Messina

This research provides a good overview of the importance of arsenals in the Early Modern naval, military, economic, and social history of the Mediterranean, focusing on four case studies in a comparative framework. Thanks to the research on the arsenals of Constantinople/Istanbul (Ottoman Empire / Turkey), Birgu (Malta), Messina, (Italy) and Barcelona (Spain) now we gain a much better knowledge on a wider overview.

Non è nient’altro che un puntino, l’insorgenza messinese del 1° settembre 1847; quattro ore di rivolta, dal primo pomeriggio al calar del sole. Eppure serve richiamare quel minuscolo événement, e non solo per rinverdire la memoria locale, come si fece due anni fa in quel di Messina, all’incrocio di via Primo Settembre con la piazza del Duomo, con tanto di gonfalone municipale, assessore e storico “di strada”. Quell’insorgenza di 240 minuti si include in un movimento di più lunga durata, quello dei movimenti dal basso, dei movimenti popolari ottocenteschi in Sicilia, che prendono l’avvio nel 1820-21, passano per il ’48, il ‘60 e il ’66, per andare ai Fasci siciliani.

The Mediterranean sea is the frame; the growth of population is the body; the increase of trade between Europe and the Near East represents a reason to tighten relations with the Ottoman Empire, even if epidemically dangerous. From 1734 the new 'national' monarchy of Naples was developing rerations with the Levant and the Barbary states; in 1740 the King of Naples and Sicily,
Charles III, signed a treaty of navigation and commerce with the sultan of Constantinople, the second 'capitulation' of the Ottoman Empire in that year.

O. SERGI, I Capitoli, Ordinazioni e Statuti dell’Arte della seta di Catanzaro e la produzione di manifatture seriche tra XVI e XVII secolo, in Capitoli Ordinazioni e Statuti dell’Arte della Seta di Catanzaro, a cura di O. Sergi, Catanzaro, Camera di Commercio di Catanzaro, 2010, pp. 22 – 31.

L'impressione dei contemporanei fu terribile: la peste che aveva colpito Messina alla fine della primavera del 1743 in modo improvviso e violento sconvolse le corde del cuore e della mente di individui, città, stati interi, che si affannarono a rinserrarsi per difendersi da qualsiasi pur lontano pericolo di contagio.

L'economia di Messina nel '700 sembra attraversare una fase, pur nei
suoi momenti alterni, di contraddittorietà e precarietà: il trend demografico segna anch'esso una curva di incertezze e crisi, tanto più evidenti se si pensa alle due calamità del 1743 - la peste - e del 1783 - il terremoto -.

This book has to be completed with the meanwhile available edition of Antonino Amico's Templar documents by Luciana Petracca but remains for its other aspects still actual. I uploaded it, as the 2003 edition was very limited and it seems quite difficult to find the book in the libraries outside of Italy or to buy it online.

Morire a diciassette anni. Morire di mafia.

GRAZIELLA CAMPAGNA, una ragazza semplice di Saponara, una famiglia numerosa la sua, dove i genitori insegnano ai figli i principi della vita civile, i valori dell’onestà. “Era una ragazza buona” dicono i familiari e tutti coloro che l’hanno conosciuta. “Una ragazza posata, riservata in società, una ragazza sincera, che parlava di tutto con la sua famiglia”.
Il 12 dicembre 1985 è stata rapita e uccisa. Undici anni trascorsi senza che lo Stato le abbia riconosciuto il diritto alla verità e alla giustizia. Undici anni in cui le è stato negato il diritto alla memoria, ad essere riconosciuta vittima di un potere criminale assai spesso sottovalutato nel messinese.
Il 7 dicembre ‘96, il Tribunale di Messina ha deciso di riaprire il caso Graziella Campagna. Un riconoscimento dell’impegno di coloro che non hanno voluto e non vogliono dimenticare.
Le dedichiamo questo dossier. Per tracciare le fasi salienti di un’inchiesta infinita; inchiesta superficiale e discutibile come discutibile ci appare la stessa sentenza di proscioglimento dei due ‘presunti’ assassini, i mafiosi palermitani Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera. Un dossier per inserire il delitto in un contesto fatto di trame occulte, poteri forti, organizzazioni criminali, traffici di morte. Nello sfondo gli anni delle stragi di mafia e dell’eversione neofascista, un connubio destabilizzante che proprio a Messina e nello Stretto si è alimentato e sviluppato nell’omertà e nei silenzi di tanti. Di troppi.

Il contributo indaga le statue e gli intagli lignei eseguiti da Pietro Bencivinni e da Giovan Pietro Ragona. Le opere, realizzate dagli anni Trenta del Seicento sino alla metà del secolo seguente, sono custodite in diverse chiese della provincia di Palermo, Enna, Messina e Catania. Si tratta, in particolare per i manufatti del primo intagliatore, di custodie lignee che, eseguite su più ordini e con nicchie che ospitano figure di Santi, ricordano i più noti retablos spagnoli

The discovery of the Ruffo Music Book and the compositions of Federico and Francesco Ruffo and Filippo Muscari has enriched the viol repertoire with some interesting and technically thought-provoking music—works which, whilst undoubtedly not of the highest quality, are attractive and original. At the same time the manuscript is a reminder that those researching the history of the viol are never safe from surprises. Nobody was expecting to find that a bass viol in A was in use in a high Baroque palace in Sicily.

The sculptor Giovandomenico Mazzolo had a key role in the animated artistic scene of Messina of the 1540s. Training in the workshop of his father Giovambattista, who had arrived in Sicily from Carrara, Giovandomenico quickly succeeded in breaking free from the composed and rather unemotional style of his father, which was deeply associated with the older models of Antonello Gagini, and launch himself in the direction of a controlled Mannerism, the first of the marble sculptors active in Messina to do so. A brief description of the works of Mazzolo the younger precedes the presentation of three statues, attributed here to Giovandomenico on the basis of stylistic similarities with other works certainly by him or universally attributed to him by art scholars. Among these, the ‘Madonna of Loreto’ housed in the Mother Church of Pézzolo and the ‘Virgin Annunciate’ over the high altar of the Mother Church of Frazzanò are important new additions to Mazzolo’s œuvre (together with the Eucharistic tabernacle today inside Villa De Pasquale in Messina). The already well-known ‘San Sebastiano’ of Raccuia, on the other hand, is for the first time compared to the protagonists of the panels of the portal of the Cappella del Crocifisso, which Giovandomenico Mazzolo sculpted in the 1560s for Catania Cathedral. From the numerous “Morellian” comparisons similarities emerge that are enough to attribute the marble not to Rinaldo Bonanno, another Sicilian sculptor active in this period, but to the hand of Giovandomenico Mazzolo, whose work was very close, precisely in the Saint Sebastian, to other contemporary Manneristic expressions in Italy.

Omicidi eccellenti, attentati, gestione mafiosa degli appalti, compravendita di esami. Nel 1998 un libro svelava gli intrecci tra criminalità organizzata, eversione di destra e gruppi economici all’interno dell’Università di Messina. L’inchiesta sulla storia recente della maggiore istituzione della città dello Stretto

attuali Italia, Francia e Svizzera, sia per l’influenza che avevano in altri ambiti o Paesi, come l’Inghilterra. Lo storico David
Carpenter scrive, traducendo letteralmente, che verso la metà del Duecento i «tentacoli dei Savoia si estendevano su tutti i
troni d’Europa». E dell’Inghilterra i Savoia sarebbero divenuti sovrani nel Settecento, se solo avessero accettato di abiurare
alla fede cattolica. La dimensione europea, inoltre, fu scandita sin dall’XI secolo dalle ininterrotte alleanze matrimoniali
con gli imperatori d’Occidente e d’Oriente e con le maggiori case reali del continente. Talora le profonde relazioni tra i
Savoia e l’Italia sono sottovalutate; eppure furono estese e durevoli, proprio a partire dalla Sicilia, che contò più d’una regina
sabauda e dove molti, dal Piemonte, s’insediarono in età medievale. Nel corso del pur breve regno di Sicilia sotto la corona
di Vittorio Amedeo II (salito al trono nel 1713), illustri siciliani si legarono ai Savoia ed ebbero importanti ruoli: Filippo
Juvarra è il più noto, ma molti altri meritano di essere rievocati al suo fianco nel quadro dei rapporti antichi tra Piemonte sabaudo
e Italia. Allo stesso modo i legami sorti nel breve regno siciliano settecentesco sono alla base di successive interazioni.
In tal senso, può essere letta l’offerta, nel 1848, liberatasi momentaneamente l’isola, della corona di Sicilia a Ferdinando di
Savoia, che non poté, suo malgrado, accettare. Il seme del legame antico tuttavia germogliò divenendo, almeno in origine,
uno dei cardini dell’Italia unita.

The Savoys were Europeans par excellence since the Middle Ages, both for their dominions that wedged deeply into today’s Italy,
France and Switzerland, and for the influence they had in other areas or countries, such as England. Historian David Carpenter
writes, literally translating, that in the mid-thirteenth century the «tentacles of the Savoys extended over all the thrones of
Europe». And the Savoy family of England would have become sovereign in the Eighteenth century, if only they had accepted
to renounce the Catholic faith. Furthermore, the European dimension was marked since the 11th century by the uninterrupted
marriage alliances with the emperors of the West and the East and with the major royal houses of the continent. Sometimes the
deep relations between the Savoys and ancient Italy are underestimated; yet they were extensive and durable, starting from
Sicily, which counted more than an ancient Savoy queen and where many, from Piedmont, settled over the years in the Middle
Ages. The brief reign of Sicily acquired by Vittorio Amedeo II in 1713 had long-lasting results. Many illustrious Sicilians,
during the brief reign of Sicily under the crown of Vittorio Amedeo II (who ascended the throne in 1713), were linked to the
Savoys and had important roles: Filippo Juvarra is the best known among them, but many others deserve to be recalled by his
side in the framework of the ancient relations between Savoy Piedmont and Italy. In the same way, the ties that arose in the short
Eighteenth-century Sicilian kingdom are the bases of subsequent interactions. In this sense can be read the offer in 1848, when
the island was temporarily freed, of the crown of Sicily to Ferdinand of Savoy. He could not, despite himself, accept. However, the
seed of the ancient bond sprouted and became, at least originally, one of the cornerstones of a united Italy.

Speculatori locali o d’oltreoceano; faccendieri di tutte le latitudini; piccoli, medi e grandi trafficanti; sovrani o aspiranti tali; amanti incalliti del gioco d’azzardo; accumulatori e dilapidatori di insperate fortune; frammassoni e cavalieri d’ogni ordine e grado; conservatori, liberali e finanche ex comunisti; banchieri, ingegneri ed editori; traghettatori di anime e costruttori di immonde nefandezze. Sono questi I Padrini del Ponte che più o meno occultamente tramano a favore della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Ai loro affari spesso illeciti è dedicato questo volume che fornisce una sistematizzazione di innumerevoli denunce e indagini sugli interessi criminali che ruotano attorno alla grande opera. Mafia, ‘ndrangheta e non solo. I colossi dell’economia nazionale e internazionale, accanto all’imprenditoria siciliana e calabrese, non sembrano avere avuto scrupoli pur di partecipare al grande banchetto multimilionario. C’è infatti chi si è affidato a certi faccendieri che non occultano legami con le più efferate organizzazioni mafiose internazionali o con le petromonarchie che hanno bandito costituzioni e rispetto dei più elementari diritti umani. È anche con i loro soldi che si vorrebbe costruire il Ponte. E dietro certi sponsor si nascondono pure mercanti d’armi e condottieri delle guerre che insanguinano il mondo. Come in Iraq e in Afghanistan. E forse pure gli “insospettabili” che per interesse o ignavia hanno coperto gli stragisti dell’11 settembre 2001.

Le ricerche archeologiche avviate a Messina dagli anni 90 del secolo scorso hanno rivelato una parte del complesso quadro economico in cui la città si colloca in età medievale, confermando il ruolo di importante scalo commerciale al centro del Mediterraneo, non solo sede di scambi, ma anche centro produttore ed esportatore di merci.
La composizione cosmopolita della popolazione, nella quale le dominazioni bizantina ed araba
avevano lasciato un’impronta indelebile, spiega tra l’altro le diverse influenze culturali riconoscibili nelle produzioni ceramiche finora individuate.
Gli studi di Salvina Fiorilla e di Giacomo Scibona sui contesti dallo scavo del cortile del Municipio hanno focalizzato le principali problematiche della ricerca, ponendo le basi per le ricerche future. Il presente contributo prenderà le mosse da tali risultati, aggiornandoli con le novità frutto delle ricerche in corso, su altri contesti di rilievo.

Michela D’Angelo, Editoria e libri nel ‘lungo’ Settecento messinese (1678-1783), in Il libro. Editoria e pratiche di lettura nel Settecento, a cura di Lodovica Braida e Silvia Tatti, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2016, pp. 341-352.

In un quadro di apertura alla problematica salute/malattia, con riferimento specifico da un lato alle esplosioni epidemiche e dall'altro all'organizzazione sanitaria e particolarmente ospedaliera, si è tentata un'operazione di recupero di documenti e materiali riguardanti la storia dell'Ospedale Grande di Messina, la cui fondazione risale al 1542.

I teatini a differenza dei gesuiti preferirono insediarsi per ragioni di economia in edifici religiosi esistenti. Ne mantennero le intitolazioni originali aggiungendo quella a san Gaetano. Un riuso che si accordava all’idea di rigore e di modestia, espressione del rinnovamento della vita ecclesiastica segnato dalla riforma cattolica antecedente il concilio di Trento con lo scopo di restaurare nella Chiesa la regola primitiva di vita apostolica. Presto però, con l’affermarsi dell’ordine e con l’appoggio di papi, principi e nobili italiani ed europei, avviarono importanti cantieri. Alcuni  teatini furono architetti spesso fedeli ai modelli della controriforma, ma spesso ben più liberi dai canoni tridentini dei gesuiti. A volte furono ortodossi nel ripetere lo schema di sant’Andrea della Valle: aula unica con cappelle laterali, cupola transetto e coro; ma il teatino Francesco Grimaldi difese fino all’ultimo la sua idea a pianta centrale quincunx (cinque cupole) contro Maderno che aveva trasformato San Pietro a croce latina tradendo Michelangelo. Altre volte in importanti edifici come san Giuseppe a Palermo, San Vincenzo a Piacenza, Santa Cristina a Parma o san Siro a Genova seguirono la tipologia basilicale a tre navate delle origini, oppure sperimentarono le audaci spazialità barocche di Borromini in chiese a pianta centrale, nonostante la loro scarsa funzionalità liturgica, o ancora si ottennero impianti longitudinali attraverso l’intersezione di ellissi. Guarino Guarini, teatino, portò l’architettura teatina, se così si può dire o di committenza teatina,  a risultati originalissimi, fondamentali per il rococò europeo. Seppe rappresentare il regno di Dio in terra. Ciò avvenne anche con il contributo della musica. Organi e cantorie sono infatti sempre presenti nelle chiese teatine.

Il saggio esamina il monumento funebre del prelato milanese Guidotto d’Abbiate che guidò l’arcidiocesi di Messina dal 1304 sino al 1333. L’Arcivescovo, che commissionò l’opera nel 1326 allo scultore senese Goro di Gregorio, si dedicò al progetto “di abbellimento” della Cattedrale della Città dello Stretto dove è custodito il monumento. A quest’ultimo manufatto potrebbe appartenere la Madonna con il Bambino, detta degli Storpi, ora custodita nel Museo Regionale Interdisciplinare di Messina. Il saggio, infine, contestualizza la committenza indagando anche le sculture del XIV e degli inizi del XV custodite in Sicilia e realizzate da artisti isolani e in modo particolare toscani.

Tra Settecento e Ottocento la storiografia artistica messinese ha prodotto alcune opere di grande importanza per la conoscenza di alcuni pittori che hanno lavorato sullo Stretto. Tra queste si ricordano le Vite di Francesco Susinno del 1724 e le Memorie di Grosso Cacopardo del 1821. Queste due raccolte biografiche, nonostante il grande arco cronologico che li separa e l’impossibilità dello storiografo ottocentesco di avere avuto tra le mani l’opera di Susinno, mostrano una stringente affinità non soltanto nelle notizie sui pittori ma anche per i ritratti dei pittori inseriti all’interno. L’unico medaglione biografico che pare discostarsi è quello di Agostino Scilla, pittore messinese della seconda metà del Seicento.
Il contributo intende dimostrare come, in realtà, i due ritratti dipendano da un identico modello iconografico di mano del figlio di Agostino, Saverio, che, se da una parte dipingerà il ritratto del padre per l’Accademia di San Luca, dall’altra fornirà un suo disegno sia a Susinno che al biografo romano Nicola Pio, per le loro raccolte biografiche entrambe del 1724. Inoltre, per sottolineare quanto anche Grosso Cacopardo si sia rifatto al modello di primo Settecento originario, si sono prese in considerazione anche alcune lettere inviate dallo storiografo messinese al palermitano Agostino Gallo, nello stesso periodo impegnato a collezionare i ritratti dei più importanti pittori siciliani. Gallo chiederà a Grosso Cacopardo di inviargli il disegno che Letterio Subba, disegnatore dei medaglioni biografici dell’opera del 1821, aveva copiato dal ritratto presente all’interno dell’Accademia di San Luca e di mano di Saverio Scilla.

A guardar la città su una carta cinquecentesca non si notano segni particolari di distinzione e di demarcazione nello spazio urbano di Messina; a entrarci dentro e a percorrerla invece presenta diversi e caratteristici assembramenti di identità. In riva allo Stretto la vita urbana occupa una posizione di preminenza grazie ai suoi abitanti; la città nella prima età moderna ha una sua dinamica identità, ma è anche il punto di arrivo di altre identità culturali provenienti da altre città del Mediterraneo e da tempi anteriori.

The convenience of a natural harbour, the needs of the maritime trade, the proximity of the sea and its resources had led the people of Malta and Messina – at different times – to construct two coastal cities, two port cities. But, as like all the Mediterranean port cities, the urban solutions are always ambiguous, always strained in the contradiction between opening and closing.

Non ci sono dubbi: il ponte sullo stretto di Messina è l’opera incompiuta più famosa al mondo. Un sogno - diventato ormai un incubo - che gli italiani aspettano addirittura dall’Ottocento; un’infrastruttura essenziale per lo sviluppo del paese; una grande sfida per l’ingegneria civile.

Trattative per evitare attentati, trattative per difendere il potere politico, trattative per instaurarne uno nuovo. Difficile, in tutti questi anni, distinguere fra chi-fra gli uomini dello Stato-trattò "a fin di bene" e chi per fini eversivi. Comunque le trattative ci furono-e questo ormai non lo nega più nessuno-e uno dei principali "ambasciatori" fu il boss dei boss messinese, Rosario Cattafi. Che adesso sta continuando a "trattare", riempiendo cartelle su cartelle...

The idea of opening the walled city of Messina toward its port, replacing the medieval wall with an architectonic façade, was a  political and military challenge launched by the city to the Crown of Spain. The project was first taken up in 1556, when the viceroy Juan de Vega and the architect-sculptor Giovannangelo Montorsoli .initiated the public use of the dock with the realization of the fountain of Neptune, thus creating the foundations for a city seafront. At the end of the 16th century, Jacopo Del Duca first convinced the city rulers to knock down part of the walls to build the Palazzo del Banco. Later, the entire wall was to be transformed into a single, repeated façade. It was only in 1622 that the viceroy Emanuele Filiberto of Savoy approved the master plan to rebuild the entire façade with a new project under the guide of Giovanni Antonio Ponzello. We now propose to redesign that 17th century façade with all its variations. The drawing and iconographic bases from which it has been possible to derive the architectural module have been identified, along with the criteria with which the political-entrepreneurial interests of the city were married with the ambitious requests of private citizens.