Scienze Umane

Molte volte ho sentito frasi del tipo “i robot ci sostituiranno” oppure “in futuro verremo rimpiazzati dalle macchine, non ci sarà più lavoro per nessuno”. Per ragazzi giovani come me, che devono ancora entrare nel mondo del lavoro, queste parole sono piuttosto sconfortanti. Ma è proprio vero che possiamo essere rimpiazzati dalla tecnologia? Certo, le attività routinarie verranno svolte dalla robotica, e ciò sta già avvenendo da tempo, ma quali sono i lavori per cui nessun robot, nessuna macchina e nessuna tecnologia potrà mai rimpiazzarci? Quali sono le qualità che ci rendono unici e insostituibili?
Secondo il World Economic Forum  la creatività e l’intelligenza emotiva sono tra le prime dieci skills più ricercate dai datori di lavoro, rispettivamente al terzo e al sesto posto. Pochi anni fa, nel 2015, la creatività era al decimo posto e l’intelligenza emotiva non era nemmeno considerata. Come mai è avvenuto questo cambiamento? Perché oggi più che mai è importante essere “emotivamente intelligenti”, empatici e creativi? Perché i datori di lavoro dovrebbero tenere conto di queste skills al momento della selezione del personale o formare il proprio team affinché queste caratteristiche vengano potenziate? Perché ciascuno di noi, nel suo piccolo, deve cercare di alimentare queste tre qualità? Cercherò di rispondere a queste domande nelle seguenti pagine.

Quale relazione esiste fra scuola e globalizzazione? Accenni storici, politici
ed economici. La Relazione fra Stato e
UE; la relazione fra determinato e indeterminato e la responsabilità della
scuola nella società globalizzata e tecnologica. Il valore dell’insegnamento
delle Scienze umane.

"Margine, Soglia, Confine, Limite: istituzioni, pratiche, teorie". Progetto organizzato e realizzato dalla Scuola Superiore Santa Chiara, dell’Università degli Studi di Siena, nell’ambito dei Pro.M.-Programmi Multidisciplinari, 2007-2009.
A cura di Omar Calabrese e Massimo Squillacciotti, con il concorso delle Scuole di Dottorato dell’Ateneo di Siena.
Il sito web “solima” curato di M. Squillacciotti ed  attivo dal 4 ottobre 2007 al 03 novembre 2009, è ora reperibile off-line presso la Scuola.

Il Progetto si rivolge alle diverse Scuole di dottorato dell’ateneo ed intende mettere a confronto, intorno a queste nozioni cardine, le diverse prospettive di ricerca implicate, a partire da una ricognizione di quanto succede nella “zona” formata dalle diverse scienze umane, sociali e naturali e una dimostrazione dell’operare dei diversi partecipanti al Progetto stesso.

Il Progetto intende promuovere un ciclo di attività che comprende lezioni di autorevoli personalità di studiosi italiani e stranieri, in cui vengano presentate le ultime frontiere della ricerca in questo ambito, e corsi e seminari interdottorali interni che rappresentino uno spazio di discussione e riflessione sui temi proposti.

Indice:
- Presentazione del progetto.
- Presupposti teorici: il concetto di limite e i suoi affini.

Ernesto de Martino / Etnologia e civiltà moderna / / “Cultura e scuola”, anno III, nr.11, luglio-settembre 1964 - direttore: Umberto Bosco, ed. da Ente Nazionale per le Biblioteche Popolari e Scolastiche, Roma (1964)

Lo “scandalo” dell’”alieno” visto da un’altra cultura, l’incontro etnografico come umanesimo moderno: senza le proprie categorie di osservazione nessun fenomeno è osservabile. Il paradosso è che, senza questa osservazione, è impossibile un esame di coscienza della cultura occidentale e della sua storia. L’etnocentrismo dogmatico viene allora superato dall’etnocentrismo critico, un sistematico incontro-confronto che mira a raggiungere il fondo umano comune e le specificazioni culturali con cui i popoli, e non le astratte concezioni speculative, pensano se stessi e il mondo. Ricerca continua, dunque, e ricerca interdisciplinare nel sapere antropologico, che ricolloca gli stessi saperi delle scienze umane in relazione con l’etnologia, spezzando l’isolamento delle specializzazioni, e riconducendo ad unità la scienza dell’uomo produttore di cultura. - a cura di Ferdinando Dubla

Il paper intende analizzare l’utilità e l’eventuale necessità delle scienze umane e delle discipline umanistiche nell’ambito dell’analisi d’intelligence sia a livello strategico (anche geopolitico) che operativo, la loro utilità nella difesa degli interessi nazionali e nel valutare gli sviluppi futuri dei rapporti di forza, non solo economici, nei nuovi scenari multipolari internazionali, avvalendosi di precedenti di analisi geopolitica quali gli scritti di Samuel P. Huntington e analisi militare - antropologica di Montgomery McFate.

Il concetto di divinità, al di là di quanto affermato dai teologi delle varie religioni, si identifica coi concetti di: giustizia, moralità, legalità, ordine (e, più in generale, con tutto ciò che è ritenuto positivo e desiderabile). In realtà, se vi è qualche ente che governa il mondo (ed è indubitabile che vi sia), non può che essere identificato con tutto ciò che è negativo ed iniquo (a meno di essere irrimediabilmente benpensanti): dato il tasso di iniquità, ingiustizia ed inumanità che vi è nel mondo. Appare evidente, quindi, che l’entità che domina il mondo non possa che essere identificata con il concetto di demonio (od essere negativo)! Ma, non per questo, i concetti di: “bene”, di giustizia, di equità, di moralità e di libertà, debbono essere abbandonati, o considerate solo utopistici. Il fatto stesso che il concetto di divinità sia associato con: la giustizia (sociale e giudiziaria), la moralità ed, in generale, tutto ciò che è buono, bello e desiderabile, dimostra come gli esseri umani aspirino, naturalmente, a tutto questo e tutto questo possa dare loro la felicità. Gli esseri umani possiedono la potenzialità per emanciparsi da ogni irrazionalità: sia essa proveniente dall’esterno o dall’interno della loro stessa natura. Gli esseri umani possono creare un nuovo tipo di società, che sia corrispondente ad un concetto di razionalità, che consenta un equilibrio, ed una piena convergenza, tra la natura della nuova società ed i loro più autentici bisogni interiori: il bisogno di una sempre maggiore individualizzazione ed il bisogno di socialità. Questo avverrà quando il concetto di divinità (intesa come fonte [esterna agli esseri umani] di: bene, giustizia e felicità) sarà accantonato, e sarà riconosciuto che: la fonte di ogni razionalità, moralità e giustizia, non sia fuori dagli individui, ma nella loro natura, od essenza, più autentica. Lo spirito religioso deve essere sostituito con lo spirito scientifico.

"Diciamo che tutti facciamo semiotica, ma non tutti sappiamo di farla", scrive Tonino Casula. Anche solo empiricamente non è difficile accorgersi che la nostra esistenza è completamente immersa in sistemi di segni, cioè rappresentazioni della realtà con cui cerchiamo di dare un senso al mondo in cui viviamo. Questo volume, che può essere letto come una dichiarazione d'amore verso la semiotica, ripercorre le tappe della sua storia, concentrandosi sulle ragioni di quella "cancellazione silenziosa" cui è stata sottoposta nel corso dei secoli.

RESOCONTO DELLA CONFERENZA
“Una scuola senza cultura e senza conoscenza?
Dalla cancellazione del tema di storia a quella delle discipline”
14 NOVEMBRE 2019, MILANO, CASA DELLA CULTURA
Articolo pubblicato sul giornale on-line La Città Futura:
https://www.lacittafutura.it/interni/la-scuola-delle-competenze

Metamorfosi Umana - l'Obsolescenza dei Media Digitali è il testo della masterclass presentata da Emanuel Dimas de Melo Pimenta all'Università di Faro, Portogallo, nell'International Meeting Algarve Tech Summit, nel contesto del Museo Zero. È una riflessione sull'impatto dell'universo digitale nella vita e nei processi creativi, i benefici, le minacce e, soprattutto, le sfide che devono affrontare tutte le persone, in un mondo intensamente partecipativo. Il testo opera fondamentalmente all'interno del campo della neuroestetica, un dominio al quale l'autore si è dedicato fin dai primi anni '80.

Mafia e legalità debole: il circolo vizioso
In una delle sue ultime opere “Mafia, legalità debole e sviluppo del Mezzogiorno (Mulino 2005)”, Antonio La Spina, eminente sociologo italiano dell’Università di Palermo analizzando alcuni aspetti cruciali dell’attuale situazione del Mezzogiorno, introduce il concetto di “legalità debole”1: una parola chiave nel meridione italiano e più in generale in Italia; un paese incastrato tra la secolare inclinazione all’attendismo e la particolare vocazione alla concertazione permanente; un paese incapace di far rispettare le regole, che continua a scegliere interpretazioni deboli sulle politiche sociali e occupazionali e che non ha la minima intenzione di costruire percezioni virtuose con il mondo dell’informazione, il quale, a sua volta, alimenta il processo di delegittimazione delle istituzioni, attraverso la ricerca continua della cattiva notizia.
Quindi se, come direbbe Florida, esiste una correlazione virtuosa tra “tecnologia, talento e tolleranza sociale2”, allora esisterebbe anche una correlazione viziosa tra Legalità debole, Welfare inadeguato e Disoccupazione?
Secondo molti esperti, questa conclusione parrebbe credibile. In presenza di malavita il sottosviluppo e l’arretratezza permangono, anche se si hanno a disposizione numerosi stanziamenti finanziari di tipo pubblico e vi sono le condizioni per la creazione di nuove industrie: lo sviluppo da solo non basta. Non è la quantità di ricchezza a determinare la crescita di un sistema sociale, ma il corretto e lungimirante utilizzo delle risorse. In presenza di malavita organizzata, come dice lo stesso la Spina “il capitale rischia, addirittura di essere dannoso” allo sviluppo complessivo del territorio. Il problema della legalità debole è allora complesso, tuttavia, analizzabile alla luce dei seguenti fenomeni ad essa interconnessi: a) Legalità debole tra Welfare mediterraneo e bizantinismo giuridico-burocratico; b) Legalità debole tra paternalismo della criminalità organizzata e connivenza delle istituzioni; c) Legalità debole tra percezioni culturali distorte e allarmismo dei mass-media.

Dal sentimento della creaturalità si genera un agire del tutto diverso rispetto a quello dell’uomo prometeico che ritiene di essere il solo artefice del proprio destino. Pensare come una creatura non può che condurre al rispetto del creato dove l’uomo è «giardiniere delle creazione e cooperatore di Dio».

L'Archivistica moderna, disciplina da tempo insegnata nelle Scuole degli Archivi di Stato e nelle università italiane, si è via via articolata in vari insegnamenti che ora rischiano di smarrire il comune fondamento teorico-pratico. Imprescindibile come lo sono gli archivi, che si formano necessariamente presso qualunque soggetto che intenda operare nella società, l'Archivistica costituisce un sapere sia trasversale, di cui molte professionalità non possono fare a meno, sia interdisciplinare, in quanto legato agli altri ambiti professionali che intervengono sugli archivi. Poiché l'Archivistica non può più essere concepita come disciplina ausiliaria della storia, ma costituisce un sapere con un proprio apparato concettuale e metodologico, diventa necessario interrogarsi sulle relazioni che oggi più che in passato l'associano al più vasto ambito delle scienze umane.

Ogni società, lungo le diverse epoche, è sempre stata contraddistinta da una caratteristica identitaria, che spesso, grazie anche alla volontà e necessità di procedere con un processo di semplificazione ed etichettatura, ha finito per identificarla. Quella contemporanea presenta sicuramente un livello di complessità che richiede obbligatoriamente un'analisi da molteplici e differenti prospettive, per cui risulta impossibile e fuorviante una definizione univoca e onnicomprensiva. Tuttavia, lo scopo di questo breve scritto è evidenziare un suo tratto peculiare, che, seppur non può certamente definirla in modo esaustivo, risulta comunque fondamentale per esplicitare e rendere consapevole una dinamica che certamente le appartiene.

Lo scopo di questo contributo è quello di offrire un’interpretazione della crisi come dispositivo, che agisce all’interno di organizzazioni (istituzionali) ed è capace di innestare meccanismi di controllo e processi di modificazione sugli individui, con conseguenze sul tessuto sociale e sulla percezione stessa della realtà.

Vorrei partire in questo scritto dallo slogan con il quale viene presentato il corso: "Educare con passione". Lo slogan è molto forte, coinvolgente e soprattutto evoca un aspetto fondamentale dell'educare e del lavoro professionale in generale: la passione. Ma perchè non rimanga solo uno slogan dobbiamo porci alcune domande: qual'è la strada che viene proposta a chi vuole trovare la passione attraverso lo studio dell'educazione ? Quali sono le metodologie didattiche che vengono utilizzate per raggiungere questo scopo ? Sopratutto come possiamo far sì che l'educazione diventi una passione ? Infine: che caratteristiche deve avere un percorso di studi che possa formare "educatori 2.0", in grado di educare oggi . Per rispondere a queste domande è necessario interrogarsi prima di tutto sul significato profondo dell'educare e poi sul significato del formare.

The aim of this paper is to show the influence which Roberto Ardigò – the most important representative of Italian positivism – had upon the debate about the constitution of human sciences as autonomous disciplines in Italy, during the last quarter of the Nineteenth Century. The paper focuses on sociology and psychology in particular. Indeed, by considering the debate on such disciplines, one can easily register some strategic stances which were taken, on the basis of different philosophical assumptions, with respect to the human sciences and their relationship with philosophical knowledge. However, as it will be shown, the debate on the human sciences cannot be considered as a mere philosophical and scientific one, for it became the subject of a true political dispute.

Il 21,22% degli “ospiti” delle galere brasiliane e sue estensioni ha tra i 18 e i 24 anni, situandosi al 20,69% la percentuale di detenuti in un’età compresa tra i 25 e i 29 anni. Nell’arco di venti anni, la popolazione carceraria è andata aumentando progressivamente di anno in anno, notandosi solamente una lieve flessione tra il 2019 e il 2020.

Più interessante ancora è il dato relativo alla quantità di incidenze per tipologia penale. Su un totale di 717.322 detenuti, il 54.01% sta scontando una pena detentiva per traffico di sostanze stupefacenti e il 6.64% è condannata per reati associabili a questo tipo di crimine. In altre parole, più della metà dei detenuti (il 60.65%) rinchiusi nelle carceri brasiliane è costituito da persone, che si trovano lì per reati concernenti attività correlate al traffico di sostanze stupefacenti.

Pur in un Paese largamente proibizionista e punitivista, si pone, in maniera legittima, l’interrogativo riguardo a quali possibili benefiche conseguenze avrebbe una politica di non criminalizzazione relazionata almeno alle droghe leggere e, per altro verso, quanto la guerra alla droga non costituisca l’ennesimo capitolo di una guerra sociale condotta contro le fasce più povere della popolazione.

A riprova di quanto detto si ha la sostanziale stabilità di una organizzazione come il Comando Vermelho, addirittura l’organizzazione criminale più longeva del Cono Sur con i suoi quarantadue anni di attività, e il poderoso sviluppo del PCC, il Primeiro Comando da Capital, in quasi tutti gli Stati brasiliani e all’estero, dentro e fuori il Sudamerica.

La repressione, pertanto, sembra battere duro sugli strati della popolazione coinvolti nel traffico di stupefacenti al dettaglio, nel varejo delle varie sostanze stupefacenti, su tutte cocaina, crack e marijuana. Le tanto sbandierate operazioni del BOPE o della CORE, corpi speciali della Polizia Militare e di quella Civile, in particolare nelle favelas di Rio de Janeiro, servono soltanto a confondere il già confuso cittadino brasiliano riguardo al fatto che la guerra alla droga starebbe dando un qualche risultato, scambiandosi la rinnovata apartheid razziale e sociale con azioni affermative condotte da parte dello Stato in aree da sempre abbandonate e per questo autoregolantesi.

I grandi signori del narcotraffico brasiliano, d’altronde, vivono in residenze milionarie, lato a lato con quegli stessi “cittadini di bene”, che chiedono pene sempre più repressive, ripetendo ossessivamente il mantra del “bandido bom é bandido morto”.

La carcerazione di massa si nutre in massima parte di pesci piccoli e disperati assortiti, i quali, stritolati dalla miseria e dalla mancanza di qualsivoglia concreta possibilità di sbarcare il lunario per mezzo di una vita onesta, finiscono per cadere nella rete della criminalità organizzata.

Giovani e giovanissimi, come il precedente dato rivela, la maggior parte dei quali fa parte della comunità negra, che, assieme a quella indigena, rappresenta la parte più debole ed esposta della società brasiliana:

«“La sfida del XXI secolo – scrive Angela Davis citata da Luís Carlos Valois in O direito penal da guerra às drogas – non è rivendicare possibilità uguali al fine di partecipare alla macchina dell’oppressione, bensì identificare e smantellare quelle strutture nelle quali il razzismo continua ad essere praticato”. La guerra alla droga è una di queste», osserva, a ragione, Valois.

L’unico risultato tangibile di decenni di carcerazione di massa in Brasile è il formarsi, all’interno degli stessi istituti penitenziari, di ognuna delle organizzazioni malavitose che oggi riempiono le strade, le favelas e le quebradas di questo Paese, da Rio de Janeiro a San Paolo. Su tutte: il PCC e il Comando Vermelho.

Il 28-30 giugno 2021 l'Università di Ginevra ospita virtualmente il XXIV Congresso dell'Associazione Internazionale Professori di Italiano (AIPI) sul tema 'Scienza, arte e letteratura. Lingue, culture, narrazioni che si incrociano'. Sono previsti oltre 250 interventi articolati in 11 sessioni tematiche di ambito letterario, linguistico, cinematografico; l'offerta è completata da tre diverse tavole rotonde in sessione plenaria con la partecipazione tra gli altri del comparatista Piero Boitani, del fisico CERN Guido Tonelli, delle scrittrici Nicoletta Vallorani, Laura Pugno e Veronica Raimo. L'accesso è libero: è richiesta una registrazione per le sole sessioni tematiche.

Molte volte ho sentito frasi del tipo “i robot ci sostituiranno” oppure “in futuro verremo rimpiazzati dalle macchine, non ci sarà più lavoro per nessuno”. Per ragazzi giovani come me, che devono ancora entrare nel mondo del lavoro, queste parole sono piuttosto sconfortanti. Ma è proprio vero che possiamo essere rimpiazzati dalla tecnologia? Certo, le attività routinarie verranno svolte dalla robotica, e ciò sta già avvenendo da tempo, ma quali sono i lavori per cui nessun robot, nessuna macchina e nessuna tecnologia potrà mai rimpiazzarci? Quali sono le qualità che ci rendono unici e insostituibili? Secondo il World Economic Forum la creatività e l’intelligenza emotiva sono tra le prime dieci skills più ricercate dai datori di lavoro, rispettivamente al terzo e al sesto posto. Pochi anni fa, nel 2015, la creatività era al decimo posto e l’intelligenza emotiva non era nemmeno considerata. Come mai è avvenuto questo cambiamento? Perché oggi più che mai è importante essere “emotivamente intelligenti”, empatici e creativi? Perché i datori di lavoro dovrebbero tenere conto di queste skills al momento della selezione del personale o formare il proprio team affinché queste caratteristiche vengano potenziate? Perché ciascuno di noi, nel suo piccolo, deve cercare di alimentare queste tre qualità? Cercherò di rispondere a queste domande nelle seguenti pagine.

di Andrea Petracca: ...capiamo pure che le imposizioni dall’alto, tese a modificare in modo repentino abitudini consolidate, vengono meglio digerite dai cittadini se accompagnate da un contemporaneo rinforzo positivo...
https://www.vipiu.it/leggi/green-pass-al-via-agora-la-filosofia-in-piazza-cacciari-agamben-i-filosofi-responsabili-e-le-contraddizioni-delle-politiche-securitarie/

SUMMARY The work focuses on the theory of the autopoietic systems. In the paper are deened the following statements:
• Observation is always  a partial, relative, and unique perspective on a phenomenon;
• From the human sciences, it is possible to observe any phenomenon  assuming the following criteria:
o the observant  can define the boards of the systems/phenomenon analyzed;
o the operation of distinction made by the observant could be described as a mechanical process based on mathematical logic, through the transformation of phenomena in quantifiable variables;
o the closure of the systems suggests the adoption of an analytical approach based on the analysis of associations or correlations between variables. For this purpose, a theoretical model of "perturbative influences" is proposed in this work.