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2010, Gaffi editore, Roma, collana «Ingegni»
«Storie avventurose di libri necessari» è una traversata del Novecento italiano. Racconta, in undici saggi, le fortune e gli infortuni, i segreti e gli intrighi delle opere che hanno dato forma a un secolo di letteratura. Racconta le avventure dei libri, ma anche di chi li ha scritti: e per riuscire a farlo ricorre a carte d’archivio, a documenti inediti, a lettere private, a scritti dimenticati o nascosti dagli autori stessi. Si salpa l’ancora ricostruendo le tracce lasciate nell’opera dei nostri scrittori dal più bel libro di avventure di tutti i tempi, «L’isola del tesoro». E si prosegue, proprio come negli agguati pirateschi di Stevenson, andando a scoprire perché il saluto «Ohi, Peppì!» equivalesse per Domenico Rea a un’offesa grave, e perché mai Corrado Alvaro dedicasse tanti pensieri all’eros di Mussolini. Vedremo quali nessi invisibili sussistano tra Beckett & Borges (e tra Fruttero & Lucentini che li hanno introdotti qui in Italia), e che cosa Fortini e Vittorini videro sbarcare a Bocca di Magra insieme con Marguerite Duras. Ma, come nella vita corsara, saremo spesso chiamati a combattere: e da Calvino, da Fenoglio, da Meneghello, impareremo ad apprezzare le differenze di stile che ci sono tra una pistola, un mortaio e un fucile mitragliatore per chi sta rischiando la vita nella guerra civile. O magari ci limiteremo a litigare pur amandoci attraverso il tempo e lo spazio, come Sciascia fece con Stendhal, o Parise con Darwin. Eppure, la lotta senza tregue sarà sempre quella che uno scrittore combatte contro se stesso: e per raccontarla dovremo estrarre alla luce la virgola ebraica intessuta nella scrittura di Bassani, dovremo estorcere a Mario Soldati – proprio mentre si sta godendo un gelato – il suo passato di critico d’arte, dovremo interrogare Primo Levi e Giorgio Manganelli finché non confessino le vere ragioni della loro contesa sullo scrivere chiaro e lo scrivere oscuro.
Indice + abstract
la Biblioteca di via Senato, 2019
Located in Faenza (Ravenna), the Torricelli classical high school is one of the oldest institutions in Italy. Situated in an ancient palace which had hosted a Jesuit boarding school since the 17th century, it displays a huge library, including 4,000 notably ancient volumes, mostly inherited from the Jesuit school. Over the 19th century, famous teachers have been in charge of the library, such as Isidoro del Lungo, Giuseppe Cesare Abba and Gaetano Salvemini. Among the usual habitués of the school library we also find the Nobel Prize poet Giosue Carducci, whereas the previous Jesuit library had been attended by Cardinal Giovanni Maria Mastai Ferretti, later to become Pope Pio IX. This article includes a short summary of the history of this library, some odd facts and curiosities about it, and last but not least some food for thought on the interest that this ancient heritage may arouse in today’s students
Bollettino AIB (1992-2012), 2006
Aventuroso carcere soave LETTURA DI ARIOSTO, RIME, 13 di Vittore Nason Intorno al 2013 i colleghi del Gruppo di italiano del Liceo Cantonale di Locarno presero in considerazione la possibilità di proporre, per gli esami scritti di maturità, il sonetto ariostesco. Mi lanciai allora nella lettura che segue, e mi toccò metterli sull'avviso. Se un candidato avesse individuato le implicazioni erotiche del sonetto, magari anche senza percepire l'altezza dello stile che ho tentato di illustrare qui, sarebbe stato assolutamente da premiare. Fu deciso di proporre un testo diverso. XIII Aventuroso carcere soave, dove né per furor né per dispetto, ma per amor e per pietà distretto la bella e dolce mia nemica m'ave; gli altri prigioni al volger de la chiave 5 s'attristano, io m'allegro: ché diletto e non martìr, vita e non morte aspetto, né giudice sever né legge grave, ma benigne accoglienze, ma complessi licenziosi, ma parole sciolte 10 da ogni fren, ma risi, vezzi e giochi; ma dolci baci, dolcemente impressi ben mille e mille e mille e mille volte; e, se potran contarsi, anche fien pochi. Possibile svolgimento Questo sonetto nella prima quartina mostra evidenti e fitti fenomeni di risemantizzazione. L'oggetto principale della prima quartina, il carcere, è accompagnato fin dal primo verso da chiari segnali che ne desemantizzano il significato proprio, e chiedono di orientare altrove l'orizzonte semantico (risemantizzazione). L'effetto è ottenuto con due aggettivi che incastonano il sostantivo. Sostantivo e aggettivi sono in rapporto ossimorico, la dislocazione incastonante si deve considerare intenzionale, e destinata a orientare fortemente il lettore. Il carcere è aventuroso e soave, e perciò non può essere un carcere in senso proprio. Se "soave" non pone particolari problemi di interpretazione, lo stesso non si può dire per "aventuroso". Questo aggettivo in Ariosto è usato in differenti contesti e sembra in prevalenza attenere all'area semantica del movimento. Il primo verso va confrontato con l'ultimo verso della quartina, su cui si possono fare le seguenti osservazioni:-la rima in-ave unisce strettamente ave (ha) con soave. Il richiamo può avere valenza semantica, come fosse " ha soavemente";-lo schema della risemantizzazione, che gioca sull'ossimoro tra aggettivo e sostantivo, è lo stesso che incontriamo nel primo verso. La risemantizzazione concerne il sostantivo nemica, qualificata come dolce. I vv. 2-3 giocano su un'antitesi, anch'essa risemantizzante rispetto al concetto di nemica:
Partendo dalla dimensione del flâneur che, a partire dalle riflessioni di Benjamin, trova un suo riconosciuto modello in Baudelaire, il saggio percorre alcuni temi del viaggio (fisico o virtuale) come condizione, ma anche veste e forma della complessità del contemporaneo. nella centralità del viaggio, come tema ma anche condizione, si percorre la definizione di un Homo Peregrinus come biologico 'fratello' dell'Homo Narrans. una dimensione che si declina, e si realizza anche, nella scrittura letteraria.
LEA : Lingue e Letterature d'Oriente e d'Occidente, 2016
Lost opportunities reflect the fate of lost people – lost not only due to natural causes. In the case of the Turks and the Armenians (leaving aside, but not forgetting the Jews and the Greeks), we witness a historical reality of long and peaceful cohabitation, fruitful from a cultural point of view, as well. The traumatic events of 1915 – accompanied by unilateral censorship exercised to protect the good name of the Turkish people – intervene to prevent, amongst other things, the recovery, perception and development of those echoes of literary aspects created together on a scenario made exemplary by fundamental exchanges, including those of an aesthetic nature. These were shared cultural exchanges capable of reaching beyond Ottoman boundaries and taking root in Persia, Russia and the West. The examples provided in this contribution make it possible to grasp just how flexible and wide-ranging the web of these century-old relations would have been, if a trauma had not occurred to spar...
Tekmeria 2019-2020, 2021
Labor History, 2011
Kohei Saito'nun "Karl Marx'ın Ekososyalizmi" Kitabının Marksist Eleştirisi, 2022
Estudios críticos sobre tratados de comercio e inversión en América Latina y el Caribe, 2024
Nombres Revista De Filosofia, 2013
Stefan Nemanja - Prepodobni Simeon Mirotočivi, 2016
Journal of Radioanalytical and Nuclear Chemistry Articles, 1995
Sedimentary Geology, 2012
Journal of Palliative Care, 1996
Archives of Gerontology and Geriatrics, 2013
Journal of Clinical Ultrasound, 1994
Developmental Biology, 1978
Celestial Mechanics and Dynamical Astronomy
Law and history review, 2024