COVID 19 International competition of ideas for students of architecture, engineering and design for the regeneration and re-functionalization of open spaces serving the canteens and university residences of ADSU in Chieti and Pescara Pescara and Chieti
Research Interests:
Gli spazi dell'accoglienza e dell'incontro dell'Università pubblica, dopo COVID 19/The Public University's hospitalities and meeting spaces, after COVID 19 Concorso internazionale di idee per studenti di architettura, ingegneria e design... more
Gli spazi dell'accoglienza e dell'incontro dell'Università pubblica, dopo COVID 19/The Public University's hospitalities and meeting spaces, after COVID 19 Concorso internazionale di idee per studenti di architettura, ingegneria e design per la rigenerazione e rifunzionalizzazione degli spazi aperti a servizio delle mense e delle residenze universitarie dell'ADSU di Chieti e Pescara International competition of ideas for students of architecture, engineering and design for the regeneration and re-functionalization of open spaces serving the canteens and university residences of ADSU in Chieti and Pescara INSIDE/OUTSIDE! Gli spazi dell'accoglienza e dell'incontro dell'Università pubblica, dopo COVID 19/The Public University's hospitalities and meeting spaces, after COVID 19 Concorso internazionale di idee per studenti di architettura, ingegneria e design per la rigenerazione e rifunzionalizzazione degli spazi aperti a servizio delle mense e delle residenze universitarie dell'ADSU di Chieti e Pescara International competition of ideas for students of architecture, engineering and design for the regeneration and re-functionalization of open spaces serving the canteens and university residences of ADSU in Chieti and Pescara
Research Interests:
La rigenerazione dei beni comuni urbani come strumento di inclusione sociale e empowerment delle comunità. Esperienze di ricerca, partecipazione, didattica per la critica attiva delle disuguaglianze urbane nella periferia meri-dionale di... more
La rigenerazione dei beni comuni urbani come strumento di inclusione sociale e empowerment delle comunità. Esperienze di ricerca, partecipazione, didattica per la critica attiva delle disuguaglianze urbane nella periferia meri-dionale di Pescara Abstract. La rigenerazione urbana delle periferie-luoghi di disuguaglianza, prima ancora che periferie geografiche e sociali-deve accompagnarsi all'indi-viduazione, la descrizione e la misura di tali disuguaglianze, e in particolare di quelle che riguardano la dotazione e l'accesso ai beni comuni urbani-scuole, parchi, biblioteche pubbliche, presidi sanitari, strutture per l'infanzia, spazi e servizi pubblici-intesi, oltre che come elementi essenziali del welfare, come luoghi e strutture legati all'esercizio dei diritti fondamentali di cittadinanza (S. Rodotà, 2015). Un buon processo di rigenerazione urbana nasce in primo luogo attraverso percorsi condivisi di indagine, in termini di dati, descrizioni, rappre-sentazioni grafiche. In secondo luogo, può e deve essere indirizzato alla cura e al potenziamento dei beni comuni urbani-scuole, spazi pubblici, parchi e aree verdi, biblioteche e altri luoghi della cultura e delle relazioni sociali-favoren-done il pieno accesso e la massima fruizione, in particolare per quelli rivolti e indirizzati all'infanzia e all'adolescenza, con azioni dirette, semplici, efficaci, e condivise. La rigenerazione urbana, intesa come insieme di azioni di diversa na-tura e settore di intervento, ben calibrate tra loro, capaci di rivitalizzare in senso generale territori segnati da disuguaglianze, affinché assuma reale efficacia, contribuendo alla riduzione effettiva di tali disuguaglianze, deve mettere as-sieme pratiche innovative di governo amministrativo, e di cittadinanza attiva, all'interno di nuove logiche di sussidiarietà orizzontale, peraltro sempre più favorite , oggi, da recenti innovazioni legislative e amministrative. Tali pratiche devono aprire maggiori spazi alla partecipazione diretta, informata, degli abi-tanti e delle associazioni di base, per la cura condivisa e la custodia attiva di tali beni. Il contributo prova a sviluppare tali ipotesi a partire dalle esperienze svolte dall'autore attorno alle realtà urbane della 'periferia' meridionale di Pescara e al racconto critico delle vicende che hanno segnato, negli ultimi anni, l'azione di diversi soggetti attivi nella rigenerazione di tali contesti-le amministrazioni comunali di Pescara, le Scuole, l'Università, ma anche il vasto ed eterogeneo insieme di associazioni del terzo settore all'opera in tali contesti urbani. Tale storia si interseca, con molte discontinuità ma anche con alcune significative insistenze, con alcuni percorsi didattici svolti all'interno della cattedra di Urba
Research Interests:
"Il Piano Cultura Futuro Urbano è un progetto del MiBAC-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che nasce per promuovere iniziative culturali nelle periferie delle città metropolitane e nei capoluoghi di provincia di tutta Italia.... more
"Il Piano Cultura Futuro Urbano è un progetto del MiBAC-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che nasce per promuovere iniziative culturali nelle periferie delle città metropolitane e nei capoluoghi di provincia di tutta Italia. Un Piano d'azione di 25 milioni di euro entro il 2021, che finanzierà la realizzazione di nuovi servizi con l'obiettivo di migliorare la qualità della vita dell'intera collettività urbana, donando nuova personalità a scuole, biblioteche e opere pubbliche rimaste incompiute. Un progetto intersettoriale d'avanguardia che invita alla collaborazione civica, un patto con la società civile che mira a promuovere le condizioni per cui i cittadini possano coltivare i propri talenti, non solo in ambito strettamente culturale ma anche umano". Questo piano costituisce all'oggi lo sforzo maggiore prodotto da una importante e innovativo dipartimento pubblico italiano, l'attuale Direzione Generale Creatività Contemporanea e Rigenerazione urbana, già Direzione Generale Arte, Architettura e Periferie, nato in seno al MIBAC, che da alcuni anni ha avviato, in Italia, una inedita azione di promozione culturale, a cavallo tra campi disciplinari diversi e in genere separati, elaborando "numerose ricerche ed iniziative in tema di catalogazione e inventariazione di arte e di architettura, nonché un'analisi conoscitiva dello status quaestionis delle periferie italiane", assieme alla promozione di bandi pubblici indirizzati a promuovere tramite azioni pilota nuove forme di attenzione all'interno del dibattito sulla riqualificazione e rigenerazione delle città. Il paper prova a formulare un primo bilancio critico di tale esperienza, ancora in corso, a partire anche da alcune esperienze dirette-bando Cineperiferie 2017, Bando Biblioteca Casa di Quartiere, 2019-riflettendo sulle molte opportunità, punti di forza, ma anche debolezze e rischi che questo nuovo genere di approccio sembra riservare all'interno del più generale dibattito italiano e internazionale sulla rigenerazione urbana degli ambienti urbani marginali e maggiormente segnati da condizioni di disuguaglianza ed esclusione sociale.
Research Interests:
59th Congress of the European Regional Science Association Lyon, 27 30 august 2019 Special Session Manteinance and regeneration of the territory and cities as an opportunity for their ecological transformation Transizione economica,... more
59th Congress of the European Regional Science Association
Lyon, 27 30 august 2019
Special Session
Manteinance and regeneration of the territory and cities as an opportunity for their ecological transformation
Transizione economica, riassetto e progresso territoriale nei territori del post conflitto armato colombiano.
Un’analisi delle condizioni di contesto e dello stato di attuazione del contenuti di pianificazione territoriale dell’Accordo di pace 2016, attraverso lo studio di caso di San Josè del Guaviare, veredas di Charrasguera e ETCR a Charras.
KEY WORKS
Transizione al post fossile, processo di pace, sviluppo rurale, progresso ecologico, Colombia
ABSTRACT
ABSTRACT
L’accordo sottoscritto all’Avana, nel 2016, tra le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) e il Governo centrale della Colombia, una delle nazioni emergenti a livello economico e sociale dell’America Latina, culla di biodiversità e risorse naturale, non sta soltanto cercando di chiudere oltre cinquant’anni di conflitti sociali, ambientali, economici e militari, dando fine, forse per sempre, ad una stagione di guerra densa di crimini e di tragiche conseguenze per le popolazioni civili, per lungo tempo creduta infinita. Ha anche messo nero su bianco un lungo elenco di impegni tra le parti in conflitto, tra i quali emergono con forza quelli di natura economico territoriale, destinati, nelle intenzioni dei contraenti l’accordo, a disegnare un nuovo assetto strategico in vaste regioni del paese, a prevalente valenza agricola e silvo pastorale.
Lyon, 27 30 august 2019
Special Session
Manteinance and regeneration of the territory and cities as an opportunity for their ecological transformation
Transizione economica, riassetto e progresso territoriale nei territori del post conflitto armato colombiano.
Un’analisi delle condizioni di contesto e dello stato di attuazione del contenuti di pianificazione territoriale dell’Accordo di pace 2016, attraverso lo studio di caso di San Josè del Guaviare, veredas di Charrasguera e ETCR a Charras.
KEY WORKS
Transizione al post fossile, processo di pace, sviluppo rurale, progresso ecologico, Colombia
ABSTRACT
ABSTRACT
L’accordo sottoscritto all’Avana, nel 2016, tra le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) e il Governo centrale della Colombia, una delle nazioni emergenti a livello economico e sociale dell’America Latina, culla di biodiversità e risorse naturale, non sta soltanto cercando di chiudere oltre cinquant’anni di conflitti sociali, ambientali, economici e militari, dando fine, forse per sempre, ad una stagione di guerra densa di crimini e di tragiche conseguenze per le popolazioni civili, per lungo tempo creduta infinita. Ha anche messo nero su bianco un lungo elenco di impegni tra le parti in conflitto, tra i quali emergono con forza quelli di natura economico territoriale, destinati, nelle intenzioni dei contraenti l’accordo, a disegnare un nuovo assetto strategico in vaste regioni del paese, a prevalente valenza agricola e silvo pastorale.
Research Interests:
ABSTRACT L’accordo sottoscritto all’Avana, nel 2016, tra le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) e il Governo centrale della Colombia, una delle nazioni emergenti a livello economico e sociale dell’America Latina, culla di... more
ABSTRACT
L’accordo sottoscritto all’Avana, nel 2016, tra le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) e il Governo centrale della Colombia, una delle nazioni emergenti a livello economico e sociale dell’America Latina, culla di biodiversità e risorse naturale, non sta soltanto cercando di chiudere oltre cinquant’anni di conflitti sociali, ambientali, economici e militari, dando fine, forse per sempre, ad una stagione di guerra densa di crimini e di tragiche conseguenze per le popolazioni civili, per lungo tempo creduta infinita. Ha anche messo nero su bianco un lungo elenco di impegni tra le parti in conflitto, tra i quali emergono con forza quelli di natura economico territoriale, destinati, nelle intenzioni dei contraenti l’accordo, a disegnare un nuovo assetto strategico in vaste regioni del paese, a prevalente valenza agricola e silvo pastorale. Impegni, e strumenti, che si rivolgono, in particolare, verso la così detta Colombia profonda (F. Diaz Diaz. D. Unigarro, 2018), quella larga parte del paese che nei lunghi anni del conflitto armato ha costituito un territorio a parte, terra in gran parte di esodo e di abbandono, per lungo tempo separata e distante dalle grandi aree urbane, dove nei lunghi anni del conflitto armato più intenso, si è anche concentrata una moltitudine crescente di nuovi coloni, attratti dalle nuove economie generate dal conflitto, in gran parte illegali; un territorio ancora oggi parte a se stante del territorio nazionale, in cui lo Stato non sembra tuttora in grado di affermare il proprio controllo, dove forme latenti di conflitto armato sembrano riemergere e riaffermare l’irriducibilità storica di un conflitto che si fonda su nodi tuttora irrisolti, che vedono come protagonisti, e molto spesso ancora come vittime, differenti gruppi di popolazioni, come popolazioni indigene, contadini e coloni bianchi, aggrediti dallo sviluppo di nuove economie basate soprattutto sul ritorno del latifondo agrario e di allevamento.
Perché l’accordo di pace del 2016 è anche e soprattutto, almeno sulla carta, un condensato importante di impegni di nuova programmazione e di pianificazione; prova ne è che al suo interno la parola “piano” - intesa sia in termini di programma socio economico di sviluppo e rinascita, sia anche come programma di opere di evidente significato e valore territoriale - compaia in forme ripetute e costanti. Ad esempio, riguardo a numerosi strumenti di livello nazionale, per lo sviluppo di diversi tipi di infrastrutture civili, o per la difesa dal rischio integrale, o per diversi piani e programmi a sostegno delle comunità rurali, vere vittime perenni del conflitto, assieme ai popoli nativi, in attesa di risarcimento.
Ma a tre anni dalla firma di tale accordo, qual è oggi lo stato di progettazione e attuazione di questi programmi, e in che modo tali programmi hanno provato a concepire, e a mettere in agenda, un’idea di nuovo progetto di territorio, legata ad una ipotesi di transizione economica, di riassetto territoriale e progresso ecologico nei territori del post conflitto armato colombiano?
In sostanza, l’Accordo di Pace sta costruendo un paese nuovo, più equo e inclusivo, e maggiormente sostenibile, o sta avvenendo altro?
Il paper prova a rispondere a tale domanda a partire dall’esame delle condizioni di contesto e dall’analisi dei programmi di governo pubblico territoriale, posti a confronto con i radicali processi di transizione economica e territoriale in corso, a partire dall’analisi di una condizione territoriale definita, di cui si è avuta recente esperienza, relativa al caso di studio del dipartimento del Guaviare, posto a soglia della regione Amazzonica colombiana, e nello specifico nelle veredas di Charrasquera e Charras, nel comune di San Josè del Guaviare, oggetto di un recente workshop internazionale di progettazione partecipata. Esperienza che viene qui illustrata come esperienza di interesse, anche verso nuovi, auspicabili percorsi di transizione al post fossile (e al superamento dell’economia cocalera) che potrebbero in futuro trovare svolgimento qui e in altre regioni del paese.
L’ipotesi che si avanza, anche aldilà della reale portata delle (fin qui modeste) azioni pubbliche messe in atto in questa regione da parte dei governi centrale e locali, così come più in generale nell’intero paese, è che l’occasione della pace rappresenti, nel caso in questione - e per estensione, per molti territori simili, di cui è piena la nazione colombiana e le regioni del sottosviluppo - ancora oggi, e non per molto, una formidabile occasione per sperimentare, attraverso la partecipazione e l’azione dal basso, modelli inediti di transizione al post fossile e di nuovo progresso sociale ed ecologico. La difesa dello straordinario valore ambientale di questi territori passa, però, attraverso la difesa di chi abita questi territori, a cui deve essere riconosciuto, anche attraverso misure di sostegno straordinarie, il ruolo di abitante custode, attore protagonista della trasformazione e della riconversione ecologica di terre e di luoghi ancora profondamente segnati dal conflitto armato appena concluso.
L’accordo sottoscritto all’Avana, nel 2016, tra le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) e il Governo centrale della Colombia, una delle nazioni emergenti a livello economico e sociale dell’America Latina, culla di biodiversità e risorse naturale, non sta soltanto cercando di chiudere oltre cinquant’anni di conflitti sociali, ambientali, economici e militari, dando fine, forse per sempre, ad una stagione di guerra densa di crimini e di tragiche conseguenze per le popolazioni civili, per lungo tempo creduta infinita. Ha anche messo nero su bianco un lungo elenco di impegni tra le parti in conflitto, tra i quali emergono con forza quelli di natura economico territoriale, destinati, nelle intenzioni dei contraenti l’accordo, a disegnare un nuovo assetto strategico in vaste regioni del paese, a prevalente valenza agricola e silvo pastorale. Impegni, e strumenti, che si rivolgono, in particolare, verso la così detta Colombia profonda (F. Diaz Diaz. D. Unigarro, 2018), quella larga parte del paese che nei lunghi anni del conflitto armato ha costituito un territorio a parte, terra in gran parte di esodo e di abbandono, per lungo tempo separata e distante dalle grandi aree urbane, dove nei lunghi anni del conflitto armato più intenso, si è anche concentrata una moltitudine crescente di nuovi coloni, attratti dalle nuove economie generate dal conflitto, in gran parte illegali; un territorio ancora oggi parte a se stante del territorio nazionale, in cui lo Stato non sembra tuttora in grado di affermare il proprio controllo, dove forme latenti di conflitto armato sembrano riemergere e riaffermare l’irriducibilità storica di un conflitto che si fonda su nodi tuttora irrisolti, che vedono come protagonisti, e molto spesso ancora come vittime, differenti gruppi di popolazioni, come popolazioni indigene, contadini e coloni bianchi, aggrediti dallo sviluppo di nuove economie basate soprattutto sul ritorno del latifondo agrario e di allevamento.
Perché l’accordo di pace del 2016 è anche e soprattutto, almeno sulla carta, un condensato importante di impegni di nuova programmazione e di pianificazione; prova ne è che al suo interno la parola “piano” - intesa sia in termini di programma socio economico di sviluppo e rinascita, sia anche come programma di opere di evidente significato e valore territoriale - compaia in forme ripetute e costanti. Ad esempio, riguardo a numerosi strumenti di livello nazionale, per lo sviluppo di diversi tipi di infrastrutture civili, o per la difesa dal rischio integrale, o per diversi piani e programmi a sostegno delle comunità rurali, vere vittime perenni del conflitto, assieme ai popoli nativi, in attesa di risarcimento.
Ma a tre anni dalla firma di tale accordo, qual è oggi lo stato di progettazione e attuazione di questi programmi, e in che modo tali programmi hanno provato a concepire, e a mettere in agenda, un’idea di nuovo progetto di territorio, legata ad una ipotesi di transizione economica, di riassetto territoriale e progresso ecologico nei territori del post conflitto armato colombiano?
In sostanza, l’Accordo di Pace sta costruendo un paese nuovo, più equo e inclusivo, e maggiormente sostenibile, o sta avvenendo altro?
Il paper prova a rispondere a tale domanda a partire dall’esame delle condizioni di contesto e dall’analisi dei programmi di governo pubblico territoriale, posti a confronto con i radicali processi di transizione economica e territoriale in corso, a partire dall’analisi di una condizione territoriale definita, di cui si è avuta recente esperienza, relativa al caso di studio del dipartimento del Guaviare, posto a soglia della regione Amazzonica colombiana, e nello specifico nelle veredas di Charrasquera e Charras, nel comune di San Josè del Guaviare, oggetto di un recente workshop internazionale di progettazione partecipata. Esperienza che viene qui illustrata come esperienza di interesse, anche verso nuovi, auspicabili percorsi di transizione al post fossile (e al superamento dell’economia cocalera) che potrebbero in futuro trovare svolgimento qui e in altre regioni del paese.
L’ipotesi che si avanza, anche aldilà della reale portata delle (fin qui modeste) azioni pubbliche messe in atto in questa regione da parte dei governi centrale e locali, così come più in generale nell’intero paese, è che l’occasione della pace rappresenti, nel caso in questione - e per estensione, per molti territori simili, di cui è piena la nazione colombiana e le regioni del sottosviluppo - ancora oggi, e non per molto, una formidabile occasione per sperimentare, attraverso la partecipazione e l’azione dal basso, modelli inediti di transizione al post fossile e di nuovo progresso sociale ed ecologico. La difesa dello straordinario valore ambientale di questi territori passa, però, attraverso la difesa di chi abita questi territori, a cui deve essere riconosciuto, anche attraverso misure di sostegno straordinarie, il ruolo di abitante custode, attore protagonista della trasformazione e della riconversione ecologica di terre e di luoghi ancora profondamente segnati dal conflitto armato appena concluso.
Research Interests:
Da diversi anni, le relazioni che legano il mio Dipartimento di Archi- tettura con la Facultad de Ciencias de l’’Habitat dell’Universidad La Salle di Bogotà producono occasioni sempre più interessanti di ricerca e di scambio didattico.... more
Da diversi anni, le relazioni che legano il mio Dipartimento di Archi- tettura con la Facultad de Ciencias de l’’Habitat dell’Universidad La Salle di Bogotà producono occasioni sempre più interessanti di ricerca e di scambio didattico. Questo rapporto, nato inizialmente per motivi di pura rendicontazione amministrativa, ha voluto anche quest’anno colorarsi di immagini, mappe, resoconti di viaggio, analisi e bilanci
di esperienze che arricchiscono, sempre di più, tanto gli studenti che ne prendono parte, quanto chi, da parte docente, ne assume respon- sabilità e impegni diretti. L’idea è quella, anche quest’anno, di fissare non solo memorie di viaggio, pensieri e riflessioni a caldo, ma anche avviare da subito - prima che questi diventino materia di pubblica- zioni scientifiche o programmi di tesi e di ricerca - la disseminazione immediata di queste esperienze. E ciò, principalmente, all’interno della nostra comunità scientifica, tra i nostri studenti e colleghi di dipartimento invitandone di nuovi alla scoperta di questa affascinante scena di cooperazione internazionale. Ma anche all’esterno , come oc- casione di riflessione comune, immediata, e di scambio reciproco con i parter colombiani e delle altre univesità straniere che compongono
la rete Red Habitat, composta dalla Facultad de Ciencias de l’Habitat, Universidad La Salle (Laura Sanabria, Liliana Giraldo, già preside del- la Facoltà, Mario Tancredi, e i nuovi arrivati nella convenzione, come Freddy Diaz Diaz, e Daniel Urugarro, e Carlos Hernandez, nuovo pre- side della facoltà), dalla Faculty of Applied Science della Hochschule Ostwestfalen-Lippe, Detmold (resp. Prof. Urb. Arq. Martin Hoelscher) e dal Dipartimento di Architettura dell’Università G. d’Annunzio
di Chieti-Pescara. E’ a tutti questi che va il ringraziamento per aver avuto modo, anche quest’anno di compiere tante positive esperienze,
di esperienze che arricchiscono, sempre di più, tanto gli studenti che ne prendono parte, quanto chi, da parte docente, ne assume respon- sabilità e impegni diretti. L’idea è quella, anche quest’anno, di fissare non solo memorie di viaggio, pensieri e riflessioni a caldo, ma anche avviare da subito - prima che questi diventino materia di pubblica- zioni scientifiche o programmi di tesi e di ricerca - la disseminazione immediata di queste esperienze. E ciò, principalmente, all’interno della nostra comunità scientifica, tra i nostri studenti e colleghi di dipartimento invitandone di nuovi alla scoperta di questa affascinante scena di cooperazione internazionale. Ma anche all’esterno , come oc- casione di riflessione comune, immediata, e di scambio reciproco con i parter colombiani e delle altre univesità straniere che compongono
la rete Red Habitat, composta dalla Facultad de Ciencias de l’Habitat, Universidad La Salle (Laura Sanabria, Liliana Giraldo, già preside del- la Facoltà, Mario Tancredi, e i nuovi arrivati nella convenzione, come Freddy Diaz Diaz, e Daniel Urugarro, e Carlos Hernandez, nuovo pre- side della facoltà), dalla Faculty of Applied Science della Hochschule Ostwestfalen-Lippe, Detmold (resp. Prof. Urb. Arq. Martin Hoelscher) e dal Dipartimento di Architettura dell’Università G. d’Annunzio
di Chieti-Pescara. E’ a tutti questi che va il ringraziamento per aver avuto modo, anche quest’anno di compiere tante positive esperienze,
Research Interests:
Atlante fotografico MISSIONE COLOMBIA LAB 2018 Questo atante/istallazione audiovisiva, racconta, come un taccuino aperto alla fine di un viaggio, luoghi, persone e fatti incontrati nel corso della missione annuale condotta in Colombia da... more
Atlante fotografico MISSIONE COLOMBIA LAB 2018
Questo atante/istallazione audiovisiva, racconta, come un taccuino aperto alla fine di un viaggio, luoghi, persone e fatti incontrati nel corso della missione annuale condotta in Colombia da una selezione di studenti del corso di laurea in Architettura, accompagnati dal responsabile della Convenzione Internazionale tra l’Università di Chieti e Pescara nello scorso mese di ottobre.
Luoghi, persone, fatti incontrati durante 16 giorni di intense attività didattiche e assieme di ricerca, assieme ai docenti partner della Facultad de Ciencias de l’Habitat, Freddy Diaz Diaz, Daniel Unigarro, che hanno accompagnato e condotto la delegazione italiana fino ai confini della Colombia ‘profonda’, inaugurando un nuovo percorso di ricerca didattica e scientifica, all’interno delle nuove occasioni offerte, in tali luoghi, dal processo di pace in corso.
Luoghi, persone, fatti, architetture incontrati poi, successivamente assieme a Laura Sanabria, Liliana Giraldo, Xi- mena Samper, Tomas Neu, Alvaro Rodriguez, Carlos Ramirez, Helmut Ramos Calonge, all’interno di un fitto percorso di indagini e osservazioni urbane sulle architetture e le periferie urbane della capitale Bogotà, svolto nella seconda parte della missione.
Questa istallazione nasce dunque con l’intenzione di condividere con l’intera comunità scientifica che frequenta la galleria di viale Pindaro - studenti, docenti del Dipartimento di Architettura, ma anche degli altri dipartimenti che compongono il Polo Universitario di Pescara e Chieti - alcune delle emozioni, e delle scoperte, e delle prime conoscenze guadagnate sul campo, durante questa straordinaria esperienza di metà ottobre.
Tutto ciò costituisce, anche, la base iconografica del rapporto di ricerca che l’equipe di ricerca internazionale, composta dai docenti citati, sta elaborando a corredo del programma di ricerca “Charrasquera, Colombia profonda, pensando el territorio veredal”, e della mostra in corso di elaborazione, in collaborazione con Adele Fiadino, sull’opera e l’esperienza dell’architetto Herman Samper, realizzata nell’arco della sua lunghissima carriera professionale ed accademica, nelle periferie e nel centro storico di Bogotà.
La Colombia è un paese straordinario, per condizioni di natura, storia, e umanità che la abita.
Oltre a questa considerazione, facilmente riscontrabile attraverso la vista delle immagini di questa istallazione, va aggiunta la particolare condizione che tale paese sta vivendo: la fine di un lunghissimo periodo di guerra civile, che ne ha imprigionato e distorto lo sviluppo moderno, e l’apertura di un difficile ma ormai inarrestabile processo di transizione alla pace, che non può che passare per il superamento progressivo delle enormi disuguaglianze sociali che ancora caratterizzano il suo assetto socio economico. Non c’è pace, non ci sarà pace, anche in Co- lombia, senza giustizia ed maggior equità sociale, non ci sarà transizione alla pace, e al progresso, sociale ed economico, senza una contemporanea transizione del modello di sviluppo attuale verso nuove forme di maggiore sostenibilità ambientale e sociale, attraverso il superamento delle economie del passato, legate allo sfruttamento delle risorse fossili, e a quelle legate anche alle economie criminali.
E’ in discussione, in Colombia, - come peraltro in molte altre parti del mondo - la definizione di un modello di riorga- nizzazione e sviluppo urbano e territoriale dove tutto è in gioco, e dove anche l’architettura e l’urbanistica possono giocare un ruolo importante, come “dispositivi” per la pace e il progresso condiviso.
E’ questa la lezione che ci viene da questo paese, è questa la proposta, assieme di ricerca e di lavoro sul campo, che ci viene offerta dai nostri colleghi dell’Università La Salle, e che vogliamo condividere, alla fine di questo anno acca- demico, poco prima di dare avvio al nuovo programma di cooperazione interuniversitaria che ci vedrà ancora attivi, con sempre maggiore entusiasmo, nel condividere con studenti, docenti, associazioni del terzo settore, comunità locali, programmi e progetti di cooperazione didattica, scientifica, di aiuto allo sviluppo comunitario, equo e solidale. Occasioni di ricerca, di tesi di laurea, di attività di tirocinio in Italia e all’estero, come mostrano le ultime immagini e i pannelli finali di questa breve esposizione.
Hanno partecipato all’esperienza qui raccolta gli studenti italliani:
Rosita Bilanzone, Cecilia Cazzato, Ludovica Simionato, Antonio Valletta,
e gli studenti colombiani:
Daniela Campo Toloza, Erika Andrea Preciado Barajas, Paula Andrea Cárdenas Camacho, Pablo Enrique Cabezas Díaz, Laura Daniela Florez Aranguren.
Piero Rovigatti, Dd’A, responsabile International Agreement UNICH Freddy Diaz Diaz(**), Universidad de La Salle,
responsabile International Agreement La Salle University
Segreteria organizzativa:
Piero Rovigatti, +39 333 4921762 - e-mail: p.rovigatti@unich.it
Questo atante/istallazione audiovisiva, racconta, come un taccuino aperto alla fine di un viaggio, luoghi, persone e fatti incontrati nel corso della missione annuale condotta in Colombia da una selezione di studenti del corso di laurea in Architettura, accompagnati dal responsabile della Convenzione Internazionale tra l’Università di Chieti e Pescara nello scorso mese di ottobre.
Luoghi, persone, fatti incontrati durante 16 giorni di intense attività didattiche e assieme di ricerca, assieme ai docenti partner della Facultad de Ciencias de l’Habitat, Freddy Diaz Diaz, Daniel Unigarro, che hanno accompagnato e condotto la delegazione italiana fino ai confini della Colombia ‘profonda’, inaugurando un nuovo percorso di ricerca didattica e scientifica, all’interno delle nuove occasioni offerte, in tali luoghi, dal processo di pace in corso.
Luoghi, persone, fatti, architetture incontrati poi, successivamente assieme a Laura Sanabria, Liliana Giraldo, Xi- mena Samper, Tomas Neu, Alvaro Rodriguez, Carlos Ramirez, Helmut Ramos Calonge, all’interno di un fitto percorso di indagini e osservazioni urbane sulle architetture e le periferie urbane della capitale Bogotà, svolto nella seconda parte della missione.
Questa istallazione nasce dunque con l’intenzione di condividere con l’intera comunità scientifica che frequenta la galleria di viale Pindaro - studenti, docenti del Dipartimento di Architettura, ma anche degli altri dipartimenti che compongono il Polo Universitario di Pescara e Chieti - alcune delle emozioni, e delle scoperte, e delle prime conoscenze guadagnate sul campo, durante questa straordinaria esperienza di metà ottobre.
Tutto ciò costituisce, anche, la base iconografica del rapporto di ricerca che l’equipe di ricerca internazionale, composta dai docenti citati, sta elaborando a corredo del programma di ricerca “Charrasquera, Colombia profonda, pensando el territorio veredal”, e della mostra in corso di elaborazione, in collaborazione con Adele Fiadino, sull’opera e l’esperienza dell’architetto Herman Samper, realizzata nell’arco della sua lunghissima carriera professionale ed accademica, nelle periferie e nel centro storico di Bogotà.
La Colombia è un paese straordinario, per condizioni di natura, storia, e umanità che la abita.
Oltre a questa considerazione, facilmente riscontrabile attraverso la vista delle immagini di questa istallazione, va aggiunta la particolare condizione che tale paese sta vivendo: la fine di un lunghissimo periodo di guerra civile, che ne ha imprigionato e distorto lo sviluppo moderno, e l’apertura di un difficile ma ormai inarrestabile processo di transizione alla pace, che non può che passare per il superamento progressivo delle enormi disuguaglianze sociali che ancora caratterizzano il suo assetto socio economico. Non c’è pace, non ci sarà pace, anche in Co- lombia, senza giustizia ed maggior equità sociale, non ci sarà transizione alla pace, e al progresso, sociale ed economico, senza una contemporanea transizione del modello di sviluppo attuale verso nuove forme di maggiore sostenibilità ambientale e sociale, attraverso il superamento delle economie del passato, legate allo sfruttamento delle risorse fossili, e a quelle legate anche alle economie criminali.
E’ in discussione, in Colombia, - come peraltro in molte altre parti del mondo - la definizione di un modello di riorga- nizzazione e sviluppo urbano e territoriale dove tutto è in gioco, e dove anche l’architettura e l’urbanistica possono giocare un ruolo importante, come “dispositivi” per la pace e il progresso condiviso.
E’ questa la lezione che ci viene da questo paese, è questa la proposta, assieme di ricerca e di lavoro sul campo, che ci viene offerta dai nostri colleghi dell’Università La Salle, e che vogliamo condividere, alla fine di questo anno acca- demico, poco prima di dare avvio al nuovo programma di cooperazione interuniversitaria che ci vedrà ancora attivi, con sempre maggiore entusiasmo, nel condividere con studenti, docenti, associazioni del terzo settore, comunità locali, programmi e progetti di cooperazione didattica, scientifica, di aiuto allo sviluppo comunitario, equo e solidale. Occasioni di ricerca, di tesi di laurea, di attività di tirocinio in Italia e all’estero, come mostrano le ultime immagini e i pannelli finali di questa breve esposizione.
Hanno partecipato all’esperienza qui raccolta gli studenti italliani:
Rosita Bilanzone, Cecilia Cazzato, Ludovica Simionato, Antonio Valletta,
e gli studenti colombiani:
Daniela Campo Toloza, Erika Andrea Preciado Barajas, Paula Andrea Cárdenas Camacho, Pablo Enrique Cabezas Díaz, Laura Daniela Florez Aranguren.
Piero Rovigatti, Dd’A, responsabile International Agreement UNICH Freddy Diaz Diaz(**), Universidad de La Salle,
responsabile International Agreement La Salle University
Segreteria organizzativa:
Piero Rovigatti, +39 333 4921762 - e-mail: p.rovigatti@unich.it
Research Interests:
Da diversi anni, le relazioni che legano il mio Dipartimento di Architettura con la Facultad de Ciencias de l’’Habitat dell’Universidad La Salle di Bogotà producono occasioni sempre più interessanti di ricerca e di scambio didattico.... more
Da diversi anni, le relazioni che legano il mio Dipartimento di Architettura con la Facultad de Ciencias de l’’Habitat dell’Universidad La Salle di Bogotà producono occasioni sempre più interessanti di
ricerca e di scambio didattico. Questo rapporto, nato inizialmente per motivi di pura rendicontazione amministrativa, ha voluto quest’anno
colorarsi anche di immagini, resoconti di viaggio, analisi e bilanci di esperienze che arricchiscono ogni anno tanto gli studenti che ne prendono parte, quanto chi, da parte docente, ne assume responsabilità e impegni diretti. L’idea è stata quella di fissare non solo memorie di viaggio, pensieri e riflessioni a caldo, ma anche avviare da subito - prima che questi diventino materia di pubblicazioni scientifiche o programmi di tesi e di ricerca - la disseminazione immediata di queste esperienze. E ciò, principalmente, all’interno della nostra comunità scientifica, tra i nostri studenti e colleghi di dipartimento, invitandone di nuovi alla scoperta di questa affascinante scena di cooperazione internazionale. Ma anche all’esterno , come occasione di riflessione comune, immediata, e di scambio reciproco con i parter colombiani e delle altre univesità straniere che compongono la rete Red Habitat, composta dalla Facultad de Ciencias de l’Habitat, Universidad La Salle (Laura Sanabria, Liliana Giraldo, Mario Tancredi), dalla Faculty of Applied Science della Hochschule Ostwestfalen-Lippe, Det- mold (resp. Prof. Urb. Arq. Martin Hoelscher) e dal Dipartimento di Architettura dell’Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara. E’ a tutti questi che va il ringraziamento per aver avuto modo, anche quest’an- no di compiere tante positive esperienze, con l’augurio di realizzare nell’anno che viene ancora di nuove, e di migliori.
(P. R., 8 gennaio 2018)
ricerca e di scambio didattico. Questo rapporto, nato inizialmente per motivi di pura rendicontazione amministrativa, ha voluto quest’anno
colorarsi anche di immagini, resoconti di viaggio, analisi e bilanci di esperienze che arricchiscono ogni anno tanto gli studenti che ne prendono parte, quanto chi, da parte docente, ne assume responsabilità e impegni diretti. L’idea è stata quella di fissare non solo memorie di viaggio, pensieri e riflessioni a caldo, ma anche avviare da subito - prima che questi diventino materia di pubblicazioni scientifiche o programmi di tesi e di ricerca - la disseminazione immediata di queste esperienze. E ciò, principalmente, all’interno della nostra comunità scientifica, tra i nostri studenti e colleghi di dipartimento, invitandone di nuovi alla scoperta di questa affascinante scena di cooperazione internazionale. Ma anche all’esterno , come occasione di riflessione comune, immediata, e di scambio reciproco con i parter colombiani e delle altre univesità straniere che compongono la rete Red Habitat, composta dalla Facultad de Ciencias de l’Habitat, Universidad La Salle (Laura Sanabria, Liliana Giraldo, Mario Tancredi), dalla Faculty of Applied Science della Hochschule Ostwestfalen-Lippe, Det- mold (resp. Prof. Urb. Arq. Martin Hoelscher) e dal Dipartimento di Architettura dell’Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara. E’ a tutti questi che va il ringraziamento per aver avuto modo, anche quest’an- no di compiere tante positive esperienze, con l’augurio di realizzare nell’anno che viene ancora di nuove, e di migliori.
(P. R., 8 gennaio 2018)
Research Interests:
Piano di assetto naturalistico per la Riserva Regionale dei Calanchi di Atri P. Rovigatti pp. 240, figure e tavole Contributi di Dante Caserta, Adriano De Ascentiis, Maria Colleluori, Caterina Sciarra, Egidio De Luca, Serena Ciabò,... more
Piano di assetto naturalistico per la Riserva Regionale dei Calanchi di Atri
P. Rovigatti
pp. 240, figure e tavole
Contributi di Dante Caserta, Adriano De Ascentiis, Maria Colleluori, Caterina Sciarra, Egidio De Luca, Serena Ciabò, Augusto De Sanctis, Cesare Crocetti, Gino Marcone, Giovanni De Benedittis, Isida Duka,
Curatore del volume, responsabile scientifico del Piano, autore della maggior parte dei testi e degli elaborati grafici , il volume contiene anche diversi contributi d'autore (Dante Caserta, Adriano De Ascentiis, Maria Colleluori, Caterina Sciarra, Egidio De Luca, Serena Ciabò, Augusto De Sanctis, Cesare Crocetti, Gino Marcone, Giovanni De Benedittis, Isida Duka)
Abstract
Questo quaderno raccoglie i materiali, gli studi e i progetti che compongono lo Studio di fattibilità per formazione del Piano di Assetto Naturalistico della Riserva Regionale dei Calanchi di Atri. Questo studio, realizzato in collaborazione tra il Comune di Atri, la Riserva Regionale dei Calanchi di Atri, il Dipartimento di Scienze Naturali, Università di Camerino, il WWF Abruzzo e un piccolo gruppo di ricercatori del Dipartimento Ambiente, Reti e Territorio (ora Dipartimento di Architettura, sezione Architettura e Urbanistica) ha preso avvio nel 2009, all’interno della relazione inter istituzionale che ha coinvolto diverse amministrazioni e Università pubbliche.
Il Piano, pur completo nella sua formazione già nel 2011, è stato adottato dall’amministrazione comunale nel 2016.
Piano di Assetto Naturalistico della Riserva Regionale dei Calanchi di Atri
R.U.P. e coordinamento:
Arch. Gino Marcone (Ufficio Urbanistico Comunale di Atri)
Coordinamento scientifico generale: Prof. Piero Rovigatti (DART, Ud’A)
Consulenze scientifiche:
Dipartimento di Scienze Naturali dell’Università di Camerino:
Prof. Fabio Conti, con F. Bartolucci, M. Iocchi
DART, facoltà di Architettura, Università di Chieti – Pescara:
Prof. Piero Rovigatti, con archh. G.De Benedittis, M. Colleluori, I. Duka, M. Colleluori
WWF Abruzzo: A. De Sanctis, dott. C. Sciarra, A. De Ascentiis, C. Crocetti, S. Ciabò, D. Caserta.
Comune di Atri: Arch. Gino Marcone, Arch. E.De Luca (Consulente esterno)
Siti di riferimento:
http://www.comune.atri.te.it/index.asp?todo=protette
http:// www. riservacalanchidiatri.it
Consulente SIT: Elena Fioretti
Elaborazioni in ambiente GIS - SIT: Isida Duka, Elena Fioretti, Piero Rovigatti
Segreteria: Ufficio Urbanistico Comunale di Atri
Comunicazione: Caterina Marina Sciarra
Progetto grafico: Piero Rovigatti
Editing e impaginazione: Piero Rovigatti
P. Rovigatti
pp. 240, figure e tavole
Contributi di Dante Caserta, Adriano De Ascentiis, Maria Colleluori, Caterina Sciarra, Egidio De Luca, Serena Ciabò, Augusto De Sanctis, Cesare Crocetti, Gino Marcone, Giovanni De Benedittis, Isida Duka,
Curatore del volume, responsabile scientifico del Piano, autore della maggior parte dei testi e degli elaborati grafici , il volume contiene anche diversi contributi d'autore (Dante Caserta, Adriano De Ascentiis, Maria Colleluori, Caterina Sciarra, Egidio De Luca, Serena Ciabò, Augusto De Sanctis, Cesare Crocetti, Gino Marcone, Giovanni De Benedittis, Isida Duka)
Abstract
Questo quaderno raccoglie i materiali, gli studi e i progetti che compongono lo Studio di fattibilità per formazione del Piano di Assetto Naturalistico della Riserva Regionale dei Calanchi di Atri. Questo studio, realizzato in collaborazione tra il Comune di Atri, la Riserva Regionale dei Calanchi di Atri, il Dipartimento di Scienze Naturali, Università di Camerino, il WWF Abruzzo e un piccolo gruppo di ricercatori del Dipartimento Ambiente, Reti e Territorio (ora Dipartimento di Architettura, sezione Architettura e Urbanistica) ha preso avvio nel 2009, all’interno della relazione inter istituzionale che ha coinvolto diverse amministrazioni e Università pubbliche.
Il Piano, pur completo nella sua formazione già nel 2011, è stato adottato dall’amministrazione comunale nel 2016.
Piano di Assetto Naturalistico della Riserva Regionale dei Calanchi di Atri
R.U.P. e coordinamento:
Arch. Gino Marcone (Ufficio Urbanistico Comunale di Atri)
Coordinamento scientifico generale: Prof. Piero Rovigatti (DART, Ud’A)
Consulenze scientifiche:
Dipartimento di Scienze Naturali dell’Università di Camerino:
Prof. Fabio Conti, con F. Bartolucci, M. Iocchi
DART, facoltà di Architettura, Università di Chieti – Pescara:
Prof. Piero Rovigatti, con archh. G.De Benedittis, M. Colleluori, I. Duka, M. Colleluori
WWF Abruzzo: A. De Sanctis, dott. C. Sciarra, A. De Ascentiis, C. Crocetti, S. Ciabò, D. Caserta.
Comune di Atri: Arch. Gino Marcone, Arch. E.De Luca (Consulente esterno)
Siti di riferimento:
http://www.comune.atri.te.it/index.asp?todo=protette
http:// www. riservacalanchidiatri.it
Consulente SIT: Elena Fioretti
Elaborazioni in ambiente GIS - SIT: Isida Duka, Elena Fioretti, Piero Rovigatti
Segreteria: Ufficio Urbanistico Comunale di Atri
Comunicazione: Caterina Marina Sciarra
Progetto grafico: Piero Rovigatti
Editing e impaginazione: Piero Rovigatti
Research Interests:
Carta archeologica delle bambine e dei bambini (Carta dei Beni Comuni) Progetto ludo-didattico, a cura dell'Osservatorio Beni Comuni Castelli Romani in collaborazione con Istituto Comprensivo Didattico Marianna Dionigi, Lanuvio (RM)... more
Carta archeologica delle bambine e dei bambini
(Carta dei Beni Comuni)
Progetto ludo-didattico, a cura dell'Osservatorio Beni Comuni Castelli
Romani in collaborazione con Istituto Comprensivo Didattico Marianna
Dionigi, Lanuvio (RM)
Ideazione e cura del progetto: Lucia Corazza, Elena Fioretti, Marco
Corsi, Piero Rovigatti
Abstract
Il progetto di costruzione di una carta archeologica ad uso dell'infanzia
nasce nell'ambito della collaborazione tra l'Osservatorio Beni Comuni Castelli Romani e le insegnanti della scuola primaria dell'Istituto Comprensivo Didattico Marianna Dionigi di Lanuvio.
L'idea iniziale è quella di svolgere una esperienza a carattere prevalentemente
ludico e formativo, tesa ad avviare nei piccoli soggetti a cui è indirizzata - gli alunni dell'ultimo anno della scuola elementare - un processo di scoperta, apprendimento e capacità di valutazione critica del valore del patrimonio culturale e ambientale del
proprio territorio di vita.
Il progetto, inizialmente pensato per la semplice realizzazione di una mappa a carattere divulgativo dei luoghi di maggiore interesse archeologico del territorio, si è poi strutturato in un programma di attività più complesse, grazie anche all'interazione diretta con i bambini e le insegnanti.
Le tappe e i primi risultati di questo progetto sono illustrati e descritti dalle immagini e dai testi che si riportano a seguire.
"ISTRUZIONI PER L’USO
Questa che hai in mano è la Carta dei Beni Comuni realizzata dai bambini e dalle bambine della classe V c.
Sai cosa sono i “beni comuni”? Sono le cose che abbiamo di più prezioso, perchè hanno a che fare con i diritti fondamentali di tutti, e logicamente, anche dei bambini e delle bambini! Hanno a che fare con il diritto all’’istruzione, alla cultura, allo spazio libero, alla socialità, allo stare bene insieme, al crescere in una città vivibile, che mantiene e protegge, con la collaborazione di tutti, i suoi monumenti più preziosi. E’ per questo che trovi, in questa mappa, torri, fontane, ponti antichi, mura latine, santuari romani e chiese. E’ ciò che abbiamo segnato sulle mappe che trovi alla base del nostro lavoro, e che poi abbiamo rappresentato con i nostri disegni, divertendoci a scoprire un po’ della loro storia. Se le cerchi, puoi trovare i nostri disegni anche come cartoline illustratate che potrai spedire ad uno o più amici, invitandoli a visitare Lanuvio.
Comprandole, ci aiuti a finanziare questo progetto, e quelli che realizzeremo assieme ai nostri insegnanti e all’Osservatorio Beni Comuni dei Castelli Romani. Ora comincia a usare questa mappa, per raggiungere i luoghi più belli e preziosi.
Benvenuto a Lanuvio! Ti auguriamo una bella visita."
(Carta dei Beni Comuni)
Progetto ludo-didattico, a cura dell'Osservatorio Beni Comuni Castelli
Romani in collaborazione con Istituto Comprensivo Didattico Marianna
Dionigi, Lanuvio (RM)
Ideazione e cura del progetto: Lucia Corazza, Elena Fioretti, Marco
Corsi, Piero Rovigatti
Abstract
Il progetto di costruzione di una carta archeologica ad uso dell'infanzia
nasce nell'ambito della collaborazione tra l'Osservatorio Beni Comuni Castelli Romani e le insegnanti della scuola primaria dell'Istituto Comprensivo Didattico Marianna Dionigi di Lanuvio.
L'idea iniziale è quella di svolgere una esperienza a carattere prevalentemente
ludico e formativo, tesa ad avviare nei piccoli soggetti a cui è indirizzata - gli alunni dell'ultimo anno della scuola elementare - un processo di scoperta, apprendimento e capacità di valutazione critica del valore del patrimonio culturale e ambientale del
proprio territorio di vita.
Il progetto, inizialmente pensato per la semplice realizzazione di una mappa a carattere divulgativo dei luoghi di maggiore interesse archeologico del territorio, si è poi strutturato in un programma di attività più complesse, grazie anche all'interazione diretta con i bambini e le insegnanti.
Le tappe e i primi risultati di questo progetto sono illustrati e descritti dalle immagini e dai testi che si riportano a seguire.
"ISTRUZIONI PER L’USO
Questa che hai in mano è la Carta dei Beni Comuni realizzata dai bambini e dalle bambine della classe V c.
Sai cosa sono i “beni comuni”? Sono le cose che abbiamo di più prezioso, perchè hanno a che fare con i diritti fondamentali di tutti, e logicamente, anche dei bambini e delle bambini! Hanno a che fare con il diritto all’’istruzione, alla cultura, allo spazio libero, alla socialità, allo stare bene insieme, al crescere in una città vivibile, che mantiene e protegge, con la collaborazione di tutti, i suoi monumenti più preziosi. E’ per questo che trovi, in questa mappa, torri, fontane, ponti antichi, mura latine, santuari romani e chiese. E’ ciò che abbiamo segnato sulle mappe che trovi alla base del nostro lavoro, e che poi abbiamo rappresentato con i nostri disegni, divertendoci a scoprire un po’ della loro storia. Se le cerchi, puoi trovare i nostri disegni anche come cartoline illustratate che potrai spedire ad uno o più amici, invitandoli a visitare Lanuvio.
Comprandole, ci aiuti a finanziare questo progetto, e quelli che realizzeremo assieme ai nostri insegnanti e all’Osservatorio Beni Comuni dei Castelli Romani. Ora comincia a usare questa mappa, per raggiungere i luoghi più belli e preziosi.
Benvenuto a Lanuvio! Ti auguriamo una bella visita."
Research Interests:
La sezione prova a mettere sotto osservazione l’esperienza svolta negli ultimi tre decenni (1990-2018) – in termini di politiche, piani, progetti attuati o realizzati - dalle città della regione adriatica balcanica attraversate dai... more
La sezione prova a mettere sotto osservazione l’esperienza svolta negli ultimi tre decenni (1990-2018) – in termini di politiche, piani, progetti attuati o realizzati - dalle città della regione adriatica balcanica attraversate dai processi di transizione all’economia di mercato (area balcanica) e dalla crisi economica internazionale, e al modo in cui le stesse città si stanno attrezzando verso il traguardo della transizione dell’era post fossile e dell’adeguamento al cambiamento climatico. L’attenzione è rivolta, in particolare, alle conseguenze che l’adesione a tale nuovo scenario - l’abbandono delle fonti energetiche di origine fossile, all’interno di un contrasto diffuso al cambiamento climatico realizzato dalle città e nelle città, anche in contrasto alle politiche nazionali, come dimostra il caso americano - potrà produrre in termini di maggior benessere collettivo, mitigazione delle diseguaglianze, nuova e migliore organizzazione urbana (mobilità, spazi pubblici, beni comuni urbani) delle comunità.
Lo sguardo, in particolare, è indirizzato ad una valutazione critica e documentata sulle capacità già dimostrate dalle città negli anni passati nei tentativi di dare governo ai processi di trasformazioni urbana e territoriale originati da tale crisi, ma anche e soprattutto sulle ripercussioni di tali politiche sull’organizzazione e l’efficacia del welfare urbano in termini di salvaguardia, cura e nuova produzione di beni comuni urbani, e al miglioramento del benessere collettivo , equo e solidale degli abitanti.
Tale bilancio, raramente tentato nell’analisi delle vicende urbane e urbanistiche di tali città, si coniuga anche ad uno sguardo al presente e al futuro, riguardo alle nuove prospettive che sembrano offrirsi al governo delle città della regione adriatica balcanica che sapranno cogliere la sfida del superamento del modello attuale di sviluppo, ancora sostanzialmente impostato sull’uso massivo delle risorse non rinnovabili, sul consumo di suolo urbano e sui processi di accumulazione delle rendite urbane e immobiliari, parassitarie e spesso interne a circuiti illegali o addirittura criminali, o all’interno di ristrette elites, nazionali e internazionali, verso un’idea del benessere orientata all’equità e alla sostenibilità (BES, ISTAT, 2017).
Lo sguardo, in particolare, è indirizzato ad una valutazione critica e documentata sulle capacità già dimostrate dalle città negli anni passati nei tentativi di dare governo ai processi di trasformazioni urbana e territoriale originati da tale crisi, ma anche e soprattutto sulle ripercussioni di tali politiche sull’organizzazione e l’efficacia del welfare urbano in termini di salvaguardia, cura e nuova produzione di beni comuni urbani, e al miglioramento del benessere collettivo , equo e solidale degli abitanti.
Tale bilancio, raramente tentato nell’analisi delle vicende urbane e urbanistiche di tali città, si coniuga anche ad uno sguardo al presente e al futuro, riguardo alle nuove prospettive che sembrano offrirsi al governo delle città della regione adriatica balcanica che sapranno cogliere la sfida del superamento del modello attuale di sviluppo, ancora sostanzialmente impostato sull’uso massivo delle risorse non rinnovabili, sul consumo di suolo urbano e sui processi di accumulazione delle rendite urbane e immobiliari, parassitarie e spesso interne a circuiti illegali o addirittura criminali, o all’interno di ristrette elites, nazionali e internazionali, verso un’idea del benessere orientata all’equità e alla sostenibilità (BES, ISTAT, 2017).
Research Interests:
La sezione prova a mettere sotto osservazione l'esperienza svolta negli ultimi tre decenni (1990-2018) – in termini di politiche, piani, progetti attuati o realizzati-dalle città della regione adriatica balcanica attraversate dai processi... more
La sezione prova a mettere sotto osservazione l'esperienza svolta negli ultimi tre decenni (1990-2018) – in termini di politiche, piani, progetti attuati o realizzati-dalle città della regione adriatica balcanica attraversate dai processi di transizione all'economia di mercato (area balcanica) e dalla crisi economica internazionale, e al modo in cui le stesse città si stanno attrezzando verso il traguardo della transizione dell'era post fossile e dell'adeguamento al cambiamento climatico. L'attenzione è rivolta, in particolare, alle conseguenze che l'adesione a tale nuovo scenario-l'abbandono delle fonti energetiche di origine fossile, all'interno di un contrasto diffuso al cambiamento climatico realizzato dalle città e nelle città, anche in contrasto alle politiche nazionali, come dimostra il caso americano-potrà produrre in termini di maggior benessere collettivo, mitigazione delle diseguaglianze, nuova e migliore organizzazione urbana (mobilità, spazi pubblici, beni comuni urbani) delle comunità. Lo sguardo, in particolare, è indirizzato ad una valutazione critica e documentata sulle capacità già dimostrate dalle città negli anni passati nei tentativi di dare governo ai processi di trasformazioni urbana e territoriale originati da tale crisi, ma anche e soprattutto sulle ripercussioni di tali politiche sull'organizzazione e l'efficacia del welfare urbano in termini di salvaguardia, cura e nuova produzione di beni comuni urbani, e al miglioramento del benessere collettivo1, equo e solidale degli abitanti. Tale bilancio, raramente tentato nell'analisi delle vicende urbane e urbanistiche di tali città, si coniuga anche ad uno sguardo al presente e al futuro, riguardo alle nuove prospettive che sembrano offrirsi al governo delle città della regione adriatica balcanica che sapranno cogliere la sfida del superamento del modello attuale di sviluppo, ancora sostanzialmente impostato sull'uso massivo delle risorse non rinnovabili, sul consumo di suolo urbano e sui processi di accumulazione delle rendite urbane e immobiliari, parassitarie e spesso interne a circuiti illegali o addirittura criminali, o all'interno di ristrette 1 BES, ISTAT, http://www.misuredelbenessere.it/index.php?id=38
Research Interests:
... sulle strade della storia e della natura Prime proposte per la progettazione partecipata di una rete di itinerari ciclo pedonali integrati alle reti ecologiche tra i beni diffusi del patrimonio storico e culturale della Valle... more
... sulle strade della storia e della natura
Prime proposte per la progettazione partecipata di una rete di itinerari ciclo pedonali integrati alle reti ecologiche tra i beni diffusi
del patrimonio storico e culturale della Valle dell’Astura
(da Satricum al Mausoleo di Menotti Garibaldi a Carano, per il Casale Pontificio di Campoverde/Campomorto, a Conca - Borgo Montello, ed oltre ...)
Piero Rovigatti, Dipartimento Ambiente, Reti e Territorio, Università di Chieti e Pescara, p.rovigatti@unich.it
L’idea del progetto è di collegare con un percorso ciclabile attrezzato alcune delle principali emergenze storico culturali e naturalistiche del territorio dell’Astura, rafforzando la rete ecologica provinciale, in corso di definizione. Tale percorso si innesta sul principale asse di collegamento infrastrutturale del Sud pontino, la SS 48, offrendosi come occasione di visita e di esperienza sostenibile per i turisti che transitano su tale via, diretti dalla capitale verso le mete turistiche della costa (Parco nazionale del Circeo, litorale pontino e domiziano).
L’itinerario, ad uso principalmente ciclistico e pedonale, eventualmente potenziato nella stagione estiva da sistemi di mobilità collettiva sostenibile (mini bus a metano o elettrici), parte dalla località di Campoverde, nel comune di Aprilia, dove si lega alla valorizzazione dell’antico borgo , già Campomorto, e si articola in due tratti: il primo, di circa 5 km, raggiunge il sito di Carano Garibaldi, sede del mausoleo novecentesco di Menotti Garibaldi, dando visibilità e accesso alternativo ad una meta poco valorizzata del territorio apriliano, interessante anche da un punto naturalistico, passando in sede propria sulla sponda sinistra del canale lungo via della Crocetta, e poi in parte in sede mista sulla strada provinciale da Crocetta di Carano. Il secondo tratto collega invece Campoverde con il casale di Vigna Murata, di cui si ipotizza il pieno recupero a funzione pubblica (ostello della Gioventù e sala convegni, secondo il programma originario), in sede mista, superando la SS.48, per poi raggiungere la meta finale del Parco Archeologico di Satricum. E’ ipotizzabile che tale percorso possa trovare naturale congiunzione con l’itinerario naturalistico lungo il corso del fiume Astura, previsto dal progetto “SPACE - Progetto Pilota Parco Satricum”, o attraverso l’istituzione di un percorso ciclabile in sede mista tra il sito archeologico di Satricum e quello di Torre Astura. Il progetto, allo stato iniziale di contributo di idee, viene presentato nell’ipotesi di costituire un tavolo di discussione tra i soggetti istituzionali coinvolti, aperto alla partecipazione informata delle associazioni di difesa di interesse comune, dei cittadini e dei portatori di interesse locale (Aziende e imprese produttive locali, associazioni di categoria, Aziende Agrituristiche e agricole).
Prime proposte per la progettazione partecipata di una rete di itinerari ciclo pedonali integrati alle reti ecologiche tra i beni diffusi
del patrimonio storico e culturale della Valle dell’Astura
(da Satricum al Mausoleo di Menotti Garibaldi a Carano, per il Casale Pontificio di Campoverde/Campomorto, a Conca - Borgo Montello, ed oltre ...)
Piero Rovigatti, Dipartimento Ambiente, Reti e Territorio, Università di Chieti e Pescara, p.rovigatti@unich.it
L’idea del progetto è di collegare con un percorso ciclabile attrezzato alcune delle principali emergenze storico culturali e naturalistiche del territorio dell’Astura, rafforzando la rete ecologica provinciale, in corso di definizione. Tale percorso si innesta sul principale asse di collegamento infrastrutturale del Sud pontino, la SS 48, offrendosi come occasione di visita e di esperienza sostenibile per i turisti che transitano su tale via, diretti dalla capitale verso le mete turistiche della costa (Parco nazionale del Circeo, litorale pontino e domiziano).
L’itinerario, ad uso principalmente ciclistico e pedonale, eventualmente potenziato nella stagione estiva da sistemi di mobilità collettiva sostenibile (mini bus a metano o elettrici), parte dalla località di Campoverde, nel comune di Aprilia, dove si lega alla valorizzazione dell’antico borgo , già Campomorto, e si articola in due tratti: il primo, di circa 5 km, raggiunge il sito di Carano Garibaldi, sede del mausoleo novecentesco di Menotti Garibaldi, dando visibilità e accesso alternativo ad una meta poco valorizzata del territorio apriliano, interessante anche da un punto naturalistico, passando in sede propria sulla sponda sinistra del canale lungo via della Crocetta, e poi in parte in sede mista sulla strada provinciale da Crocetta di Carano. Il secondo tratto collega invece Campoverde con il casale di Vigna Murata, di cui si ipotizza il pieno recupero a funzione pubblica (ostello della Gioventù e sala convegni, secondo il programma originario), in sede mista, superando la SS.48, per poi raggiungere la meta finale del Parco Archeologico di Satricum. E’ ipotizzabile che tale percorso possa trovare naturale congiunzione con l’itinerario naturalistico lungo il corso del fiume Astura, previsto dal progetto “SPACE - Progetto Pilota Parco Satricum”, o attraverso l’istituzione di un percorso ciclabile in sede mista tra il sito archeologico di Satricum e quello di Torre Astura. Il progetto, allo stato iniziale di contributo di idee, viene presentato nell’ipotesi di costituire un tavolo di discussione tra i soggetti istituzionali coinvolti, aperto alla partecipazione informata delle associazioni di difesa di interesse comune, dei cittadini e dei portatori di interesse locale (Aziende e imprese produttive locali, associazioni di categoria, Aziende Agrituristiche e agricole).
Research Interests:
L’ipotesi generale della ricerca proposta guarda dunque ai tratturi come una particolare tipologia di bene comune, da sottoporre a cura e a custodia, oltre che oggetto di tutela, come spazio pubblico identitario delle comunità,... more
L’ipotesi generale della ricerca proposta guarda dunque ai tratturi come una particolare tipologia di bene comune, da sottoporre a cura e a custodia, oltre che oggetto di tutela, come spazio pubblico identitario delle comunità, interrogandosi sulle questioni degli usi pubblici e collettivi legittimi e auspicabili, affinchè il ruolo assegnato di bene comune realizzi appieno la sua missione a vantaggio della piena valorizzazione delle comunità locali e delle persone, secondo i principi affermati dall’art. 3 della Costituzione.
Research Interests:
OCA nasce come spazio pubblico digitale, all’interno dell’Università Pubblica, strumento di servizio alla partecipazione attiva per la produzione e la condivisione di conoscenze sul tema dei beni comuni, banco di raccolta e incontro di... more
OCA nasce come spazio pubblico digitale, all’interno dell’Università Pubblica, strumento di servizio alla partecipazione attiva per la produzione e la condivisione di conoscenze sul tema dei beni comuni, banco di raccolta e incontro di saperi esperti, prodotti all'interno delle istituzioni (Open Data) ma anche e soprattutto di saperi comuni, prodotti all'interno della società civile. Documenta e raccoglie atti e azioni di cittadinanza attiva e di sussidiarietà dal basso, condotti da singoli cittadini o da loro associazioni. Nasce anche come strumento di aiuto e supporto critico alle pubbliche amministrazioni, aperte ai nuovi modelli dell'open government e dell'amministrazione condivisa.
Pubblicato in Urbanistica Dossier Il Paese che vorrei 2.0/The town I would like 2.0, a cura di Marichela Sepe, ATTI/PROCEEDINGS MULTIMEDIA EVENT INU Congress 2016. WOrkshop Biennial of Public Space 2017, 011 rivista monografica online, INU Edizioni, ISBN 978-88-7603-158-8
Pubblicato in Urbanistica Dossier Il Paese che vorrei 2.0/The town I would like 2.0, a cura di Marichela Sepe, ATTI/PROCEEDINGS MULTIMEDIA EVENT INU Congress 2016. WOrkshop Biennial of Public Space 2017, 011 rivista monografica online, INU Edizioni, ISBN 978-88-7603-158-8