Sabina

La stesura dell’inventario del fondo dell’Archivio notarile di Monterotondo, conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, ha permesso di individuare in modo imprevisto, all’interno di protocolli notarili, i due inventari dei beni del Palazzo qui pubblicati per la prima volta. Alcuni, invece, erano già noti attraverso le citazioni del fondamentale lavoro di P. N. Pagliara oppure nella trascrizione a cura del Centro Regionale di Documentazione o ancora nella parziale edizione di M. Aronberg-Lavin incentrata sulle opere d’arte. Si propongono ora nove inventari completi compresi tra il 1636 e il 1868 non privi di elementi sorprendenti come i 216 quadri che elencano. La funzione che gli oggetti dovevano ricoprire, sia pure intesi nell’accezione precisa di “bene”, doveva essere importante se ha determinato il proliferare di elenchi e istrumenti notarili che li fissano, restituendone parte del significato. Il rapporto tra l’uomo del passato e l’oggetto era più significativo di quello del contemporaneo espresso attraverso il consumo, che ne condiziona utilizzo e possesso, per cui la “dignità legale” del bene si restringe al solo oggetto di valore, mentre, nel Seicento e nei secoli successivi, gli elenchi presentano oggetti che per noi sarebbero assolutamente trascurabili. Il loro passaggio da un individuo all’altro implicava il perdurare del significato simbolico dell’appartenenza, confermata negli anni e quindi potenziata nel valore. Il senso di questa proiezione temporale si coglie nel Palazzo di Monterotondo quando certi oggetti si ritrovano nello stesso posto pur nella rovina cui sono arrivati. Le figure di coloro che li hanno posseduti sono state delineate nella loro concretezza umana e istituzionale: Orsini, Barberini, Grillo, Borromeo-Arese, fino ai Boncompagni-Ludovisi. Ne deriva un’evidenza del feudo e del Palazzo all’interno del quadro storico generale, con un rilievo a tuttotondo che li trae da quel cono d’ombra nel quale erano scivolati. Il cambiamento, che nel corso dei secoli l’edificio andrà assumendo, lo porterà da simbolo del potere baronale degli Orsini, per cui era stato edificato nel medioevo, a sede dell’amministrazione municipale. Un percorso lungo col quale ha attraversato la splendida stagione del barocco romano, come luogo privilegiato della famiglia Barberini, il XVIII secolo dei ricchi genovesi Grillo, declinando poi velocemente con i Boncompagni-Ludovisi verso un utilizzo in cui non erano più necessari gli apparati, per arrivare ad acquisire la sobrietà della piena valenza di Palazzo civico.

Tra il 1097 e il 1098 la comunità benedettina di Farfa, guidata dall'abate Berardo II, decide di trasferire il cenobio sulla cima del Monte Acuziano, sito più difendibile ed isolato. Il progetto si arresta però pochi anni dopo, lasciando incompiuto l'unico cantiere avviato, quello della chiesa abbaziale. Questa sarà ripresa alla metà del secolo successivo dall'abate Adinolfo, senza essere terminata. I ruderi della grande incompiuta mostrano di appartenere ad un progetto ambizioso, legato da un lato al modello benedettino-cassinese (transetto inscritto e tre absidi) e dall'altro proiettato, tramite la facciata armonica a due torri, verso quel mondo imperiale ed oltralpino che tradizionalmente aveva costituito un modello per l'ambito farfense, anche nelle sue espressioni periferiche (es. nelle Marche).

En este trabajo se aborda la complejidad del proceso creativo de un músico popular notorio. Con el fin de describir el entramado que supone actualmente este proceso en un disco de música popular y develar cómo se construye la "persona de la performance" de Joaquín Sabina en dos discos de su autoría, se recurre como estudios de caso a los testimonios de Benjamín Prado en su libro Romper una canción y a los de Sabina, Prado y otros músicos intervinientes en Incluso la verdad y al análisis de los discos Vinagre y Rosas y Lo niego todo. Palabras clave: Proceso creativo. Composición. Música popular. Experiencia.

Il Vicus Phalacrinae, vero e proprio presupposto insediativo del-l'attuale Cittareale, non rivestiva un particolare ruolo strategico nell'antichità pur se lo ritroviamo indicato nella celeberrima Tabula peutingeriana, cosi come nell'itinerario di Antonino. Strabone lo definisce modicus, cioè a dire piccolo, e la sua noto-rietà deriva piuttosto dal fatto che nel 9 d.C. vi nacque l'impera-tore Vespasiano a cui va aggiunto il fatto, tutt'altro che seconda-rio, che nel suo territorio transitava l'antica via Salaria rilevata dallo stesso Persichetti all'inizio del secolo che ne indicò un chia-ro tratto nei pressi della collina di Macchia dei Cervi. (1) Qualche decennio prima dell'esame del Persichetti, nel 1887, venne rinvenuto un'altro tratto dell'antica consolare durante i lavori di costruzione della strada per Amatrice e in tale occasione furono recuperati diversi reperti archeologici. (2) Della intensa frequentazione della valle in epoca romana ne sono testimonianza le numerose tombe rinvenute nel corso dei lavori di costruzione del muro di cinta del cimitero di S. Croce cosi come, nello stesso sito, ma ad un livello piu' basso, il rinvenimento di un capitello dorico, avanzi di pavimentazioni e numerosi altri reperti. Nel periodo longobardo sono ricordati gli scabini di Falacrine, segno evidente che era questa una zona di riorganizzazione agraria che, dopo la riforma di Carlomagno, prevedeva appunto figure istituzionali come queste che andarono a sostituire gli assessori occasionali dei tribunali. 7

Visitando  il  sito  Internet  dell’Istituto  Comprensivo  di  Cittaducale  alcuni  mesi  fa,  avevo  notato la  presenza  di  questo  testo  in  forma  grezza  e  l’appello  di  Arduino  Santilli  per  aiutare  a ricomporlo  in  modo tecnicamente leggibile e  consistente.  Invito  che  ho  volontariamente  raccolto,  per  ragioni  professionali  ed  in  segno  di  rispetto verso  un  luogo  a  me  caro  per  aver  dato  i  natali  a  mio  padre  Bruno  e  ai  miei  nonni  Sofia, Giuliano,  Domenica  ed  Ernesto,  di  cui  ricordo  frasi  che  risuonano  vive  fra  le  pagine  del Piccolo  Dizionario  Civitese  di Renato Novelli. Oltre  alla  ricostruzione  digitale  dei  dati  iniziali  ed  alla  reimpaginazione  in  ordine  alfabetico del  significativo  lavoro  del  Novelli,  il  mio  apporto  si  è  limitato  all’inserimento  di  questa Introduzione,  di  alcuni  ipertesti  soprattutto  nella  sezione  dedicata  agli  animali  e  della  pagina di Approfondimenti  che trovate in fondo al testo. Ritengo  e  mi  auguro  che  questa  opera,  partendo  dal  centro  d’Italia,  con  metodo  scientifico, passione,  impegno  e  l’ausilio  della  tecnologia,  possa  essere  ulteriormente  migliorata, arricchita  e  condivisa,  per  arrivare  e  rimanere  al  centro  del  villaggio  globale,  contribuendo così  a  valorizzare  la  lunga  storia  nonché  il  ricco  patrimonio  culturale  ed  ambientale  di Cittaducale  nel mondo. Sandro Severoni,  Roma,  Febbraio  2015.

L'autore presenta per la prima volta nella letteratura della Storia dell'Arte Medievale una prima indagine territoriale delle opere cosmatesche, in particolare dei pavimenti cosmateschi, realizzati tra la fine del XII e i primi decenni del XIII secolo dai Marmorari Romani e aiuti delle botteghe locali, soprattutto sotto l'influenza di papa Innocenzo III in relazione alla sua politica delle "recuperationes".

Attraverso i contributi degli studiosi che maggiormente hanno indagato l’area dell’antico insediamento di Cures Sabini, si intende ripercorrere le vicende storiche di questo importante centro abitato e del suo territorio dalle fasi preistoriche fino al medioevo.
Con questa manifestazione culturale si vogliono favorire lo scambio di informazioni e idee tra i vari studiosi oltre ad incentivare verso tali tematiche la curiosità e la conoscenza della popolazione locale.
Dal luglio del 2013 l’Université catholique de Louvain (UCL), grazie ad una convenzione per studi e ricerche messa in atto con l’allora Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio (SBAL), ha avviato un programma di nuove indagini archeologiche presso l’abitato sabino-romano di Cures Sabini (Comune di Fara in Sabina, RI). Le ricerche così avviate s’inseriscono nell’ambito di un progetto più ampio in collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre, finalizzato allo studio del materiale ceramico proveniente dall’abitato protostorico di Cures Sabini.
La Giornata di studi di cui all’oggetto, è stata ideata a seguito di una lunga fase di “stallo scientifico”, in merito sia all’antico abitato sabino (databile tra la metà dell’VIII e la seconda metà del VII sec. a.C.), sia alla successiva facies storica del sito. Di conseguenza, gli obiettivi che essa si prefigge mirano in primis ad un aggiornamento degli studi sulle fasi di frequentazione ed insediamento dalla protostoria ad età medievale del centro, ed in secondo luogo aspirano a comunicare in sede locale l’importanza e il valore che il sito archeologico curense riveste per la cultura ed il turismo della regione.

Un breve contributo con uno sguardo di approccio diverso su un manufatto importante come il carro di Monteleone di Spoleto, ancora molto poco indagato sotto l’aspetto dell’inquadramento topografico, dei restauri moderni che ha subito dal momento della sua musealizzazione e dell’immagine  di se che ha dato e trasmesso nel corso del novecento attraverso la fotografia e la cartolina illustrata. Nell’intervento anche la prima cartolina venduta nel paese umbro già a partire dal 1904, con la foto della biga che tutti sapevano essere stata “trafugata in America” e la sua immagine riproposta a Roma nell’atrio della stazione Ostiense.

Vannozzi S. La biga in stazione. Contributi minori per  una storia iconografica del carro di Monteleone di Spoleto, in «La barrozza, notiziario quadrimestrale dell’associazione Pro - Ruscio», anno XXX, n. 3, Natale 2021, pp. 3 - 4.

Questo è il quarto degli articoli scritti dall'autore su incarico del Comitato per le celebrazioni del bimillenario della nascita dell'imperatore Vespasiano, concernenti le centuriazioni dell'alta Sabina, realizzate a seguito della conquista romana ad opera di Curio Dentato. La romanizzazione comporta di fatto la deduzione di coloni in colonie e prefetture Nursia, Reate e Amiterno. per la prima volta vengono bonificate le valli intermontane appenniniche, a scapito del tradizionale pascolo. Tutto sarà giocato nella ricerca di un equilibrio (anche politico) tra agricoltura e pastorizia, due modelli assai diversi e spesso antitetici di organizzazione economica e sociale. Per la prima volta vengono riconosciuti tratturi rigidamente normati e delineati nell'ambito delle pianure centuriate (calles da 2 e 3 actus), a lato di decumani o cardini, riducendo il modulo della centuria canonica, proprio per prevenire conflitti dovuti allo sconfinamento del bestiame in transito nei campi. Anche in questo caso del tutto peculiare concernente la piccola valle dove sorgeva Falacrine, il vico di origine della gens Vespasia, è stato possibile verificare la sussistenza delle caratteristiche sopra richiamate rispetto all'organizzazione del territorio. Inoltre gli scavi condotti fino al 2009 hanno portato alla luce una probabile villa publica, la cui presenza meglio si spiegherebbe con l' ipotizzare una funzione per essa dedicata allo svolgimento delle pratiche relative alla concessione del pascolo scritturario.

Questo volume è dedicato alla memoria di Sylvie Pollastri, e intende inserirsi nel filone degli studi sulla signoria rurale italiana, con particolare riferimento all’arco cronologico compreso tra i secoli XIII e XV, per i quali è stato recentemente protagonista il PRIN 2015. Il volume si concentra sull’area laziale, suddivisa a sua volta in tre macroregioni, corrispondenti alle tre province pontificie di Patrimonio di san Pietro, Sabina e Campagna e Marittima. I saggi degli autori (A. Berardozzi, T. Leggio e S. Pollastri) forniscono una mole di dati impressionante sulle dominazioni. Il saggio finale (F. Lattanzio) propone un tentativo di sintesi.

in Gender, Memory and Identity in the Roman World (ed. Jussi Rantala). Amsterdam University Press, January 2019, 283-300.

This volume approaches three key concepts in Roman history - gender, memory and identity - and demonstrates the significance of their interaction in all social levels and during all periods of Imperial Rome. When societies, as well as individuals, form their identities, remembrance and references to the past play a significant role. The aim of this volume is to cast light on the constructing and the maintaining of both public and private identities in the Roman Empire through memory, and to highlight, in particular, the role of gender in that process. While approaching this subject, the contributors to this volume scrutinise both the literature and material sources, pointing out how widespread the close relationship between gender, memory and identity was. A major aim of this volume as a whole is to point out the significance of the interaction between these three concepts in both the upper and lower levels of Roman society, and how it remained an important question through the period from Augustus right into Late Antiquity.

This paper presents two different methods (topographic and GIS based analysis) applied by the authors to recognize the layout of transhumance pathways in Umbria and Sabina regions (Central Italy) and to investigate the spatial correlation between pre-Roman and Roman ‘castellieri’ (Italic hillforts) and transhumance routes. It is also the authors investigated the role of construction in polygonal work in this context.

Francesco Cimini nasce a Montasola nel 1626 (1), suo padre è Eusebio Cimini, la madre Anastasia (2) . Fin da giovane mostra interesse per la vita sociale e civile del suo paese, nel 1649 è uno dei due priori del consiglio della Comunità di Montasola, nel 1650 la sua firma  è tra i consiglieri (3)  . Probabilmente dopo la morte del padre, avvenuta tra il 1637 e il 1641 (4), si trasferisce a Roma. Attualmente non si possono definire i suoi legami con la capitale, néchi fu il suo primo appoggio nella Roma del tempo, ma rilevante è il fatto che un Francesco Cimino risulti lavorante presso la bottega di Albani Orazio cembalaro tra il 1641 e il 1647 (5), se fosse davvero lui, sarebbe possibile affermare con sicurezza in quali anni e dove avvenne la sua formazione come costruttore di cembali.

This is the fifth of the articles written by the author on behalf of the Committee for the celebrations of the two thousandth anniversary of the birth of Emperor Vespasian, concerning centuriations high Sabina.
This paper presents the results of an interdisciplinary study on the drainage of damp or humid areas, the control of surface water and the centuriation operated in the plain of Santa Scolastina (Nursia), by the Roman consul Manius Curius Dentatus during the conquest of the Sabina region in the third century BC. This research, organised on the occasion of the bimillenary anniversary of the birth of the Emperor Vespasian, brings more awareness to consider the work of Gromatici as an inseparable unity of various processes concerning hydrographical network, road systems, land reclamation and agrarian organization. It is also analyzed the relationship and gromatich interference between sheep tracks (calles) in crossing centuriated areas. This study could bring us to a better and deeper understanding of events and patterns of Romanization of central Italy.

In A. Ancillotti - A. Calderini – R. Massarelli (a cura di), Forme e strutture della religione nell’Italia mediana antica. III Convegno Internazionale dell’Istituto di Ricerche e Documentazione sugli Antichi Umbri, Perugia – Gubbio  21-25 settembre 2011, L’Erma di Bretschneider, Roma 2016, pp.245-263.
Consegnato per la pubblicazione nel 2012.

Nell’agosto 2014 è stata realizzata la terza e ultima campagna di scavo del primo triennio di lavoro del Segni Project1, convenzione di ricerche stipulata nel novembre 2011 fra la British School at Rome e il
Comune di Segni – Museo Archeologico Comunale e condotta in accordo e collaborazione con la Soprintendenza Archeologica del Lazio e dell’Etruria meridionale.
Per lo scavo di Piazza Santa Maria è stato avviato lo studio antropologico dei resti scheletrici umani rinvenuti durante le campagne di scavo 2012 e, in particolare, 2013. L’analisi dei resti scheletrici ha
potuto stabilire il numero minimo di individui, la stima dell’età di morte, quella del sesso, della statura, di patologie e di indicatori di stress: informazioni utili e che possono concorrere a fornire indizi sul tipo di
attività fisica e sulla condizione di vita dei soggetti. Inoltre, è stato possibile, seppur in via del tutto preliminare, estrapolare dati di estremo interesse riguardo la sepoltura collettiva, purtroppo ancora
non indagata.
Tuttavia, i resti conservati hanno permesso di conoscere il numero di individui, la loro età, il sesso, la statura, le loro caratteristiche morfologiche, le infermità e entesopatie (vale a dire alterazioni delle
inserzioni di un tendine o legamento ad un osso), che indicano una determinata attività fisica, posturale o occupazionale esercitata durante un lungo spazio di tempo.