History of Basilicata

Ci hanno vantato i carnefici ci hanno venduto il male nulla hanno detto senza colpa (P. Eluard) Dal fascismo alla repubblica di Cristoforo Magistro La scarsità e, per particolari momenti, la mancanza di studi preparatori hanno reso necessario sacrificare snellezza e fluidità espositiva alla ricostruzione analitica dei fatti ritenuti più adatti a ricostruire il tema qui affrontato. 1 Perlomeno di ciò che ne risulta dalle carte d'archivio disponibili. Non è quindi per amor di filologia che, fra i possibili modi di celebrare il bicentenario di Potenza capoluogo, è stata qui privilegiata la memoria del rammentare a quella del commemorare, ma per bisogno di ripartire da quanto è concretamente documentabile. 1. La Basilicata nittiana «Che cosa festeggiamo?» chiedeva Francesco Saverio Nitti in occasione delle celebrazioni del primo centenario di Potenza capoluogo. Nell'ultimo secolo la popolazione nazionale era raddoppiata, quella della Basilicata diminuita sotto i colpi congiunti della malaria e dell'emigrazione e Potenza aveva la metà degli abitanti di trent'anni prima. 2 La stessa promozione a capoluogo non aveva di per sé che una "modesta" importanza storica; in passato il governo della Provincia «aveva vagato per molti modesti borghi e piccole città» senza trasformarne nessuno in vera capitale. Effettivamente la Basilicata, che sotto i Borboni era stata la provincia più arretrata di un regno arretrato, a oltre mezzo secolo dall'unificazione non sembrava cambiata molto. Ancora nel 1915 i giornali riportavano fatti che si è soliti attribuire ad epoche remote: un viandante era stato sbranato dai lupi nei boschi fra Marsiconuovo e Laurenzana e vari episodi testimoniavano una qualità della vita assai precaria e una diffusa violenza nella soluzione dei contrasti personali. 3 Il tasso di omicidi un secolo fa era nell'intero paese sette volte superiore all'attuale, ma le regioni meridionali, con la Sicilia in testa, superavano la media nazionale. 4 In Basilicata, più di ogni altra cosa, erano le condizioni abitative a raccontare passato e presente di una popolazione che ai medici addetti alla leva sembrava formata dalle due diverse razze dei contadini e dei galantuomini. E la posizione di ogni individuo sulla scala sociale era fissata e come consacrata da quella occupata dalla sua casa nel paesaggio cittadino. L'abitare sotto e in basso che a Matera si manifestava nello 1 Per un attento esame su alcuni di questi aspetti, si rinvia alla Relazione introduttiva sulla Storia regionale tenuta da R. Giura Longo al seminario svoltosi a Potenza il 22 marzo 2003 e ora consultabile sul sito basilicatanet.it/sito_deputazione/22marzo2003.htm 2 A. FRANZONI, L'emigrazione in Basilicata, in (a cura di) E. V. Alliegro Le indagini e gli studi sull'emigrazione lucana, in www.consiglio.basilicata.it/pubblicazioni/emigrazione/, p. 101 e Archivio Fondazione Einaudi di Torino, Carte Nitti (d'ora in poi AFE, CN), I° settembre 1907. Centenario di Potenza capoluogo della Provincia di Basilicata. Discorso dell'on. Nitti. 3 Cfr. "Il Giornale di Basilicata" del 15-16 gennaio 1915. 4

Analisi dell'inventario ottocentesco della libraria conventuale dispersa del convento dei Riformati di Santa Croce. Si esaminano le opere contenute cercando di rapportarle alla vita del convento ed all'organizzazione dello studio francescano.

Il rapporto tra natura e paesaggio in Basilicata, a partire dalle leggi “francesi” sull’eversione della feudalità, è scandito da tappe che si intersecano alla storia di eventi cardine per l’evoluzione del territorio e della società, in particolare meridionale. In tal senso storicamente sono stati considerati “eventi a loro modo e in varia misura catastrofici”  nonché di radicale trasformazione del territorio, quei fatti naturali come i terremoti o gli eventi socio-economici come ad esempio la progressiva distruzione dei boschi e l’emigrazione ottocentesca.
Segnando ipoteticamente come punto zero l’epoca dell’abolizione della feudalità (primo decennio del XIX secolo) vi è infatti un acuirsi dei fenomeni di disboscamento, considerati una co-necessità di progresso a cui la parcellizzazione progressiva del feudo non poteva sottrarsi. La pratica di recupero dei terreni da coltivare, diventata una necessità ancora più spinta dopo il decadere della borghesia agraria che si era, di fatto, sostituita ai grandi feudatari, rappresenta il naturale prosieguo della disgregazione di equilibri secolari cristallizzati nel tempo. E con la perdita di tali equilibri il manifestarsi delle problematiche idrogeologiche su larga scala, soprattutto nelle regioni meridionali con determinate caratteristiche geo-litologiche di oggettiva fragilità, diviene cronaca quasi quotidiana che si implementa con l’aumento delle più disparate attività antropiche.  La riforma agraria novecentesca sgretola ulteriormente il latifondo, si effettuano bonifiche per attuare una democratica redistribuzione delle terre e nello stesso tempo i cardini di strutturazione produttiva della società si innestano su nuovi e moderni paradigmi che, in particolare dal secondo dopoguerra, non tengono più conto dell’accresciuta fragilità idrogeologica del territorio avviando, progressivamente e inesorabilmente, una pratica di azione risarcitoria dei vulnus geostrutturali basata essenzialmente sul progresso ingegneristico, meccanico, tecnologico, arginando la soluzione non ingegneristica e quindi mettendo in secondo piano la strategia di prevenzione delle problematiche di rischio geo-idrologico.
Nel presente contributo si analizza e fornisce un repertorio delle frane del territorio di Pomarico, recentemente tornata alle cronache nazionali per un rovinoso e imponente evento che ha coinvolto buona parte del versante S-SO del proprio centro storico. Il contributo tiene conto non soltanto dei repertori in uso in ambito geologico ma integra e arricchisce gli stessi attingendo dagli archivi pubblici e privati (per questi ultimi si è fatto riferimento esclusivamente a quelli riconosciuti di notevole interesse storico da parte della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Puglia e della Basilicata). L’intento è quello di legare il più possibile l’idea e la pratica di interventi non strutturali in eventi franosi alla conoscenza storica dei medesimi per favorire una migliore integrazione nelle scelte politiche e tecniche di programmazione e prevenzione, concetti per lo più accantonati nella pratica dalla seconda metà del XX secolo fino ai nostri giorni.

Questo breve testo intende illustrare un quadro generale della viabilità della regione Basilicata in
epoca federiciana soffermandosi su questioni più specifiche, quali il tentativo di individuare il
percorso dell'antica via Herculea e di capire quanto le opere di costruzione, manutenzione e tutti gli
altri interventi di Federico II abbiano influito sulla viabilità. Un momento di svolta nello studio della topografia della Basilicata rappresentano le ricerche sulla
via Herculea di R. J. Buck pubblicate negli anni settanta del secolo scorso, e sono state queste la
base e l'ispirazione per questo mio breve testo.

La storia religiosa italiana ha prodotto nell’ultimo trentennio una massa
impressionante di contributi e di studi, con precise scelte metodologiche e
ben definiti percorsi culturali acquistando una propria specificità
epistemologica, che a buon diritto la inserisce nei lineamenti di una storia
d’Italia di più ampia ed articolata visione.
Lo studio del monachesimo, specialmente quello meridionale, è il settore
che negli ultimi anni ha attirato maggiormente l’attenzione della
storiografia sul Mezzogiorno.

Lagaria. Mito, storia e archeologia.
Le fonti antiche raccontano che Epeo, costruttore del cavallo di Troia, fondò, in Italia meridionale, Lagaria, un centro che divenne sede di un importante culto di Atena. In età romana Lagaria era già decaduta, tanto che nella tarda antichità probabilmente se ne ignorava l’esatta  ubicazione. Dopo lunghi secoli di apparente oblio, dal Rinascimento si è ridestato l’interesse verso questa mitica città: numerosi fra i maggiori esponenti della cultura italiana ed europea si sono cimentati nell’ardua impresa di capire dove essa sorgesse. Nel presente volume si propone,
con rigoroso metodo scientifico, una dettagliata analisi di tutte le informazioni di cui oggi si dispone su Lagaria al fine di ricostruirne la storia, la topografia e i culti e proporre, infine, una localizzazione.

Lagaria. Myth, history and archaeology.
Ancient writers revealed that Epaios, the builder of the Trojan horse, founded Lagaria, in Southern Italy. An important sanctuary dedicated to Athena later developed at the site. Lagaria declined during the Roman period and it is likely that knowledge of the exact position of the city was lost during late antiquity. After centuries of oblivion, interest for the mythical city remerged during the Renaissance and continues until today. Several Italian and European scholars have since tried to establish the locality where Lagaria once lay. The current volume offers a
scientific analysis of all available informations regarding the city in the attempt to reconstruct Lagarias history, topography, cults and original setting.

Il contributo intende analizzare la ricca documentazione iconografica relativa a due importanti terremoti che hanno colpito la “Provincia di Basilicata” nell’Italia meridionale nel 1851 e nel 1857. In entrambi i casi i danni furono accuratamente rappresentati da disegni, e per il sisma del 1857 anche da fotografie, fonti preziose per la comprensione e l’analisi dei danni inferti al patrimonio urbano e architettonico della regione. Gli elaborati grafici redatti da artisti, architetti e dall’ingegnere-geologo
Robert Mallet, seppur realizzati con finalità differenti, restituiscono all’unisono un’interessante spaccato della Basilicata di metà Ottocento caratterizzato da un paesaggio urbano frutto delle trasformazioni prodotte dai frequenti disastri naturali. L’analisi e il confronto critico di tale documentazione iconografica e delle descrizioni che la accompagnano costituisce un utile strumento per l’analisi dei caratteri costruttivi della regione nonché per lo studio e l’interpretazione delle lente modificazioni e delle tracce lasciate dal sisma sull’identità dei piccoli centri urbani.

This paper aims to analyse the extensive iconographic documentation relating to two major earthquakes that struck the province of Basilicata, in southern Italy, in 1851 and 1857. In both cases the damage was accurately represented in drawings, which provide valuable sources for understanding and analysing the region’s urban and architectural heritage. The graphic works created by artists, architects and the engineer-geologist Robert Mallet introduce a fascinating cross-section of mid-19th-century Basilicata, which was characterised by an urban landscape shaped by frequent natural disasters and the transformations they brought about. The analysis and comparison of this iconographic documentation and descriptions are useful tools in the study of the region’s constructions, the interpretation of the slow pace of change, and the impact that earthquakes had on the identity of small towns.

E l'introduzione al volume degli atti della giornata di studi Francescani celebrata a Pomarico il 14 giugno 2014 con prestigiosi ed autorevoli interventi da parte di selezionati ospiti. Il volume raccoglie, inoltre, il catalogo della mostra documentaria inaugurata nello stesso giorno.
La giornata di studi e la mostra hanno rappresentato l’inizio di un percorso nuovo nella comunità di Pomarico e oltre quest’ultima; un momento di riflessione che ri-scopre l’afflato emotivo delle profonde connessioni della vita religiosa con la struttura civile della società. Perché se è vero, come sosteneva Benedetto Croce, che “non possiamo non dirci cristiani” avendo operato il cristianesimo una autentica rivoluzione nella coscienza morale, allora la ri-scoperta del francescanesimo, anche dal punto di vista laico, in una comunità dove sembrava sopito, offre il modo attraverso il quale ricongiungere l’uomo all’essenza più autentica dell’anima, perché Francesco, dalla sua imponente statura di uomo semplice e santo, fa riflettere anche i più testardi o gli atei.

A Tricarico, per il sesto anno consecutivo, dal 2 giugno prenderà il via il Raduno delle Maschere Antropologiche, una manifestazione unica nel suo genere, con il suo carico di riti e tradizioni secolari, che costituiscono un patrimonio dall’alto valore storico, culturale e sociale, da proteggere e trasmettere.
Per tre giorni la cittadina della collina materana sarà “invasa” da colori, suoni, danze delle Maschere antropologiche, provenienti dall’Italia e dall’Europa.
L’evento è nato nel 2012 con l’intento di diventare un momento di riscoperta delle radici popolari più autentiche della Basilicata, ma allo stesso tempo di essere occasione di incontro e di confronto con altre regioni d’Italia e d’Europa, legate da un filo comune, il Carnevale, espressione intima e profonda della più vera cultura popolare.
Ad animare la manifestazione saranno  ben 22 i gruppi, provenienti da diverse parti d’Italia e d’Europa. Saranno presenti le maschere di Škoromati, dalla Slovenia, insieme a quelle di Navarra e a quelle del Carnevale di Skyros in Grecia.
Inoltre, oltre alle maschere della Rete dei Carnevali Lucani, ci saranno quelle della Calabria, del Molise, della Lombardia, della Sicilia e della Sardegna.
Ad aprire il ricco ventaglio di eventi il 2 giugno ci sarà l’inaugurazione di una mostra fotografica, curata dal dott. Rocco Giorgi, “La podolica in transumanza”, e una serie di iniziative che avranno inizio con i bambini dell’Istituto comprensivo di Tricarico, che sfileranno insieme alle maschere ospiti già presenti, a cui seguirà tanta animazione con artisti di strada, gonfiabili e gli sbandieratori di Avigliano, nello “Spazio bambini”, allestito nel Piazzale delle Scuole elementari, a cura di PUC, Avis e Tricarico a cavallo.
In serata, in Piazza Garibaldi, si terrà il concerto della Tarantula Garganica e a seguire ancora musica con Antropologico Dj Set e dalle ore 1:00 festini di mezzanotte con le maschere di Lavello.
Il 3 giugno la giornata si aprirà alle 9:30 con il Convegno “Maschere e riti d’Europa”, che vedrà, oltre i saluti delle autorità regionali,  la partecipazione di Giovanni Kezich, direttore del Museo degli usi e costumi della gente trentina di San Michele all'Adige; il Prof. Ferdinando Mirizzi, Direttore del Dipartimento di Culture Europee e del Mediterraneo; padre Donato Giordano, storico dell’arcidiocesi di Matera e del Direttore dell’APT Basilicata, Mariano Schiavone.

La memoria delle bisnonne, e delle nonne delle nostre bisnonne, spesso consegna l’immagine di tante ragazze, di giovani mogli e di madri di famiglia al lavoro sedute al telaio. Con esperienza allenata, maestria unica e pazienza infinita facevano scorrere le dita lungo l’ordito, annodavano e riannodavano fili, componevano intrecci richiamando sottili cotoni o più ruvide lane di provenienza diversa, ma capaci di dar vita a tessuti dalle trame tanto antiche e tanto nuove.
Le pagine del fumetto, introdotte da queste righe iniziali, parlano un linguaggio che sa di memoria. Memoria certamente accattivante, fatta di disegni proposti in un ritmo moderno e gustoso per tutti, memoria impressa su carta tra i dialoghi di una storia vincente, quella che ha dato a Pomarico il ruolo di una delle cittadine ricordate nel Trattato dei miracoli di san Francesco d’Assisi composto intorno al 1252-1253 da Tommaso da Celano.
Che cosa è successo nel lontano XIII secolo a una famiglia pomaricana bisogna scoprirlo seguendo le vicende raccontate in queste pagine, leggendo tutto d’un fiato una storia che a così tanti anni di distanza ancora incuriosisce e appassiona.
Quando si parla di memoria il modo di comportarsi non è poi tanto diverso dal lavoro di quelle donne al telaio. È un impegno non da poco, ma le meraviglie che prendono forma sono opere preziose, pezzi unici: i ricordi si presentano come una fitta trama di fili che si uniscono, si ordinano e riannodano e svelano immagini che si credevano lontane, in parte solo confuse o forse perse del tutto.

Articolo pubblicato sul web magazine "Civiltà Appennino" https://www.civiltaappennino.it/2020/11/18/le-osservazioni-naturalistiche-in-appennino-di-giustino-fortunato/ 1 Le osservazioni naturalistiche in Appennino di Giustino Fortunato: tra questione meridionale, alpinismo e botanica applicata. di Gianni Palumbo-naturalista/ornitologo Una delle prime sedi del CAI in Italia, una sezione che potremmo definire storica, fu quella di Napoli, attiva fin dal 1871. E non è un caso se la sede di fondazione fu il laboratorio di botanica di Nicolantonio Pedicino, nato sull'Appennino, a San Giuliano del Sannio, in provincia di Campobasso. Il laboratorio aveva sede in via Tarsia, dove era collocata anche la "Reale Società di Incoraggiamento alle Scienze Naturali", poi "Regal Istituto di Incoraggiamento alle Scienze Naturali", nata con le riforme napoleoniche del decennio francese a inizio '800, che aveva il compito di promuovere la ricerca applicata e quella pura al fine di favorire un nuovo slancio economico nel Mezzogiorno d'Italia. In quel laboratorio di un botanico, un eminente scienziato del XIX secolo, si erano recati, tra gli altri, il barone Vincenzo Cesati, titolare della cattedra di botanica all'Università Federico II di Napoli, il lucano Giuseppe Camillo Giordano, di Pomarico, e a sua volta botanico oltre a illustri umanisti tra i quali si aggiungerà quasi subito, nel 1872, Giustino Fortunato di Rionero in Vulture e, più tardi, anche Benedetto Croce l'illustre filosofo abruzzese di nascita, napoletano d'adozione. Come scriverà lo stesso Fortunato, «L'acceso desiderio di veder chiaro, appena uscito dall'Università, in tale primo erimma che m'era balenato alla mente, quello, cioè, dell'inferiorità o non del Mezzogiorno, mi sospinsero, anzi che allo studio del codice, alle investigazioni della storia; sempre più rattristato dalle prove che ne attingevo nel paragonare le alterne sorti delle due Italie, le quali spesse volte mi suscitavan dentro l'amaro interrogativo: Perché? Or avvenne che un giorno che, saputo della fondazione in Napoli d'una sezione del Club Alpino Italiano [...], e corso a iscrivermi socio, lassù a Tarsia, nel laboratorio di botanica del professore Pedicino, scienziato e uomo più singolare che raro, poche parole per lui, e del giovane suo assistente Antonio Jatta, con cui presi di fraterna amicizia, bastarono per conquistarmi all'alpinismo, rimasto la passione della mia vita: una passione cui debbo, nonché la salute e la forza di resistenza a tutto il trentennio di elettorato, il proposito, mantenuto per più anni, di percorrere lungo l'Appennino dagli Abruzzi alle Calabrie, pedestremente, tutta intera la terra meridionale. La quale, se non durai fatica a intendere quanto poco fosse amica dell'uomo, sentii perciò appunto il dovere, misteriosa e muta com'è, perdutamente amare».

La messa in sicurezza dell’Archivio storico del Comune di Pomarico ha portato alla luce, tra gli altri notevoli aspetti, una grande mole di documentazione e informazioni inedite sul tessuto sociale e la vita quotidiana della cittadina del Materano tra il XIX e il XX secolo. In particolare si sono rivelati interessanti i non pochi documenti sulla Prima Guerra Mondiale, con specifico riferimento alle vicende della progettazione, realizzazione e conseguente tutela della più viva testimonianza che i Pomaricani hanno dedicato alla memoria dei propri cari morti tra il 1915 e il 1918.

მონოგრაფია ეძღვნება საქართველოში, ყვარლის მუნიციპალიტეტში მდებარე გვიანანტიკური და ადრეული შუა საუკუნეების ნაქალაქარ ნეკრესის ტერიტორიაზე უკანასკნელი ორი ათწლეულის განმავლობაში გამოვლენილ ადრექრისტიანულ ძეგლთა არქეოლოგიური და ხუროთმოძღვრული კვლევის საკითხებს. ნაშრომის ავტორებმა არქეოლოგიურ- სტრატიგრაფიული, შედარებითი ტიპოლოგიური ანალიზის და ტექნიკური მეთოდებით შეისწავლეს როგორც ნეკრესის მონასტრის ანსამბლში ჩართული, ბოლო დრომდე უძველეს ქართულ ქრისტიანულ ბაზილიკად მიჩნეული მცირე სამლოცველო, ისე ნაქალაქარის სხვადასხვა უბანში, დიდწილად მათ მიერვე აღმოჩენილი ქრისტიანული ტაძრები და შემდეგ დასკვნამდე მივიდნენ: ეს უკანასკნელი, დიდი და სავსებით კანონიკური გეგმარების, გვიანრომაულ-ადრებიზანტიური სამყაროს აღმოსავლეთის პროვინციების ნიმუშებთან მეტად მიახლოებული გეგმარების ბაზილიკები, მე-4 საუკუნის მეორე ნახევარსა და მე-5 საუკუნის დასაწყისში უნდა იყოს აგებული იბერიის სამეფოს საერო და სასულიერო ხე ლისუფალთა ძალისხმევით. ნაშრომში ახალ, ობიექტურ ფაქტებსა და არგუმენტებზე დაყრდნობით, უსაფუძვლოდაა მიჩნეული მე-20 ს-ის პირველ ნახევარში ქართველ ხელოვნებათმცოდნეთა წრეში შემუშავებული და სამეცნიერო მიმოქცევაში დღემდეც მნიშვნელოვანწილად დამკვიდრებული თეორია: თითქოსდა, იბერიის სამეფოში ქრისტიანობის სახელმწიფო რელიგიად შემოღების შემდგომ ლამის საუკუნენახევრის განმავლობაში, ქრისტიანული ტაძრების მშენებლები ადგილობრივ ხუროთმოძღვრულ ტრადიციებზე მეტისმეტად დამოკიდებულების გამო, ნაკლებად უწევდნენ ანგარიშს რომის იმპერიის წიაღში შემუშავებულ, იმჟამად ქრისტიანული კულტურის./This monograph is dedicated to the research of the early Christian monuments revealed on the territory of the former city of Nekresi during the last two decades. They date back to late antiquity and the early Middle Ages and are located in the Kvareli municipality, Kakheti region. The authors of the work have studied the chapel of the Nekresi Monastery (which was considered the oldest Georgian Christian basilica) as well as the Christian temples revealed in different parts of the city using comparative archaeological and stratigraphical methods of typological and technical analysis. They concluded that the latest large basilicas
were canonically designed buildings planned in late Roman and early Byzantine provincial style that must have been built by the efforts of the clerical and civil rulers of the Iberian Kingdom in the second half of the 4th century and the beginning of the 5th century. Based on these new objective facts and arguments, the theory developed in fine art experts’ circles in the first half of the 20th century, which is still considered credible today, can be considered groundless: one and a half centuries after proclaiming Christianity as the state religion, the builders in the Iberian Kingdom ignored widespread norms of Christian Church design developed in the Roman Empire, due to a dependence on the local architectural traditions.

Un percorso nella memoria è una via attraverso le fonti della storia ed è proprio ciò che è stato messo in luce nella Giornata di Studi del 3 ottobre 2015 a Pomarico. Un’occasione di riflessione e studio con la quale si è provato a far emergere la storia dall’analisi di documenti in archivi dimenticati: l’Archivio Storico Comunale e l’Archivio Storico Parrocchiale. Entrambi in attesa di una valorizzazione. La circostanza è risultata utile anche a far riflettere e a raccontare la relazione straordinaria tra fatti e personaggi che da questi luoghi hanno trasferito il proprio portato culturale e sociale in ambiti alti ed altri del sapere e della conoscenza.
Non è un percorso nel buio della prospettiva campanilistica ma, al contrario, l’apertura, la messa in rete, la comunione della consapevolezza che emerge dagli archivi, quindi dalla storia, per trasferirsi nella sfera della conoscenza globale e della consapevolezza fatta di concretezza a partire dalle fonti storiche e storiografiche.
Un insieme di competenze e di narrazioni costruite con meticolosa attenzione dall’Associazione Culturale “Giuseppe Camillo Giordano”, con la collaborazione della Soprintendenza Archivistica della Puglia e della Basilicata; una narrazione che parte dall’analisi di documenti antichissimi, pagine di memoria riscoperte di recente e arriva, attraverso i secoli, a quella “memoria digitale”, recentissima, costituita dal dossier che ha permesso a Matera di diventare Capitale Europea della Cultura per il 2019. Un risultato che ci ha fatto esultare e sentire orgogliosi e rispetto al quale Pomarico non intende rimanere indietro, ma prova a stargli al passo con la giusta sinergia, con molta volontà e competenze, per far sì che quella vittoria diventi ancora più forte grazie alla partecipazione delle realtà della provincia che non chiedono caritatevolmente, ma - sempre nella prospettiva straordinaria di capovolgere il cliché della categoria di un Sud che chiede - offrono un percorso culturale da integrare a quanto magistralmente ha saputo fare il capoluogo, per arricchire di bellezza e di prospettive i nostri luoghi. Un percorso per crescere e per provare insieme a costruire nuovi e comuni orizzonti culturali e sociali.

Partendo dalla puntuale analisi delle fonti documentarie, da una sistematica catalogazione dei siti, dall’analisi delle tecniche murarie, fino a giungere ad una più globale lettura archeologica della forma dell’insediamento (dislocazione delle architetture, viabilità, cinta muraria), il progetto ha come finalità l’individuazione di un “percorso” costruttivo nei differenti periodi storici, e del suo legame con le diverse committenze, per comprendere come il sistema di gestione del territorio e l’organizzazione-evoluzione del paesaggio si siano articolati nella media Valle del Sinni durante i secoli centrali del Medioevo. La scelta di questo ambito territoriale e dei relativi siti, è dipesa dalla necessità di costruire una banca dati pertinente un territorio culturalmente e politicamente omogeneo, che di fatto costituisce un valido campione di indagine. Come esemplificazione si redige un elenco di alcuni degli insediamenti che verranno indagati: Episcopia, Chiaromonte, Noepoli, Valsinni (castello di Isabella Morra), il monastero cistercense di S.M. del Sagittario (Chiaromonte) con relativa grancia di San Nicola del Ventrile, il monastero certosino di San Nicola (Francavilla), Castronuovo, Teana, Fardella, il monastero di S. Anastasio e S. Elia di Carbone, Senise, il casale abbandonato de Rubeo (Chiaromonte), Roccanova, Castrovetere, oltre a diversi casali fortificati abbandonati e numerose pertinenze ecclesiastiche urbane ed extraurbane.

Lo sguardo di Antonio D'Andria su Nicola Fiorentino, uno dei 122 martiri della Repubblica napoletana del 1799. Una disamina attenta e intrigante, discussa insieme a Giuseppe Zafarone, di cui l'autore è collega presso l'Università degli Studi di Basilicata, a Francesco Nocco dell'Università degli Studi di Bari, archivista e Gianni Palumbo, dell'Associazione culturale "Giuseppe Camillo Giordano", sodalizio culturale di cui fa parte anche Nocco e che ha sede a Pomarico, luogo natale di Nicola Fiorentino.

Convegno sul restauro di antichi documenti (XVIII e XIX Sec.) degli Archivi storici comunali di Montemilone (Potenza) e Pomarico (Matera).
Nel convegno vengono presentati i restauri di due platee settecentesche dell'Archivio storico di Pomarico e di 5 volumi documentali del Decurionato di Montemilone afferenti all'Archivio storico del comune lucano. I restauri, effettuati dal laboratorio Codex di Guagnano (Lecce) sono stati autorizzati dalla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Puglia e della Basilicata, braccio operativo del Ministero dei Beni Culturali competente per territorio.

Con l’unificazione italiana fu adottato lo Statuto albertino e furono introdotte leggi spesso senza discussione parlamentare, basando il Regno non su di un atto fondativo o su passaggio costituzionale, bensì sulla prassi amministrativa. Unificare quattordici secoli di pluralità e policentrismo introducendo modernizzazioni e rappresentanza elettiva fu processo complesso in cui la fiducia parlamentare fu strumento di costruzione istituzionale dell’assetto semi-parlamentare italiano. Status
quo, strategia, debolezze e frammentazioni portarono all’unificazione non negoziata istituzionalmente e condotta dal governo con centralizzazione amministrativa, apparati periferici e burocrazie a tutela del controllo di un articolato territorio, soprattutto nel Mezzogiorno

Il territorio di Anzi (PZ), piccolo centro della Lucania interna, conobbe nell’Antichità (VIII sec. a.C. – VI sec. d.C.) importanti vicende insediative che videro il succedersi di popoli diversi (Enotri, Lucani, Romani), costantemente attratti dalle sue risorse naturali e dalla sua rilevante posizione strategica. Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, numerose testimonianze di questo passato millenario e il peculiare interesse, che si era andato sviluppando in paese, determinarono una intensa stagione di attività archeologiche che fece di Anzi uno dei siti più celebri del Regno di Napoli. Dopo oltre un secolo e mezzo di immeritato oblio, interrotto solo da alcune indagini condotte dalla Soprintendenza Archeologica della Basilicata (anni ’80 del ’900 e 2001), la straordinaria ricchezza archeologica del comprensorio anzese è stata di nuovo messa in evidenza, a partire dal 2014, dalle ricerche condotte dalla cattedra di Archeologia Classica dell’Università degli Studi della Basilicata – Dipartimento di Scienze Umane.
Il volume raccoglie in modo organico i principali risultati di tali studi che, in ossequio ad un approccio “globale” e multidisciplinare, hanno messo insieme fonti bibliografiche e archivistiche ottocentesche, nuove evidenze epigrafiche, lo studio di materiali inediti conservati nei magazzini di diversi Musei italiani e stranieri, tecniche di remote sensing per la lettura del territorio, dati provenienti da ricognizioni di superficie e documentazione di scavi stratigrafici, con il dichiarato intento di riscostruire un quadro storico-archeologico più completo possibile. In tale prospettiva sono stati coinvolti nell’edizione dell’opera, tanto gli studenti che in questi anni hanno preso parte alle ricerche sul campo, quanto docenti universitari, funzionari di Soprintendenza e diversi studiosi, che, a vario titolo, si sono occupati di questa importantissima, sebbene ancora poco conosciuta, realtà archeologica della Basilicata.

Le Viewshed Analysis, o analisi di visibilità consentono di valutare l’intervallo dell’area di osservazione da una data posizione, torre, vedetta, insediamento o altro punto eminente all’interno di un dato territorio, generando un modello ipotetico di come tra loro questi siti comunicassero e si rapportassero.
Lo studio, condotto quale parte della tesi di dottorato dello scrivente, prende in esame il paesaggio antico medievale nella media Valle del Sinni in Basilicata meridionale, partendo proprio dallo sviluppo di tutto quel sistema di fortificazioni compreso tra i comuni di Valsinni e Colobraro, nella porzione orientale, con le due rispettive rocche di sbarramento di loc. “Il Pizzo” e loc. “Cozzo Madonne della Rocca”, fino a raggiungere la parte più interna in direzione tirrenica verso Ovest con la fortezza del “Castello di Seluci”, oggi in comune di Lauria (PZ). Nel caso di insediamenti fortificati nell’entroterra di quest’area funzione centrale svolgeva Chiaromonte (PZ), centro di Contea già con la famiglia normanna dei Clermont durante l’XI sec. d.C. e tale anche durante la reggenza dei Sanseverino nel XIV sec. d.C. Con tali premesse è fondamentale non solo evidenziare l’area immediatamente visibile da ogni singolo sito, ma comprendere anche il livello di intervisibilità che doveva esistere nella maglia insediativa di questo dato territorio tra XI e XIV sec. d.C., momento in cui si consolida l’entità e la vocazione futura di questo preciso territorio.

The present paper deals with the cathedral complex dating to the 4th-6th centuries discovered in the ancient and early medieval settlement of Nekresi and the practice of burials of highranking clergymen inside churches. The main building is a three-nave basilica. The overall area of the basilica is 44 x 28 m. During archaeological research, two burials (No. 58 and No. 97) were discovered in the basilica under the floor of the central hall, which, according to stratigraphic analysis and radiocarbon studies were arranged in the period between the first half of the 5th century and the fifties of the 6th century. Along with the distinguished arrangement of these graves, the anatomical postures and attributes of the deceased indicate their belonging to high-ranking clergymen. Extremely noteworthy, hitherto unknown practice of Christian burial tradition reflecting the symbolism associated with Christian teaching has been attested on the territory of Georgia./წინამდებარე ნაშრომი ეხება ანტიკური და ადრეულ შუა საუკუნეების ნაქალაქარ ნეკრესში აღმოჩენილ IV-V საუკუნეების სატაძრო კომპლექსს და მაღალი იერარქიის სასულიერო პირების დაკრძალვის წესს. მთავარი ნაგებობა სამნავიანი ბაზილიკაა. ბაზილიკის სრული სიგრძე-სიგანე 44 x 28 მ-ია. არქეოლოგიური კვლევის დროს ბაზილიკაში, ცენტრალური დარბაზის იატაკის ქვეშ გამოვლინდა 2 სამარხი (#58 და #97), რომლებიც სტრატიგრაფიული ანალიზისა და რადიოკარბონული კვლევების მიხედვით, V საუკუნის პირველი ნახევრიდან VI საუკუნის დაახ. 50-იან წლებამდე არის მოწყობილი. მიცვალებულების ანატომიური პოზები და ატრიბუცია, ამ სამარხთა გამორჩეულად მოწყობასთან ერთად, მაღალ სასულიერო იერარქიისადმი კუთვნილებაზე მიგვანიშნებს. საქართველოს ტერიტორიაზე დადასტურდა ქრისტიანული დაკრძალვის მეტად საყურადღებო, დღემდე უცნობი დაკრძალვის წესი, რომელიც ქრისტიანულ მოძღვრებასთან დაკავშირებულ სიმბოლიკას ასახავს.

http://www.enzodeimedici.it/2019/06/dal-pollino-allorsomarso-ricerche-archeologiche-tra-ionio-e-tirreno/

Dal Pollino all’Orsomarso. Ricerche archeologiche tra Ionio e Tirreno
Pubblicato il 26 giugno 2019
Giornate internazionali di archeologia, 2
San Lorenzo Bellizzi, Sala conferenze del Centro Polifunzionale (Rione Sgrotto) 4-6 ottobre 2019

“Dal Pollino all’Orsomarso” costituisce la seconda tappa di una manifestazione incentrata sulla storia e l’archeologia di un territorio che oggi, in larga parte, coincide con l’area protetta del Parco Nazionale del Pollino. Già nell’aprile del 2016, a San Lorenzo Bellizzi, era stato organizzato il convegno “Il Pollino. Barriera naturale e crocevia di culture”, un evento che aveva attratto studiosi e ricercatori di varia formazione, appartenenti a diversi enti universitari, nazionali e stranieri. Sulla scorta di questo primo appuntamento, cui è seguita la pubblicazione di un interessante volume degli atti, nasce ora “Dal Pollino all’Orsomarso. Ricerche archeologiche tra Ionio e Tirreno”, che amplia notevolmente l’area oggetto di studio e tende, ancora una volta, a favorire la comunicazione di novità e lo scambio di dati e informazioni tra i ricercatori attivi sul territorio.

Le Giornate internazionali di archeologia “Dal Pollino all’Orsomarso. Ricerche archeologiche tra Ionio e Tirreno” si terranno a San Lorenzo Bellizzi, nella splendida cornice naturale dell’alta valle del torrente Raganello, dal 4 al 6 ottobre 2019. Esse saranno articolate in una quadruplice sessione, ciascuna moderata da un diverso curatore:

Ricostruzione dell’uso tecnologico, economico ed alimentare del paesaggio (Gloria Mittica)
Archeologia del mondo sotterraneo (Felice Larocca)
Materiali e contesti. Dai frammenti alla storia (Carmelo Colelli)
Esplorazione del territorio e nuove scoperte (Antonio Larocca)
Sono previste 22 comunicazioni orali che potranno essere illustrate dai rispettivi Autori entro un tempo massimo di 20 minuti ciascuna con l’ausilio di una presentazione in PowerPoint. Per la sessione “Esplorazione del territorio e nuove scoperte” è contemplata esclusivamente la presentazione di poster. Le comunicazioni e i poster saranno soggetti ad un momento di discussione.

Il programma della manifestazione sarà così articolato:

venerdì 4 ottobre 2019: apertura dei lavori e presentazione del primo lotto di contributi;
sabato 5 ottobre 2019: prosecuzione dei lavori e presentazione del secondo lotto di contributi;
domenica 6 ottobre 2019: escursione guidata nei siti archeologici della Pietra Sant’Angelo di San Lorenzo Bellizzi.
Per inviare una proposta di contributo, scaricare il modulo, dattiloscriverlo con chiarezza in ogni sua parte ed inviarlo, improrogabilmente entro il 10 agosto 2019, a: pollinoeorsomarso@gmail.com (fare riferimento a questa stessa mail anche per richiedere informazioni o maggiori dettagli su qualsivoglia aspetto del convegno.)

La Segreteria del convegno comunicherà l’avvenuta accettazione o meno della proposta entro il 31 agosto 2019.