Maiolica Arcaica

Nonostante la produzione ceramica di Pisa sia ormai ben nota in letteratura, negli ultimi anni i dati raccolti grazie agli scavi urbani hanno fornito le basi per nuovi studi i quali hanno potuto ampliare ed approfondire tale tematica.
Il rinvenimento di scarti di fornace inseriti in sequenze stratigrafiche ben datate ha permesso di osservare non solo la lenta scomparsa della maiolica arcaica (che va a distendersi lungo tutto il XVI secolo, contratta in un'unica forma priva ormai di decoro), ma anche l’introduzione della tecnica dell’ingobbio e l’applicazione della stessa per la creazione delle varie tipologie graffite. Queste ultime hanno trovato, infine, una sistemazione cronologica tale da poterci far cogliere l’apparizione sequenziale dei diversi tipi, che condivideranno tra loro parte del panorama morfologico documentato.
La scomparsa della maiolica arcaica pisana corre di pari passo con l’affermazione in città di altre tipologie smaltate di importazione, tra cui le maioliche policrome di Montelupo fiorentino che deterranno un ruolo di netta predominanza, soprattutto nella seconda metà del Cinquecento.
È proprio alla fine di questo secolo che, archiviata l’esperienza della maiolica arcaica, Pisa si dedica totalmente alla fabbricazione di ceramiche ingobbiate che, agli inizi del Seicento, giungeranno a prevalere nei corredi domestici rispetto alle maioliche policrome provenienti da ambito regionale ed extra-regionale.

Si presenta lo scavo avvenuto nel Febbraio/Marzo 2011 nel cantiere di Villa Quercioli, nel centro storico di Pisa, dove l'indagine e la ricerca storico/territoriale ha ricostruito un frammento della storia dell'area cittadina a ridosso delle mura comunali medievali tra il XV secolo e i giorni nostri.
Si segnala l'interessante rinvenimento di due scarichi di ceramica pressocché contemporanei (maioliche arcaiche e ingobbiate e graffite pisane) attualmente in studio a chi scrive per il suo dottorato di ricerca.

L’affinarsi delle tecniche di analisi nel corso degli anni ha permesso di specificare sempre di più i caratteri esclusivi dei prodotti pisani rispetto a quelli regionali ed extra-regionali: in breve si ripercorrono le varie tappe e si aggiornano i dati sulla produzione di ceramica a Pisa tra Medioevo ed Età moderna.

Questo studio si propone di ragionare sul complesso rapporto esistente a Pisa tra ceramica e società dal X al XV secolo, rielaborando i dati provenienti da diverse ricerche edite negli anni passati ed altre non ancora note, e presentandone una prima sintesi.
La possibilità di giungere a riflessioni socio-economiche proviene da un campione di contesti piuttosto variegato, seppure ancora non molto ampio, derivante dagli scavi stratigrafici condotti negli ultimi anni nel centro storico pisano e riguardanti sia siti agiati che altri con caratterizzazione artigianale.
A più riprese, in passato, sono state avanzate prime ipotesi di lavoro sull’interpretazione della qualità e quantità del vasellame importato a Pisa da tutto il Mediterraneo tra X e inizi del XIII secolo. La situazione cambia agli inizi del Duecento quando la repubblica marinara avvia una produzione di ceramica smaltata: la maiolica arcaica. Quest’ultima, fabbricata in grande quantità e con standard qualitativi diversificati, vede una diffusione quasi capillare in ambito urbano, cambiando il rapporto di acquisizioni dal resto del Mediterraneo. La presenza di questo indicatore su mense più o meno privilegiate potrebbe essere chiarita sulla base di caratteristiche tecnologiche e decorative, oltre che sul confronto più diretto con altri contenitori di importazione circolanti in città tra XIV e XV secolo.
Questo intervento si propone, quindi, di presentare, in breve, una panoramica di questi studi in modo da offrire una prima sintesi su un tema delicato quale la definizione socio-economica della società pisana medievale.

Nel 2012 la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale ha avviato, attraverso un gruppo di lavoro, lo studio integrale dei reperti rinvenuti nel 1995 in alcuni locali del convento di San Agostino ad Acquapendente.Il materiale ceramico costituisce il 90% del contesto e comprende ceramica da cucina, da dispensa e da mensa.
Si forniscono qui i seguenti contributi al catalogo:
T. Fiordiponti, "Il complesso di Sant'Agostino ad Acquapendente" in B. Casocavallo - E. Pellegrini (a cura di), Materiali archeologici dal complesso di Sant'Agostino ad Acquapendente : la sezione Torre Julia De Jacopo del Museo della Città, Bolsena 2015, pp. 27-32.
T. Fiordiponti, "Ceramica invetriata" in B. Casocavallo - E. Pellegrini (a cura di), Materiali archeologici dal complesso di Sant'Agostino ad Acquapendente : la sezione Torre Julia De Jacopo del Museo della Città, Bolsena 2015, p. 92.
D. Alessandrelli - T. Fiordiponti, "Dipinta sotto vetrina" in B. Casocavallo - E. Pellegrini (a cura di), Materiali archeologici dal complesso di Sant'Agostino ad Acquapendente : la sezione Torre Julia De Jacopo del Museo della Città, Bolsena 2015, pp. 36-40.
D. Alessandrelli - T. Fiordiponti, "Maiolica arcaica" in B. Casocavallo - E. Pellegrini (a cura di), Materiali archeologici dal complesso di Sant'Agostino ad Acquapendente : la sezione Torre Julia De Jacopo del Museo della Città, Bolsena 2015, pp. 41-90.
D. Alessandrelli - T. Fiordiponti, "Maiolica monocroma bianca" in B. Casocavallo - E. Pellegrini (a cura di), Materiali archeologici dal complesso di Sant'Agostino ad Acquapendente : la sezione Torre Julia De Jacopo del Museo della Città, Bolsena 2015, pp. 91-92.
D. Alessandrelli - T. Fiordiponti, "Ceramica depurata" in B. Casocavallo - E. Pellegrini (a cura di), Materiali archeologici dal complesso di Sant'Agostino ad Acquapendente : la sezione Torre Julia De Jacopo del Museo della Città, Bolsena 2015, pp. 93-101.
D. Alessandrelli - T. Fiordiponti, "Ceramica da fuoco" in B. Casocavallo - E. Pellegrini (a cura di), Materiali archeologici dal complesso di Sant'Agostino ad Acquapendente : la sezione Torre Julia De Jacopo del Museo della Città, Bolsena 2015, pp. 102-103.

Panoramica sulle più antiche produzioni di maiolica medievale in Abruzzo da nuove ricerche archeologiche, fa cui di fondamentale importanza il rinvenimento di Protomaiolica meridionale dal complesso di San Francesco a Lanciano (sec. XIII), dagli importanti contatti con le produzioni di Lucera

This is a reworked and revised version of my thesis, which I submitted in 2010.

Abstract: Chlemoutsi castle is located in the NW Peloponnese (Greece). It was built by the Franks following the Fourth Crusade and the establishment of the Principality of Achaea. At the beginning of the 15th century the castle passed to Charles I Tocco, Count Palatine of Cephalonia and Despot of Epirus. In 1428 it passed to the Palaiologoi and in 1460 it fell to the Ottomans. Following the fate of the Peloponnese, the castle remained in the hands of the Ottomans until the early 19th century, except for approximately three decades in the late 17th and the early 18th century when Venice replaced the Ottomans as overlords of the Peloponnese. The subject of this book is the pottery from Chlemoutsi and its discussion and interpretation. The pottery comes from several small-scale excavations conducted by the Greek Archaeological Service in the 1980s and ‘90s. The ceramic material under study here covers a long time span and offers important evidence for the pottery used in Greece between the 13th and the 19th centuries. It also provides information on the history of Chlemoutsi, which has been proved particularly important for the periods following the Ottoman conquest (1460), since the history and the role of the castle after the end of its Frankish occupation is hardly known in the bibliography. What characterizes the pottery of Chlemoutsi is the continuous and significant presence of Italian wares, and thus a large section of this present research deals with Italian pottery imports – sill a relatively little-explored topic in Greek ceramic studies today.

Il caso studio presentato in questa sede esporrà le problematicità riscontrate nella ricostruzione della produzione ceramica a Pisa tra XV e XVI secolo laddove l’evoluzione degli studi e l’apertura di nuovi scavi stratigrafici nel centro urbano negli ultimi quindici anni hanno permesso l’acquisizione di nuove conoscenze e di individuare una discrasia nelle considerazioni tratte in passato. Solo attraverso l’integrazione di tutte le fonti passate e presenti (archeologiche, storiche, documentarie) è stato possibile ottenere una lettura corretta ed omogenea di vecchie e nuove informazioni, dimostrando come la smaltatura sia in uso a Pisa sino alla fine del XVI secolo e come la diversificazione delle classi ceramiche ingobbiate si sviluppi solo con gli inizi del Cinquecento.

The archaeological study took into account a very important part of Castiglione del Lago urban unit, where the presence of stratification, probably from the Classical period, had been pointed out, on which military and religious units were overlapped. More specifically, the area with a small church inside the arms courtyard of the castle, could have sug-gested the presence of archaeological realities,especially from the sporadic finding of Etruscan pottery. The archaeological investigation was first launched in the area of the small chapel, where at least two construction phases were highlighted, although with no appreciable result regarding Classical period phases. The excavation led to the discovery of underground structures, a number of Renaissance tombs placed around the church, and the identification of other structures related to military use over a cistern-well. At the end of the excavation, the structures were consolidated and protected before the backfilling; the materials recovered during the investigation have been registered at the Municipality of Castiglione del Lago, after bein examined by the Soprintendenza per i Beni Archeologi dell’Umbria and the Soprintendenza per i Beni Storico, Artistici ed Etnoantropologici dell’Umbria.

Il piccolo scavo di Villa Quercioli, posto
in Largo del Parlascio e utile a
ricostruire la storia urbana della zona nord
di Pisa dal Medioevo ai giorni nostri, ha
permesso di rinvenire un consistente numero
di ceramiche pisane di XV-XVI secolo
in scarti di prima e seconda cottura
(maioliche arcaiche e diverse tipologie ingobbiate
e graffite). Tali scarichi si inseriscono
in una sequenza articolata e ben
datata che vede l’utilizzo dell’area come
luogo di discarica di materiali eterogenei
per circa un secolo, dall’ultimo quarto del
XV alla fine del XVI secolo.
Questa è una breve sintesi di quanto presente in maniera più ampia in Alberti A., Giorgio M. 2013, Vasai e vasellame a Pisa tra Cinque e Seicento. La produzione ceramica attraverso fonti scritte e archeologiche, Pisa.

It’s the sixth essay of the historical section of the book containing the papers written for the wide-ranging project of investigations on the almost millennary bell tower of the Patriarchal Basilica of Aquileia. It offers a rereading of the ceramics recovered forty years earlier (1962) in the bottom of the barrel of that tower, underside reused from the fourteenth century as a tip: raw, lionate, engraved or maculated vessels besides archaic majolica, Renaissance pottery etc. Mostly earthenware of good quality and often valuable, whose presence suggests that the unusual "dump" received remains (shards and scraps) especially from kitchens and refectories of the entourage of the Patriarchs

Nel volume che raccoglie i contributi redatti nell’ambito dell’ampio progetto di indagini dedicato al quasi millenario campanile della basilica patriarcale di Aquileia, il sesto studio della sezione storica è dedicato alla rilettura delle ceramiche recuperate quarant’anni prima (1962) all’interno della parte bassa della canna della torre riutilizzata come discarica dal XIV secolo: grezze, lionate, graffite o maculate oltre a maiolica arcaica, vasellame rinascimentale ecc.; “cocci” perlopiù di buona qualità e non di rado pregiati, la cui presenza lascia supporre che l’insolito “butto” ricevesse resti – frammenti fittili e avanzi – soprattutto da cucine e mense dell’entourage dei patriarchi

Il contributo raccoglie e mette a confronto dati inediti e parzialmente editi riguardanti l’archeologia della produzione di età medievale a Camerino, nell’alto maceratese. In particolare si analizzano due contesti archeologici indagati nell’ambito di cantieri di emergenza tra 2006 e 2015. Il primo riguarda una piccola fornace di maiolica arcaica sita in pieno centro storico, nel contesto pluristratificato di Piazza Umberto I, Ex Istituto Magistrale, cortile del Pino Argentato (oggi Università degli Studi), rinvenuta sigillata dal suo stesso crollo di mattoni e con all’interno le forme relative all’ultima infornata. Il secondo contesto è relativo ad una vera e propria area produttiva, ben più estesa ed articolata, rinvenuta nei pressi della chiesa dell’Annunziata lungo le mura della città; qui, oltre alle strutture abbastanza ben conservate di due fornaci, si segnala l’ingente quantitativo e varietà di forme di invetriata graffita, che collocano senza dubbio l’impianto produttivo verso la fine del XV secolo. A conclusione del contributo si presenterà inoltre una selezione preliminare dei materiali prodotti, con l’ausilio dei dati scientifici ricavati da analisi archeometriche, mirate alla comprensione delle tecnologie produttive e della provenienza delle materie prime.

Il presente contributo costituisce un livello ulteriore di studio ed analisi nell’ambito della realizzazione in corso d’opera della Carta Archeologica di Camerino (MC), finora presentata in forma assolutamente preliminare; progetto ambizioso il nostro, ma necessario, reso possibile da un decennio di recuperi di emergenza in occasione delle attività di rifacimento dei sottoservizi nell’intero centro storico e nelle immediate adiacenze, costantemente monitorate dalla Soprintendenza locale. Il taglio cronologico che qui interessa, ovvero quello altomedievale e medievale, si giova di numerosissime presenze archeologiche (strutture e manufatti) attestate in maniera capillare pur se discontinua all’interno del tessuto urbano, a causa delle interferenze di età anteriore e posteriore. Gli scavi tuttavia hanno consentito di individuare aree urbane meno disturbate e chiaramente connotate cronologicamente, come Piazza Cavour o l’area di Piazza Umberto I, Ex Istituto Magistrale, cortile del Pino Argentato (oggi Università degli Studi).