Fascist Architecture & Art

Negli ultimi anni si è assistito, anche in ambito italiano, al fiorire di numerosi studi volti a indagare la cosiddetta arte coloniale e, parallelamente, le maggiori rassegne che a questa vennero dedicate soprattutto durante il Ventennio fascista. Tali studi hanno fatto riemergere i nomi di numerosi autori impegnatisi in questo filone artistico, molti dei quali poco o per nulla noti. Fra questi compaiono diverse figure femminili, giunte oltremare – nella maggior parte dei casi – al seguito della famiglia o del marito. Alcune sono autrici dilettanti, altre sono invece artiste con una discreta formazione, ricevuta attraverso lezioni private e la frequentazione dell’accademia. A firme più note, come per esempio quella di Mimì Buzzacchi Quilici, si affiancano i nomi di autrici meno conosciute come Luigia Daviso Viola, Gina Chiozza Lorenzi, Elisa Bottèro Taffiorelli, solamente per citarne alcune. 

Il saggio che qui si propone vorrebbe quindi fornire una prima, parziale panoramica sulle artiste italiane che soggiornarono nei territori oltremare a partire dal periodo fra le due guerre mondiali, focalizzandosi in particolare sul contesto libico e su alcuni casi ritenuti più interessanti ed esemplificativi delle diverse tipologie di artiste, divise tra autrici dilettanti e professioniste.

Il volume propone una nuova lettura della figura di Massimo Bontempelli, concentrandosi in particolare sulla sua attività di teorico e organizzatore di cultura. Partendo dagli scritti sulla prima guerra mondiale e soffermandosi sugli interventi critici e teorici e sulle riviste dirette da Bontempelli – da “900” a “Quadrante” a “Domus” – ci si propone di delineare un percorso nella cultura italiana fra le due guerre, coinvolgendo non solo la letteratura, ma anche l’arte, l’architettura e il design, e riconfigurando, in un dialogo interdisciplinare, il rapporto fra modernità, politica e cultura durante il ventennio fascista.

This chapter focuses on how fascist officials incorporated the music, art, and architecture of the church of Sant’Adolfo into political propaganda to promote a religion of the state. The church, located in Aielli, a town in the Province of L’Aquila, is a singular case. Consecrated in 1937, Sant’Adolfo was an uneasy artistic and architectural fusion of fascist and ecclesiastical symbols and aesthetics. The construction of the church and the adjacent buildings (Sacrario dei Caduti and Casa Littoria) were funded by the prefect, Guido Letta, so the diocese did not have supervision over the design. The resulting structure celebrated fascism (and Letta) as much as it did the divine. Music was a significant contributor to forging this dual identity: the Barbieri auto-organ, which was installed in the church despite it not conforming to ecclesiastical requisites, played both liturgical and fascist hymns. Sant’Adolfo emerged as a hybrid space utilised for both religious and propaganda purposes.
Incorporating archival evidence, Istituto Luce newsreels, private correspondence, contemporary literature, journalistic accounts, and canon law, this chapter evinces the unstable convergence of political and religious powers. It draws on such studies as those by Emilio Gentile, on how political liturgy provides opportunities for social communion, by Roger Griffin, on fascist palingenesis, and by David I. Kertzer, on the relationships between the Roman Catholic Church and Mussolini’s regime, to analyse how fascist officials attempted to project and to promote a political religion through the music, art, and architecture in the church of Sant’Adolfo.

28 ottobre 2024, alle 18:00

Università di Pavia, Fondazione Ghislieri

Parte della serie "I lunedì della storia"

Curating Fascism. Exhibitions and Memory from the Fall of Mussolini to Today (Bloomsbury, 2022), a cura di SHARON HACKER e RAFFAELE BEDARIDA. Ne discute con i curatori FRANCESCO TORCHIANI, Università di Pavia

Il ciclo/corso affronterà un fenomeno squisitamente veneziano, quello di dedicare le facciate di un consistente numero di chiese alla raffigurazione (a figura intera o in forma di busto) e alla celebrazione di determinate personalità fino a fare scomparire del tutto qualsiasi riferimento alla funzione dell’edificio come luogo di culto. Si tratta di un tipo di celebrazione nello spazio pubblico che si è sviluppato esclusivamente a Venezia e che si profila come alternativo a quello, molto più consueto, della costruzione di un monumento funebre all’interno di uno spazio ecclesiale. Il fenomeno delle facciate celebrative, come sono state chiamate, che vede impegnati i più rinomati artisti, trova il suo apice durante il diciassettesimo secolo con le chiese di Santa Giustina, di San Moisè e di Santa Maria Giglio, ma non mancano significativi esempi rinascimentali cinquecenteschi quali le facciate di San Zulian o quella sul canale di Santa Maria Formosa, nonché moltissimi progetti non realizzati (basti a pensare a quelli per la chiesa di San Vidal volti a celebrare Francesco Morosini, il Peleponnesiaco). Nelle lezioni saranno dunque analizzati questi esempi con particolare riguardo alle motivazioni dei committenti, agli scultori e agli elaborati e raffinati programmi iconografici destinati ad immortalare le gesta e le virtù dei defunti. Per mettere in evidenza la straordinarietà di queste facciate celebrative e per individuare le origini del fenomeno, saranno presentati anche episodi tardo medievali e del primo rinascimento. Più specificatamente saranno presentati  la quattrocentesca facciata della chiesa di Sant’Elena e l’Arco Foscari dove i celebrati compaiono inginocchiati, combinando dunque la celebrazione con la devozione.

“Esculturas peligrosas” por Pepo Toledo
2010. Ópera prima en Guatemala, Esculturas peligrosas
Inolvidable viaje a México I por Jorge Palmieri
Inolvidable viaje a México II por Jorge Palmieri
Ópera prima internacional, Esculturas peligrosas
Inauguración y lanzamiento de manifiesto
Esculturas peligrosas - Brochure
Centro Cultural Ollin Yoliztli – México
Museo Diego Rivera – Anahuacalli, México
Galería de Arte Moderno y Contemporáneo Ángeles Espinosa Yglesias, México
Universidad Mariano Gálvez, Guatemala
Galería del Palacio de Gobierno, Villa Hermosa, México
Centro Cultural Jaime Sabines, Tuxtla Gutiérrez, México
Centro de Artes Visuales, Mérida, México
Universidad Mariano Gálvez, Guatemala
Claustro de la Secretaría de Cultura, San Francisco de Campeche, México
Puerto de Veracruz, México
Design Center, Guatemala
Centro Cultural Carranza, México
Banco Interamericano de Desarrollo (BID), Estados Unidos
Museo de la Universidad de San Carlos, Guatemala
Palais de Nations, Suiza
Maison de l’Amerique latine, Francia
Palacio de Paaw, Holanda
Hacienda Duin y Kruidberg, Holanda

RESUMEN. La historiografía de la arquitectura del siglo XX ha evitado sistemáticamente emplear el sintagma “arquitectura fascista” para el caso de España, a diferencia de sus homólogas “arquitectura nazi” en Alemania o “arquitectura fascista” en Italia. Se plantea una discusión acerca de si es pertinente o no esa conceptualización como tal, para lo cual se proponen 4 aproximaciones al problema: el ultra-nacionalismo, la palingenesia, el totalitarismo y el catolicismo. Los resultados demuestran que la arquitectura española entre 1931 y 1953 evidencia de forma teórica y material el proceso de fascistización antes y durante la Guerra Civil española, y, posteriormente su lenta desfascistización gracias al contacto profesional con el entorno internacional y al factor singular del nacional-catolicismo.
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ABSTRACT. The historiography of 20th-century architecture has systematically avoided using the term “fascist architecture” in the case of Spain, unlike its counterparts “Nazi architecture” in Germany or “Fascist architecture” in Italy. A discussion is held on whether or not this conceptualisation is relevant, and four approaches to the problem are proposed: ultra-nationalism, palingenesis, totalitarianism, and Catholicism. The results show that Spanish architecture between 1931 and 1953 provides theoretical and material evidence of the process of fascistisation before and during the Spanish Civil War, and subsequently its slow de-fascistisation thanks to professional contact with the international environment and to the singular factor of national Catholicism.

This proposal aims at retracing the history of the Palazzo della Ragione in Ferrara, rebuilt during the postwar years according to the design of Marcello Piacentini. The research will specifically focus on the aesthetic and political debates generated by the building, both in the architectural sphere and in the public press, thanks to the extensive body of documents collected at the Biblioteca di Scienze Tecnologiche of the University of Florence and at the City Archives of Ferrara.

Attraverso le quattro opere di Cagli in mostra, si discuterà il percorso dell'artista dal fascismo al dopoguerra come caso studio per una storia culturale degli ebrei italiani, tra individualità, divisioni ed esperienze condivise, tra assimilazione al contesto nazionale e specificità comunitaria.

La presente investigación pretende demostrar la profunda vinculación de los principios ideológicos del nacional-sindicalismo de la dictadura franquista con la arquitectura del nuevo Régimen surgido tras la Guerra Civil española. Para ello se ha tomado como caso de estudio la sede central de la Delegación Nacional de Sindicatos —habitualmente conocido como la «Casa Sindical» o edificio de «Sindicatos», proyectado y construido en el Paseo del Prado de Madrid entre 1950 y 1957— por tratarse de una de las obras más representativas del primer Franquismo. Se analiza el contexto histórico de la obra, detectando referentes ideológicos en los discursos oficiales de la D.N.S. y referentes arquitectónicos, entre otros, en cierta arquitectura fascista italiana con la que los autores de la obra tuvieron contacto de primera mano a principios de los años 40. Se estudia la solución ganadora del concurso nacional de arquitectura que dio origen a la obra, detectando una clara sinergia entre la doctrina nacional-sindicalista y los principios arquitectónicos de orden y jerarquía. Finalmente, se muestran ciertos elementos simbólicos que cambian durante la fase de construcción y que permiten afirmar que, de facto, este edificio se puede considerar como la "Casa del Fascio" española nunca oficialmente reconocida como tal.

Quinto numero della rivista “Studi di Scultura, Età moderna e contemporanea”, diretta da Isabella Valente.

Quest’anno “Studi di Scultura. Età moderna e contemporanea”, inserita tra le riviste scientifiche di Area 10 secondo la classificazione ANVUR, è alla sua quinta uscita. Preceduta da un numero pilota del 2015 ristampato nel 2018, riconosciuto anch’esso nella stessa classificazione, la rivista è dedicata completamente all’ampio e complesso settore della scultura italiana e internazionale dal Rinascimento all’età contemporanea. Uno dei suoi punti di forza è la veste grafica che mira a valorizzare appieno i corredi fotografici che accompagnano i testi. Questi ultimi sono il frutto di ricerche scientifiche di prima mano condotte dagli autori, studiosi e specialisti italiani e stranieri, accettati soltanto in seguito alla valutazione attenta dei tre Comitati che la compongono, Editoriale, Scientifico e di Redazione, e dopo la revisione di valutatori anonimi.
Anche il numero odierno, come i precedenti, è ricco e variegato, presentando importanti novità attributive e importanti riscoperte: a partire dal Quattro-Cinquecento, con la scultura di Domenico e Antonello Gagini nella Sicilia Orientale, con un affondo sui Crocifissi lignei veneziani e con nuove attribuzioni ad Ambrogio Barocci, a finire al pieno Novecento, con un’indagine sul Monumento alle Quattro Giornate di Napoli – episodio di cui ricorrono gli ottant’anni – di Marino Mazzacurati. Una parte consistente è ricoperta da argomenti di fine Settecento e di primo Ottocento, come la ricostruzione delle vicende di un monumento perduto di Domenico Cardelli o il recupero di figure di artisti dimenticati, quali Angelo Brunelli, Angelo Solari e Nicola Renda.

Während des Zweiten Weltkriegs wurde Luxemburg de facto an das Dritten Reich angegliedert. Die Germanisierungspolitik der NS-Besatzer betraf auch die Kultur und so entstanden ab Herbst 1941 urbanistische Entwürfe aus der Hand des Architekten Hubert Ritter und des Stadtplaners Karl-Heinz Löb für die Städte Luxemburg und Esch/Alzette.

Coordina: Pasquale Fameli e Francesco Spampinato


L'esportazione dell'arte contemporanea italiana negli Stati Uniti tra anni trenta e settanta del novecento ha svolto un ruolo molteplice e spesso ambiguo. Se, gli obiettivi evidenti erano la conquista di un mercato dell'arte in crescita e la diplomazia culturale nei confronti di un interlocutore sempre più influente, l'impulso più profondo anche se spesso contraddittorio era quello di rivalsa nei confronti dell'egemonia dell'arte contemporanea francese, prima, e statunitense, poi; ma era anche una ricerca di legittimazione nel luogo simbolo della modernità. Tra Ventennio e Guerra fredda, negli anni in cui gli USA emersero come potere economico, politico e culturale dominante, esporre l'arte italiana contemporanea negli Stati Uniti fu uno sforzo proiettivo attraverso cui gli italiani periodicamente ridefinirono la propria modernità rispetto allo sguardo, in parte reale ma soprattutto immaginato, dell'America.

L'articolo ruota intorno al dibattito sul destino dell’antico ospedale Sant'Anna di Ferrara (fondato nel 1440), più volte rimodernato fra Sette e Ottocento e di cui fu infine deciso il trasferimento ad altra sede nel 1906. Fra il 1931 e il 1935 gli edifici quattrocenteschi furono quasi completamente demoliti per fare spazio a un nuovo polo culturale (scuola elementare, dopolavoro, liceo musicale, museo di scienze naturali), salvo prevedere la ricostruzione “filologica” dell’ambiente più celebre del vecchio ospedale: la ‘cella’ di Torquato Tasso, luogo mitico della cultura romantica e del turismo letterario otto-novecenteschi.

O ato autobiográfico é parte de uma estratégia utilizada pelos artistas modernos como forma de assegurar que sua visão dos acontecimentos seja preservada e julgada no futuro. Para que tal estratégia tenha sucesso, os artistas devem estabelecer uma relação de confiança com seus leitores, a fim de que possam garantir que sua versão dos fatos seja considerada a mais coerente e verdadeira. Com este artigo, propomos discutir alguns aspectos dos escritos autobiográficos de quatro pintores italianos: Carlo Carrà (La Mia Vita, 1943), Gino Severini (Tutta la vita di un pittore, 1946), Massimo Campigli (Scrupoli,1955) e Giorgio De Chirico (Memorie della mia Vita, 1960), trazendo à luz pontos de convergência e divergências entre eles. A escolha pelos quatro artistas se baseou na atuação dos mesmos durante o período fascista e nas relações estabelecidas com agremiações proeminentes, como: o Futurismo, a Pintura Metafísica, a Pintura Mural e os "Italianos de Paris" e por suas atividades enquanto teóricos da arte.

Hannes Obermair im Gespräch mit Ingrid Böhler: Viele Jahrzehnte lang ging in der Südtiroler Landeshauptstadt Bozen von zwei Großmonumenten, die aus dem "ventennio fascista" stammen, eine permanente Provokation aus. Es handelt sich dabei um das 1928 eingeweihte, zwanzig Meter hohe Siegesdenkmal auf dem Siegesplatz sowie um das 1943 fertiggestellte, knapp 200 Quadratmeter große Flachrelief an der Fassade des ehemaligen faschistischen Parteigebäudes am Gerichtsplatz, das im Zentrum Mussolini hoch zu Ross zeigt. Errichtet, um den italienischen Sieg im Ersten Weltkrieg und die Abtrennung Südtirols von Österreich beziehungsweise den Aufstieg des Faschismus an die Macht zu feiern, mussten die beiden Monumente die deutschsprachige und/oder demokratisch gesinnte Bevölkerung der Stadt vor den Kopf stoßen. Das für Spannungen stets anfällige Zusammenleben von italienischer und deutscher beziehungsweise ladinischer Sprachgruppe in Südtirol schloss jedoch eine konstruktive Auseinandersetzung um diese geschichtspolitischen ›Baustellen‹ aus. Dies galt bis 2010/11, als sich im Abtausch politischer Interessen zwischen Bozen und Rom die Chance zu einer kritischen Umgestaltung der beiden Monumente eröffnete – und ergriffen wurde. Im Zentrum stand dabei die Absicht, die Denk- in Mahnmäler und Lernorte zu verwandeln, ohne die ursprüngliche Bausubstanz zu verändern. Die beiden im nationalen Kontext nahezu einzigartigen Interventionen zogen internationale Beachtung auf sich.

De Chirico ha prodotto due cicli pittorici molto intriganti: I
Gladiatori (1927-1929) e I Bagni misteriosi (1934-1937). Nietzsche, se fosse stato in vita, li avrebbe definiti dionisiaci; Freud,
perturbanti; l’artista, interrogato sull’argomento, avrebbe detto “sono semplicemente metafisici!” Intriganti, perturbanti,
metafisici: perché? Oltrepassando il velo di Maya, nei quadri
di questi due cicli molti studiosi hanno intuito un’iconografia
che emana una non troppo velata Stimmung omofila.
In generale, per omofilia si intende la presenza di una attrazione, più o meno intensa, verso individui dello stesso sesso, senza però attuare un passaggio al comportamento omosessuale
vero e proprio. Nell’articolo cercherò di sviluppare un approfondimento sull’omofilia nell’arte di de Chirico, argomento
che è già stato affrontato da diversi autori. Per raggiungere
questo fine sarà utilizzata la psicobiografia dell’artista, costruita seguendo il paradigma della psichiatria psicodinamica1. Le
fonti biografiche sull’artista sono numerose e hanno facilitato
questo tipo di indagine; nei suoi scritti, infatti, de Chirico ha
dedicato diverse pagine di riflessione su questo argomento,
evidenziando una discreta coscienza sulle problematiche sessuali2.
Utilizzando l’indagine psicobiografica ci si può avvicinare
maggiormente al processo circolare vita/arte, superando la
concettualizzazione platonica/romantica di “rivelazione”
e quella.
solipsistica di “arte per arte”, secondo le quali il
pittore geniale riceverebbe l’ispirazione artistica “sine materia”

Per Jacques Maritain l’opera dell’artista è insieme intuizione ed espressione di un’arte che cerca l’assoluto della bellezza, di “un’arte per Dio”, perché la bellezza è un nome di Dio e solo in Lui si esprime compiutamente. Dal canto suo, lungo tutta la sua vita, Paolo VI ha avuto una particolare attenzione per l’arte e le sue forme.

In the 1930s the young Italian artist, Corrado Cagli was a rising star of the Scuola Romana, supported by the Fascist regime despite being both Jewish and a homosexual. Following the Racial Laws, he fled first to Paris, and then to the USA, where he remained until 1947. Raffaele Bedarida’s new book, Corrado Cagli – La pittura, l’esilio, l’America (1938-1947) Donzelli Editore, 2018 (soon to be translated into English by CPL Editions), focuses on Cagli’s American exile.

While examining Cagli in the context of the artistic and intellectual migration from Europe to the US, Bedarida provides valuable new insight into the specific plight of this Italian Jewish artist, once championed by Fascism and into the complexities of the use of art for cultural diplomacy.

The author combines biography, cultural history, and critical analysis in exploring a decisive period in the life and work of a painter whose complex personality and non-signature style, defy classifications. The book also provides thought-provoking and nuanced arguments on the ideologically based ostracism that Cagli encountered upon returning to Italy in the immediate aftermath of the war.  Because of his past as a former regime-endorsed artist, his recent American success, his participation in the liberation of Europe from Nazi-Fascism with the American army, and Jewish exile, Cagli simply did not fit into any of the faction of Italy’s post-war heated cultural disputes.

Based on extensive original research and
written with brio, Bedarida’s book is an
essential contribution to the growing
field of transnational modernism studies.

In 1934 and in 1937, two rounds of a major architectural competition were held for the Palazzo Littorio, the new Fascist Party Headquarters in Rome to be built in the heart of the ancient city and measuring its architectural worth against the Colosseum itself. Once the second round was announced, foreign and domestic policy shifted towards a more repressive climate and Italy had become an Empire. The processes behind the competitions represent the relationship between architecture and consent, the establishment and development of a 'Fascist' style, the Monumentalism versus Rationalism debate and increasing Party influence over artistic expression.

Drawing upon unpublished documentation, this article reconsiders Vittorio Pica’s interests in DomenicoMorelli’s painting within the broader context of contemporary European art. The essay reviews some important events and aspects, such as the organization of Morelli’s solo show at the Venice Biennale in 1901, the critical writings published on that occasion, the appreciation of his graphic activity and, in particular, of his drawings for the Illustrated Bible of Amsterdam, as well as his inclusion among the artists of both the Esposizione internazionale del bianco e nero in Rome in 1902 and the Mostra nazionale di belle arti during the Sempione Exhibition in Milan in 1906. The association with Puvis de Chavannes or Böcklin’s work, in Pica’s proposal, placed Morelli in a distinctive class of history painters who, from Romanticism to Symbolism, revolutionized the genre in the second half of the Nineteenth Century in Europe.

ha dedicato all'arte oltre cinquant'anni di vita e, in arte, non solo si esprime con naturalezza ma ha un posto suo. Artista di razza dunque, essa ha vissuto la sua vocazione con molte sofferenze, e perché, non altrimenti che la maternità, anche la creatività ha i suoi dolori, e soprattutto-in quanto nata a Verres in Valle d'Aosta l'11 dicembre del 1921-perché giovane donna e artista ad un tempo, in un periodo poco disponibile verso i giovani le donne e gli artisti. Tuttavia, con insospettabile fedeltà al motto «OMNIUM VICTOR ERIS, SI PATIENS FUERIS» (vincerai tutti, se sarai paziente), scelto nel Seicento da un esponente nobile del suo casato, lavorando duro e-diversamente da quelli che, quando raggiungono la notorietà, sono acrimoniosi e pieni di risentimento per le avversità subite-non ha mai avvilito la sua creatività, ma impegnata a fondo, ha lottato con sensibilità e tenacia per i suoi ideali, continuando a proporre opere di elevata qualità, e, ciò che importa, senza mai dimenticare il piccolo comune che le ha dato i natali, senza mai tradire la gente e le tradizioni alpine. Sotto la guida di Italo Mus, quindi vicina alla lezione degli impressionisti, ha dipinto i primi quadri di soggetti montanari, in seguito però ha percepito i drammi incombenti su natura e umanità riuscendo ad esprimerli con l'abilità degli espressionisti. Ha allestito la sua prima esposizione nel 1952, ha poi esposto in Italia, Francia e Svizzera. «L'Arte ha il dono della Premonizione e della Preveggenza e gli artisti prevedono e intuiscono il futuro? ha scritto, mentre la sua pittura raccoglieva il dramma della distruzione dell'ambiente e le tante catastrofi del sistema biologico-ambientale. Ha avuto percezioni terribili ma, pur senza trattenere il grido più accorato, non ha espresso solo angosce: attenta e equilibrata si è rivelata consapevole di non essere sola ad avvertire quei segnali.

Maria Cristina Maiocchi. ... Anch'essa 'formula' del repertorio iconografico di ritorno all'ordine (Funi), la Venere del Museo delle Terme è citata in una lettera al padre, particolarmente significativa della svolta 'classica' di Prieto: riflessione sulla resa plastica dell'immagine, la scultura ...

Il presente saggio mira a fornire un primo nuovo contributo sulla figura di Milo Corso Malverna, versatile autore giunto in Africa durante il Ventennio. L’artista, le sue attività e le sue opere sono stati studiati solo superficialmente e in minima parte, per lo più in relazione a un gruppo di dipinti e sculture oggi conservati presso il Museo delle Civiltà di Roma. Questo lavoro desidera quindi ampliare le notizie in merito al personaggio, il quale, attraverso la sua eterogenea attività, si inserì a pieno nel filone colonialista, vestendo i panni di pittore, disegnatore, scultore, organizzatore di mostre, scrittore, critico d’arte e poeta. Giunto in Somalia nel 1927 e trasferitosi poi in Libia nel 1931, Corso Malverna si affermò nel contesto tripolino, ove fra le altre cose ricoprì per diversi anni la carica di Presidente del Sindacato Coloniale Fascista delle Belle Arti. Rientrato in Italia nel secondo dopoguerra e stabilitosi a Roma, l’artista proseguì l’attività nel solco dell’esperienza africana, sia collaborando all'allestimento di rassegne connesse all'AFIS (Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia), sia continuando a proporre, in diverse mostre personali e collettive, lavori legati al periodo trascorso oltremare.

This review is of the publication The Routledge Companion to Italian Fascist Architecture: Reception and Legacy, edited by Kay Bea Jones and Stephanie Pilat, published by Routledge in 2020 as part of the Routledge Companions series. An ambitious project, it explores what has happened to buildings from the fascist period in Italy and examines the strategies used to both preserve and resignify them.

Il paesaggio italiano è costellato di edifici pubblici realizzati in epoca fascista, un buon numero dei quali è passato senza sforzo dall’amministrazione del regime a quella della Repubblica, facendo dimenticare, o semplicemente nascondendo, il proprio passato e i propri valori fondanti.
Un certo numero rimane ancora inutilizzato: tra questi, edifici apparentemente facili da riutilizzare per la loro posizione, la loro forma architettonica e la loro funzione originaria. È questo il caso delle migliaia di ex Colonie, testimoni di un lato meno minaccioso del fascismo e costruiti in luoghi meravigliosi, in lento e inarrestabile declino in attesa di un sempre più difficile riuso.
Perché questo è così complesso? Per quali temi e quali problemi? Il libro propone una traccia di risposta, attraverso l’analisi e il progetto di recupero delle due Colonie Montane di Renesso e di Monte Maggio, realizzate da Camillo Nardi Greco sull’Appennino genovese nel 1933 e nel 1937.