Pittura Del Cinquecento

Raffaello ✓ Uno dei maggiori geni della storia dell'arte. Nasca ad Urbino e a soli 11 diventa responsabile della bottega paterna, per via della morte di quest'ultimo. Approfondisce lo studio dei pittori marchigiani, umbri e toscani-in particolar modo Perugino e Pinturicchio.

The numerous plagues that overflown Bologna in the second half of the 15th century were the reason for the spread of saint Sebastian’s iconography in the city, which reached its climax in the last twenty years of the century. The possible political meanings of this iconography are also discussed. Towards the end of the century, we observe a softening of saint Sebastian’s figure, which is less burly in build than the examples painted around the mid-century. We focus on several cases, for which the reasons for the choice of this saint are investigated; they also provide the opportunity to reconsider the attribution of a selection of paintings.

Il Compianto su Cristo morto, apparso in un catalogo d'asta nel Novembre 2020 e proveniente da collezione privata, ora acquistato da Fondazione Brescia Musei, presenta caratteristiche che consentono di identificarlo con la pala dell'altare maggiore della chiesa di San Bartolomeo a Brescia, tra Piazza Moretto e Piazzetta Sant'Alessandro. La tela è descritta sommariamente da alcuni storici seicenteschi (Faino e Paglia), prima di seguire un destino di progressivo oblìo già evidente nella descrizione dell'Averoldo (1700)

Le teste ‘composte’ e ‘reversibili’ dell’Arcimboldo e la nascita della natura morta, in Arcimboldo, catalogo della mostra (Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini, 20 ottobre 2017 - 11 febbraio 2018), a cura di Sylvia Ferino-Pagden, Milano, Skira, 2017, pp. 120-127.

Negli anni successivi al Concilio di Trento si assiste nei territori dello Stato Pontificio e in quelli rimasti cattolici all'elaborazione di un nuovo tipo di pala d'altare. Il modo diverso di intendere la devozione sollecita nuove forme artistiche e una nuova strategia di comunicazione. Le ripercussioni nella cultura fi gurativa sono notevoli fino agli anni venti del Seicento e oltre. A Bologna i Paleotti, Gabriele (al governo della metropolitana dal 1565 al 1591) prima, il cugino Alfonso, suo coadiutore indi successore (1591-1610), hanno lasciato segni non meno importanti sia nella pratica liturgica, sia nell'equilibrio dei poteri fra le istituzioni civili e religiose e la sede pontifi cia romana, sia nel coinvolgimento delle arti. Li guida la convinzione che alla sollecitazione dei sensi, la vista soprattutto e l'udito per il canto e la musica, fos-sero necessarie la sintassi delle arti e l'unione della letteratura, della storia e delle scienze. Hanno colto dei sensi, con la nobiltà e l'autorevolezza, la valenza pedagogica, fi nalizzandola ad una maggiore partecipazione devozionale dei fedeli, per favorirne in termini di esperienza umana e con il controllo della ragione il loro pellegrinaggio verso la salvezza e il benessere spirituale. Le tele di Cavazzoni, le pale d'altare per la collocazione pubblica, pur cambiando l'ambientazione, ora paesaggistica, ora architettonica, sono organizzate in modo uguale su diagonali con un assetto prospettico di matrice vasariana ma mantenuto in uso a Bologna, ben oltre i limiti cronologici della presenza del pittore toscano. Lo utilizza soprattutto, e con continuità, Prospero Fontana. La propensione descrittiva nei suoi quadri è la stessa, simili sono la gestualità dei protagonisti e l'intensità espressiva, simile la materia pittorica, simile lo spirito con cui il pittore aderisce ai passi evangelici. Scarse le informazioni biografiche nonostante alcune signifi cative commissioni per collocazioni sia pubbliche sia private, tuttora non conosciamo neppure le date di nascita e di morte. Pittore e scrittore devoto in stretto e ripetuto collegamento con la famiglia Pepoli, lo sappiamo attivo nelle botteghe di Bartolomeo Passerotti e di Orazio Samachini, sensibile alla maniera di entrambi. Dopo lavori a Pesaro e a Città di Castello, è impegnato a Bologna soprattutto nell'ultimo ventennio del Cinquecento. Resta lontano dalle esperienze pittoriche dei Carracci, nonostante una commissione in comune nel 1592 per il soffitto dell'appartamento di Virginia de' Medici, sposa del duca Cesare D'Este, nel palazzo dei Diamanti di Ferrara. L'anno dopo, 1593, 16 ottobre, è iscritto nella Compagnia dei Pittori. Nei primi vent'anni del Seicento si collocano i suoi interventi quale disegnatore e scrittore. Le scelte degli allievi della Scuola di Specializzazione abbracciano la sua duplice veste di pittore e scrittore sempre devoto e collegano alla contemporaneità alcuni dei suoi soggetti.

Nella basilica di San Pietro di Modena, tempio benedettino secondo solo al Duomo per valori storico-artistici, la prima cappella sulla sinistra si presenta fra le più cospicue, in quanto conserva ancora, oltre al notevole complesso dell’altare, decorazioni parietali a rilievo e ad affresco e lapidi sepolcrali, anche grazie alla sua stessa collocazione a ridosso della facciata interna. Era questa l’antica cappella dei Carandini, nobile famiglia il cui prestigio ancora si esprime nella bella pala dell’Annunciazione, opera di Ercole dell’Abate (1562-1613), nipote del celebre Nicolò, fra i protagonisti del più maturo manierismo modenese, prossimo al suo tramonto.
Le pitture a soggetto mariano che ricoprono la volta a crociera della cappella  sono state attribuite dalla tradizione storiografica allo stesso Ercole dell’Abate, a iniziare da don Mauro Alessandro Lazarelli, storiografo del monastero ai primi del secolo XVIII. Ora, sulla base di confronti stilistici si ipotizza che le pitture della volta e della lunetta spettino interamente a Ercole Setti, assieme all’ottagono dell’Assunta e alla lunetta laterale superstite, in quello che è uno tra i più interessanti cicli superstiti della tarda Maniera modenese.

Il saggio propone l'inedita attribuzione al misterioso "Maestro dell'Adorazione di Glasgow" di due tavole dipinte raffiguranti i SS. Pietro e Paolo custodite nella chiesa di S. Lucia in Terlizzi (BA). Parti superstiti di un polittico smembrato, le due tavole furono verosimilmente commissionate dagli Orsini, conti di Terlizzi, per essere collocate nella chiesa conventuale osservante di S. Maria la Nova; al sopravvento dei nuovi feudatari Grimaldi, il polittico sarebbe stato smembrato e sostituito con una Sacra Conversazione del pittore veneto Antonio de' Sacchis detto il Pordenone.

Throughout the last 60 years, the career of Antonio Rimpatta, Bolognese painter of the beginning of 16th century, has been reconstructed according to various hypotheses. In some cases the corpus of paintings assembled by Zeri has been augmented with those already attributed to the anonymous Master of the Setmani Sacra Conversazione, and on other occasions with those by frate Antonio da Bologna, a painter mentioned by Vasari. The most recent tendency is to bring the three groups together under the name of Rimpatta, but this approach appears to ignore some significant problems.
  This contribution reconsiders some of the principal works from the supposed catalogue of Rimpatta, highlighting inconsistencies - especially in terms of figurative culture - that are all too evident. The concurrence between Rimpatta and frate Antonio da Bologna is confirmed: it is characterized by a manner that is essentially peruginesque and central Italian, with also some references to Boltraffio (as demonstrated by the St. Sebastian in the Walters Art Gallery of Baltimore). On the other hand, the author of the Setmani group should be kept separate. This painter proves himself to be far more significant, capable of creating masterpieces that are well-informed about the more modern painting that has its origins between Milan and Venice, and that straddles the 15th and 16th centuries.
  The evident link between Rimpatta and the Setmani Master could therefore be explained not by their being one and the same, but by a collaboration between the two painters. Such a meeting could conceivably have come about in Bologna around 1500, immediately after the creation of works such as the pala Casio by Boltraffio or the pala Scarani by Perugino.
  Finally, in order to resolve the various problems that have been brought to light it is proposed that the hand of Rimpatta may be identified in the better paintings of the Setmani group, in those weaker and less “Lombardian” parts that were already recognized by Ragghianti.

Considerazioni inedite su alcune decorazioni ad affresco in territorio bresciano collocate negli anni Sessanta e Settanta del Cinquecento. La caminata terranea dell'ex palazzo Maggi a Cadignano e altre decorazioni a Botticino, nella sala delle udienze in palazzo Avogadro e nel casino Avogadro, ora Buffoli, a Brescia.

L’articolo indaga le vicende che interessarono il polittico ordinato a Pietro Perugino per la cappella di San Michele alla Certosa di Pavia. Ci si è soffermati sulle tempistiche della sua messa in opera, a nostro avviso dilazionata nel tempo, e sulla struttura che avrebbe dovuto avere (la carpenteria originale è andata perduta) in relazione al polittico di Macrino d’Alba sul lato opposto della navata e alla pala dell’altar maggiore, commissionata a Filippino Lippi ma mai portata a termine. Le vicende sono ripercorse riservando particolare attenzione al maestro di legname coinvolto nella commissione, Jacopo d’Antonio di Santa Maria in Campo a Firenze, e proponendo uno studio comparativo sulle strutture dei polittici elaborate in Italia settentrionale nella seconda metà del XV secolo. Alcune considerazioni vengono riservate anche alla figura di Ludovico il Moro quale mecenate.

- Fino al 2005 il polittico dell’Abbazia di Sant’Egidio del Monte Albino, risalente agli
anni ’40 del XVI secolo, era stato attribuito a quasi tutti i pittori attivi nel napoletano
nella prima metà del Cinquecento. Poi nell’aprile di quell’anno, dai protocolli notarili
di Sebastiano Manso venne fuori il nome di Giovan Lorenzo Firello, in pratica uno
sconosciuto. La notizia, riportata in S. Silvestri, Sant’Egidio. Un luogo chiamato Preturo,
Salerno 2010, suscitò diverse perplessità, finché Paola Improda, nel 2019 ha annunciato
l’esistenza in Aversa di un’altra opera dello stesso artista, eseguita nel 1579.

- Until 2005 the polyptych of Sant’Egidio del Monte Albino Abbey, dating back
to 1540s, was attributed to almost all painters active in the Neapolitan area in the
first half of the 16th century. On April of the same year, the name of an unknown
painter, Giovan Lorenzo Firello, emerged from Sebastiano Manso’s notary protocols.
The news, reported in S. Silvestri, Sant’Egidio. Un luogo chiamato Preturo,
Salerno 2010, raised several doubts, until when Paola Improda, in 2019, announced
the existence in Aversa of another work painted by the same artist in 1579.

This paper proposes and discusses a new attribution to Filippo da Verona (and workshop?) of an altarpiece with the Virgin and Child with Saints, once in the church of San Francesco, Fabriano, and now in the local Pinacoteca Civica “Bruno Molajoli”. We know that Filippo da Verona worked in Fabriano in 1514, when he signed and dated a magnificent altarpiece for the church of San Nicolò (now in the same Pinacoteca). The painting discussed here was formerly considered a work by Girolamo or Giacomo Nardini (members of a family of artists from Sant’Angelo in Vado) until Bonita Cleri recently rejected this attribution in her monographic study on these painters. Stylistic differences between the San Francesco altarpiece and Filippo’s signed San Nicolò work may partly be accounted for by the fact that the Virgin and Child with Saints is a much later work (dated 1523 and 1526 on the rear of the panel), and further comparisons with other paintings by Filippo da Verona enable us to suggest this new attribution to him, possibly also with the hand of an assistant.

I dipinti che si presentano nel testo risultano accomunati dall’estraneità all’ambiente locale e da letture che hanno reso difficoltoso il loro corretto inquadramento storico. Fra questi ricordiamo un trittico oggi al Museo regionale di Messina che venne arbitrariamente inserito nell'elenco di opere false negli anni Cinquanta. Altra opera fondamentale è la pala d'altare della Pietà di Giampilieri, erroneamente attribuita al Barbalonga, ma invece da assegnare al celebre pittore Cristoforo Roncalli. Allo stesso tempo si individua il committente nel priore di Santa Croce Andrea La Rosa, e la datazione al 1603.

Eventi a margine di una mostra.
NOVENA
Bernardino e Francesco Zaganelli | Franco Pozzi – Nicola Samorì.
Storie di un Cristo portacroce acquisito tra varianti antiche e meditazioni contemporanee

> Le mani sul legno | Convegno
Sabato 26 febbraio, dalle 16.00 alle 18.00 | Chiesa di San Francesco

Nel penultimo fine settimana di apertura della mostra, un dialogo a più voci coinvolgerà diverse figure, dagli autori dei testi in catalogo, ai collezionisti, al restauratore. L'incontro, a partire dal dipinto recentemente entrato nelle collezioni comunali e dalla sua iconica ripetizione in una serie di varianti, ruoterà intorno all'attività di Bernardino e Francesco Zaganelli, alle dinamiche della loro nota bottega, in cui le quattro mani a volte si fondono altre si diversificano rendendo difficile, se non impossibile, l'attribuzione.
Sarà anche l'occasione per dar forma ad una mappa delle opere zaganelliane disperse dalla Romagna o ancora presenti sul territorio.

Introduzione e saluti dei curatori della mostra
Federico Settembrini assessore alla cultura Comune di Cotignola
Raffaella Zama insegnante e storica dell’arte.

Interventi
Massimiliano Fabbri conservatore Museo Civico Luigi Varoli
Giorgio Martini storico dell’arte
Alessandro Giovanardi storico e critico d’arte
Antonella Imolesi Pozzi già responsabile Fondi Antichi e Raccolte Piancastelli, Biblioteca Forlì
Michele Pagani restauratore
Massimo Pulini pittore, insegnante e storico dell’arte

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> Bernardino e Francesco Zaganelli, fratelli cotignolesi 'dipingevano' | Visita guidata
Domenica 27 febbraio
Ore 16 Chiesa di San Francesco e ore 17 Palazzo Sforza
a cura di Raffaella Zama con Federico Settembrini

La visita guidata permetterà di connettere due luoghi: la sede della mostra e del museo e la Chiesa di San Francesco, nella quale si conservano un prezioso affresco dei fratelli Zaganelli all’interno della “Cappella Sforzesca” e una Pietà a forma di lunetta che in origine sormontava una pala ora alla Pinacoteca di Brera.

Lo spettacolare ciclo cinquecentesco di Palazzo Vavassori a bergamo, dove gli emblemi di Andrea Alciato dialogano con figure allegoriche e immagini mitologiche e simboliche, innesta con le illustrazioni a stampa un interessante dialogo, quasi a trasformare le pareti in un libro aperto, da leggere e meditare quotidianamente.

Mostra/Exhibition Catalogue: Work in progress. Opere dal Museo d'Arte Moderna di Palazzo Collicola e dalla Fondazione Marignoli di Montecorona /Artworks from the Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Collicola and from The Marignoli di Montecorona Foundation; a cura di / curators Michele Drascek, Duccio K. Marignoli, Marco Tonelli; Palazzo Collicola, Spoleto, 26 giugno / June - 26 settembre / September, 2021; catalogo edito da /catalogue published by Editoriale Artemide, Roma, agosto 2021.

Questo testo, che anticipa un volume sulla Pala Gozzi, cerca di fare luce sui ‘misteri’ che sempre hanno avvolto questo dipinto, soprattutto sui segreti della sua vita fisica, dalle movimentazioni ai restauri. Il testo analizza e propone documenti d'Archivio in gran parte inediti e dà anche conto della assai scarsa bibliografia su questa tavola importantissima, prima opera finora conosciuta firmata e datata da Tiziano. E' stato pubblicato in un volume di scritti in onore di Donatella Zari, la grande restauratrice recentemente scomparsa, che nel 1987 restaurò il capolavoro insieme con il marito Carlo Giantomassi.

Admired and feared, the two Borgia brothers were true 'style icons' of their time, capable of influencing tastes and dictating fashions through their personal ways of dressing. By means of a scrupulous examination of the documentary sources and  surviving iconography, the author meticulously reconstructs the appearances of Lucrezia Borgia: one of the most fascinating women of the Italian Renaissance between the end of the fifteenth century and the first decades of the sixteenth century, also suggesting, through the small available clues, what could have been the appearance of Valentino (Cesare Borgia), that is 'the most beautiful man of his time' according to the German historian and medievalist Ferdinand Gregorovus (1821-1891) who dedicated a detailed monograph to his sister  Lucrezia. From habit to habit, the  true temperament of these two brothers finally seems to open up to the reader. Their mutual  fervent affection  still moves us today with the strength of feelings that have remained intact until  todays by according us  the privilege of reading again after five hundred years, the very same words  that Cesare addressed to Lucrezia by  calling himself " a brother who loves her as himself"!
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Ammirati e temuti, i due fratelli Borgia furono delle  vere  e proprie ‘icone di stile’ del loro tempo, capaci di influenzare gusti e dettare mode attraverso i loro personali vezzi nel vestire. Per mezzo di una scrupolosa disamina delle fonti documentarie e della iconografia superstite, l‘autrice ricostruisce minuziosamente le apparenze di Lucrezia Borgia: una delle donne più  affascinanti del Rinascimento Italiano tra  lo  scorcio del  Quattrocento  e  i primi decenni del Cinquecento, suggerendo anche, attraverso gli esigui indizi disponibili, quale potesse essere l’aspetto del Valentino ossia ‘il più bell’uomo del suo tempo’ secondo lo storico e medievista tedesco Ferdinand Gregoro- vius (1821-1891) che a Lucrezia dedicò una dettagliata monografia.        Di vezzo in vezzo, sembra dischiudersi finalmente al lettore il carattere stesso di  questi due fratelli legati da un affetto fervente  che ci commuove  ancora  oggi  con la forza di sentimenti rimasti intatti fino a noi che abbiamo il privilegio di leggere nuovamente dopo cinquecento anni, le parole che Cesare rivolgeva a Lucrezia definendosi «fratello il quale como se medesmo l’ama»!

Nell'articolo si prendono in analisi alcune rappresentazioni pittoriche di poetesse tra Quattro e Cinquecento e alcuni testi poetici sui loro ritratti, interpretandole alla  luce della poesia petrarchista sul ritratto della donna amata. Da questa analisi emergono interessanti ipotesi interpretative, che vedono nella tematica ricorrente dell'immagine parlante una strategia di autorappresentazione, efficace incarnazione del ruolo e dell'identità delle poetesse.

Nel discreto numero di opere che nel corso di quasi tre quarti di secolo sono state attribuite al Maestro di Ozieri, il retablo di Bortigali è una delle più recenti acquisizioni. Forse in ragione di questa tardiva riscoperta non sono affatto numerosi gli interventi e le prese di posizione degli storici dell’arte su di un polittico che, pur nella sua frammentarietà, è rappresentativo degli albori del fortunato cammino artistico di una delle più fulgide figure della pittura sarda di ogni tempo. Di qui la necessità di una riconsiderazione e di un approfondimento alla luce delle più recenti intuizioni e scoperte. Dal confronto dei risultati di una serrata ricerca archivistica, di una attenta rilettura del testo pittorico e dalla proposizione di nuove incisioni da cui questo dipende, emergono talune novità che portano alla identificazione dell’autore, del probabile committente e ad una più precisa cronologia dell’opera.

Il testo propone una ricostruzione della figura di Alfonso Franco, pittore messinese celebrato dalle fonti come uno dei più importanti della sua epoca, ma oggi quasi completamente misconosciuto a causa delle gravi perdite inferte alla sua produzione documentata.

A partir de la firma del pintor flamenco afincado en Roma Francesco da Castello localizada en una tela conservada en la catedral de Santa María de la Huerta de Tarazona (Zaragoza), en este trabajo se estudian, dan a conocer y se atribuyen a este mismo artista un conjunto de ocho pinturas también custodiadas en el citado templo. Además, se considera que la labor de intermediación para que este conjunto de obras llegara a suelo aragonés se debió al tesorero y canónigo de la catedral Francisco Navarro de Eugui, agente del cabildo turiasonense en Roma desde al menos 1590 y hasta 1604, y gran coleccionista de pintura italiana.

Nella sede di un convegno dedicato nel 1988 a Lelio Orsi, Gabriella Guandalini e Graziella Martinelli Braglia hanno operato una prima puntualizzazione circa la personalità di Ercole Setti, maestro modenese del tardo Manierismo che contrasse un non esiguo debito verso l'arte del celebre artista di Novellara.