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stefano brugnolo
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Convegno di studi internazionale dedicato a Francesco Orlando (secondo richiamo e programma definitivo con la viva preghiera di condividerlo) Nell’invitarvi al Convegno provo a dirvi quale fosse il pensiero principale di Francesco Orlando... more
Convegno di studi internazionale dedicato a Francesco Orlando (secondo richiamo e programma definitivo con la viva preghiera di condividerlo)
Nell’invitarvi al Convegno provo a dirvi quale fosse il pensiero principale di Francesco Orlando da cui poi è sgorgata tutta la sua teoria: è il pensiero dell’ambivalenza.
Un altro modo che Francesco aveva per dire questo era che il testo letterario è una “formazione di compromesso” tra significati opposti che convivono senza giungere mai a una sintesi, che restano inconciliati.
Uno potrebbe anche dire che è un pensiero facile da afferrare. Magari in astratto può anche parere così, ma nel concreto no, è forse la cosa più difficile di tutte.
Certo, quando leggiamo una poesia o un romanzo in qualche modo siamo immersi nell’ambivalenza, nella pluralità dei punti vista, ma poi se a lettura compiuta ne parliamo e discutiamo fin troppo spesso siamo portati a dire che quella certa opera afferma o nega, celebra o maledice,  significa bianco o significa nero.
Ragioniamo insomma nei termini di un aut aut  e ci costa fatica riconoscere che il testo eminente può disapprovare e nello stesso tempo approvare una certa azione, può farti amare e nello stesso tempo odiare un certo personaggio.
Se c’è una cosa che Francesco Orlando ci ha aiutato come pochi altri a fare è proprio ad articolare l’ambivalenza e cioè la contraddizione, che è sì la materia prima di cui sono fatte le grandi opere, ma è anche ciò di cui siamo fatti tutti noi. Perché ogni individuo è una originale formazione di compromesso, una contraddizione vivente e impossibile da chiudere. Siamo tutti cioè, ci piaccia o no, delle disperanti e mirabolanti coincidenze di opposti. E se per Orlando lo studio della letteratura “serve” a qualcosa, serve come esercizio per misurarsi con questa nostra natura paradossale. Per conoscerla un po’ meglio.
Mi pare che quest’arte stia diventando sempre più difficile da praticare. Mi sembra che tendiamo sempre di più a rigettare le ambivalenze e a sopportare le incompatibilità di cui è fatta la nostra vita. Molto spesso per esempio davanti alla nostra eredità culturale oscilliamo tra una attitudine di sacralizzazione idolatrica e una di rigetto, di ripulsa.
In fondo è come se non sopportassimo l’alterità dei classici del pensiero e dell’arte a cui troppo spesso chiediamo  di rispecchiare e confermare quel che siamo “oggi”, come se il loro valore consistesse nella loro presunta attualità invece che nella loro inattualità che alla fine li rende “eterni”.
L’ideale sarebbe invece confrontarsi con la natura bifronte di quei classici. Pensiamoci:  quanta inutile violenza nell’Iliade, quanta terribile esaltazione della forza, ma insieme quanta pietas per gli sconfitti, quanta consapevolezza della vanità di tutto quel furore. 
E questo solo per fare il caso del poema che è alla base di tutta la nostra tradizione. Ripeto: dirlo può sembrare quasi solo retorica, ma in realtà afferrare e rendere conto di tali compresenze resta difficilissimo. Perciò io credo che abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti in queste operazioni mentali; che ci aiuti nel compito infinito di sopportare questa nostra natura profondamente aporetica, “storta”, e proprio perciò così viva. Una natura che nei testi letterari si rispecchia al suo meglio e dunque anche al suo peggio.
Francesco Orlando a undici anni dalla sua morte può essere, insieme certo ad altri, un compagno di strada prezioso nello svolgimento di questo compito.
Il convegno che gli è dedicato e a cui invito tutti voi può essere una bella occasione sia per approfondire la sua conoscenza che per cominciarla.
Il saggio (di cui qui è presentata la prima parte) intende essere una critica serrata del pensiero di quello che al momento è il filosofo italiano più letto e discusso all'estero. Ma è anche un tentativo di riflettere su come sia... more
Il saggio (di cui qui è presentata la prima parte) intende essere una critica serrata del pensiero di quello che al momento è il filosofo italiano più letto e discusso all'estero. Ma è anche un tentativo di riflettere su come sia possibile (o impossibile) pensare ai campi di concentramento come una realtà che ci riguarda tutti, con cui bisogna fare i conti, anche a livello di immaginazione. Una realtà che non può non influire sul modo di concepire il nostro tempo e anche il nostro futuro. Quel che si contesta a Agamben è  un grave errore e cioè quello di stabilire che i campi sono il paradigma della realtà politica attuale, e si direbbe tout court della realtà moderna: «Il campo e non la città è oggi il paradigma biopolitico dell’occidente». Ora, dire che la Shoah sia qualcosa che può accadere ancora è giusto, dire invece che già viviamo dentro quella realtà significa misconoscerne l'unicità e banalizzarla. Non fosse altro perché, come ha scritto il sociologo Bauman, "se tutto ciò che conosciamo assomiglia a Auschwitz, allora ciò significa che si può vivere a Auschwitz e che anzi al limite ci si può vivere bene". In questo Agamben è un epigono di quell'Heidegger che una volta scrisse: "L’agricoltura è oggi industria alimentare meccanizzata, che nella sua essenza è lo Stesso della fabbricazione di cadaveri nelle camere a gas e nei campi di sterminio". Non è vero: l'industria meccanizzata non la Stessa Cosa dei campi di sterminio! Anche se certo esiste una relazione tra Modernità e Olocausto essa non è diretta e univoca, e va invece pensata come qualcosa di complesso e problematico, non come un'identità. Questo saggio intende proprio essere questo: un elogio del pensiero complesso, sfumato, sfaccettato e una critica del pensiero generalizzante, di quel pensiero che tende a spiegare Tutto sulla base di alcune poche premesse.
La Sardegna che Satta ci racconta non è una arcadia fuori dal tempo, ma un luogo emblematico, il prototipo di una realtà condannata dalla storia. Tutti coloro che a causa di un qualche "progresso" si scoprono improvvisamente superati si... more
La Sardegna che Satta ci racconta non è una arcadia fuori dal tempo, ma un luogo emblematico, il prototipo di una realtà condannata dalla storia. Tutti coloro che a causa di un qualche "progresso" si scoprono improvvisamente superati si riconosceranno in esso. Da qui l'universalità del romanzo che questo saggio indaga mettendo a confronto la mitica Nuoro di Satta con altre leggendarie periferie letterarie (la Oblòmovka di Gonçarov, la Sicilia del Gattopardo, la Macondo di Cent'anni di solitudine...).
E' una risposta alla recensione uscita nello stesso numero di Between e relativa al libro "La scrittura e il mondo" di Brugnolo Colussi Zinato Zatti (che sono poi gli estensori di questo articolo). In esso si fa largo riferimento alle... more
E' una risposta alla recensione uscita nello stesso numero di Between e relativa al libro "La scrittura e il mondo" di Brugnolo Colussi Zinato Zatti (che sono poi gli estensori di questo articolo). In  esso si fa largo riferimento alle questioni didattiche connesse all'insegnamento delle materie letterarie, e alla utilità pratica della teoria letteraria.
Vergegenwärtigt man sich den gesellschaftspolitischen und ökonomischen Diskurs, so ist es zusehends schwierig, dem Begriff Bourgeoisie eine konkrete und spezifische Realität zuzuordnen. Alle sprechen vom Kapitalismus. Aber sie verwenden... more
Vergegenwärtigt man sich den gesellschaftspolitischen und ökonomischen Diskurs, so ist es zusehends schwierig, dem Begriff Bourgeoisie eine konkrete und spezifische Realität zuzuordnen. Alle sprechen vom Kapitalismus. Aber sie verwenden den Begriff, als handle es sich um einen Kapitalismus ohne Bourgeoisie. Kurz: Es scheint so, als wären wir heutzutage nicht mehr imstande, uns überhaupt vorzustellen, dass eine »bürgerliche Klasse« existiert. Die Ursachen für dieses Phänomen sind komplex und wurden bis heute kaum untersucht. In seinem Essay Marx und der abnorme Charme der Bourgeoisie konfrontiert uns Stefano Brugnolo mit diesem Problem.
E' una saggio che esamina la scrittura, lo stile di Marx soprattutto in riferimento alla sua capacità di proporre una vera e propria visione epica del capitalismo.
E' una recensione al libro di Francesco Orlando "L'intimité et l'Histoire. Lecture du Guépard" (Classiques Garnier, 2014)
Il saggio interroga il romanzo di Nabokov dal punto di vista morale, dimostrando che diversamente da quanto pensano coloro che trattano il testo solo in chiave estetica l’autore non smette mai di porsi e porci domande di ordine etico, a... more
Il saggio interroga il romanzo di Nabokov dal punto di vista morale, dimostrando che diversamente da quanto pensano coloro che trattano il testo solo in chiave estetica l’autore non smette mai di porsi e porci domande di ordine etico, a cui però dà delle risposte originali.
Il saggio esamina la letteratura che ha trattato il male nel Novecento, ponendola però in un contesto molto più ampio, quello della polemica tra Pelagio e Agostino. Mentre Pelagio sosteneva che l'uomo può scegliere di fare il bene,... more
Il saggio esamina la letteratura che ha trattato il male nel Novecento, ponendola però in un contesto molto più ampio, quello della polemica tra Pelagio e Agostino. Mentre Pelagio  sosteneva che l'uomo può scegliere di fare il bene, Agostino pensava che l'uomo a causa del peccato originale è portato a fare il male. Per secoli la prospettiva pelagiana fu quella dissidente, ma a partire da Rousseau essa andò al potere: la civiltà borghese aveva infatti una visione ottimistica circa la natura umana. Da allora in poi gli scrittori dissidenti si schierarono esplicitamente o implicitamente con Agostino. Contestarono quell'ottimismo e sostennero la malvagità naturale dell'uomo. Il capostipite di questa tendenza fu Baudelaire. Nel Novecento quesa posizione fu ancora quella dominante ma essa venne declinata in modo originale rispetto a Baudelaire nel senso che si tese sempre di più a rappresentare una umanità che faceva il male in modo del tutto "banale". Senza più cioè alcuna pretesa satanica o miltoniana. Da Conrad a Céline gli scrittori ci raccontano di un male che è diventato routine.
Si prende in esame l'approccio storico-sociologico ai testi letterari. Si considerano cioè quegli studiosi che hanno sostenuto l'importanza decisiva dei referenti e cioè del mondo nello studio della letteratura. È forse questa la più... more
Si prende in esame l'approccio storico-sociologico ai testi letterari. Si considerano cioè quegli studiosi che hanno sostenuto l'importanza decisiva dei referenti e cioè del mondo nello studio della letteratura. È forse questa la più importante linea di resistenza ai sostenitori dell'autoreferenzialità. I suoi ultimi epigoni sono i rappresentanti dei cultural studies.
Sono pagine estratte dal libro uscito per Carocci "La tentazione dell'Altro. Avventure dell'identità occidentale da Conrad a Coetzee (e uscito in anteprima su "Le parole e le cose" (2017). In queste pagine viene svolta una critica alla... more
Sono pagine estratte dal libro  uscito per Carocci "La tentazione dell'Altro. Avventure dell'identità occidentale da Conrad a Coetzee (e uscito in anteprima su "Le parole e le cose" (2017). In queste pagine viene svolta una critica alla prospettiva post-coloniale che spesso si ferma solo sulla dimensione ideologica dei testi letterari, trascurando quanto in essi contraddice l'ideologia di base dell'autore.
E' una lettura dell'opera di Guaguin fatta in controtendenza rispetto alle letture post-colonial e gender, perché dimostra che l'artista era perfettamente consapevole delle contraddizioni insite nel sogno esotico, contraddizioni che... more
E' una lettura dell'opera di Guaguin fatta in controtendenza rispetto alle letture post-colonial e gender, perché dimostra che l'artista era perfettamente consapevole delle contraddizioni insite nel sogno esotico, contraddizioni che infatti trovano posto nei suoi dipinti.
E' una lettura che mira a smontare alcuni partiti presi tipici dell'approccio post-coloniale e mira a celebrare il messaggio critico di opere che spesso vengono lette in chiave solo ideologica.
Sono pagine estratte da "La scrittura e il mondo" (Brugnolo, Colussi, Zatti, Zinato) in cui esamino le proposte di Moretti realtive alla critica del close reading e alla sua proposta di inaugurare una lettura da lontano dei testi... more
Sono pagine estratte da "La scrittura e il mondo" (Brugnolo, Colussi, Zatti, Zinato) in cui esamino le proposte di Moretti realtive alla critica del close reading e alla sua proposta di inaugurare una lettura da lontano dei testi avvalendosi anche delle digital humanities. Senza contestare la legittimità e l'interesse di questi studi qui si sostiene l'imprescindilità dell'analisi testuale.
Come dice il titolo il libro si occupa di ‘strane coppie’ nella letteratura e nel cinema. Cosa sono le strane coppie? Diciamo intanto per cominciare che non c’entrano nulla con i tanti doppi di cui è piena la letteratura, del tipo di... more
Come dice il titolo il libro si occupa di ‘strane coppie’ nella letteratura e nel cinema. Cosa sono le strane coppie? Diciamo intanto per cominciare che non c’entrano nulla con i tanti doppi di cui è piena la letteratura, del tipo di Jakyll e Hyde; e nemmeno c’entrano  con i gemelli o le coppie di amanti, tipo Romeo e Giulietta. In linea di massima, le strane coppie di cui qui ci si occupa sono composte da  individui ‘fuori squadra’ che sono complementari l’uno all’altro, simili ma diversi, antitetici ma uguali. Ne consegue che i personaggi sono presentati come due opposti che s’attraggono o due simili che si respingono. Le varianti possibili di queste combinazioni di diversità e uguaglianza, di affinità e contrasto sono tantissime. Il lungo e il corto, il grasso e il magro, il furbo e il tonto, il parolaio e il muto, ecc. E’ un tema diffusissimo oltre che nella letteratura anche nel circo, nel cabaret, nel varietà, nel cinema, alla televisione. Forse i massimi rappresentanti di questa tipologia di personaggi restano Don Chisciotte e Sancio Panza ma di strane coppie è pieno il mondo. Qualche volta sono solo loro due i protagonisti assoluti, come accade per esempio in certe scene circensi; qualche volta invece a imbattersi in quei due strani tipi è un personaggio che se li vede venire avanti quando meno se l’aspettava. Sono di questo secondo tipo le strane coppie che se la prendono con i protagonisti di Kafka, ma simili sono anche il Gatto e la Volpe in ‘Pinocchio’. In questi casi più che protagonisti i due tipi  sono gli antagonisti di qualche povero uomo qualunque. Del primo tipo sono invece per esempio le coppie formate da Stanlio e Ollio, da Bouvard e Pécuchet di Flaubert,  da Vladimiro e Estragone di Beckett, da Jules e Vincent di ‘Pulp Fiction’. E perché no da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. e da tanti altri comici più recenti. Comunque sia, là dove le strane coppie entrano in campo - e quasi sempre lo fanno proponendosi grottescamente di realizzare compiti importanti e difficili -, creano garbugli, confusione, mulinelli, equivoci, qui pro quo, sia a livello di scambi verbali che di azioni vere e proprie. Questo li rende inevitabilmente pasticcioni, approssimativi, goffi e buffi. Anche quando sono minacciosi e addirittura pericolosi, come appunto nel caso di Kafka e  di ‘Pinocchio’, lo sono in modo pagliaccesco e in definitiva risibile. Chi sono, cosa rappresentano? In buona sostanza questi due tipi poco  affidabili e raccomandabili costituiscono la parodia vivente di un soggetto che si presume unico e saldo. Ne costituiscono insomma lo  specchio rovesciato. Essi infatti spesso minacciano beffardamente lanostra integrità e rispettabilità di individui ‘per bene’, fanno sempre il verso alla nostra mediocre normalità, la imitano e la interpretano male, grottescamente, da pagliacci quali sono, ma  comportandosi così ce ne restituiscono anche un’immagine dissacrante eilluminante. Ognuno di noi infatti può ritrovarsi e rivedersi inquelle nostre strane e brutte copie/coppie che sono Stanlio e Ollio,Bouvard e Pécuchet e tutti gli altri.
It's about Huysmans. First chapter: Una visione escrementale del mondo moderno Second chapter: Il consumatore stanco e la Salomé danzante Third chapter: L'artificio al posto della natura Fourth chapter: Il diavolo l'oro e il povero... more
It's about Huysmans.
First chapter: Una visione escrementale del mondo moderno
Second chapter: Il consumatore stanco e la Salomé danzante
Third chapter: L'artificio al posto della natura
Fourth chapter: Il diavolo l'oro e il povero Cristo
Research Interests:
An answer from the authors of “La scrittura e il mondo” to the remarks by Niccolo Scaffai, Giancarlo Alfano, Valentino Baldi and Luca Marangolo.
L'articolo affronta la questione delle resistenze oggi sempre più forti a leggere, studiare, amare i classici perché ritenuti spesso politicamente e moralmente impresentabili, perché veicolerebbero pregiudizi di genere, religiosi,... more
L'articolo affronta la questione delle resistenze oggi sempre più forti a leggere, studiare, amare i classici perché ritenuti spesso politicamente e moralmente impresentabili, perché veicolerebbero pregiudizi di genere, religiosi, razzisti ecc. Nel saggio non si nega che nei classici ritroviamo tali pregiudizi ma secondo chi scrive essi sono sempre contraddetti e superati dai testi che vanno sempre ben al di là delle convinzioni dell'autore.
Cet article est un compte-rendu du livre : Francesco Orlando, L’Intimité et l’Histoire. Lecture du Guépard, Paris : Classiques Garnier, coll. « Théorie de la littérature », 2014, 210 p., EAN 9782812433450.
La troisième parution d’Amerika s’inscrit dans la continuité du numéro antérieur qu’il complète et élargit, dans ses aspects géographiques (Brésil, Colombie, Cuba, Chili), thématiques (droits de l’homme, sociétés) et expressifs (arts... more
La troisième parution d’Amerika s’inscrit dans la continuité du numéro antérieur qu’il complète et élargit, dans ses aspects géographiques (Brésil, Colombie, Cuba, Chili), thématiques (droits de l’homme, sociétés) et expressifs (arts plastiques, théâtre, cinéma). Elle reprend une sélection de communications du colloque La mémoire et ses représentations esthétiques, tenu à Rennes 2 en février 2010. Cette rencontre a été l’occasion de rendre hommage (en coordination avec Norah Giraldi Dei-Cas et l’Université de Lille 3) au grand intellectuel hispano-uruguayen Fernando Aínsa, qui a prononcé la conférence d’ouverture
"Come dice il titolo il libro si occupa di ‘strane coppie’ nella letteratura e nel cinema. Cosa sono le strane coppie? Diciamo intanto per cominciare che non c’entrano nulla con i tanti doppi di cui è piena la... more
"Come dice il titolo il libro si occupa di ‘strane coppie’ nella letteratura e nel cinema. Cosa sono le strane coppie? Diciamo intanto per cominciare che non c’entrano nulla con i tanti doppi di cui è piena la letteratura, del tipo di Jakyll e Hyde; e nemmeno c’entrano con i gemelli o le coppie di amanti, tipo Romeo e Giulietta. In linea di massima, le strane coppie di cui qui ci si occupa sono composte da individui ‘fuori squadra’ che sono complementari l’uno all’altro, simili ma diversi, antitetici ma uguali. Ne consegue che i personaggi sono presentati come due opposti che s’attraggono o due simili che si respingono. Le varianti possibili di queste combinazioni di diversità e uguaglianza, di affinità e contrasto sono tantissime. Il lungo e il corto, il grasso e il magro, il furbo e il tonto, il parolaio e il muto, ecc. E’ un tema diffusissimo oltre che nella letteratura anche nel circo, nel cabaret, nel varietà, nel cinema, alla televisione. Forse i massimi rappresentanti di questa tipologia di personaggi restano Don Chisciotte e Sancio Panza ma di strane coppie è pieno il mondo. Qualche volta sono solo loro due i protagonisti assoluti, come accade per esempio in certe scene circensi; qualche volta invece a imbattersi in quei due strani tipi è un personaggio che se li vede venire avanti quando meno se l’aspettava. Sono di questo secondo tipo le strane coppie che se la prendono con i protagonisti di Kafka, ma simili sono anche il Gatto e la Volpe in ‘Pinocchio’. In questi casi più che protagonisti i due tipi sono gli antagonisti di qualche povero uomo qualunque. Del primo tipo sono invece per esempio le coppie formate da Stanlio e Ollio, da Bouvard e Pécuchet di Flaubert, da Vladimiro e Estragone di Beckett, da Jules e Vincent di ‘Pulp Fiction’. E perché no da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. e da tanti altri comici più recenti. Comunque sia, là dove le strane coppie entrano in campo - e quasi sempre lo fanno proponendosi grottescamente di realizzare compiti importanti e difficili -, creano garbugli, confusione, mulinelli, equivoci, qui pro quo, sia a livello di scambi verbali che di azioni vere e proprie. Questo li rende inevitabilmente pasticcioni, approssimativi, goffi e buffi. Anche quando sono minacciosi e addirittura pericolosi, come appunto nel caso di Kafka e di ‘Pinocchio’, lo sono in modo pagliaccesco e in definitiva risibile. Chi sono, cosa rappresentano? In buona sostanza questi due tipi poco affidabili e raccomandabili costituiscono la parodia vivente di un soggetto che si presume unico e saldo. Ne costituiscono insomma lo specchio rovesciato. Essi infatti spesso minacciano beffardamente lanostra integrità e rispettabilità di individui ‘per bene’, fanno sempre il verso alla nostra mediocre normalità, la imitano e la interpretano male, grottescamente, da pagliacci quali sono, ma comportandosi così ce ne restituiscono anche un’immagine dissacrante eilluminante. Ognuno di noi infatti può ritrovarsi e rivedersi inquelle nostre strane e brutte copie/coppie che sono Stanlio e Ollio,Bouvard e Pécuchet e tutti gli altri. "
An answer from the authors of “La scrittura e il mondo” to the remarks by Niccolo Scaffai, Giancarlo Alfano, Valentino Baldi and Luca Marangolo.
Il saggio intende estrapolare dallo studio che Starobinski dedicò ad un noto brano delle Confessioni di Rousseau (Il pranzo di Torino) un vero e proprio modello di critica testuale. E lo fa a partire dalla considerazione che Jean... more
Il saggio intende estrapolare dallo studio che Starobinski dedicò ad un noto brano delle Confessioni di Rousseau (Il pranzo di Torino) un vero e proprio modello di critica testuale. E lo fa a partire dalla considerazione che Jean Starobinski ha saputo contemperare le ragioni della filologia con quelle dell'ermeneutica, operazione niente affatto scontata. Aessere valorizzata è soprattutto la sua capacità di partire dallo specifico testuale per tentare generalizzazioni sempre più ampie che però non smettono mai di essere fondate sull'esame accurato del testo. Alla fine il testo di Rousseau interpretato magistralmente da Starobinski si dimostra capace di interpretare a sua volta una serie di situazioni e condizioni tipicamente moderne. Si direbbe infine che il saggio del critico ginevrino ci dimostra che il valore di un testo letterario dipende molto dal reticolo di corrispondenze e opposizioni che agiscono a livello profondo e che tutte insieme collaborano a produrre un effett...
Si tratta di considerazioni che se anche concernono Balzac e la sua concezione politica in realtà mirano soprattutto a riflettere sulla possibilità o meno di estrapolare delle idee (politiche, economiche, sociologiche, antropologiche,... more
Si tratta di considerazioni che se anche concernono Balzac e la sua concezione politica in realtà mirano soprattutto a riflettere sulla possibilità o meno di estrapolare delle idee (politiche, economiche, sociologiche, antropologiche, ecc.) dall'opera di uno scrittore. O meglio ancora il problema che mi pongo riguarda l'uso che le scienze sociali possono fare dei testi letterari. E riguarda anche le possibili convergenze e divergenze che si possono dare tra approccio letterario e approccio storiografico o sociologico o filosofico ai testi poetici.
Il testo si interroga sulla nozione e sullo statuto del discorso letterario soprattutto in relazione alle nuove scritture che emergono sulla Rete. Più in generale il saggetto propone una visione allargata del campo letterario fino al... more
Il testo si interroga sulla nozione e sullo statuto del discorso letterario soprattutto in relazione alle nuove scritture che emergono sulla Rete. Più in generale il saggetto propone una visione allargata del campo letterario fino al punto di suggerire che si pratica più letteratura di quando si pratichi la non letteratura.
E' un intervento che vuole dimostrare la superiorità di Foster Wallace su Bret Easton Ellis e cioè sulla sua maggiore complessità come romanziere del secondo.
Sulla possibilità o meno di applicare alla cosiddetta canzone leggera le categorie e i metodi della critica testuale e letteraria classica. Sul valore e disvalore dei testi di Bob Dylan e Vasco Rossi. Sulla necessità di considerare la... more
Sulla possibilità o meno di applicare alla cosiddetta canzone leggera le categorie e i metodi della critica testuale e letteraria classica. Sul valore e disvalore dei testi di Bob Dylan e Vasco Rossi. Sulla necessità di considerare la canzone un fenomeno eminentemente performativo. Sull'importanza delle voci. Su nichilismo e canzone leggera.
E' un saluto a Harold Bloom e un riconoscimento alla sua grandezza di critico idiosincratico ma generoso nel riconoscere la bellezza dei grandi testi letterari.
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E' un saggetto veloce che mostra come il film Joker sia in qualche modo una rivisitazione del romanzo di Hugo "L'uomo che ride" di Todd Philipps. Mostra però anche come la grandiosa utopia coltivata da Victor Hugo (e Rousseau), quella secondo cui il male è un prodotto sociale, si è sempre più banalizzata.
Intende essere una critica serrata del pensiero di quello che al momento è il filosofo italiano più letto e discusso all'estero. Ma è anche un tentativo di riflettere su come sia possibile (o impossibile) pensare ai campi di... more
Intende essere una critica serrata del pensiero di quello che al momento è il filosofo italiano più letto e discusso all'estero. Ma è anche un tentativo di riflettere su come sia possibile (o impossibile) pensare ai campi di concentramento come una realtà che ci riguarda tutti, con cui bisogna fare i conti, anche a livello di immaginazione. Una realtà che non può non influire sul modo di concepire il nostro tempo e anche il nostro futuro. Quel che si contesta a Agamben è un grave errore e cioè quello di stabilire che i campi sono il paradigma della realtà politica attuale, e si direbbe tout court della realtà moderna: «Il campo e non la città è oggi il paradigma biopolitico dell’occidente». Ora, dire che la Shoah sia qualcosa che può accadere ancora è giusto, dire invece che già viviamo dentro quella realtà significa misconoscerne l'unicità e banalizzarla. Non fosse altro perché, come ha scritto il sociologo Bauman, "se tutto ciò che conosciamo assomiglia a Auschwitz, allora ciò significa che si può vivere a Auschwitz e che anzi al limite ci si può vivere bene". In questo Agamben è un epigono di quell'Heidegger che una volta scrisse: "L’agricoltura è oggi industria alimentare meccanizzata, che nella sua essenza è lo Stesso della fabbricazione di cadaveri nelle camere a gas e nei campi di sterminio". Non è vero: l'industria meccanizzata non la Stessa Cosa dei campi di sterminio! Anche se certo esiste una relazione tra Modernità e Olocausto essa non è diretta e univoca, e va invece pensata come qualcosa di complesso e problematico, non come un'identità. Questo saggio intende proprio essere questo: un elogio del pensiero complesso, sfumato, sfaccettato e una critica del pensiero generalizzante, di quel pensiero che tende a spiegare Tutto sulla base di alcune poche premesse e cause prime.

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E' una recensione ad un romanzo della scrittore egiziano ma di lingua francese Albert Cossery:  "I fannulloni nella valle fertile", uscito per le edizioni Einaudi nel 2017
A partire da un esempio ricavato da "Madame Bovary" il saggio indaga le possibili funzioni che può svolgere il personaggio minore dentro il genere romanzesco.
E' un discorso tenuto il 25 aprile 2019 a Padova davanti al cippo di otto partigiani morti giovanissimi. In esso si valorizza l'inesperienza e la gioventù di quei partigiani e si depreca la retorica che li vorrebbe dipingere come eroi... more
E' un discorso tenuto il 25 aprile 2019 a Padova davanti al cippo di otto partigiani morti giovanissimi. In esso si valorizza l'inesperienza e la gioventù di quei partigiani e si depreca la retorica che li vorrebbe dipingere come eroi tutti d'un pezzo.
Il discorso verte sull'utilità di considerare le rappresentazioni della paternità sempre nel quadro teorico costituito dal concetto freudiano di complesso edipico. Il testo fa riferimento agli studi di Orlando secondo cui il tema del... more
Il discorso verte sull'utilità di considerare le rappresentazioni della paternità sempre nel quadro teorico costituito dal concetto freudiano di complesso edipico. Il testo fa riferimento agli studi di Orlando secondo cui il tema del marito tradito si sviluppa in Europa dopo l'avvento del cristianesimo e può essere inteso come un ritorno del represso rispetto ad una religione in cui il padre pretende che il figlio si sacrifichi per lui. Infatti dietro l'immagine del marito tradito (solitamente vecchio e stupido) sta l'immagine del padre, e dietro l'immagine del giovane e intraprendente amante sta la figura del figlio. Si tratta dunque di una rivincita che però avviene in modo trasposto, indiretto. Ma, nota sempre Orlando, da una certa data in poi il marito-padre tradito diviene una figura degna di identificazione e commiserazione. Nel discorso qui riportato si afferma che la logica sempre più convulsa di superamento del passato e cioè del vecchio e cioè del padre ha creato le premesse per una visione della paternità più preoccupata e partecipe. E questo lo si vede bene sia in Giuseppe Verdi che ben più in là nel tempo in "Pastorale americana".
La relazione esamina la contraddizione o il paradosso per cui oggi la difesa delle letterature o culture minori può essere fatta solo da posizioni "di forza", e cioè da centri universitari e culturali che minori non sono, anzi, sono... more
La relazione esamina la contraddizione o il paradosso per cui oggi la difesa delle letterature o culture minori può essere fatta solo da posizioni "di forza", e cioè da centri universitari e culturali che minori non sono, anzi, sono egemoni nel mondo. Il riferimeno è ad un libro dedicato alla letteratura rumena nel contesto mondiale dove appunto i vari autori concordano nel dire che non esistono centri e periferie culturali e letterari. Sta di fatto però che questo discorso può essere fatto e aspirare a essere inteso soprattutto perché la casa editirice del libro è una prestigiosa casa editirice statunitense. Ma questa è solo una delle tante contraddizioni caratteristiche del mondo culturale disuguale in cui viviamo. La relazione si sofferma su alcune di queste contraddizioni.
La relazione esamina la contraddizione o il paradosso per cui oggi la difesa delle letterature o culture minori può essere fatta solo da posizioni "di forza", e cioè da centri universitari e culturali che minori non sono, anzi, sono... more
La relazione esamina la contraddizione o il paradosso per cui oggi la difesa delle letterature o culture minori può essere fatta solo da posizioni "di forza", e cioè da centri universitari e culturali che minori non sono, anzi, sono egemoni nel mondo. Il riferimeno è ad un libro dedicato alla letteratura rumena nel contesto mondiale dove appunto i vari autori concordano nel dire che non esistono centri e periferie culturali e letterari. Sta di fatto però che questo discorso può essere fatto e aspirare a essere inteso soprattutto perché la casa editirice del libro è una prestigiosa casa editirice statunitense. Ma questa è solo una delle tante contraddizioni caratteristiche del mondo culturale disuguale in cui viviamo. La relazione si sofferma su alcune di queste contraddizioni.