pittura napoletana del Seicento

Sono diversi i motivi per cui riteniamo che Papa Francesco possa essere interessato alla tela dei Cinque Santi, la seicentesca pala di altare, conservata a Toro, presso la chiesa del convento francescano di Santa Maria di Loreto. Tanto più in vista del prossimo 12 marzo, ricorrenza del 4° Centenario della Canonizzazione degli stessi cinque santi effigiati nella metà inferiore della tela torese, quattro spagnoli e un italiano, Santa Teresa d’Avila, Sant'Isidoro l’Agricoltore, Sant'Ignazio di Loyola, San Francesco Saverio e San Filippo Neri.
Giusto quattro secoli fa, infatti, i1 12 marzo 1622, per la prima volta la Chiesa provvide a proclamare cinque santi contemporaneamente. dando vita a un avvenimento che fece epoca e sarà di certo degnamente rievocato fra qualche mese in occasione del prossimo centenario, che vedrà sul trono di San Pietro papa Francesco, il primo papa gesuita della storia, devoto e assai legato ai “maggiori sui” della Compagnia di Gesù: Ignazio e Francesco Saverio, fondatore il primo e grande evangelizzatore e patrono delle Missioni il secondo, entrambi canonizzati da Gregorio XV, che a sua volta è stato il primo papa ad avere studiato presso i gesuiti.
Di quel trionfo della cattolicità che destò molta eco, non sono rimaste molte tracce artistiche, almeno in Italia. Di qui l’interesse per la tela torese dei Cinque Santi, che si torna a segnalare proprio per le peculiarità ricordate, dopo essere stata più sommariamente segnalata sette anni fa, nella primavera del 2014, in occasione della festività di sant’Isidoro l’Agricoltore, patrono dei contadini e in questa veste non del tutto sconosciuto in Molise (cfr. Toroweb online,15 maggio 2014, Un santo dimenticato nel convento di Toro: Isidoro l’Agricoltore).

M.C.Cozzi, S. Guido, G. Mantella, "La Madonna di Ognissanti. Un dipinto di Battistello Caracciolo: la tecnica, il restauro e un'ipotesi interpretativa tra devozione e storia", in "La Madonna di Ognissanti di Battistello Caracciolo. Una riscoperta per il restauro" a cura di S. Guido, G. Mantella, Roma 2014, pp. 21-57. ISBN - 9788898455232

An unpublished painting of the Virgin of the Immaculate Conception by the Neapolitan painter Andrea Vaccaro, housed in the church of Saint James in Granada, is presented here. The work is signed with the artist’s monogram and is one of the most successful versions of a subject he treated on a number of occasions.

During the first half of the eighteenth century, before its dispersal in a memorable Florentine auction of 1852, the Rinuccini collection underwent a decisive evolution under the aegis of Marchese Folco and his sons Carlo and Alessandro. Specific analysis of their acquisitions of Neapolitan painting and identification of works currently housed in various museums reveals that the family was in step with the period’s most advanced trends in taste. Folco Rinuccini took part in the division of the collection of the Marchese Del Carpio in Florence, acquiring notable works, and his son Alessandro, who had moved to Naples, subsequently made important purchases in situ. Finally, Carlo saw to the aggrandizement of the family in Florence through shrewd cultural politics, culminating in the restructuring of the Palazzo Rinuccini and the exhibition at Santissima Annunziata in 1737.

Alla luce delle nuove acquisizioni sulla pittura napoletana del Seicento, l’intervento intende incrementare con nuovi dipinti di area calabrese il catalogo di Antonio De Bellis, uno degli artisti meno documentati dell’intero panorama napoletano del XVII secolo, attivo tra il 1630 e il 1660 circa.

Il volume «Famoso disegnatore». I disegni di Giovan Battista Beinaschi nella collezione della Kunstakademie Düsseldorf al Kunstpalast (Petersberg, Michael Imhof Verlag, 2019) costituisce il primo catalogo del nucleo di disegni storicamente attribuiti a Beinaschi nella collezione di Düsseldorf, il più corposo al mondo con oltre 250 fogli, e allo stesso tempo il primo affondo monografico sulla sua attività di disegnatore.
Originario del Piemonte, Beinaschi (Fossano o Torino, 1634ca. – Napoli 1688) si trasferì presto a Roma, dove lavorò in due fasi della sua carriera, alternate a due più lunghi e produttivi soggiorni a Napoli. Il carattere itinerante del suo vissuto artistico diede luogo agli esiti peculiari di un bagaglio culturale sfaccettato, ben percepibile e riconosciuto dalla critica nei dipinti e altrettanto rivelato dai disegni del piemontese, di notevole qualità ma finora di gran lunga meno studiati e sottostimati.
Beinaschi si dedicò intensamente alla pittura ad affresco e a opere da cavalletto, dando vita a una ricchissima produzione, in parte perduta, per la quale il disegno fu elemento irrinunciabile del processo creativo e di progettazione. Il corpus conservato a Düsseldorf proviene dalla estesa raccolta di disegni operata dal pittore e collezionista tedesco Lambert Krahe (1712-1790), che reperì a Roma migliaia di fogli, spesso attingendo a corposi fondi di bottega e presso gli eredi degli artisti.
Si è proceduto a un esame sistematico e a un ordinamento attributivo e cronologico del ricco nucleo beinaschiano, il tutto attraverso stretti confronti con i dipinti e con i disegni di altre collezioni attribuiti all'artista. La presenza di mani e qualità difformi ha condotto l’autore a isolare più gruppi, distinguendo i fogli autografi di Beinaschi, puntualmente ordinati per cronologia e rapportati alle opere di riferimento, da quelli riconducibili ad artisti della sua bottega o cerchia oppure ascrivibili a tutt’altri autori. Il corpus grafico in tal modo costituito, cui sono stati affiancati fogli conservati altrove, ha consentito di approntare un bilancio e un agile percorso tra i risultati, esposti nelle schede che compongono l’ampio catalogo e nel saggio introduttivo su Beinaschi disegnatore, ricordato a ragione dalle fonti come «disegnatore feracissimo, d’idea grande, vasto d’invenzione, spedito, e risoluto».

Questo volume, ricostruendo le tappe fondamentali della vita del pittore di nascita biscegliese, ma barlettano di adozione, cerca di restituirgli il giusto peso nelle complesse vicende artistiche che si sviluppano nella prima metà del Seicento a Napoli e, di conseguenza, in tutta la periferia vicereale. E la Puglia è la regione in cui più alto è il numero dei dipinti conservatisi. Lo studio affronta diverse problematiche, cercando di far luce su quella che è stata la formazione del pittore, i suoi contatti, gli ambienti culturali in cui è solito muoversi. Infine col catalogo delle opere pugliesi, di ognuna, si cerca di ricostruirne la storia, gli spostamenti, oltre a darne un’approfondita analisi storico-artistica. Non in ultimo, la pubblicazione presenta alcuni sicuri spunti d’indagine da affidare alla ricerca futura.

El ensayo se centra en la llegada de obras de arte del Seicento italiano en el ámbito de la Corte de Carlos II y durante los años que siguieron a la regencia (1675-1700). A pesar de resultar ambicioso, me gustaría ser capaz de formular, a partir de varios episodios relacionados con la venida de estos objetos, una opinión acerca de cuál pudo ser la percepción del arte italiano del siglo XVII en España. Para ello, debo plantear una serie de preguntas que afectan a la fundamentación del gusto y de sus juicios: ¿A qué obedecía la llegada de esas obras? ¿Respondía a criterios estéticos? ¿A circunstancias políticas? ¿A necesidades representativas? ¿Estaba relacionado con el replanteamiento del uso de las imágenes en el ceremonial? O, simplemente, ¿respondía a cuestiones de gusto?

Il saggio ricostruisce accuratamente i rapporti di committenza dei Padri Liguorini di Agrigento con gli artisti operanti nel Settecento in Sicilia ed in particolare nel territorio agrigentino, tra cui spicca il nome del pittore dei Lampedusa, Domenico Provenzani.

Dragonetti de Torres was one of the most important art collections of Abruzzo, known to scholars and travellers as early as the 19th century and remained in L’Aquila until 1970-1971. Devoid of ancient history and formed through the union between the two families in 1864, it has been investigated only in recent times retracing the events of the de Torres family, who moved to Abruzzo from Rome in the second half of the 17th century. Unpublished documents show the different origin of an ancient nucleus of the collection, which in 1720 already appeared to be made up of more than 150 paintings, bound by the marquis Massimo Alferi to the family’s palace in L’Aquila, which was then passed on to his daughter Lucrezia, wife of Cosimo de Torres. The transcribed inventories contain the names of artists linked in some way to L’Aquila, such as Giovan Battista Spinelli, Girolamo Cenatiempo and Dionisio Montorselli, but also those of the
Neapolitans Massimo Stanzione, Andrea Vaccaro and Luca Giordano. Other documents cited in the text show the consistency of the Dragonetti nucleus after the distraint caused by the bankruptcy of the Banca del Tavoliere. The text analyzes the correlations between the inventories and the characteristics of the Alferi collection; proposals are also made to link the references identified to existing paintings, some of which have never been discussed in this sense or are known only for the origins noted in the Zeri photo archive.