Arte Moderna

Il contributo, utilizzando documenti inediti, indaga l’attività di alcuni pittori siciliani attivi tra il Seicento e l’Ottocento a Petralia Sottana, centro della provincia di Palermo. Si tratta di artisti che, noti o sconosciuti, hanno realizzato dipinti in altri centri della Sicilia come Benedetto, Pietro e Rosario Berna autori, nel 1707, degli affreschi della volta della chiesa di S. Francesco d’Assisi di Petralia Sottana. Di altri pittori indagati nel saggio si conservano ancora i dipinti, come il Martirio di San Vincenzo di Saragozza del 1655 di Matteo San Marco (Sammarco) custodito nella Chiesa Madre o la Madonna di Monserrrato del 1625 di Ottavio Basile del medesimo edificio. Tra i vari artisti attivi a Petralia Sottana risultano Giuseppe Salerno, uno dei due Zoppo di Gangi, Giacomo Campione di Nicosia, Crispino Riggio, Giuseppe Garigliano da Gangi e Giuseppe Di Garbo

Il contributo fa parte di un volume interamente dedicato ai monili, alle suppellettili liturgiche in argento e ai parati sacri conservati nei Tesori delle chiese di Petralia Soprana, centro delle alte Madonie appartenente alla Diocesi di Cefalù. Le opere esaminate nel libro si rivelano del tutto originali poiché permettono di inoltrarsi in un periodo della storia dell’arte in Sicilia che va dal Trecento all’Ottocento. Il saggio, ad esempio, indaga i preziosi manufatti realizzati dalla fine del Quattrocento agli anni Settanta del Settecento. Si tratta di suppellettili liturgiche commissionate da prelati, nobili e fedeli e realizzate da argentieri messinesi, catanesi e soprattutto palermitani. Di alcuni manufatti, grazie ai documenti inediti riportati nell’appendice, sono stati individuati gli autori.

This dissertation, supervised by professor Maria Luisa Távora, aims to analyze how the geometric abstractionism was experienced by some Brazilian and Argentinian artists, art theorists and critics between 1948 and 1961. It takes the Museu the Arte Moderna do Rio de Janeiro (Modern Art Museum of Rio de Janeiro) as a focal point.  The research points to the exhibitions, conferences and courses that happened at the Museum, examining various materials such as catalogues, folders, newsletters and photos. In the way to reconstruct the web of artistic information in which these protagonists where inserted, we also searched for texts that circulated through specialized journals, some of them translated at the time in Brazil.  In this way, keeping the objective of rescuing the interexchange of ideas or questionings between the Argentinian and the Brazilian art production, we could notice specificities and differentiations regarding what was then being made in Europe. Besides that, we restored the importance of the Argentinian presence in the Brazilian art context of that period, regarded by the art historiography and critique as related almost solely to the European canon and narrative. By doing so, the dissertation makes a fully bibliographical and analytical revision that broadens the field of art history and critique in Brazil regarding geometric abstractionism, based in a vast array of sources that goes far beyond the ones already known by previous analysts.

Questo articolo vuole porre l'attenzione sull'ultima esposizione del Gruppo che, secondo gli studi pubblicati sul movimento, si sarebbe tenuta nella Galleria “Alla Saletta” di Firenze dal 19 al 24 maggio 1949, dimostrando, tramite i documenti disponibili nell'archivio del pittore Giovanni Acci, che in realtà la mostra avvenne a Modena.

Nel 1968 Marilyn Aronberg Lavin formulò l’ipotesi che Ottaviano Ubaldini della Carda (1423-1498) fosse il committente della Flagellazione di Piero della Francesca e che l’opera fosse destinata alla Cappella del Perdono nel Palazzo Ducale di Urbino, che si trovava sotto il patronato di Ottaviano dal 1482. Questo contributo mira ad analizzare le varie interpretazioni relative all’opera di Piero della Francesca in rapporto alla figura di Ottaviano Ubaldini della Carda, partendo dall’esame della fortuna critica sul personaggio e dallo studio sulla cultura ermetica rinascimentale urbinate.

Negli anni '40 del Novecento giunsero in Sardegna un gruppo consistente di reliquiari a busto, ma anche a braccio e a cassetta, tutti intagliati, dorati e decorati ad 'estofado', realizzati nel Napoletano agli inizi del XVII secolo e provenienti dalla chiesa di Santa Teresa a Massa Lubrense. Il testo ricostruisce il complesso iter di queste preziose opere, dall'estrazione delle reliquie nelle catacombe romane anche per intervento di ambasciatori spagnoli presso la Santa Sede, alla realizzazione dei manufatti per committenza gesuitica, fino al trasferimento nell'Isola, in cui ebbe ruolo il card. Alfredo I. Schuster.

L'articolo si presenta come un condensato dei risultati ottenuti nel corso di un lavoro di ricerca durato un triennio, condotto tra Italia, Spagna e Portogallo e confluito in toto nell'omonima tesi di dottorato. La ricerca mira ad approfondire e arricchire, mediante nuove acquisizioni, lo studio in merito alle opere pittoriche di committenza gesuitica custodite presso le fondazioni palermitane dell’Ordine: chiesa del Gesù a Casa Professa, Collegio Massimo dei Gesuiti, chiesa di San Stanislao Kostka e chiesa di San Francesco Saverio, a cui si aggiungono i dipinti trasferiti presso altre sedi. Principale oggetto d’indagine è il "modus operandi" di tale committenza, nel suo interagire con le istanze del capoluogo siciliano, dal primo insediamento (1549) fino alla cacciata dal Regno di Sicilia (1767), decretata da Ferdinando IV di Borbone. Nell’ottica di un assetto più organico, si è proceduto alla riorganizzazione del materiale relativo alla trattazione del tema, poiché si presentava frammentario e dispersivo.

Il saggio espone i metodi e gli strumenti di ricerca utilizzati per la ricostruzione del catalogo della pioneristica Mostra D’Arte Sacra delle Madonie curata da Maria Accascina ed allestita nel 1937 presso il Convento dei PP. Riformati di Petralia Sottana, centro delle alte Madonie. Si tratta di più di quattrocento opere, tra gioielli, suppellettili liturgiche, oggetti preziosi di uso profano, coralli, paramenti sacri, tessuti, statue lignee, intagli, maioliche, tappeti, tele e tavole dipinte realizzate dal XI al XIX secolo. Le opere, alcune delle quali perdute, provengono dalle collezioni nobiliari, dall’allora Museo Nazionale di Palermo, ora Galleria Regionale della Sicilia, Palazzo Abatellis, dal Real Istituto d’Arte della stessa città e soprattutto dalle chiese dei centri delle Madonie, nello specifico Castelbuono, Collesano, Isnello, Gangi, Geraci Siculo, Petralia Soprana, Petralia Sottana e Polizzi Generosa.

This essay discusses Hans Belting’s and Bernard Aikema’s recent studies on Giorgione’s Tempesta. The authors
connect this enigmatic masterpiece with Jacopo Sannazaro’s Arcadia, the Renaissance notion of a
Golden Age and the debate on the origins of humanity, common in North European humanistic culture.
Furthermore, it analyzes an illumination by Jean Bourdichon which seems to con! rm the evocative link
between Giorgione’s Tempesta and the nordic iconography of the Wild Man and his family, a symbol of an
utopic escape from the corrupt social system, like the melancholic exile of poets-shepherds in Sannazaro’s
Arcadia.

Le schede analizzano le sculture lignee e gli intagli realizzati dal XV al XIX secolo e custoditi nelle chiese di Caltavuturo, centro delle Madonie. Tra le più antiche opere si ricorda il Cristo Crocifisso della Chiesa Madre, già chiesa del Casale, eseguito nel 1504 dall’intagliatore Salvatore Pellinito e dorato dal pittore Giacomo Calvagno, e le cinquecentesche statue della Madonna e di San Girolamo che provengono dallo smembrato retablos della Matrice. Interessante risulta la Madonna con il Bambino della chiesa di S. Maria di Gesù, riferita a Fra’ Innocenzo da Petralia, autore del S. Antonio da Padova della stessa chiesa. Nello medesimo edificio religioso si custodisce, inoltre, il Cristo Crocifisso eseguito dal noto Frate Umile da Petralia Soprana. La produzione scultorea continua pure nel Sei e nel Settecento, come testimoniano le opere realizzate da Filippo Quattrocchi, Girolamo Bagnasco, Gaetano La Rizza e da altri anonimi scultori siciliani e napoletani.

Giovanni Santi, nella sua Cronaca Rimata, descrive uno dei personaggi più influenti e meno conosciuti della Urbino del Quattrocento: Ottaviano Ubaldini della Carda (1423-1498). Appassionato di materie umanistiche e con uno spiccato interesse per l’astrologia, egli fu protettore emerito di artisti e fratello del duca Federico (anche se per anni la loro parentela è stata oggetto di dibattito). È possibile che il Santi abbia conosciuto Ottaviano durante la decorazione degli appartamenti dell'Ubaldini, al piano terra del Palazzo Ducale, dove il pittore fu impegnato nella realizzazione delle celeberrime Muse.

La ricchezza delle testimonianze munite disseminate nel comprensorio brontese ha sollecitato degli approfondimenti dai quali è emersa la centralità di alcuni siti – in particolare Bolo e Maniace-nel dominio territoriale della propaggine nord-orientale dell'Isola. La presenza di tipologie differenti-castelli, fondaci e casali-ha dato modo di constatare il cambiamento sostanziale avvenuto nel passaggio tra medioevo ed età moderna in termini di difesa. La comprovata necessità di arginare le turbolenze d'età medievale attraverso la distribuzione capillare di luoghi forti, si è avvalsa in maniera significativa anche dei complessi monastici. Si ritiene che gli ordini religiosi, in situazioni territoriali particolari come quella nebroidea, oltre ad assumere la gestione della difesa hanno rappresentato anche il perno delle politiche economiche. Lo dimostra il fatto che vengano eretti cenobi in punti strategici per il controllo territoriale e per l'accesso diretto alle materie prime. Si sono voluti mettere in risalto i cambiamenti intercorsi tra il tardo medioevo e l'età moderna, al fine di sottolineare quanto abbiano inciso gli avvenimenti storici nel modificare gli equilibri difensivi e politico-economici che in età moderna favoriscono siti come il castello-fondaco Bolo o il casale di Placa Baiana 1 , fenomeno che va chiaramente a detrimento degli ordini monastici. Tali cambiamenti, che hanno interessato anche la sfera politico-economica, sono dovuti anche al declino delle aree pedemontane e dell'interno dell'Isola rispetto alle zone costiere così come dimostra la preponderanza della viabilità lungo questi assi 2 .

A pesar de ser un referente fundamental para comprender el proyecto de la modernización de Brasil y Latinoamérica en los dos últimos tercios del siglo XX, la influyente labor que ejerció Mário Pedrosa, tanto teórica como de gestión cultural e institucional, sigue siendo muy desconocida en España.

En la exposición, así como en esta publicación que le acompaña -en la que se incluye una selección de sus escritos más emblemáticos, la mayoría traducidos por primera vez al castellano-, se abordan aspectos clave para entender el pensamiento y la trayectoria de Pedrosa: su continuo y activo compromiso político (que le obligó a exiliarse hasta en tres ocasiones); la importancia que en su propuesta discursiva tuvo la reflexión en torno a la influencia de la arquitectura y la planificación urbana en la organización social; o su adopción, ya en las décadas de los sesenta y setenta, de un posicionamiento explícitamente crítico con el eurocentrismo.

O presente artigo tem por objetivo relatar uma parte do processo de abertura do Museu de Arte Osório Cesar, objeto de minha pesquisa sobre a produção artística no Complexo Hospitalar do Juquery, na qual a etnografia foi utilizada como metodologia para o levantamento de depoimentos, observações e análises de participantes em eventos organizados pela Secretaria de Cultura da Prefeitura Municipal de Franco da Rocha. Assim, a partir da participação direta nos debates preparatórios à sua inauguração, são apresentadas aqui algumas particularidades do Museu, como o fato de se situar entre a Cultura e a Saúde e de ser o primeiro e único museu da cidade e região. Além disso, é incontornável recuperar as histórias do Complexo Hospitalar do Juquery e do médico e crítico de arte Osório Cesar - pioneiro na inserção da arte como terapia - para dimensionar a importância desta instituição na historiografia da arte brasileira.

Análise do tríptico "A Vida", realizado por António Carneiro nos finais do século XIX. Esta é considerada uma das poucas obras de cariz simbolista da arte portuguesa. Os três páineis que a constituem revelam um tema típico do simbolismo, o ciclo da vida.

Postfazione al romanzo di Marianne Jaeglé GIALLO VAN GOGH, edito da L'Asino d'oro edizioni. Il saggio è una riflessione sulla pittura di Vincent Van Gogh, ma soprattutto un tentativo di decostruire il "mito" del pittore per restituirne un'immagine più vera e reale. Ne emerge vivido il grande peso che la sua arte ha avuto sulla contemporaneità, mentre appaiono in tutta la loro debolezza i luoghi comuni sull'artista.

RESUMO
Dentro do contexto internacional de reavaliação da produção artística italiana no entreguerras, emerge a figura de Mario Sironi. Suas relações próximas com o fascismo renderam-lhe tanto o papel central na produção artística italiana do regime quanto o banimento de sua figura da história da arte. Este artigo propõe apresentar, a partir dos estudos já existentes e de textos críticos da época, um período específico do percurso do artista, que vai de meados da década de 1920 até o início dos anos 1930, caracterizado pelo distanciamento do artista da estética do Novecento Italiano em busca de uma pintura mais gestual.

ABSTRACT
Within the international context of re-evaluation of Italian artistic production in the inter-war period, Mario Sironi’s figure emerges. His close relations with fascism earned him both a central role in Italian artistic production of the regime and banishment of his figure in art history. This article proposes to present, from the existing studies and critical texts of the time, a specific period of the artist 's career, from the mid 1920s
to the early 1930s, characterized by the artist’s distancing from the aesthetics of Novecento Italiano in search of a more gestural painting.

Visa-se discutir a relação entre modernismo e arquitetura durante o Estado Novo. Nesse sentido, partindo da caracterização e problematização da leitura historiográfica que opõe os dois termos, apresenta-se e fundamenta-se uma proposta interpretativa alternativa baseada na definição maximalista avançada por Roger Griffin para o conceito de modernismo. Este é entendido como um conjunto heterogéneo de reações palingenéticas que visaram contrabalançar, entre a segunda metade do século XIX e o final da Segunda Guerra Mundial, as consequências do processo de modernização ocidental percecionadas como adversas. À luz desta grelha analítica procura-se demonstrar de que modo a arquitetura do fascismo português integrou o projeto de regeneração social que o regime deteve e aplicou com relativo sucesso. Diferencia-se o modo como os regimes fascistas concretizaram a demanda, passível de reconhecer em países com diferentes matrizes políticas, de um moderno nacional, ou seja, de uma linguagem construtiva que fosse ao mesmo tempo contemporânea e adequada ao carácter específico do país e/ou da região. Defende-se a natureza palingenética subjacente a esta agenda artística, em nada cerceada pela utilização de elementos historicistas ou tradicionalistas, e estabelece-se um paralelo entre a metodologia seletiva e negociada que a operacionalizou e o sincretismo passível de reconhecer em outras áreas de intervenção do Estado Novo.

Appello rivolto a chi ha il privilegio di possedere una o più opere del pittore Giovanni Acci, e a chiunque abbia anche solo un'informazione.
Ogni contributo sarebbe molto importante per poter meglio definire
l'attività dell'Artista, approfondire il suo percorso artistico, anche
negli aspetti meno noti, per valorizzarne l'Opera nell'interesse primo
dei collezionisti e degli amatori.

Cette première monographie en français consacrée au peintre vénitien qui fut sans doute l'un des élèves les plus déconcertants et excentriques du maître padouan Squarcione est une réélaboration attendue de la thèse de Thomas Golsenne sur l'oeuvre de Carlo Crivelli et l'ornementalité dans la Marche d'Ancône, soutenue en 2003 sous la direction de Philippe Morel. Le grand format et la maquette de ce livre fourni de cent quinze reproductions en couleur adaptent habilement certaines des attentes visuelles du catalogue aux exigences de l'essai : la cohérence du texte y détermine seule la sélection des images. Depuis les oeuvres au luxe et à la préciosité déclarés de Carlo Crivelli (v. 1435-v. 1495), nous sommes conviés à une plus large réflexion historique et anthropologique sur l'ostentation dévotionnelle, le culte des images et le statut paradoxal de l'ornement dans la peinture religieuse au XV e siècle. Aussi la monographie n'est-elle pas envisagée selon la philologie propre à l'établissement d'un catalogue mais plutôt pensée, dans la perspective d'une histoire des singularités, comme une modélisation extensive des puissances internes d'une oeuvre, jusqu'à finalement atteindre au terme de l'ouvrage à un regard crivellesque posé sur l'ensemble du Quattrocento. Les cinq parties du livre sont composées de trois à cinq chapitres eux-mêmes subdivisés par plusieurs intertitres éloquents et suggestifs, conçus comme autant de paliers pour nous familiariser progressivement avec les étrangetés parfois désarmantes de l'oeuvre de Carlo Crivelli. Sans se départir d'un serio ludere en correspondance avec l'incongruité souveraine des détails crivelliens (tels ses fameux concombres disproportionnés qui agissent comme une signature), ce livre se veut une lecture initiatique ; l'exposition constante des partis pris y élabore la propédeutique frayant l'accès à une peinture aux constructions complexes longtemps restées cryptiques. Par la définition d'un matérialisme mystique, apparue d'abord chez Ludwig Feuerbach et empruntée ici au sociologue Michel Maffesoli, l'auteur désigne l'exacerbation tardive de la culture médiévale de l'imago, aboutissant à la fin du Moyen Âge à une véritable paganisation du sacré. Thomas Golsenne répond ainsi au jugement de Bernard Berenson selon lequel « une formule qui, sans déformer entièrement notre vision de l'art italien du XV e siècle, rendrait pleinement justice à un peintre tel que Carlo Crivelli, n'existe pas. » Là est bien l'enjeu du livre : produire le rééquilibrage de l'ensemble des savoirs nécessaires à une meilleure appréhension de cette oeuvre jugée inclassable du fait de ses particularités tant médiévales que renaissantes ; modifier conséquemment notre perception du Quattrocento avec la réévaluation des derniers apports de l'anthropologie des images. Parallèlement à l'étude de la détermination

Mostra - Velletri Convento Del Carmine, Refrettorio.
7 Dicembre 2019 2 febbraio 2020


Dopo il successo di Juana Romani, la petite Italienne (2017), l' Accademia, con una scelta dedicata a protagonisti dimenticati della Pittura, propone nella sua sede di Velletri la riscoperta di Edgardo Zauli Sajani (1874-1944), pittore forlivese, con una mostra nel settantacinquesimo della scomparsa. Autore nel 1929 di commissioni pubbliche di rilievo, quali il Ritratto di Vittorio Emanuele III e il Ritratto di Benito Mussolini (dipinti in mostra) per la residenza podestarile di Forlì, Zauli Sajani si forma a Roma fino al 1897 all' Istituto di Belle Arti con Filippo Prosperi, pittore purista. All'ingresso nel nuovo secolo Zauli si confronta con la visione divisionista di Balla, come attestano i due studi in mostra: Ritratto di ragazza, Natura morta con frutta. Il refugium di Edgardo, uomo schivo e poco incline alle relazioni, per sperimentare la "felicità della Pittura" è Velletri, "sua seconda, carissima Patria", dove diviene l'"Artista", apprezzato e stimato da un' intera comunità. Da qui egli mantiene relazioni con Forlì, inviando sue opere a mostre in Romagna, o realizzando splendide pergamene celebrative di personaggi illustri (Crispino, Longo, Pedriali, Paulucci di Calboli Barone). La mostra, frutto di studi e ricerche, ricostruisce una carriera d'artista nel contesto in cui si svolse, riportando nella città laziale ben 47 dipinti, in prestito dalla Pinacoteca Civica di Forlì. che dimostrano profonda sensibilità d' interprete per gli splendidi ritratti femminili, non immuni dal fascino del decadentismo, e per il paesaggio, raffigurato sempre dal vero con raffinata maestrìa di acquarellista. Nel Refettorio del Carmine, spicca in mostra il grande dipinto Azalea. Ritratto di giovine signora, memore delle atmosfere boldiniane, medaglia d' oro per la Pittura all' esposizione di Forlì (1907), restaurato grazie ad un contributo di Volscambiente , partecipata del Comune di Velletri. Attraverso gli splendidi Autoritratti ad olio, ben quattro, è possibile seguire la vicenda esistenziale dell' artista, dalla prima gioventù alla maturità; tra i pastelli un magnifico Ritratto della madre, che richiama suggestioni dal Boccioni di primo secolo, e Il fratello Giulio, personaggio di riferimento per i contatti con Forlì. Notevoli i piccoli dipinti, che catturano scorci di Velletri (Strada con carretto a vino romano; Strada con arco) o dei pittoreschi dintorni (La Sipportica a Cori); le vedute en plein air, in cui il forlivese esprime un vibratile, trepidante sentimento dell' Antico (Arco di Tito) e del paesaggio (Casa con albero ).
Le sue attività nella città laziale, restituite dal ricco catalogo, a cura di Marco Nocca sono molteplici: professore di disegno delle Scuole Tecniche, scenografo di film muti qui precocemente prodotti, illustratore di volumi e grafico (sua la Tessera del partito socialista prima della scissione di Livorno del 1921). Direttore della locale Scuola d'Arte e Mestieri dal 1898 al 1935, egli impegna gli allievi artigiani nelle occasioni particolari in cui la città si presenta all' esterno, restituite dal video in mostra (Esposizione Agricola e di Zootecnia, 1904; Arco di Trionfo per l' ingresso di Vittorio Emanuele, 1927; Festa nazionale dell' Uva, 1930; Visita di Benito Mussolini per l' inaugurazione dell' acquedotto del Simbrivio, 1932) , facendo loro raggiungere livelli d'eccellenza nazionale: nel 1943 la Regia Scuola d' Arte di Velletri è tra le eccellenze dell' Istruzione Artistica italiana, con un volume dedicato nella collana Le Monnier. Già dal 1935 Zauli si è stabilito definitivamente nella città laziale. In occasione del bombardamento alleato di Velletri del 22 gennaio 1944, il giorno dello sbarco di Anzio, lo studio-abitazione dell' artista, in via Castello viene distrutto. Ai primi di giugno dello stesso anno, Zauli muore a Roma per emorragia cerebrale, ed è ivi sepolto al Verano. Nel 1947, per espressa volontà di un gruppo di cittadini, il pittore viene trasferito nel cimitero monumentale di Velletri, in una tomba terranea in evidenza, costruita con una sottoscrizione, in segno di gratitudine per l' opera di didatta qui svolta; gli viene dedicata una strada nel centro urbano.

A cura di Nocca Marco
Anno di Edizione: 2019
Edizione: L'ERMA di BRETSCHNEIDER
Collane:
Cataloghi Mostre, 69
ISBN: 9788891318930
Rilegatura: Brossura
Pagine: 242, 30 ill. B/N, 80 ill. Col.